5 gennaio 2011

PER UNA CULTURA DELL’ALTRO


CARITAS/MIGRANTES
Immigrazione 
Dossier Statistico 2010
XX Rapporto sull’Immigrazione


Il Dossier è una raccolta organica dei dati statistici sull’immigrazione.  
Nascita del Dossier all’inizio degli anni ‘90. Nel mese di febbraio 1990 fu approvata la “legge Martelli”. Fu quello l’anno della prima conferenza nazionale dell’immigrazione, nel corso della quale mons. Silvano Ridolfi, allora direttore della Migrantes, così affermava a nome delle associazioni degli emigrati italiani: “Se abbiamo chiesto per gli italiani giustizia e rispetto, altrettanto dobbiamo fare per chi immigra nel nostro paese”. Sempre nel 1990 la Conferenza Episcopale Italiana approvò il documento “Uomini di culture diverse: dal conflitto alla solidarietà”, un tema che mons. Luigi Di Liegro, direttore della Caritas diocesana di Roma, riproponeva sia nel volume Il pianeta immigrazione sia l’anno successivo, in piena guerra del Golfo, nella pubblicazione Per conoscere l’islam: cristiani e musulmani nel mondo di oggi.
Ancora nel 1991, il “prete degli immigrati” diede vita al “Forum per l’Intercultura”, un impegnativo programma di sensibilizzazione, e al Dossier Statistico Immigrazione.
A distanza di due decenni dalla nascita del Dossier, Caritas e Migrantes ritengono, alla luce del messaggio evangelico, che si richieda un rinnovato impegno per una fruttuosa convivenza e considerano l’immigrazione un “segno dei tempi” nel quale si configurano le linee di un profondo cambiamento in atto in Italia, in Europa e nell’intero contesto mondiale.

Immigrazione e pari opportunità: un binomio irrinunciabile.
L’immigrazione e l’integrazione devono andare di pari passo. Il Governo ha proposto un piano per l’integrazione nella sicurezza, denominato “Identità e Incontro”, qualificandolo come modello italiano lontano dall’assimilazionismo e dal multiculturalismo. Nel documento sono individuati percorsi imperniati su diritti e doveri, responsabilità e opportunità, in una visione di relazione reciproca, facendo perno sulla persona e sulle iniziative sociali piuttosto che sullo Stato e individuando cinque assi di intervento: l’educazione e l’apprendimento, dalla lingua ai valori; il lavoro e la formazione professionale; l’alloggio e il governo del territorio; l’accesso ai servizi essenziali; l’attenzione ai minori e alle seconde generazioni.
Si insiste, inoltre, così come si fa in ambito comunitario, sui ritorni e sugli aiuti allo sviluppo, progressivamente ridotti in Italia a un livello veramente minimo sulle migrazioni a carattere rotatorio. Ma, intanto, è andata radicandosi la convinzione, supportata dai dati, che l’immigrazione stia acquisendo un carattere sempre più stabile.

Irregolarità e politica migratoria.
Nel Dossier 2010 si parla anche di sbarchi e di irregolari, senza sottacere gli aspetti problematici ma, anche, senza perdere il riferimento ai dati e il senso delle proporzioni.
Tutte le persone di buon senso riconoscono la necessità di controllare le coste, evitando che esse diventino l’attracco per i trafficanti di manodopera e la base per i loro lucrosi commerci (2,5 miliardi di dollari nel mondo, secondo l’Onu). Questo rigore, però, va unito al rispetto del diritto d’asilo e della protezione umanitaria, di cui continuano ad avere bisogno persone in fuga da situazioni disperate e in pericolo di vita.
(…)
È necessario ripensare in maniera innovativa la flessibilità delle quote, le procedure d’incontro tra datore di lavoro e lavoratore, il tempo messo a disposizione per la ricerca di un nuovo posto di lavoro (che si potrebbe ampliare tenendo conto dei periodi di integrazione salariale o disoccupazione indennizzata). In effetti, è disfunzionale costringere ad andar via lavoratori già ben inseriti, e in grado di ritrovare un posto di lavoro dopo la crisi, oppure costringerli di fatto a incrementare l’area del lavoro irregolare (il 12,2% del totale, secondo l’Istat). Lasciaci, perciò, perplessi costatare che diversi enti locali abbiano destinato fondi per il loro allontanamento, oltretutto con scarsa efficacia, come si è visto anche in Spagna. Sembra, invece, auspicabile estendere i rimpatri assistiti a favore degli irregolari, come raccomandato dalla stessa Commissione europea, trasformando il ritorno di chi non ha avuto sbocco o successo nell’immigrazione in un investimento positivo per i paesi di origine.
Seguendo un’ottica realistica, Eurostat ha precisato che il miraggio di una “immigrazione zero” in mezzo secolo farebbe perdere all’Italia un sesto della sua popolazione.

Perciò, se l’immigrazione è funzionale allo sviluppo del paese, l’agenda politica è chiamata a riflettere sugli aspetti normativi più impegnativi, come quelli riguardanti la cittadinanza e le esigenze di partecipazione di questi nuovi cittadini, in particolare se nati in Italia. È questa la strada più fruttuosa sotto tutti i punti di vista, economico e occupazionale non meno che culturale e religioso.
Ed è per questo che il Dossier 2010 pone a tutti la domanda: e se mancasse, in realtà, la cultura dell’altro?

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