Nella notte dal 9 al 10 aprile
1886, D. Bosco a Barcellona (Spagna) fece il Quinto Sogno Missionario,
da “Pecchino a Santiago” passando per l’Africa!
Ancora oggi la Pastorella ci adita il futuro: “creare rapporti più umani
tra i continenti”.
Questa luce brilla ancora!
«Nella
notte dal 9 al 10 aprile Don Bosco fece un nuovo sogno missionario, che
raccontò a Don Rua, a Don Branda e al Viglietti, con voce rotta a volte dai
singulti. Il Viglietti lo scrisse subito dopo e per ordine suo ne inviò copia a
Don Lemoyne, affinché se ne desse lettura a tutti i Superiori dell’Oratorio e
servisse di generale incoraggiamento. “Questo però, avvertiva il segretario,
non è che l’abbozzo di una magnifica e lunghissima visione”. Il testo che noi
pubblichiamo è quello del Viglietti, ma un po’ ritoccato da Don Lemoyne nella
forma per renderne più corretta la dizione.
Don
Bosco si trovava nelle vicinanze di Castelnuovo sul poggio, così detto, Bricco
del Pino, vicino alla valle Sbarnau. Spingeva di lassù per ogni parte il suo
sguardo, ma altro non gli veniva fatto di vedere che una folta boscaglia,
sparsa ovunque, anzi coperta di una quantità innumerevole di piccoli funghi.
— Ma
questo, diceva Don Bosco, è pure il contado di Rossi Giuseppe: dovrebbe ben
esserci!
Ed
infatti dopo qualche tempo, scorse Rossi il quale tutto serio stava guardando
da un lontano poggio le sottostanti valli. Don Bosco lo chiamò, ma egli non
rispose che con uno sguardo come chi è soprapensiero.
Don
Bosco, volgendosi dall'altra parte, vide pure in lontananza Don Rua il quale,
allo stesso modo che Rossi, stava con tutta serietà tranquillamente quasi
riposando seduto.
Don
Bosco li chiamava entrambi, ma essi silenziosi non rispondevano neppure a
cenni.
Allora
scese da quel poggio e camminando arrivò sopra un altro, dalla cui vetta
scorgeva una selva, ma coltivata e percorsa da vie e da sentieri. Di là volse
intorno il suo sguardo, lo spinse in fondo all'orizzonte, ma, prima
dell'occhio, fu colpito il suo orecchio dallo schiamazzo di una turba
innumerevole di fanciulli.
Per
quanto egli facesse affine di scorgere donde venisse quel rumore, non vedeva
nulla; poi allo schiamazzo succedette un gridare come al sopraggiungere di
qualche catastrofe. Finalmente vide un’immensa quantità di giovanetti, i quali,
correndo intorno a lui, gli andavano dicendo: — Ti abbiamo aspettato, ti
abbiamo aspettato tanto, ma finalmente ci sei: sei tra noi e non ci fuggirai!
Don
Bosco non capiva niente e pensava che cosa volessero da lui quei fanciulli; ma
mentre stava come attonito in mezzo a loro contemplandoli, vide un immenso
gregge di agnelli guidati da una pastorella, la quale, separati i giovani e le
pecore, e messi gli uni da una parte e le altre dall'altra, si fermò accanto a
Don Bosco e gli disse: — Vedi quanto ti sta innanzi?
— Sì, che
lo vedo, rispose Don Bosco.
— Ebbene,
ti ricordi del sogno che facesti all’età di dieci anni?
—
Oh è molto difficile che lo ricordi! Ho la mente stanca; non ricordo più bene
presentemente.
— Bene,
bene: pensaci e te ne ricorderai.
Poi
fatti venire i giovani con Don Bosco gli disse: — Guarda ora da questa parte,
spingi il tuo sguardo e spingetelo voi tutti e leggete che cosa sta scritto…
Ebbene, che cosa vedi?
— Veggo
montagne, poi mare, poi colline, quindi di nuovo montagne e mari.
— Leggo,
diceva un fanciullo, Valparaiso.
— Io
leggo, diceva un altro, Santiago.
— Io,
ripigliava un terzo, li leggo tutt’e due.
— Ebbene,
continuò la pastorella, parti ora da quel punto e avrai una norma di quanto i
Salesiani dovranno fare in avvenire. Volgiti ora da quest'altra parte, tira una
linea visuale e guarda.
— Vedo
montagne, colline e mari!…
E
i giovani aguzzavano lo sguardo ed esclamarono in coro: — Leggiamo Pechino.
Vide
Don Bosco allora una gran città. Essa era attraversata da un largo fiume sul
quale erano gittati alcuni grandi ponti.
— Bene,
disse la donzella che sembrava la loro maestra; ora tira una sola linea da una
estremità all’altra, da Pechino a Santiago, fanne un centro nel mezzo
dell’Africa ed avrai un’idea esatta di quanto debbono fare i Salesiani.
— Ma come
fare tutto questo? esclamò Don Bosco. Le distanze sono immense, i luoghi
difficili e i Salesiani pochi.
— Non ti
turbare. Faranno questo i tuoi figli, i figli dei tuoi figli e dei figli loro;
ma si tenga fermo nell’osservanza delle Regole e nello spirito della Pia
Società.
— Ma dove
prendere tanta gente?
— Vieni
qui e guarda. Vedi là cinquanta Missionari in pronto? Più in là ne vedi
altri e altri ancora? Tira una linea da Santiago al centro dell’Africa. Che
cosa vedi?
— Veggo
dieci centri di stazioni.
— Ebbene,
questi centri che tu vedi, formeranno studio e noviziato e daranno
moltitudine di Missionari affine di provvederne queste contrade. Ed ora
volgiti da quest’altra parte. Qui vedi dieci altri centri dal mezzo dell’Africa
fino a Pechino. E anche questi centri somministreranno i Missionari a
tutte queste altre contrade. Là c’è Hong Kong, là Calcutta, più in là
Madagascar. Questi e più altri avranno case, studi e noviziati.
Don
Bosco ascoltava guardando ed esaminando; poi disse: — E dove trovare tanta
gente, e come inviare Missionari in quei luoghi? Là ci sono i selvaggi che
si nutrono delle carni umane; là ci sono gli eretici, là i persecutori, e come
fare?
— Guarda,
rispose la pastorella, mettiti di buona volontà. Vi è una cosa sola da
fare: raccomandare che i miei figli coltivino costantemente la virtù di Maria.
— Ebbene,
sì, mi pare d'aver inteso. Predicherò a tutti le tue parole.
— E
guardati dall'errore che vige adesso, che è la mescolanza di quelli che
studiano le arti umane, con quelli che studiano le arti divine, perché la
scienza del cielo non vuol essere con le terrene cose mescolata.
Don
Bosco voleva ancora parlare; ma la visione disparve: il sogno era finito.
Mentre
Don Bosco raccontava, i tre ascoltatori esclamarono a più riprese: — Oh Maria,
Maria! — Il Santo, quand’ebbe finito, disse: — Quanto ci ama Maria! — Parlando
poi di questo sogno con Don Lemoyne a Torino, prese a dire con tranquillo, ma
penetrante accento: — Quando i Salesiani saranno nella Cina e si troveranno
sulle due sponde del fiume che passa nelle vicinanze di Pechino!… Gli uni verranno
alla sponda sinistra dalla parte del grande Impero, gli altri alla sponda
destra dalla parte della Tartaria. Oh! quando gli uni andranno incontro agli
altri per stringersi la mano!… Quale gloria per la nostra Congregazione!… Ma il
tempo è nelle mani di Dio!
Il
medesimo Don Lemoyne nel mandare copia del sogno a monsignor Cagliero scriveva
il 23 aprile a proposito della parte ivi rappresentata da Don Rua, vicario di
Don Bosco, e da Giuseppe Rossi, provveditore generale: “Io come interprete
noterò: Don Rua è la parte spirituale sopra pensiero, Rossi Giuseppe la parte
materiale pur essa imbrogliata. L’avvenire deve consolare l'uno e l'altro”. E
così realmente fu.
Un
buon commento a quel punto del sogno, dove si parla del Cile, balza fuori da
quanto si riferisce nel Bollettino di settembre del 1887. Descrivendosi un
viaggio compiuto da monsignor Cagliero con monsignor Fagnano nella repubblica
transandina, si narra che a Santiago il senatore Valledor pregava i Salesiani
di accettare la direzione dell’orfanotrofio governativo, costituendosi padri di
tanti fanciulli dai sette ai dieci anni, e che andati essi a visitare
l’istituto, si sentirono leggere da un orfanello queste parole in
un’accademiola: — Sono due anni che piangiamo e preghiamo, perché Don Bosco ci
dia un padre. — Non basta. Monsignor Fagnano, intrattenutosi con i ragazzi,
parlò con alcuni semplicetti che gli dicevano: — Le fanciulle hanno la madre
(alludevano alle suore), ma noi non possiamo avere un padre. Nostro padre è Don
Bosco, ma finora non è arrivato. — A Valparaiso poi nel giorno del loro arrivo
più di duecento fanciulli correvano dietro ad essi gridando: — Finalmente sono
arrivati i nostri padri! Domani potremo andare a scuola. Oh che piacere! —
Vedendo e udendo queste cose, essi pensavano a quanto avevano letto nel sogno,
tanto il fatto rispondeva alla predizione.
Nei
primi giorni gli alunni di Sarrià fecero gran festa. La prima volta che la
banda musicale eseguì alcune sonate dopo il pranzo, Don Bosco a ciascuno dei
sonatori diede con le sue mani un dolce. “Questi giovani, scriveva il
Viglietti, sono fuori di loro dalla gioia per la presenza di Don Bosco, il
quale sta assai bene ed è molto allegro”.»
(MB XVIII, p. 71 -75)
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