28 febbraio 2011

Grupo Misionero


Da Medellín (Colombia), ci scrive sr. Mónica María Cardona Botero. Ecco quanto condivide sul Gruppo Missionario dell’Ispettoria Madre Mazzarello.

«Quiero compartir con ustedes un poco de nuestra experiencia de misión en el departamento del Chocó y Antioquia.
El grupo misionero de nuestra Inspectoría Santa María Mazzarello - Colombia - está conformado por 30 personas entre  Hermanas, jóvenes de los últimos años de bachillerato o exalumnos de nuestros Colegios, universitarios y laicos comprometidos.  Nos reunimos una vez al mes para reflexionar y profundizar el ser discípulo misionero de Jesús. También durante el año hacemos convivencias. Además nos comunicamos con frecuencia por la Internet ya que hemos un Blog en la pagina web del Movimiento Juvenil Salesiano de nuestra Provincia. 
Todo esto va ayudando a la formación de los miembros del grupo para realizar una linda  misión en algunos  lugares muy pobres del departamento del Chocó y del Departamento de Antioquia durante la Semana Santa y la Navidad en el mes de diciembre.
Acompañando estas comunidades en estos tiempos fuertes llevamos aproximadamente 4 años.

¿Qué Hacemos?
- Visitamos las familias y les llevamos un mensaje de optimismo, de esperanza ya que son lugares muy golpeados por la violencia, por los grupos alzados en armas y por la pobreza tanto física, espiritual y moral. Además han tomado mucha fuerza las sectas  protestantes.
- Preparamos niños para los sacramentos.
- En la Navidad estamos con ellos durante todas las novenas y aprovechamos hacer catequesis con los niños, jóvenes y adultos.
Pero todo lo anterior falta organizarlo en un proyecto  inspectorial con  toda su fundamentación teórica, itinerarios de crecimiento y evidencias. Este es mi objetivo para este año, espero poderlo alcanzarlo y cuento con la ayuda del Ámbito de las Misiones.
Sor Mónica»


Guarda le fotografie.

Intenzione Missionaria

“Perché lo Spirito Santo dia luce e forza alle comunità cristiane e ai fedeli perseguitati o discriminati a causa del Vangelo in tante regioni del mondo” - Commento all’Intenzione Missionaria di marzo 2011. 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – La persecuzione è qualcosa di inerente alla Chiesa fin dalla sua fondazione. Si può quasi dire che è parte della sua essenza. Dal momento che il Signore disse: "Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Gv 15, 20), ogni vero cristiano e ogni comunità cristiana deve sapere che sarà oggetto di persecuzione. Il Santo Padre Benedetto XVI ha riaffermato questo concetto quando ha detto: “La Chiesa si pone sulla stessa via e subisce la stessa sorte di Cristo, perché non agisce in base ad una logica umana o contando sulle ragioni della forza, ma seguendo la via della Croce e facendosi, in obbedienza filiale al Padre, testimone e compagna di viaggio di questa umanità” (Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2009, n.4). 

25 febbraio 2011

Interambiti CIMAC - NAC

Oggi, la Famiglia Salesiana ricorda i martiri Santo LUIGI VERSIGLIA (1873-1930) e Santo CALLISTO CARAVARIO (1903-1930), missionari in Cina, che hanno consegnato la vita per l’evangelizzazione e per salvare la dignità umana.
«Il 13 febbraio 1930, Don Luigi insieme a don Caravario, è a Shiuchow per la visita pastorale nella missione di Linchow. Li accompagnano anche alcuni ragazzi e ragazze, che hanno studiato a Shiuchow. Il 25 febbraio un gruppo di pirati di orientamento bolscevico ferma la barca del vescovo, cercando di prendere le ragazze. Il vescovo e don Caravario lo impediscono con tutte le loro forze.
Vengono picchiati con forza e infine fucilati. Prima di essere uccisi riuscirono a confessarsi a vicenda. Il loro ultimo respiro fu per le anime della loro amata Cina.»

In questa giornata, a Puerto Rico, dove si svolge l’Incontro Interambiti per le Conferenze CIMAC – NAC, sarà realizzato un momento particolare di incontro tra ogni Consigliera presente e il gruppo di coordinatrici ispettoriali.
Sr. Alaide Deretti, Consigliera dell’Ambito Missione ad/inter gentes si incontrerà con le coordinatrici ispettoriali dell’Ambito Missione.
In quest’occasione, oltre i lavori dell’IIA, è prevista la ripresa del Seminario di Animazione Missionaria (“Mantén viva tu llama misionera” - Quito 2009) e le sue conclusioni.

AMERICA FMA

Realtà che ci sfidano:

- Nelle nostre comunità abbiamo bisogno di una nuova mentalità missionaria

- C’è un aumento di antiche e nuove povertà e una crescita del fenomeno della mobilità umana
- Ci incontriamo con nuove situazioni emergenti, nuovi areopaghi che esigono la nostra presenza

Convinzioni:
Noi, FMA, siamo un Istituto essenzialmente missionario fin dalle origini, perciò riaffermiamo:

* Dio è amore 
- Cammina con l’umanità
- Chiama gli uomini e le donne tenendo conto delle loro differenze, a una missione comune: amare, umanizzare la vita, le relazioni e salvare la natura. Siamo responsabili gli uni degli altri e interdipendenti

* Gesù di Nazareth
- È il segno sorprendente dell’amore di Dio
- Lui, il Buon Pastore, s’incarna continuamente nelle situazioni di sofferenza dell’umanità, nei popoli sradicati dalla loro terra, nei giovani che soffrono a causa della povertà, dell’esplorazione e delle ingiustizie
- Ci configuriamo a Lui nella sua missione… “Confermare, rinnovare e rivitalizzare la novità del Vangelo che ha radici profonde nella nostra storia” (DA 11)

* Siamo Chiesa missionaria, in costante discepolato per generare in Comunità la vita piena per gli altri

* Il cuore missionario di DB e MM
- sotto l’ispirazione di M. Ausiliatrice, ci spinge a sentire le nuove situazioni giovanili e del popolo impoverito per camminare con loro alla ricerca di una migliore qualità di vita.

Strategie:
1. Formarsi e lavorare insieme nel campo della missione (sinergia, coordinazione per la comunione, lavoro in rete)
2. Accompagnare i processi di formazione missionaria: gruppi di infanzia missionaria, giovani
3. Sviluppare il Volontariato missionario

Accordi Programmatici:
- Accompagnare un processo di conoscenza, assimilazione e ricerca di cammini concreti del nuovo paradigma della missione ad/inter gentes secondo i diversi documenti che abbiamo per un cambio di mentalità
- Sviluppare la dimensione missionaria in tutti i processi formativi ed educativi
- Porre in azione il progetto missionario elaborato in sinergia con gli altri ambiti
- Assumere il Progetto di Spiritualità Missionaria (PEM)
- Continuare la riflessione e il lavoro congiunto per rispondere al fenomeno migratorio
- Includere l’aspetto missionario nella pagina web ispettoriale

AMERICA FMA E SDB

Insieme FMA, SDB e laici, teniamo viva la fiamma missionaria, assumiamo la realtà dei nostri popoli insieme alle vecchie e le nuove povertà. Pertanto, ci impegniamo a:

1. Creare sinergia per l’animazione e l’attività missionaria, la comunicazione, il coordinamento, la comunione, le risorse, la formazione, in rete.

2. Avviare e/o rafforzare il volontariato missionario salesiano a livello ispettoriale, regionale e americano, avvalendosi delle esperienze già avviate, aperti ad altre future esperienze. Processo di animazione, formazione, invio dei giovani missionari ai più bisognosi, accompagnamento dei volontari.

24 febbraio 2011

Dall’esempio di Giovanni Paolo II, una spinta per la “nuova evangelizzazione”


Seul (Agenzia Fides) – Meditando e facendo propria l’esperienza straordinaria, la vita e l’opera di Giovanni Paolo II, la Chiesa in Corea ne trarrà “nuova forza per portare avanti la nuova evangelizzazione”. È quanto dice all’Agenzia Fides p. Thaddaeus Lee Ki-Rak, Segretario esecutivo della Conferenza Episcopale della Corea, in vista della cerimonia di Beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II, che si terrà il 1° maggio in San Pietro.
L’espressione “nuova evangelizzazione”, ricorda p. Lee Ki-Rak in un messaggio inviato a Fides, “è stata usata per la prima volta da Giovanni Paolo II e si riferisce alla pratica della comunicazione del Vangelo con nuova passione, in nuove modalità e con nuove espressioni che proclamino la liberazione, verso un mondo migliore”: è proprio questo lo spirito con cui la Chiesa coreana sta vivendo l’anno 2011 – nota il Segretario – e con cui si prepara alla Beatificazione di Papa Wojtyla.
La Chiesa coreana – informa il sacerdote – “sta cercando nuove modalità, nuovi metodi e nuove strade per evangelizzare efficacemente”. Per questo occorre ricordare a tutti i fedeli cattolici, sacerdoti, religiosi e laici, che essi sono “discendenti dei martiri coreani”, e che debbono essere “protagonisti dell’evangelizzazione all’interno e al di fuori della Chiesa”. Tutti i Vescovi coreani, riferisce il Segretario della Conferenza Episcopale, si sono mobilitati, avviando “riflessioni e nuove pratiche per rinnovare lo spirito missionario di tutta la comunità ecclesiale”, chiamata a vivere la nuova evangelizzazione “a partire dalla testimonianza di vita”. Su questo slancio, su questo spirito rinnovato che anima le comunità locali, la Chiesa coreana invoca la protezione di Giovanni Paolo II, chiedendo l’intercessione della Vergine Maria, di San Giuseppe e di tutti martiri coreani. (PA) 

Agenda della Convivenza

Roma (Italia). Il 23 febbraio scorso, la Comunità di Sant’Egidio ha promosso a Roma,  il Quarto Colloquio di Studio e Riflessione, “l’Agenda della Convivenza – Cristiani e Musulmani per un futuro insieme”.
L’incontro si è articolato in diverse tavole rotonde nelle quali i rappresentanti delle due fedi si sono interrogati su diversi ambiti su cui edificare la società del futuro: educazione, cultura, dimensione politica, dimensione religiosa, tutela dei diritti fondamentali della persona.
La giornata è stata aperta con l’Intervento del Ministro italiano per gli Affari Esteri Franco Frattini, che ha condiviso con i partecipanti l’operato dell’Italia per la pace in Egitto condannando le violenze che si stanno vivendo in Libia. Inoltre ha affermato che «quanto più si ha democrazia e libertà tanto più le libertà di tutte le religioni vengono rispettate».
Sono intervenuti diversi relatori rappresentanti dell’Egitto, del Libano, dell’Iraq, della Terra Santa, dell’Arabia Saudita,  della Siria e  dell’Algeria.
La Giornata si è conclusa con una tavola rotonda in cui giornalisti di note testate occidentali e di lingua araba hanno offerto il loro consapevole contributo di riflessione per l’edificazione di una società che si basi sulla convivenza e non sulla contrapposizione.
Suor Maike Loes, dell’Ambito per la Missione ad/inter gentes, ha partecipato all’incontro a nome dell’Istituto, che ha molte presenze nelle nazioni su citate e che sempre più spesso si trova ad operare in città e paesi dove convivono genti di cultura e religioni diverse.

Per chi volesse approfondire i contentini proposti dall’Agenda della Convivenza, sono disponibili  diversi contributi video sul sito

22 febbraio 2011

LA MAMÁ GRANDE - Sor MARTHA GARZAFOX PÉREZ

(María Luisa Medellín – www.elnorte.com - 6 febrero 2011).- Luego de la tragedia, los habitantes de Tlahuitoltepec mandaron dos o tres propios (mensajes) a la hermana MARTHA GARZAFOX PÉREZ para que viniera a acompañarlos.
La madrugada del 28 de septiembre del 2010 las torrenciales lluvias que azotaron la sierra de Oaxaca, donde estaban enclavados sus humildes hogares, provocaron un deslave de proporciones catastróficas; la mayoría logró huir o ser rescatado, pero 11 indígenas mixes quedaron sepultados entre los escombros.Sor Martha, quien había pasado casi cuatro décadas en ese poblado, permanecía desde hacía tres años en Totontepec, a tres horas por brecha, y llegó lo más pronto que pudo.
"Fue grande la desgracia; el cerro se vino abajo y la gente estaba muy triste. Pensé que serían más muertos, gracias a Dios, no", cuenta cabizbaja la religiosa salesiana de la congregación Hijas de María Auxiliadora.
Los mixes necesitaban consuelo, y Sor Martha, a quien llaman "dauk", que significa mamá grande, se mantuvo junto a ellos en esos días aciagos.
"Estaba también el sacerdote Leopoldo Ballesteros", interviene Sor Concepción Villagrán, "y los habitantes sintieron como si sus padres llegaran a confortarlos. Fue muy fuerte ese momento".
De ojos celeste grisáceo tras sus lentes de armazón metálica, Sor Martha, quien cumplirá 86 años el 22 de febrero, charla en el recibidor de la casa provincial de la orden, en Ciudad Guadalupe, donde se encuentra recuperándose de algunos problemas de salud.
"En los últimos años yo estaba en Totontepec porque es un poco menos alto que Tlahuitoltepec, aunque igual de húmedo y frío. Tengo dificultades para respirar, y con lo que pasó en Tlahui me impresioné mucho, se me agudizaron los males, pero no quiero hablar de eso, luego no me dejan ir y ya quiero regresar", dice agitando la mano esta mujer de rostro afable y cabello corto encanecido.
Ataviada con blusa blanca, zapatos negros y falda, suéter y chaqueta grises, relata que tras el derrumbe dividieron a los moradores en tres albergues y de los ranchos cercanos les enviaban de comer, mientras ellos reconstruían su vida y sus hogares.
"Allá son solidarios, entre todos se ayudan pese a sus pobrezas.
"Desde antes yo seguía yendo a Tlahui cada semana y cuando me mandaban llamar para alguna festividad o asunto que debía resolverse, porque soy del consejo de ancianos", comparte sonriente, con el recuerdo nítido de aquel 24 de octubre de 1963, en que se volvió una más de la comunidad mixe.
Entonces fue designada por la Madre Inspectora de su congregación a las misiones en Oaxaca, con otras dos hermanas.
Desde el noviciado, Sor Martha pidió ir a Agua de Dios, cerca de Bogotá, donde habitan los leprosos desterrados por los habitantes de Tocaima, quienes temían ser contagiados.
Pero en México sobraba qué hacer y la orden fue permanecer en el País.
"Para llegar a Tlahui hubo que caminar y viajar en mula por horas, desde Mitla hasta la parte alta de la sierra, ya que la zona es un nudo de cerros", explica con voz pausada y breves movimientos de sus manos temblorosas, salpicadas por los lunares de la edad.
"Cuando llegamos, la gente del pueblo nos llevó a la iglesia. La banda (reconocida a nivel internacional por sus músicos) tocó el 'Te Deum', un canto de acción de gracias. Más tarde nos instalaron en una casita de techos de lámina y paredes de adobe".
La primera barrera fue el idioma: mujeres y niños no hablaban español; los hombres, escasamente.Recargados en un muro, los indígenas seguían cada movimiento de las monjas, extrañados también por sus vestimentas negras, color inusual en aquellas tierras.
La comunicación inició a señas. Hoy saben hablar español y Sor Martha, mixe. Aún le asombra cómo lograban entenderse, sobre todo cuando los padres llevaban a un niño enfermo al dispensario que ella atendía, y había que darles indicaciones.
Nacida en Monterrey. Hija de Joaquín Garzafox y Luz Pérez, quienes procrearon otros seis hijos, Martha abrazó la vocación religiosa contagiada por el dinamismo y alegría que irradiaban las monjas del Colegio Excélsior, donde estudió secundaria y comercio.
Su hermana Blanca Luz también se inclinó por los hábitos, y como sus padres accedieron, Martha pensó que ocurriría lo mismo con ella. Sin embargo, a su mamá no le convencía su vocación.
"Decía que yo no era para eso, porque me gustaba mucho salir, pero ni nos dejaban", ríe la religiosa y sus ojos se entrecierran.
Su padre fue quien la apoyó y así ingresó al aspirantado en Haledon, New Jersey. Hizo el noviciado y profesó en 1945.
"Me enviaron a San Antonio, estudié la normal, enfermería, empecé odontología, y como en el 51 me regresaron a Monterrey, al Excélsior, donde di clases de comercio en inglés hasta el 63, cuando me fui a Oaxaca".
Existía mucha pobreza. No había luz, menos teléfono, y el agua venía "entubada" en carrizos desde los manantiales, continúa Sor Martha, quien al poco tiempo de abrir el dispensario, de enseñar costura y corte entre las indígenas, instaló un internado para niños desnutridos, con apoyo del Instituto Nacional Indigenista.
"Era necesario cuidarlos de tiempo completo porque si los regresaba a su casa no iban a comer. Además, por la desnutrición hay que volverles a enseñar a probar alimento con mucha paciencia, que no sé de dónde saqué", reconoce la religiosa descrita por quienes la conocen como enérgica, de carácter "muy Garzafox", pero también de una ternura sin límites.
Sor Concepción, quien colaboró con ella, cuenta que un bebé prematuro cabía en una caja de zapatos, y para darle calor Sor Martha encendía el horno de la estufa, lo apagaba y lo ponía ahí adentro por ratos.
"Al paso de los años sus ex alumnas del Excélsior y otras familias regiomontanas que han apoyado su apostolado fueron equipando el internado, el dispensario y atendiendo las necesidades de los bebés que crió y cedió en adopción, a los que encontraba tirados en caminos o cerca del río", detalla esta monja delgada, de lentes y cabello entrecano.
"Una de esas recién nacidas estaba llena de hormigas y después de bañarla con cuidado y curarle las heridas, la tuvo unos años y le procuró un hogar; ya es una señora casada, que de joven estudió enfermería, pero como ella hay otros hombres y mujeres profesionistas en México e incluso Europa".
En un cuaderno donde apuntaba los partos que atendía, Sor Martha contabilizó más de 900.
"Aprendí en la sierra, porque en enfermería te enseñan, pero está alguien ayudándote.
"Les digo que arrimaba todo lo que iba a necesitar y como las mujeres tienen a los bebés de rodillas, en el suelo, te dicen con mucha seguridad: 'Ahora sí, ya es tiempo', y entonces yo lo cachaba, ja, ja, ja".
También se las ingenió para practicar una cesárea.
"Había visto cómo se hacían, pero nunca me había tocado, y no me quedó de otra, no podía dejar morir a la señora, no había cómo llegar a una clínica. Por fortuna, con la brecha que se hizo después ya se puede viajar a Oaxaca en vehículo".
De hecho, durante la construcción de esa brecha hubo varios accidentes y todos los heridos llegaban con ella.
"Nadie se me murió, que era lo que más temía", dice uniendo sus palmas.
Sor Martha lo mismo practica cirugías menores que cura enfermedades gastrointestinales o extrae muelas; primero lo hacía con unas pinzas comunes, luego con equipo que le hicieron llegar sus benefactores regios.
Sus pacientes provienen de Tlahuitoltepec, como de rancherías aledañas, pero han disminuido porque ya hay algunas clínicas de Gobierno en zonas no muy lejanas.
Aunque, sin duda, una de sus obras entrañables es la primaria, construida por la misma comunidad, y a la que asisten más de 300 pequeños que reciben desayunos escolares.
"Hay niños que caminan tres horas para llegar a la escuela, a veces sin probar alimento, por eso inició el proyecto Fondo para Niños de México, que apoyó esa iniciativa y también involucró a las señoras", relata Sor Concepción, quien también dio impulso a esa labor.
Guadalupe Martínez, ex alumna de Sor Martha del Colegio Excélsior, y una de sus colaboradoras, platica que se les da un vegetal o fruta, tortillas con frijoles, papa o arroz y una taza de atole, y algunos guardan la tortilla para el camino de regreso.
"Ella es una verdadera misionera, entregada completamente a ayudar; la comunidad la respeta y la quiere, para cualquier problema la consultan.
"Cuando llegó a esas regiones se encontró con que no acostumbraban el baño y un día invitó a varias indígenas al río, les dio el jabón y ellas se reían con las burbujas. Después le pedían a señas cambiarle una fruta por jabón, y la gente empezó a asearse".
También consiguió un horno y un molino, hizo que algunas personas se capacitaran en su uso y abrió una panadería y una tortillería.
"Ambas con el compromiso de surtir a la escuela y de ofrecer el servicio a bajo costo al pueblo, ya que en ocasiones se consiguen donativos de trigo o maíz", menciona Guadalupe.
Delia de Macías, otra de las ex alumnas, dice que Sor Martha ha trabajado incansablemente por la equidad de género, pues era común que los padres no permitieran a las niñas asistir a la escuela, o que las mujeres fueran las últimas en probar bocado si los alimentos escaseaban.
Además, su labor con los mixes le valió en los 90 el Premio Luis Elizondo del Tec de Monterrey, y el internacional de los clubes Sertoma por su servicio a la humanidad.
Con la modestia que la caracteriza, la religiosa afirma que los indígenas se han superado porque son unidos y trabajadores, y pese a que aún viven con carencias, ya disponen de luz, tiendas de productos básicos y clínicas más o menos cercanas.
Casi a diario los habitantes de Tlahuitoltepec y Totontepec le hablan desde alguna caseta telefónica para pedirle que regrese.
"Ya poco puedo hacer", dice, "pero tengo que volver. Me siento una más entre los mixes".

Suor Pia Morosi

Carissime sorelle, all’alba del 22 febbraio 2011 nella casa “S. Giuseppe” di Caracas Altamira (Venezuela) ha accolto la chiamata del Signore la nostra cara sorella Suor PIA MOROSINata a Albizzate (Varese) il 20 aprile 1909. Professa a Casanova di Carmagnola (Torino) il 6 agosto 1931. Appartenente all’Ispettoria Venezuelana “S. Giovanni Bosco”.
Il 9 gennaio 1932 dal porto di Genova suor Pia partì con un gruppetto di missionarie dirette in Venezuela. Era stato Mons. Julián Fuentes Figueroa a chiedere alle Superiore le FMA per iniziare l’opera detta “El Buen Consejo” alla periferia di Caracas. Suor Pia aveva già il diploma di maestra e quindi si mise subito ad insegnare. Con il suo temperamento allegro e ottimista e con la sua giovialità, conquistò subito gli alunni. Le exallieve di quel tempo la ricordano soprattutto come educatrice, perché formava ai valori umani, cristiani e salesiani. Era presente in ogni attività della giornata scolastica e seguiva tutti con affetto e vigile attenzione. 
In sei occasioni lavorò nella casa di Coro. Amò questa terra e fu amata non solo dalle exallieve, ma anche dalla gente del luogo. Sapeva stabilire ottime relazioni e dialogava con tutti con molta facilità senza distinzioni di ceto sociale: ai benestanti offriva la sua amicizia e da loro riceveva aiuti, ai bisognosi donava il suo servizio solidale che li confortava nelle necessità. Le exallieve di Coro festeggiarono il suo 80° compleanno con tanta gioia e riconoscenza.
Lavorò anche nella casa “S. Giuseppe” di Caracas Altamira dove svolse il suo servizio di maestra e seppe esprimere affetto e sollecitudine materna alle studenti. Sapeva farsi vicina quando vedeva qualcuna preoccupata per la difficoltà nello studio; incoraggiava tutte con parole di fiducia. Preparava anche i canti per la celebrazione della liturgia e non mancava mai di rallegrare la comunità nelle varie feste. Era una maestra nata. I docenti che ricevevano le alunne nel grado superiore constatavano l’ottima preparazione culturale che suor Pia aveva trasmesso loro. E non solo apprezzavano le conoscenze apprese, ma anche la fortezza d’animo, la fiducia e l’ottimismo che suor Pia aveva saputo comunicare loro.
Nel 1965 venne nominata direttrice della casa di Mérida, dove diede prova di ardore apostolico e capacità di organizzazione. Coltivò il canto, la musica, il teatro che integravano la formazione delle ragazze. A volte se le cose non andavano bene, esprimeva il suo disappunto, ma non lo faceva pesare poiché subito ricuperava il suo buon umore. La casa di Mérida l’ammirò e lei mise i suoi doni a servizio di tutti. Quanti diplomati di quella città mostravano orgogliosi il loro diploma scritto con bellissimi caratteri da suor Pia! In ogni azione testimoniava la profondità del suo cuore che sapeva donarsi generosamente senza misurare mai il sacrificio.
Molti sono i ricordi luminosi che ci lascia suor Pia. Amò la sua Patria per quello che rappresentava nei suoi valori familiari, culturali e carismatici, ma amò molto anche la terra venezuelana, alla quale consacrò tutta la sua vita, partecipando a tutto con gioia e totale condivisione dei valori culturali e delle espressioni artistiche e musicali.
Con gli anni la salute venne meno e, nel 2003, suor Pia venne trasferita alla casa di riposo di Caracas Altamira. Il suo ultimo apostolato fu il preparare, con la sua perfetta scrittura gotica, delle pergamene che la direttrice offriva agli sposi novelli. Poco a poco perse la possibilità di camminare e dovette dipendere in tutto dagli altri. L’immobilità e il silenzio furono la sua ultima offerta d’amore.
La mattina del 22 febbraio, mentre l’infermiera l’accomodava per la colazione, suor Pia serenamente si addormentò nel Signore.
Per lei “si è chiusa la porta della casa terrena e si è aperta la porta della casa del Padre”, come aveva scritto qualche anno prima parlando della morte. Ci affidiamo a lei affinché il Signore e l’Ausiliatrice suscitino in questa terra vocazioni generose e gioiose come la sua. Riposi in pace!
L’Ispettrice
Suor María Eugenia Ramos

Libia nel caos: almeno 250 vittime nelle manifestazioni di ieri contro Gheddafi

(Radio Vaticana). Il mondo, dunque, guarda attonito a quanto sta avvenendo in Libia. Solo ieri (21 febbraio) sarebbero stati oltre 250 i morti a Tripoli, per la forte repressione messa in atto contro i manifestanti che chiedono le riforme al regime. Si parla addirittura di un bombardamento sulla folla. Da parte sua, Muammar Gheddafi è riapparso in tv, smentendo le voci sulla sua fuga in Venezuela. 

Quali richieste accompagnano questa dura protesta a cui prendono parte soprattutto i giovani? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al vescovo di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, raggiunto telefonicamente nella capitale libica: 


AFRICA/LIBIA - “La comunità cattolica non è stata coinvolta negli scontri” dice a Fides il Vicario Apostolico di Tripoli

Tripoli (Agenzia Fides) - “Dal luogo nel quale mi trovo non constato niente, la città è silenziosa ed è ferma. Non c’è niente che faccia pensare agli scontri, anche se ho avuto notizie di scontri e saccheggi avvenuti nella notte. La comunità cattolica non ha incontrato finora particolari difficoltà” dice all’Agenzia Fides S.E. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, in Libia. “Molti fedeli si recano nelle nostre chiese per implorare la pace. Le due chiese, di Tripoli e di Bengasi, non hanno subito alcuna offesa. Le diverse comunità di religiose che operano negli ospedali della Cirenaica (Bengasi, Tobruk e altre località) sono impegnate a curare i feriti degli scontri. In ogni città della zona c’è una comunità religiosa femminile. A Tripoli vi sono le suore di Madre Teresa che lavorano in alcuni centri sociali”.
Mons. Martinelli spiega che la Chiesa in Libia opera a favore delle numerose comunità di fedeli stranieri, provenienti dall’Asia, da altri Paesi africani e dall’Europa. “Oltre al servizio pastorale offriamo anche un servizio sociale perché abbiamo un gran numero di immigrati (eritrei e di altri Paesi dell’Africa sub-sahariana) che hanno come punto di riferimento la Chiesa. Per queste persone le nostre chiese sono sia luogo di culto che luogo di assistenza e di socializzazione”.
Secondo le informazioni di agenzia in Libia, ed in particolare in Cirenaica (est del Paese) è in atto una rivolta della popolazione repressa nel sangue dalle forze di sicurezza. I morti e i feriti sarebbero centinaia. (L.M.) 

AMERICA/BRASILE - Altre tre religiose missionarie inviate ad Haiti a nome della Chiesa brasiliana

Brasilia (Agenzia Fides) – Tre religiose partono dal Brasile per Port au Prince, (la capitale di Haiti), dove lavoreranno soprattutto per aiutare i bambini e adolescenti. Il lavoro che dovranno svolgere è parte del progetto di solidarietà tra la Chiesa del Brasile e la Chiesa di Haiti, nato lo scorso anno dopo il terremoto che ha distrutto la capitale haitiana (vedi Fides 20/9/2010). Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, il 16 febbraio il Vescovo di Tefe (AM) e Presidente del Consiglio Missionario Nazionale (Comina), Mons. Sergio Castriani, ha presieduto per questa circostanza la Santa Messa presso la sede della Conferenza Episcopale del Brasile. Con lui hanno concelebrato i Vescovi del Consiglio Episcopale della Pastorale della Conferenza Episcopale Brasiliana (ConSep). Hanno partecipato le Superiore provinciali delle Congregazioni che inviano le missionarie e i membri della Conferenza dei Religiosi del Brasile (CRB) e altri gruppi della CNBB.
Le suore inviate ad Haiti sono: suor Iolanda de Oliveira Carneiro, della Congregazione della Divina Provvidenza; suor Veraluce Porfirio dos Santos, della Congregazione delle Suore di Santa Caterina; suor Maria Dalvani Sousa Andrade, della Congregazione Catechista di San Francesco. Esse si uniranno alle altre tre suore che erano state inviate ad Haiti nel settembre dello scorso anno.
"Questa missione ad Haiti ha tre caratteristiche – ha sottolineato Mons. Castriani durante la Messa di invio. In primo luogo arriviamo sul posto dopo una grande tragedia di carattere naturale, politico e sociale. In secondo luogo, non è la missione di una congregazione ma una missione della Chiesa in Brasile assunta attraverso Comina. La terza caratteristica è la vicinanza di Haiti con il Brasile". Il Vescovo ha sottolineato che le religiose partono a nome di tutta la Chiesa del Brasile: "Voi andate in missione per conto nostro. E' una missione di generosità". Il progetto, coordinato da Comina, è sotto la responsabilità dei Vescovi del Brasile (CNBB) e del CRB (Consiglio dei Religiosi), con il sostegno della Caritas Brasileira. "La CNBB ringrazia le suore e le loro congregazioni, che le hanno rese disponibili per questa missione ad Haiti. Grazie anche al CRB per il coordinamento di questo servizio di grande importanza", ha detto il Presidente della Conferenza Episcopale del Brasile, Mons. Geraldo Lyrio Rocha.(CE)

21 febbraio 2011

Igreja Católica promove Campanha da Fraternidade


Como acontece desde 1964, a Igreja Católica no Brasil, promove a Campanha da Fraternidade em nível nacional, destacando um assunto considerado importante para o momento, chamando a população para uma maior consciência e participação.
Em 2011, a Campanha da Fraternidade terá como tema "Fraternidade e a vida no planeta" e como lema "A criação geme como em dores de parto".
A campanha focará a questão ecológica, sobretudo os problemas que se referem às mudanças climáticas. O seu objetivo é contribuir para a conscientização das comunidades cristãs e pessoas de boa vontade sobre a gravidade do aquecimento global e das mudanças climáticas, a fim de motivá-las a participarem de debates e ações que visem a preservação do planeta.
A CF 2011 terá início do dia 09 de março, Quarta-feira de Cinzas, e se estenderá, como de costume, por todo o período da Quaresma.

Assista o vídeo sobre o Hino da CF 2011.

Conselho Mundial de Igrejas: Criação de novo espaço de Diálogo Inter-religioso

El Comité Central del Consejo Mundial de Iglesias (CMI) se reúne del 16 al 22 de febrero de 2011 en el Centro Ecuménico de Ginebra, Suiza.
El Comité Central actúa como principal órgano decisorio del Consejo entre las reuniones de la asamblea. Esta es la cuarta reunión del comité, elegido en febrero de 2006 en la 9ª Asamblea en Porto Alegre, Brasil. 

Conselho Mundial de Igrejas: Criação de novo espaço de Diálogo Inter-religioso


(por ALC) - O tema do diálogo inter-religioso e a sugestão de criação de um espaço comum de convivência e diálogo sobre as questões atuais deste tema, a ser chamado de "Oikos", foram pontos importantes de uma das sessões de trabalho na manhã do segundo dia da reunião do Comitê Central do CMI, que acontece em Genebra, Suíça, entre 16 e 22 de fevereiro.

Genebra, quinta-feira, 17 de fevereiro de 2011
As realidades de diferentes contextos mundiais, através de narrações de histórias sobre os avanços e momentos críticos de algumas regiões, foram apresentadas aos mais de 200 delegados, conselheiros e observadores presentes.
Cristãos e cristãs da Indonésia, Sri lanka e Alemanha tiveram a oportunidade de partilhar as experiências de suas igrejas e comunidades no diálogo e cooperação inter-religiosa, o que encorajou os delegados e as delegadas do Comitê central a iniciar a elaboração de passos que podem ser dados para a criação de uma plataforma de união na qual o CMI teria o potencial de exercer o papel de moderador.
Para o reverendo Malungo António Pedro, pastor da Igreja Evangélica Reformada de Angola (IERA) e membro do Comitê Executivo do CMI, o CMI tem sido um exemplo vivo no envolvimento do diálogo, tendo em conta que ela congrega diferentes confissões cristãs, permitindo que haja um diálogo aberto sobre os problemas globais da atualidade, um exemplo que deve ser seguido ao nível das organizações ecumênicas continentais e nacionais.   Malungo  propõe a continuidade do diálogo inter-religiosa em todos os níveis, desde o internacional ao local, por um mundo de justiça, paz e reconciliação. "Angola já deu passos significativos com a criação de um fórum inter-religioso entre os evangélicos, católicos, pentecostais e neo-pentencostais", acrescentou.   O pastor angolano ainda afirmou que uma das maiores contribuições do fórum que envolve líderes religiosos é a análise conjunta dos problemas políticos, sociais e econômicos do país.
A doutora Magali do Nascimento Cunha, professora da Universidade Metodista de São Paulo, Brasil, e membro do Comitê Central do CMI, caracteriza o atual momento como rico e variado. "Há  muitas experiências de unidade em contextos diferentes, envolvendo igrejas, organizações de serviço, pessoas jovens, mulheres e homens".  No que tange o diálogo inter-religioso, Cunha propõe a humildade e o respeito como prerrogativas indispensáveis. "Isto significa considerar cada um na fé, como elemento principal e, por outro lado, atitudes de reconhecimento mútuo e busca de ações conjuntas".
Falando de seu contexto local Cunha acredita que o Brasil vive um momento único da sua história com a consolidação da democracia com o Presidente Lula e sua sucessora Dilma Rouseff. "As igrejas brasileiras têm sido desafiadas  a deixar seus territórios e testemunharem Cristo no apoio do processo de inclusão que o governo busca fazer", destacou.
De acordo a sua constatação, o movimento ecumênico  local tem estado fragilizado por conta do crescimento do pentecostalismo independente, do carismátismo  católico-romano e das novas expressões de fundamentalismos entre as igrejas protestantes históricas, somado pelo crescimento da mídia religiosa que expõe as teologias e ideologias  mais conservadoras e anti-ecumênicas.
A confiança mútua, um dos elementos mais destacados no debate e reflexão acerca do diálogo inter-religioso, também foi destacado por Malungo e Cunha como algo essencial para que as igrejas consigam superar as dogmáticas se envolvam num diálogo franco e formas mais expressivas de cooperação.

18 febbraio 2011

Lettera Aperta

Lettera Aperta inviata dalle donne di Afghan Women's Network, il 16 febbraio. La traduzione è di Lisa Clark. 
Afghan Women's Network*

A coloro che si ergono a guardiani dell'onore delle donne
Una lettera aperta dalle donne dell'Afghanistan

Non è la prima volta che ci ritroviamo in questa sala. Le pareti, il tavolo, la teiera … quante volte sono stati testimoni delle nostre riunioni, delle nostre delusioni, del nostro disagio. Quante volte hanno accolto il nostro gruppo di donne deluse ma determinate: amiche, attiviste, alleate. Quante volte ci hanno ascoltato, mentre esprimevamo le stesse preoccupazioni. Quanto sono fragili le nostre conquiste. Quanto rimangono prive di significato le leggi approvate grazie alle nostre lotte. Quanto sono inutili le politiche che abbiamo lottato per far applicare in questo Paese che non crede nei diritti delle donne. In questo Paese in cui la posizione di una donna nella società è considerata niente di più del prolungamento del suo ruolo nella famiglia e nella tribù. In questo Paese in cui etica e morale vengono interpretate esclusivamente attraverso la definizione maschile, della quale le donne tutti i giorni pagano il prezzo.
Oggi, il colpo finale: i rifugi per le donne. Ripercorriamone la storia. Inizia quando un mezzo di comunicazione strettamente collegato con il potere accusa falsamente i rifugi delle donne di essere luoghi di prostituzione e immoralità. In risposta a questa accusa, il Governo costituisce una Commissione di alti funzionari – nessuno di loro esperto, nessuno che gestisca un rifugio, nessuno che abbia mai vissuto in un rifugio – affinché valuti la situazione. I Commissari producono un rapporto di parte ed incompleto, senza discutere le loro valutazioni con chi amministra i rifugi né con le organizzazioni che li promuovono.
Noi, attiviste e donne, adesso veniamo accusate dal Governo di aver disonorato l'orgoglio nazionale perché abbiamo reso pubbliche le violazioni gravissime e spesso umilianti dei diritti che vengono inflitte alle donne. Tutto ciò, ci dicono, espone il Paese al disonore, alla vergogna, agli occhi del mondo. Tutto ciò? La rivelazione di violazioni dei diritti umani? Non la corruzione dilagante, non il fallimento palese di dare all'Afghanistan una struttura di governo onesta e giusta? E invece, secondo loro, ciò che disonora il Paese è il rispetto dell'antica tradizione afghana che impone di offrire un rifugio sicuro a chi ne ha più bisogno, di lottare per i diritti dei più vulnerabili? Questo ci disonora?
Nel tentativo di “rimediare” a questi problemi – e di dirottare gli aiuti internazionali dai rifugi indipendenti verso un canale governativo “normalizzato” – il Governo sta usando il Ministero delle Donne come uno strumento per comprimere i diritti delle donne. Il Ministro – senza vergogna – accusa i gruppi femminili di corruzione, ma non offre uno straccio di prova né si impegna a correggere le storture dove queste esistano.
D'altro canto, secondo il bilancio governativo di gennaio, la maggior parte dei Ministeri ha utilizzato meno della metà dei fondi stanziati per programmi di sviluppo nazionale. E ora vogliono trasferire ancora più fondi verso un sistema governativo che non riesce nemmeno a gestire i soldi che ha.
Ma la questione principale non riguarda i fondi. Almeno per quanto concerne la società civile afghana e i gruppi delle donne in particolare – che, tanto per fare un esempio, sono quelli che hanno saputo usare al meglio i soldi ricevuti, riducendo al minimo le spese per garantire programmi utili e concreti, e che producono bilanci trasparenti che ne testimoniano l'efficacia. No, la questione principale ora è Cosa accadrà alle donne?
Purtroppo, le solenni promesse di proteggere e rispettare i diritti delle donne, fatte nelle Conferenze di Londra e Kabul e nella Dichiarazione di Lisbona, non si sono tradotte in azioni concrete da parte del Governo afghano o dei suoi alleati internazionali. Da quando furono solennemente pronunciati quelle promesse, il Governo è addirittura tornato indietro, e il suo impegno per i diritti delle donne è diminuito. E adesso noi dovremmo mettere le donne più vulnerabili della nostra società totalmente nelle mani de nostro Governo?
L'esperienza dei rifugi per donne negli ultimi nove anni dimostra che le donne che li gestiscono e le donne che vi trovano rifugio hanno sempre subito minacce da parte delle istituzioni dello Stato e di coloro che informalmente esercitano potere nella nostra società. Non si tratta della minaccia di tagliare i fondi, niente affatto. Sono minacce insidiose: minacce di tradimento del tipo peggiore. Per esempio, una ragazza dodicenne del Distretto di Shindand a Herat recentemente ha chiesto di essere accolta in un rifugio, ma il Governo, su pressione di un Parlamentare, ha fatto restituire la ragazza alla famiglia. Che l'ha poi uccisa e fatta a pezzi.
E la sua storia non è così diversa da tante altre. La sua storia è una storia comune. Alcune delle donne che abbiamo conosciuto corrono enormi rischi. In modo eroico mettono a rischio non solo la propria vita, ma anche l'incolumità dei propri figli, per cercare rifugio dagli abusi nelle piccole case che offrono sicurezza. Alcune ricevono quotidianamente minacce, addirittura ogni ora. Ma, per loro, vale la pena correre il rischio. Sono donne che hanno visto da vicino la tortura e l'uccisione di altre donne, che sono state esse stesse vittime di orrendi abusi. E corrono il rischio più grande nel cercare di sfuggire alla violenza: mettono in gioco la propria sopravvivenza. Secondo la nuova normativa, i rischi per queste donne e i loro figli alla ricerca di protezione diventerebbero ancora più grandi. Come possiamo permettere che questa accada?
Oggi, una donna a Takhar grida per chiedere giustizia nei confronti del potente locale che ha rapito, tenuto sequestrata e poi ucciso sua figlia. Il perpetratore è il nipote criminale di un Parlamentare che siede – oggi – nel Parlamento a Kabul, che è considerato al di sopra della legge dalle autorità distrettuali. Alla luce del sole. Di quali altre prove avete bisogno? Ogni donna afghana sa benissimo che questa è la situazione nel Paese. Sa anche che, per il Governo afghano, tutto ciò è considerato normale.
Le donne che gestiscono i rifugi lavorano ogni giorno per proteggere la vita delle loro sorelle afghane, indipendentemente dalle opinioni politiche o dall'appartenenza etnica. E si trovano di fronte ostacoli enormi. Tra il 40 e il 60% di tutti i casi conosciuti di violenza vengono manipolati da qualche potente che esercita influenza sulle autorità, che fa pressione sul Governo affinché la donna venga restituita al padre o marito – padrone violento – da cui cercava di fuggire.
Noi chiediamo al nostro Governo: Sei davvero in grado di assumerti la responsabilità di proteggere la vita di queste donne?
E credi davvero che esercitare il controllo totale sulla vita delle donne, fin dentro il luogo della loro ultima speranza di salvezza, ti aiuterà a costruire una migliore immagine internazionale del Paese? Questa decisione la prendi davvero nel migliore interesse delle donne, anche quando sai benissimo che sei il secondo governo più corrotto al mondo? Questa nuova normativa riuscirà miracolosamente ad essere indenne dalle influenze potenti e corrotte che infettano tutti gli altri settori governativi? Come riuscirai a garantire questo? E, cosa più importante, cosa possiamo fare noi per fermarti?

* Afghan Women's Network (AWN) è una rete di organizzazioni di donne, di attiviste e di difensori dei diritti umani dell'Afghanistan. Ne fanno parte più di 5000 donne e oltre 75 Organizzazioni non-governative.

Suor ANNA MENEGON

Carissime sorelle, il 18 febbraio 2011 nell'ospedale di Damasco (Siria), il Signore della Vita ha chiamato a sé la nostra carissima Suor ANNA MENEGONNata a Montorso Vicentino (Vicenza) il 29 agosto 1938. Professa a Pessione (Torino) il 5 agosto 1959. Appartenente all'Ispettoria Medio Oriente "Gesù Adolescente".
Anna nacque in una famiglia semplice e ricca di valori umani e cristiani. I genitori erano agricoltori che hanno saputo educare bene gli undici figli: nove ragazze e due ragazzi. Agnese, di undici anni maggiore di Anna, la precedette nell'Istituto delle FMA. Fin da piccola Anna sognava di essere religiosa, e all'età di sedici anni decise e si mise in contatto con l'Ispettrice, suor Melchiorrina Biancardi e seguì la sorella.
Iniziò il cammino formativo con tanto entusiasmo, ma nel noviziato subì una grande prova: non stava bene in salute e dovette far ritorno in famiglia. Fu incoraggiata dalla Maestra, suor Maria Lanzio, che la tranquillizzò dicendole: “Non aver paura, ritornerai e andrai anche in missione”. Guidata dalla fede, ritornò a casa e trascorse un periodo anche a Valsalice dove vi era la sorella suor Agnese. La direttrice di quella comunità, suor Margherita Degrandi, la affidò a Madre Mazzarello... e Anna guarì! Ritornò in noviziato, fece professione e non solo, ottenuto il diploma di infermiera professionale, fece domanda missionaria!
Dopo qualche anno di preparazione vissuto a Mornese e a Torino, nel 1966 arrivò a Damasco nella terra di Paolo e come lui dirà spesso: "Per me il vivere è Cristo". Trascorse 45 anni in Siria: 11 ad Aleppo, il resto a Damasco. Ha cambiato varie attività, senza cambiare casa: infermiera, direttrice della comunità (1985-1992), amministratrice, assistente in sala operatoria, di nuovo direttrice (2008-2010), tutto compiuto con molta fedeltà e precisione. Nei momenti di tensione cercava subito l’occasione per ristabilire le relazioni fraterne.
Lo Stato italiano ha riconosciuto la validità del suo servizio, e nel 2005 fu decorata con la Stella della Solidarietà, al centro della quale c'è il Buon Samaritano, figura molto significativa per chi ha lavorato tutta la vita accanto a malati di ogni cultura e religione.
Nel mese di agosto 2010 fu operata alla spina dorsale. Pareva una frattura a due vertebre, invece si rivelò il cancro che la privò della possibilità di muoversi, ma la mente rimase lucida fino alla fine. Soffriva molto, ma ha percorso il cammino della croce con una graduale e paziente accettazione del dolore.
Quando nel mese di novembre abbiamo tenuto il consiglio ispettoriale a Damasco per esserle vicina e per averla con noi, ci ha confidato quanta meditazione su quel letto, quanta preghiera per l’Istituto, le sorelle della comunità e dell'Ispettoria. Diceva: "Quando mi alzerò e tornerò fra le sorelle vorrei comunicare loro quanto sto sperimentando in questo letto!" E l'ha comunicato sopratutto negli ultimi giorni, quando il suo letto è diventato l'altare del sacrificio. "...Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!" È l'espressione che si addice a suor Anna in questo momento. È partita cosciente di fare il salto nell'abbraccio del Padre che l'ha accolta come la figlia che più assomiglia a suo Figlio.
Le sorelle della comunità, il Direttore dell'ospedale, Dr. Joseph Fares, dottori, infermiere e personale ausiliare piangono una sorella e una mamma, che ha dato ogni giorno della sua vita perché ogni persona che passa nell'ospedale "abbia vita e vita in abbondanza".
Unite nel dolore e nella certezza della vita che non ha fine, dove il Signore asciugherà ogni lacrima, ti diciamo, cara suor Anna, grazie per quello che sei stata per noi, grazie per la tua fedeltà, per il tuo desiderio di bene, per la tua lealtà e rettitudine, per la tua umiltà, per il tuo amore ai poveri e soprattutto per la tua fiducia nella preghiera. Ti chiediamo, ora che sei con LUI, implora per l'ospedale e per quanti vi lavorano le grazie di cui hanno bisogno per vivere e servire come hai fatto tu. Per l’Istituto e la tua Ispettoria chiedi vocazioni della tua tempra, capaci di darsi totalmente ai fratelli e alle sorelle.
Grazie a tutti per le preghiere offerte e che si offriranno per la nostra carissima suor Anna.
L'Ispettrice
Suor Daniel Yusef Marie



17 febbraio 2011

Suor TERESA GAIA

Carissime sorelle, al tramonto del 17 febbraio 2011 nella casa “Madre Maddalena Promis” di Las Piedras (Uruguay), il padrone della Vita ha chiamato a sé la nostra cara Suor TERESA GAIANata a Castellinaldo (Cuneo) il 14 gennaio 1913. Professa a Pessione (Torino) il 6 agosto 1934. Appartenente all’Ispettoria Uruguayana “Immacolata Concezione”.
Teresina, come affettuosamente veniva chiamata, nacque in una famiglia di agricoltori di profonda vita di fede, benedetta dalla nascita di quattro figlie, la maggiore morì presto. Parlando della sua infanzia, racconta: «Furono anni difficili, per diverse catastrofi e poi nel 1914 la guerra, il papà venne chiamato al fronte, lasciando la mamma con le tre figlie. Si viveva in un clima di preoccupazione, strettezze e sfiducia. In quel periodo morì la sorellina e, nel 1918 nell’epidemia chiamata “spagnola” morì la mamma a soli 33 anni lasciandoci orfane, io con 5 anni e Angelina con 11. Ci accolse la nonna paterna, mentre papà continuava al fronte. In quel periodo, pur in mezzo a tanta desolazione, ebbi la grazia di ricevere la prima Comunione evento che ricordo con molta gioia». La sorella Angelina andò a lavorare in un pensionato per operaie con le suore dell’”Immacolata Concezione” di Ivrea e tre anni dopo entrò in quella Congregazione e fu missionaria in Argentina.
Teresina a 11 anni andò a lavorare nella fabbrica “Mazzoni” di Torre Pellice, accolta in un pensionato che venne poi affidato alle FMA. In quell’ambiente pervaso di spirito di famiglia maturò la sua vocazione alla vita religiosa salesiana. Nel 1931 entrò nell’Aspirantato; visse il Postulato a Chieri e il Noviziato a Pessione (Torino).
Dopo la professione, avendo fatto domanda missionaria, venne inviata a Torino alla casa “Madre Mazzarello”, dove rimase per tre anni, per prepararsi e conseguire il diploma di educatrice. Furono anni di entusiasmo e di grandi ideali. Madre Luisa Vaschetti, destinandola all’Uruguay, le disse con accento scherzoso: “Sei di Cuneo, fatti onore”.
Il 19 novembre 1937 giunse in Uruguay. Venne inviata a Montevideo “Istituto Maria Ausiliatrice”, dove, mentre era assistente delle interne, frequentò il Liceo e il Magistero e, nel 1944, ottenne il diploma di maestra. Suor Teresina fu insegnante, catechista, vicaria e consigliera scolastica in diverse case dell’Ispettoria: Canelones, Las Piedras, Paso de los Toros, Villarrica (Paraguay), Peñarol, Lascano, Montevideo “N. S. de Luján”, “Villa Muñoz”, “Istituto Maria Ausiliatrice”, “Immacolata”. Ovunque lasciò la sua entusiasta testimonianza di una vita consacrata coerente e felice.
Quando incominciarono a declinare le sue forze, continuò a prestare il suo servizio comunitario in portineria, refettorio e guardaroba. Faceva tutto con amore e dedizione e i suoi gesti delicati rivelavano la sua genuina femminilità. Dal 2002 si trovava nella casa di riposo “Madre Maddalena Promis” a Las Piedras.
Nel 1972 ebbe la grande gioia di ritornare in patria dopo 35 anni di vita missionaria. Rimase indimenticabile l’incontro con la famiglia! Poi trascorse un mese a Roma in casa generalizia e visitò i luoghi delle origini: Torino, Colle don Bosco e Mornese.
Suor Teresina curava molto la sua vita spirituale, amava la comunità ed era sempre presente agli atti comunitari. Esigente con se stessa, lo era anche con gli altri, a volte si manifestava un po’ suscettibile e bisognosa di attenzione e di affetto. Amava il canto e le feste, era arguta nei suoi interventi; seguiva le ragazze con vera dedizione e carità. Esprimeva una grande capacità di dialogo, per cui conservava una fedele amicizia con le exallieve, le famiglie e conoscenti.
In questi ultimi anni perse poco a poco la vista e l’udito e questo la fece molto soffrire e la isolò, nonostante avesse un temperamento socievole e comunicativo. Il Signore la preparava all’incontro definitivo con il distacco da molte cose, ma le stava donando la vita eterna. Desiderava ardentemente l’incontro con lo Sposo al quale aveva offerto tutta la vita.
Ora che già gode nella Pasqua eterna, interceda per l’Ispettoria, l’Istituto e i giovani.
L’Ispettrice
Suor Maria Inés Wynants

Carissime sorelle,


in modo speciale, carissime FMA delle Conferenze CIMAC, NAC, CIB, CICSAL e CINAB. Viviamo un meraviglioso evento carismatico che ci colma di entusiasmo e di speranza per l’Istituto oggi.
Gli Ambiti di Formazione, Pastorale giovanile, Missione Ad gentes, Comunicazione sociale e Famiglia salesiana, per dare risposta a uno dei processi previsti in questo sessennio, hanno deciso di proporre a tutto l’Istituto l’“offerta di interventi formativi su alcuni aspetti inerenti alla natura e al ruolo delle sorelle impegnate in vari compiti di animazione: Ispettrici, Consigli ispettoriali e locali, Formatrici, Coordinatrici o Referenti di vari ambiti, Delegate delle varie associazioni, alla luce del coordinamento per la comunione e in rapporto alla gestione delle opere con i laici (cf Programmazione del Consiglio generale 1.2).
In questo nostro Incontro, intendiamo raggiungere l’obiettivo generale: Abilitarci a rileggere e approfondire il Sistema preventivo come risposta alle sfide sempre nuove dell’educazione, esplicitandone le implicanze formative per le FMA, le laiche e i laici.
Tutte noi guardiamo con fiducia e speranza a questa esperienza di famiglia che permetterà anche di approfondire la nostra identità carismatica, come ci chiede il CG XXII. In questi giorni avremo l’occasione di ascoltarci e ascoltare insieme ciò che lo Spirito ci farà conoscere e dove ci sospinge perché l’amore di Dio e la Buona Notizia arrivino fino ai confini della terra, nelle nuove frontiere e frontiere sempre nuove della missione.
Ci auguriamo che queste giornate siano uno spazio di incontro familiare per potenziare in ciascuna di noi il fuoco della passione apostolica missionaria. Giornate che ci spingano a rinnovare l’opzione fondamentale per le/i giovani più poveri, “i lontani”, attraverso comunità rinnovate, autentiche, profetiche, che vivano il dinamismo dello Spirito suscitato ancora una volta nel CG XXII.
Vi invitiamo ad accompagnare questo evento attraverso il blog Seminario Interambito che, fra qualche giorno, verrà indicato sul sito dell’Istituto.
Unite nella preghiera reciproca,

Sr. Alaide Deretti
Consigliera per le Missioni

15 febbraio 2011

Campagna Premio Nobel Donne Africane

Aderisci all'iniziativa!
Riconoscere e valorizzare il ruolo delle donne in Africa e dare loro il Premio Nobel per la Pace 2011. Questa la proposta promossa dal CIPSI, coordinamento di 48 associazioni di solidarietà internazionale, e da ChiAma l’Africa, nata in Senegal, a Dakar, durante il seminario internazionale per un Nuovo patto di solidarietà tra Europa e Africa svoltosi dal 28 al 30 dicembre 2008.

L’Infanzia Missionaria Tedesca in aiuto alle vittime delle inondazioni che hanno colpito più di un milione di persone


ASIA/SRI LANKA - Aachen (Agenzia Fides). Le forti e incessanti piogge che dal 9 gennaio interessano ampie regioni dello Sri Lanka, soprattutto nell’est e nel nordest del paese hanno colpito più di un milione di persone dalle inondazioni. l’Infanzia Missionaria Tedesca “Die Sternsinger” ha raccolto di 30.000 Euro da inviare alle vittime. 
In una nota inviata all’Agenzia Fides, la direzione nazionale dell’Infanzia Missionaria Tedesca afferma che con il denaro raccolto “sono stati confezionati dei pacchi con aiuti d’emergenza per 670 famiglie”. “In questo modo raggiungeremo circa 2.700 bambini ”, dice Dorothee Schmidt, responsabile della sezione Sri Lanka della direzione nazionale. I pacchi contengono riso, legumi, latte in polvere e acqua potabile. In collaborazione con p. Nihal Liyanange di Salesiani nello Sri Lanka l’Infanzia Missionaria si concentra soprattutto sulle regioni nel nordest del Paese, dove insieme ai partner locali la distribuzione è organizzata a partire dalla regione di Vavuniya. 
Le acque hanno distrutto o pesantemente danneggiato le già deboli infrastrutture nelle regioni maggiormente colpite. Circa 325.000 persone hanno dovuto lasciare le proprie case e sono sistemate in alloggi provvisori. Molte risaie sono state distrutte. “In un paese dove la maggior parte delle persone vive dell’agricoltura questo rappresenta un grave problema”, dice Dorothee Schmidt. 
L’Infanzia Missionaria Tedesca dalla fine delle guerra civile in Sri Lanka nel 2009 fornisce aiuti d’emergenza per i rifugiati, provvedendo anche all’accompagnamento psicologico dei bambini traumatizzati e alla gestione di programmi per la protezione dell’infanzia. Una delle sfide più impegnative per il prossimo futuro sarà la ricostruzione delle infrastrutture e dell’agricoltura. (MS) (Agenzia Fides, 15/02/2011)

A Lampedusa…(2), giovani migranti in cerca di lavoro


(MISNA - Italia). La situazione al momento è calma e non ci sono stati nuovi arrivi. Al centro di accoglienza ci sono circa 2000 persone, che nei prossimi giorni dovrebbero essere tutte trasferite. Da informazioni ufficiose sembra poi che difficilmente si dovrebbero verificare sbarchi a ripetizione come quelli dei giorni scorsi”: a parlare con la MISNA è padre Vincent Mwagala, vice parroco di Lampedusa, contattato telefonicamente sull’isola siciliana, terra d’approdo negli ultimi quattro giorni per oltre 5000 migranti, provenienti prevalentemente dalla Tunisia. Le informazioni ufficiose citate da padre Mwagala sono in riferimento ai pattugliamenti da parte dell’esercito tunisino delle zone costiere da cui sarebbero partite la maggior parte delle imbarcazioni arrivate a Lampedusa e sono state confermate alla MISNA da fonti tunisine oltre che dall’agenzia di stampa ufficiale tunisina ‘Tap’, la quale oggi riferisce di una “campagna di lotta contro l’emigrazione clandestina in direzione dell’Italia lanciata nella zona della costa di Gabes”. Secondo la Tap, unità dell’esercito (affiancate da elementi della Guardia nazionale e da pescatori di Zarrat) hanno avviato pattugliamenti serrati per impedire i tentativi di emigrazione irregolare, “bloccando tutti i punti di passaggio possibili e creando posti di controllo ai porti di Gabes e Zarrat”. Da Lampedusa, le fonti contattate dalla MISNA sottolineano inoltre come il flusso di migranti registrato negli ultimi giorni sia completamente differente da quello degli anni precedenti. La maggior parte dei migranti sbarcati è costituita da giovani uomini in età lavorativa, spesso istruiti e in molti casi con notevoli quantità di denaro a disposizione, al punto che, “come mai era accaduto in passato, è facile vederli entrare nei negozi per comprare qualcosa” spiega il viceparroco di Lampedusa, aggiungendo che molti di loro dicono di aver lasciato la Tunisia perché in cerca di lavoro, denunciando una grave situazione economica in patria. Contattato a Tunisi padre Ramon Echeverria - vicario generale della Diocesi della capitale tunisina e missionario dei Padri Bianchi – conferma alla MISNA la natura economica dell’inedito flusso migratorio che ha investito Lampedusa. “Al momento il principale problema del paese è l’economia, che ha subito forti contraccolpi dagli stravolgimenti politici e sociali avvenuti nelle ultime settimane. Già prima della rivoluzione, il 40% dei giovani tunisini voleva andare in Europa. Se considerate che oggi sul fronte economico la situazione è peggiorata, perché ai problemi della crisi internazionale si sono sommati quelli della ‘rivoluzione’ , e aggiungete il fatto che il settore delle forze di sicurezza è quello che ha subito i contraccolpi più forti dai recenti cambiamenti politici avvenuti in Tunisia, con conseguente diminuzione dei controlli, capirete perché molti giovani hanno deciso di prendere la via del mare e tentare di raggiungere l’Europa” dice il missionario. 
[MZ]

A Lampedusa prosegue ondata sbarchi migranti Tunisini


(MISNA - Italia). In cinque giorni più di 5.000 migranti originari della Tunisia hanno raggiunto le coste dell’isola siciliana di Lampedusa, situata a 138 chilometri dal paese del Nord Africa, mentre le autorità tunisine avrebbero bloccato tra 1000 e 1500 cittadini intenti a raggiungere il vecchio continente. Lo riferiscono fonti di sicurezza locale citate dal quotidiano ‘Effadah’ (‘Le Matin’) precisando che il governo di transizione ha già dispiegato rinforzi sul terreno per bloccare il flusso di migranti in partenza dalle coste tunisine. Il portavoce del nuovo esecutivo, Taïeb Baccouche, ha accolto come “inaccettabile” l’ipotesi avanzata nelle ultime ore dal ministro degli Interni, Roberto Maroni, cioè il dispiegamento di soldati italiani a Tunisi per lottare all’immigrazione clandestina, insistendo che “il controllo del nostro littorale è di competenza esclusiva delle autorità tunisine”. Mentre Roma teme di dover affrontare una nuova “crisi umanitaria”, il governo della penisola ha già decretato lo stato di emergenza e chiesto formalmente l’intervento della pattuglia europea ‘Frontex’. Da Bruxelles il commissario dell’Unione Europea responsabile della sicurezza, Cecilia Malmström, ha annunciato che sono al vaglio dei 27 Stati membri misure di sostegno all’Italia per fronteggiare la nuova ondata di migranti. A un mese dall’uscita di scena del contestato presidente tunisino, Ben Ali, il capo della diplomazia dell’UE, Catherine Ashton, è attesa nelle prossime ore a Tunisi per avviare colloqui con il nuovo governo di transizione sia sulle riforme democratiche che sulla questione della partenza di migliaia di cittadini tunisini. Da metà gennaio l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha registrato a Lampedusa 4500 nuovi clandestini: con un ‘ponte aereo’ vengono trasferiti verso centri di prima accoglienza in Sicilia e in Calabria visto che quello di Lampedusa non è più operativo. Secondo testimonianze raccolte dall’Unhcr i migranti tunisini sono in fuga dalla povertà e dall’insicurezza. [VV]

14 febbraio 2011

Dal Messaggio del Papa Benedetto XVI per la Giornata Mondiale per le Vocazioni che si celebrerà domenica 15 maggio - “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”

Il Signore, all’inizio della sua vita pubblica, ha chiamato alcuni pescatori, intenti a lavorare sulle rive del lago di Galilea: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini" (Mt 4,19). Ha mostrato loro la sua missione messianica con numerosi "segni" che indicavano il suo amore per gli uomini e il dono della misericordia del Padre; li ha educati con la parola e con la vita affinché fossero pronti ad essere continuatori della sua opera di salvezza; infine, "sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre" (Gv 13,1), ha affidato loro il memoriale della sua morte e risurrezione, e prima di essere elevato al Cielo li ha inviati in tutto il mondo con il comando: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28,19).
Il testo integrale del messaggio del Santo Padre, in diverse lingue: press.catholica.va