Città del Vaticano – Questa
mattina, nel corso di una conferenza stampa in Vaticano, è stato presentato il
Messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si
celebrerà il prossimo 15 gennaio.
Di seguito pubblichiamo il testo integrale
del Messaggio.
Annunciare Gesù Cristo unico
Salvatore del mondo “costituisce la missione essenziale della Chiesa, compito e
missione che i vasti e profondi mutamenti della - società attuale non rendono
meno urgenti” (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 14). Anzi, oggi avvertiamo
l’urgenza di promuovere, con nuova forza e rinnovate modalità, l’opera di
evangelizzazione in un mondo in cui l’abbattimento delle frontiere e i nuovi
processi di globalizzazione rendono ancora più vicine le persone e i popoli,
sia per lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, sia per la frequenza e la
facilità con cui sono resi possibili spostamenti di singoli e di gruppi. In
questa nuova situazione dobbiamo risvegliare in ognuno di noi l’entusiasmo e il
coraggio che mossero le prime comunità cristiane ad essere intrepide
annunciatrici della novità evangelica, facendo risuonare nel nostro cuore le
parole di san Paolo: “Annunciare il Vangelo non è per me un vanto; perché è una
necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9,16).
Il tema che ho scelto quest’anno
per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato – “Migrazioni e nuova
evangelizzazione” – nasce da questa realtà. L’ora presente, infatti, chiama la
Chiesa a compiere una nuova evangelizzazione anche nel vasto e complesso
fenomeno della mobilità umana, intensificando l’azione missionaria sia nelle
regioni di primo annuncio, sia nei Paesi di tradizione cristiana.
Il Beato Giovanni Paolo II ci
invitava a “nutrirci della Parola, per essere «servi della Parola» nell’impegno
dell’evangelizzazione ..., [in una situazione] che si fa sempre più varia e
impegnativa, nel contesto della globalizzazione e del nuovo e mutevole
intreccio di popoli e culture che la caratterizza” (Lett. ap. Novo millennio ineunte,
40). Le migrazioni interne o internazionali, infatti, come sbocco per la
ricerca di migliori condizioni di vita o per fuggire dalla minaccia di
persecuzioni, guerre, violenza, fame e catastrofi naturali, hanno prodotto una
mescolanza di persone e di popoli senza precedenti, con problematiche nuove non
solo da un punto di vista umano, ma anche etico, religioso e spirituale. Le
attuali ed evidenti conseguenze della secolarizzazione, l’emergere di nuovi
movimenti settari, una diffusa insensibilità nei confronti della fede
cristiana, una marcata tendenza alla frammentarietà, rendono difficile
focalizzare un riferimento unificante che incoraggi la formazione di “una sola
famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche
e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al
dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto
delle legittime differenze”, come scrivevo nel Messaggio dello scorso anno per
questa Giornata Mondiale. Il nostro tempo è segnato da tentativi di cancellare
Dio e l’insegnamento della Chiesa dall’orizzonte della vita, mentre si fanno
strada il dubbio, lo scetticismo e l’indifferenza, che vorrebbero eliminare
persino ogni visibilità sociale e simbolica della fede cristiana.
In tale contesto, i migranti che
hanno conosciuto Cristo e l’hanno accolto non di rado sono spinti a non
ritenerlo più rilevante nella propria vita, a perdere il senso della fede, a
non riconoscersi più come parte della Chiesa e spesso conducono un’esistenza
non più segnata da Cristo e dal suo Vangelo. Cresciuti in seno a popoli marcati
dalla fede cristiana, spesso emigrano verso Paesi in cui i cristiani sono una
minoranza o dove l’antica tradizione di fede non è più convinzione personale,
né confessione comunitaria, ma è ridotta ad un fatto culturale. Qui la Chiesa è
posta di fronte alla sfida di aiutare i migranti a mantenere salda la fede,
anche quando manca l’appoggio culturale che esisteva nel Paese d’origine,
individuando anche nuove strategie pastorali, come pure metodi e linguaggi per
un’accoglienza sempre vitale della Parola di Dio. In alcuni casi si tratta di
un’occasione per proclamare che in Gesù Cristo l’umanità è resa partecipe del
mistero di Dio e della sua vita di amore, viene aperta ad un orizzonte di
speranza e di pace, anche attraverso il dialogo rispettoso e la testimonianza
concreta della solidarietà, mentre in altri casi c’è la possibilità di
risvegliare la coscienza cristiana assopita, attraverso un rinnovato annuncio
della Buona Novella e una vita cristiana più coerente, in modo da far
riscoprire la bellezza dell’incontro con Cristo, che chiama il cristiano alla
santità dovunque si trovi, anche in terra straniera.
L’odierno fenomeno migratorio è
anche un’opportunità provvidenziale per l’annuncio del Vangelo nel mondo
contemporaneo. Uomini e donne provenienti da varie regioni della terra, che non
hanno ancora incontrato Gesù Cristo o lo conoscono soltanto in maniera
parziale, chiedono di essere accolti in Paesi di antica tradizione cristiana.
Nei loro confronti è necessario trovare adeguate modalità perché possano
incontrare e conoscere Gesù Cristo e sperimentare il dono inestimabile della
salvezza, che per tutti è sorgente di “vita in abbondanza” (cfr Gv 10,10); gli
stessi migranti hanno un ruolo prezioso a questo riguardo poiché possono a loro
volta diventare “annunciatori della Parola di Dio e testimoni di Gesù Risorto,
speranza del mondo” (Esort. ap. Verbum Domini, 105).
Nell’impegnativo itinerario della
nuova evangelizzazione, in ambito migratorio, assumono un ruolo decisivo gli
Operatori pastorali – sacerdoti, religiosi e laici – che si trovano a lavorare
sempre più in un contesto pluralista: in comunione con i loro Ordinari,
attingendo al Magistero della Chiesa, li invito a cercare vie di fraterna
condivisione e di rispettoso annuncio, superando contrapposizioni e
nazionalismi. Da parte loro, le Chiese d’origine, quelle di transito e quelle
d’accoglienza dei flussi migratori sappiano intensificare la loro cooperazione,
a beneficio sia di chi parte sia di chi arriva e, in ogni caso, di chi ha
bisogno di incontrare sul suo cammino il volto misericordioso di Cristo
nell’accoglienza del prossimo. Per realizzare una fruttuosa pastorale di
comunione, potrà essere utile aggiornare le tradizionali strutture di
attenzione ai migranti e ai rifugiati, affiancandole a modelli che rispondano
meglio alle mutate situazioni in cui si trovano a interagire culture e popoli
diversi.
I rifugiati che chiedono asilo,
fuggiti da persecuzioni, violenze e situazioni che mettono in pericolo la loro
vita, hanno bisogno della nostra comprensione e accoglienza, del rispetto della
loro dignità umana e dei loro diritti, nonché della consapevolezza dei loro
doveri. La loro sofferenza invoca dai singoli Stati e dalla comunità
internazionale che vi siano atteggiamenti di mutua accoglienza, superando
timori ed evitando forme di discriminazione e che si provveda a rendere
concreta la solidarietà anche mediante adeguate strutture di ospitalità e
programmi di reinsediamento. Tutto ciò comporta un vicendevole aiuto tra le
regioni che soffrono e quelle che già da anni accolgono un gran numero di
persone in fuga e una maggiore condivisione delle responsabilità tra gli Stati.
La stampa e gli altri mezzi di
comunicazione hanno un ruolo importante nel far conoscere, con correttezza,
oggettività e onestà, la situazione di chi ha dovuto forzatamente lasciare la
propria patria e i propri affetti e desidera iniziare a costruirsi una nuova
esistenza.
Le comunità cristiane riservino
particolare attenzione per i lavoratori migranti e le loro famiglie, attraverso
l’accompagnamento della preghiera, della solidarietà e della carità cristiana;
la valorizzazione di ciò che reciprocamente arricchisce, come pure la
promozione di nuove progettualità politiche, economiche e sociali, che
favoriscano il rispetto della dignità di ogni persona umana, la tutela della
famiglia, l’accesso ad una dignitosa sistemazione, al lavoro e all’assistenza.
Sacerdoti, religiosi e religiose,
laici e, soprattutto, giovani uomini e donne siano sensibili nell’offrire
sostegno a tante sorelle e fratelli che, fuggiti dalla violenza, devono
confrontarsi con nuovi stili di vita e difficoltà di integrazione. L’annuncio
della salvezza in Gesù Cristo sarà fonte di sollievo, speranza e “gioia piena”
(cfr Gv 15,11).
Desidero infine ricordare la
situazione di numerosi studenti internazionali che affrontano problemi di
inserimento, difficoltà burocratiche, disagi nella ricerca di alloggio e di
strutture di accoglienza. In modo particolare le comunità cristiane siano
sensibili verso tanti ragazzi e ragazze che, proprio per la loro giovane età,
oltre alla crescita culturale, hanno bisogno di punti di riferimento e
coltivano nel loro cuore una profonda sete di verità e il desiderio di
incontrare Dio. In modo speciale, le Università di ispirazione cristiana siano
luogo di testimonianza e d’irradiazione della nuova evangelizzazione,
seriamente impegnate a contribuire, nell’ambiente accademico, al progresso
sociale, culturale e umano, oltre che a promuovere il dialogo fra le culture,
valorizzando l’apporto che possono dare gli studenti internazionali. Questi
saranno spinti a diventare essi stessi attori della nuova evangelizzazione se
incontreranno autentici testimoni del Vangelo ed esempi di vita cristiana.
Cari amici, invochiamo
l’intercessione di Maria, “Madonna del cammino”, perché l’annuncio gioioso
della salvezza di Gesù Cristo porti speranza nel cuore di coloro che, lungo le
strade del mondo, si trovano in condizioni di mobilità. A tutti assicuro la mia
preghiera e imparto la Benedizione Apostolica.
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