4 dicembre 2015

TRONO E ALTARE, SPADA E CULTURA: UN INTRECCIO CHIAMATO ISLAM

Parla il missionario comboniano padre Giuseppe Scattolin, professore di mistica islamica all’Università Gregoriana, al Pisai (Pontificio istituto di studi arabi e di islamistica) di Roma, e all’Istituto di Studi Arabi e Islamici “Dar Comboni” del Cairo.

Padre Giuseppe Scattolin (primo a sinistra)
E' un raffinato analista. Ed un appassionato testimone. Padre Giuseppe Scattolin è un missionario comboniano. Ha lavorato in Libano, Sudan ed Egitto. Attualmente è professore di mistica islamica all’Università Gregoriana e al Pisai (Pontificio istituto di studi arabi e di islamistica) di Roma, e all’Istituto di Studi Arabi e Islamici “Dar Comboni” (Egitto, Cairo), dove lo incontriamo. Riconosciuto come uno dei massimi esperti di mistica islamica a livello internazionale, Scattolin ha pubblicato sull’argomento oltre 50 fra libri e articoli. «L’Islam è un insieme di quattro aspetti: religione, legge, civiltà e politica - spiega -, e nessuno va trascurato, se si vuole parlare di Islam reale. L’Islam è religione, significa che porta un’esperienza spirituale. Altrimenti non si spiegherebbero ben 14 secoli di vita, nonostante vicissitudini turbolente. Non solo l’Islam oggi è ancora vivo, ma è anche in espansione nelle nostre società moderne».

L’Islam è legge. «Non regola solo l’aspetto interiore della persona, ma anche quello sociale: il matrimonio innanzitutto, l’eredità, i rapporti umani di convivenza… La legge domina tutto nell’Islam e questo è un grosso problema, soprattutto nello scontro con la modernità. La nostra società è pluralista, si basa sull’uguaglianza di diritti e doveri. Noi riconosciamo che tutti gli uomini hanno diritti fondamentali, nonostante le differenze di sesso, di razze, di fedi… Invece la legge islamica distingue tra musulmano e non. E negli Stati islamici mi pare che i diritti umani siano pochissimo rispettati». L’Islam è civiltà. «I musulmani hanno dimostrato di essere aperti a culture differenti. Con gli Abbasidi (750-1258), Baghdad, in Iraq, è stata per cinque secoli uno dei centri culturali più importanti del mondo. Venivano tradotte in arabo le grandi opere greche di filosofia e scienze. Guardando al passato, i musulmani possono capire che dalle altre culture possono assimilare moltissime conoscenze, per poi integrarle nella visione islamica. Se invece l’Islam si isola, diventa pericoloso, diventa una civiltà chiusa, tribale, come accade a tutte le civiltà quando si isolano». 

L’Islam è politica. «Questa miscela tra politica e religione nell’Islam c’è stata fin dall’inizio, perché Muhammad è stato sia un profeta religioso che un capo politico, e ha imposto una visione religiosa della politica; i musulmani avevano la prevalenza, i non musulmani erano a margine. E poi non va dimenticato l’aspetto imperialista dell’Islam, che nella storia si è espanso anche con conquiste militari. Nelle lettere inviate agli imperatori di Bisanzio, della Persia, dell’Etiopia e al governatore dell’Egitto, ovvero ai leader delle quattro potenze che circondavano la Penisola araba, Muhammad scriveva: “Fatti musulmano e sarai salvo”. Nell’Islam c’è questa visione di un mondo diviso in due parti: il mondo islamico è quello della pace, il mondo non islamico è quello dell’incredulità, e va combattuto, perché può costituire un pericolo per il primo. I vari movimenti islamisti – da al-Qaeda all’Isis - vogliono tornare a quella tradizione del “sottomettiti e sarai salvo”, e lo fanno con la guerra». 
Qual è il vero significato di Jihad che si sente sempre tradurre con guerra santa? «In senso generale, jihad indica lo sforzo per far trionfare la causa di Dio. Per raggiungere questo obiettivo, ci sta dentro tutto: la guerra, ma anche la partecipazione di ciascuno alla vita sociale, così come gli insegnamenti del professore che afferma che l’Islam è la religione più  avanzata. Combattere gli infedeli con la spada è sempre stato chiamato jihad; e gli islamisti oggi usano la violenza. Jihad è stato usato anche per le guerre tra musulmani: gli Abbasidi hanno spodestato gli Omayyadi, considerati infedeli, e questo in favore della verità del mondo islamico. Poi c’è il jihad spirituale, quando uno applica questo sforzo per migliorare sé stesso».

I musulmani sostengono che l’Islam sia una religione di pace. «Ancora una volta io guardo alla storia. L’Islam la prima guerra l’ha fatta contro gli arabi della penisola arabica per riconquistarli, poi si è lanciato in guerre di conquista militare, riuscendo a sconfinare in Cina in Oriente, e in Francia in Occidente. Queste sono guerre di attacco, di conquista, non di difesa. La questione dell’imperialismo non è affare solo occidentale. Dire che l’Islam è pace, certo, idealmente ce lo auguriamo, però per arrivare alla pace, bisogna fare dei passi. Se io come cristiano sostenessi ancora la legittimità di guerre militari in difesa del cristianesimo, sarei molto equivoco se poi affermassi che il cristianesimo è una religione di pace. Uno dei gesti più grandi che ha fatto papa Giovanni Paolo II è aver confessato, a nome di tutta la Chiesa, la violenza del cristianesimo nella storia, e averla rigettata, affinché non avvenga più. Mi piacerebbe vederlo fare dai leader di molte altre religioni e ideologie. Se fossi un musulmano, mi farei delle domande. Anche l'Islam ha fatto una storia di guerre, è ora che gli islamici illuminati dicano che le guerre in nome di Dio non si devono più fare. Serve una riforma, una nuova ermeneutica del testo coranico». 

Quali sono le sfide che l’umanità ha di fronte?
 «La globalizzazione mercantilistica: il profitto domina tutto e per il profitto siamo disposti a fare di tutto; dallo sfruttamento della natura, a quello dell’essere umano, fino alla sua manipolazione. Sradicato dalle tradizioni che nel passato davano un certo indirizzo morale, oggi l’essere umano può compiere qualsiasi delitto, giustificandolo, grazie al relativismo imperante. Abbiamo bisogno di una riumanizzazione, perché stiamo perdendo l’umanità e questa è una perdita irrimediabile. La seconda sfida è quella dei tribalismi, esplosi per combattere questa cultura massificante che vuole imporsi a tutti. Questi tribalismi vogliono costituirsi come identità, e lo fanno in modo violento. Quando poi sopra si mettono delle giustificazioni religiose, quello che succede è sotto gli occhi di tutti».

Il dialogo tra religioni è possibile? «Occorre una rilettura di ciascuna religione per dividere l’essenziale dal secondario. La legge dell’amore di Gesù è fondamentale; i ritualismi sono secondari. Per l’Islam il primo attributo di Dio, ripetuto all’infinito dai fedeli, è il clemente e il misericordioso. La misericordia è il valore fondamentale, e questo è un punto comune. Amore, misericordia, giustizia e pace sono secondo me gli elementi fondamentali, senza i quali rischiamo di vivere una religione farisaica. Ma serve anche una purificazione della memoria storica, perché tutti hanno perpetrato violenze in nome di Dio, nessuno è innocente».