CARITAS/MIGRANTES
Immigrazione
Dossier
Statistico 2010
XX
Rapporto sull’Immigrazione
Il Dossier è una raccolta
organica dei dati statistici sull’immigrazione.
Nascita
del Dossier all’inizio degli anni ‘90. Nel mese di febbraio 1990 fu
approvata la “legge Martelli”. Fu quello l’anno della prima conferenza
nazionale dell’immigrazione, nel corso della quale mons. Silvano Ridolfi,
allora direttore della Migrantes, così affermava a nome delle associazioni
degli emigrati italiani: “Se abbiamo chiesto per gli italiani giustizia e
rispetto, altrettanto dobbiamo fare per chi immigra nel nostro paese”. Sempre
nel 1990 la Conferenza Episcopale Italiana approvò il documento “Uomini di
culture diverse: dal conflitto alla solidarietà”, un tema che
mons. Luigi Di Liegro, direttore della Caritas diocesana di Roma,
riproponeva sia nel volume Il pianeta immigrazione sia l’anno successivo,
in piena guerra del Golfo, nella pubblicazione Per conoscere l’islam:
cristiani e musulmani nel mondo di oggi.
Ancora
nel 1991, il “prete degli immigrati” diede vita al “Forum per l’Intercultura”,
un impegnativo programma di sensibilizzazione, e al Dossier Statistico
Immigrazione.
A
distanza di due decenni dalla nascita del Dossier, Caritas e Migrantes
ritengono, alla luce del messaggio evangelico, che si richieda un rinnovato
impegno per una fruttuosa convivenza e considerano l’immigrazione un “segno dei
tempi” nel quale si configurano le linee di un profondo cambiamento in atto in
Italia, in Europa e nell’intero contesto mondiale.
Immigrazione
e pari opportunità: un binomio irrinunciabile.
L’immigrazione
e l’integrazione devono andare di pari passo. Il Governo ha proposto un piano
per l’integrazione nella sicurezza, denominato “Identità e
Incontro”, qualificandolo come modello italiano lontano
dall’assimilazionismo e dal multiculturalismo. Nel documento sono
individuati percorsi imperniati su diritti e doveri, responsabilità e opportunità,
in una visione di relazione reciproca, facendo perno sulla persona e sulle
iniziative sociali piuttosto che sullo Stato e individuando cinque assi di
intervento: l’educazione e l’apprendimento, dalla lingua ai valori; il lavoro e
la formazione professionale; l’alloggio e il governo del territorio; l’accesso
ai servizi essenziali; l’attenzione ai minori e alle seconde generazioni.
Si
insiste, inoltre, così come si fa in ambito comunitario, sui ritorni e sugli
aiuti allo sviluppo, progressivamente ridotti in Italia a un livello veramente
minimo sulle migrazioni a carattere rotatorio. Ma, intanto, è andata
radicandosi la convinzione, supportata dai dati, che l’immigrazione stia
acquisendo un carattere sempre più stabile.
Irregolarità e politica migratoria.
Nel Dossier
2010 si parla anche di sbarchi e di irregolari, senza sottacere gli
aspetti problematici ma, anche, senza perdere il riferimento ai dati e il senso
delle proporzioni.
Tutte le
persone di buon senso riconoscono la necessità di controllare le coste,
evitando che esse diventino l’attracco per i trafficanti di manodopera e la
base per i loro lucrosi commerci (2,5 miliardi di dollari nel mondo, secondo
l’Onu). Questo rigore, però, va unito al rispetto del diritto d’asilo e
della protezione umanitaria, di cui continuano ad avere bisogno persone in fuga
da situazioni disperate e in pericolo di vita.
(…)
È
necessario ripensare in maniera innovativa la flessibilità delle
quote, le procedure d’incontro tra datore di lavoro e lavoratore, il tempo
messo a disposizione per la ricerca di un nuovo posto di lavoro (che si
potrebbe ampliare tenendo conto dei periodi di integrazione salariale o
disoccupazione indennizzata). In effetti, è disfunzionale costringere ad andar
via lavoratori già ben inseriti, e in grado di ritrovare un posto di lavoro
dopo la crisi, oppure costringerli di fatto a incrementare l’area del lavoro
irregolare (il 12,2% del totale, secondo l’Istat). Lasciaci, perciò, perplessi
costatare che diversi enti locali abbiano destinato fondi per il loro
allontanamento, oltretutto con scarsa efficacia, come si è visto anche in
Spagna. Sembra, invece, auspicabile estendere i rimpatri assistiti a
favore degli irregolari, come raccomandato dalla stessa Commissione europea,
trasformando il ritorno di chi non ha avuto sbocco o successo nell’immigrazione
in un investimento positivo per i paesi di origine.
Seguendo
un’ottica realistica, Eurostat ha precisato che il miraggio di una
“immigrazione zero” in mezzo secolo farebbe perdere all’Italia un sesto della
sua popolazione.
Perciò,
se l’immigrazione è funzionale allo sviluppo del paese, l’agenda politica
è chiamata a riflettere sugli aspetti normativi più impegnativi, come quelli
riguardanti la cittadinanza e le esigenze di partecipazione di questi nuovi
cittadini, in particolare se nati in Italia. È questa la strada più
fruttuosa sotto tutti i punti di vista, economico e occupazionale non meno che
culturale e religioso.
Ed è per
questo che il Dossier 2010 pone a tutti la domanda: e se
mancasse, in realtà, la cultura dell’altro?
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