Non ci si può rassegnare all'orrore. Una spiaggia disseminata di corpi: bambini, donne, uomini. Alcuni sembrano siriani, altri africani. Ottantacinque cadaveri recuperati in poche ore sul litorale libico di Zuwara, da dove migliaia di persone salpano per cercare di raggiungere l'Italia. La scorsa settimana ha segnato uno dei momenti più neri nella storia del Mediterraneo: almeno ottocento persone sono annegate nel Canale di Sicilia, forse novecento come ipotizza Medici Senza Frontiere. L'intervento della Marina militare italiana, della missione europea Sophia, della capitaneria di porto, della flottiglia di ong internazionali non è riuscito a impedire il massacro. Queste navi hanno salvato decine di migliaia di profughi e migranti, ma alcuni dei naufragi sono avvenuti nelle acque territoriali libiche dove i mezzi stranieri non possono entrare. E spesso i bambini non riescono a sopravvivere in acqua neppure per attendere l'arrivo dei soccorritori. Come la bambina siriana annegata prima di venire issata a bordo, lasciando nelle mani del volontario quel salvagente drammaticamente vuoto che papa Francesco ha mostrato al mondo. Le foto raccolte dalla Mezzaluna Rossa libica e da Migrant Report sono immagini dure, che feriscono le coscienze, ma non possiamo chiudere gli occhi. È inutile illudersi: nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, per tutta l'estate un'altra moltitudine cercherà di imbarcarsi verso la Sicilia. La vita di quelle persone dipende anche da noi. E le istituzioni italiane ed europee devono fare di più. Subito. Perché nel Mediterraneo si continua a morire tutti i giorni. (di Gianluca Di Feo)
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