di Alessandro Armato
Accanto allo spagnolo e alla lingua straniera in classe verrà insegnata anche una lingua indigena del Paese
Entra in vigore questa settimana, in Bolivia, una riforma del curriculum
educativo che prevede, tra le altre cose, l'insegnamento
trilingue nelle scuole
elementari, medie e superiori.
Il ministero
dell'Educazione boliviano vuole che le lezioni siano impartite in tre diverse
lingue: lo spagnolo, una lingua straniera e una lingua originaria. Ma la vera
novità è l'introduzione dell'insegnamento della lingua originaria, a carico dei
docenti dell'area di "Linguaggio e comunicazione".
Per mettere in
pratica la riforma - ritenuta da molti difficilmente attuabile - circa 44 mila
educatori boliviani hanno già frequentato appositi corsi per migliorare la
conoscenza, soprattutto scritta, di una delle tre principali lingue indigene
del Paese dotate di alfabeto: Quechua, Aymara y Guaraní.
In questo modo
la Bolivia si configura, almeno sulla carta, come un Paese che, pur restando
saldamente ancorato alla sua lingua principale, lo spagnolo, allo stesso tempo
guarda alle sfide della globalizzazione e non trascura il recupero della
memoria e della cultura indigena, di cui la lingue originarie sono un ricettacolo
vivo.
Con questa
riforma, il governo di Evo Morales compie un altro passo in direzione della
decolonizzazione e della trasformazione effettiva della Bolivia - Paese con
oltre il 50 per cento della popolazione che si riconosce come indigena - in uno
stato plurinazionale, due delle linee guida del suo programma di governo fin
dal suo primo mandato.
La riforma
suscita tuttavia numerose perplessità, soprattutto per la mancanza di personale
docente concretamente capace di insegnare sia in spagnolo che in una lingua
indigena. Uno degli effetti dello storico misconoscimento dell'eredità
culturale indigena in Bolivia è stata infatti la perdita della conoscenza delle
lingue originarie, soprattutto nella loro forma scritta, in particolare tra
coloro che hanno studiato e vivono in zone urbane.
Un'altra questione che suscita perplessità è il criterio in base al quale
verrà scelta la lingua originaria da insegnare, dato che nel Paese, benché la
maggioranza sia di ceppo Quechua, Aymara o Guaraní, esistono almeno 36 lingue
originarie, di cui 20 con alfabeto, che in alcune zone vengono anche a
sovrapporsi.
Il governo è
consapevole che, nella pratica, la concreta attuazione della riforma è ancora
lontana. "È certo che la maggioranza dei maestri non sono ancora
preparati", ha dichiarato alla BBC Walter Gutiérrez, direttore
dell'unità intra e interculturale del ministero dell'Educazione, "si
tratta di un processo lento". Ma il sentiero ormai è tracciato.
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