Ieri la
manifestazione è stata inaugurata con un’assemblea delle donne al campus
El-Manar di Tunisi. “L’anfiteatro era stracolmo di donne, per lo più
maghrebine, che sono state in prima fila nelle proteste della primavera araba e
che hanno sofferto per la perdita di un figlio durante le rivolte popolari del
2011” racconta padre Moschetti, sottolineando che tutte hanno auspicato “più
diritti, più dignità e più partecipazione”. Ma non solo loro guardano al futuro
con speranza, pur essendo consapevoli delle tante difficoltà ancora da
superare. “Molti giovani che abbiamo incontrato ci hanno detto che sanno bene
che la destituzione dei vecchi regimi dalla Tunisia all’Egitto sono soltanto un
primo passo decisivo che ha aperto una nuova pagina storica. La strada verso il
cambiamento è ancora lunga, ne sono consapevoli” prosegue il missionario
comboniano. Almeno 30.000 persone hanno poi camminato dalla Piazza 14 gennaio
fino allo stadio Menzah per partirà la marcia inaugurale dell’edizione tunisina
del Forum, la prima a tenersi in un paese arabo.
Con i suoi
confratelli padre Moschetti prende parte a nove incontri tematici che
affrontano sfide determinanti per il futuro dei popoli del Sud del mondo, tra
cui il land grabbing (accaparramento delle terre), il traffico di esseri umani,
il dialogo con l’Islam, i processi di riconciliazione e pace.
“Per le vie della
capitale tunisina si parla in tutte le lingue, si vedono tanti colori e volti
così diversi tra di loro ma uniti da un progetto comune, quello avviato 12 anni
fa a Porto Alegre: costruire un altro mondo è possibile” dice con convinzione
l’interlocutore della MISNA, che vede nel Forum un’occasione unica di
“incontrare l’Altro anche dal punto di vista culturale” grazie a una serie di
attività culturali (dai film alla danza) e sportive.
Sul clima che si
respira in Tunisia, protagonista del rivoluzione del gelsomino proprio con lo
slogna della dignità che nel gennaio 2011 portò alla destituzione del regime di
Zine el Abidine Ben Ali, il missionario comboniano si dice “piacevolmente
sorpreso dalla serenità e dall’apertura che si avverte per le strade”, ma anche
per le “strutture e edifici nuovi o ristrutturati che danno un nuovo volto alla
capitale”. Solo del filo spinato attorno ad alcuni ministeri o ambasciate
ricorda la tensione e il rischio di violenze delle scorse settimane, anche se
il paese del nord africa deve far i conti con una situazione politica ancora
instabile, un’economia ferma e un tasso di disoccupazione del 17%, mentre nelle
remote regioni rimane il malcontento popolare all’origine della rivolta di due
anni fa.
Dal 27 al 30
marzo – giorno di chiusura dell’evento con una marcia di solidarietà con il
popolo palestinese, che coincide con l’Earth Day (Giorno della Terra) – si
svolgeranno decine di sessioni di lavoro che affronteranno i temi portanti
dell’iniziativa: giustizia sociale, lotta alla corruzione, accesso alla sanità
e all’istruzione per la libertà, dignità e cittadinanza nei paesi della
primavera araba. Ma a Tunisi si parla anche dell’austerità economica in
Occidente, delle sfide ambientali per uno sviluppo sostenibile,
dell’immigrazione e del debito del Sud del mondo.
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