3 aprile 2013

Ecuador, Foresta Amazzonica all'asta. Popolazioni indigene in rivolta

Il governo di Quito sta cercando di vendere tre milioni di ettari alle compagnie petrolifere internazionali, soprattutto cinesi. Protesta delle ong e dei capitribù: "Sistematica violazione dei diritti sulle terre ancestrali"

L'Ecuador si accinge a mettere all'asta oltre tre milioni di ettari di Foresta Amazzonica, aprendo così la strada a nuove esplorazioni petrolifere e a nuove deportazioni di popolazioni indigene. Per spuntare prezzi e condizioni migliori, il governo di Quito ha organizzato un vero e proprio tour nelle capitali straniere che potrebbero essere maggiormente interessate all'affare. Ieri è stata quindi la volta di Pechino, dove i rappresentanti dell'Ecuador in una sala del centrale Hotel Hilton hanno illustrato le potenzialità energetiche dei terreni in vendita ad uno stuolo di manager delle principali aziende petrolifere cinesi, comprese la China Petrochemical e la China National Offshore Oil. 

A differenza di quanto accaduto con le tappe precedenti di questo "road show", avvenute nelle settimane scorse a Houston e Parigi, a Pechino come, era prevedibile, non c'è stata alcuna manifestazioni di protesta da parte delle ong impegnate a salvaguardare l'ambiente e le culture indigene.  Secondo l'organizzazione californiana Amazon Watch, sono in particolare sette le popolazioni che rischiano di essere espropriate della loro terra e costrette ad abbandonare il loro tradizionale stile di vita.
"Chiediamo che sia le compagnie private che quelle statali si rifiutino di partecipare a questa asta che viola sistematicamente i diritti di sette nazioni indigene, imponendo espolorazioni petrolifere nei loro territori ancestrali",  hanno scritto qualche mese fa in una lettera aperta i rappresentanti delle comunità indigenedell'Ecuador.

Appello al quale il ministro ecuadoregno per gli Idrocarburi, Andrés Donoso Fabara, ha replicato duramente, accusando i leader della protesta di non fare gli interessi delle loro popolazioni, bensì di inseguire degli obiettivi politici. "Questa gente ha un'agenda politica e non tengono conto dello sviluppo e della lotta alla povertà", ha detto.  In realtà, secondo i contestatori, dietro la scelta di vendere questi territori ci sarebbe soprattutto la volontà di ripagare una parte del grande debito accumulato dal Paese nei confronti della Cina. Quito deve infatti a Pechino circa 7 miliardi di dollari, pari a quasi un decimo del suo Pil. 

Secondo Amazon Watch, un eventuale acquisto violerebbe inoltre le linee guida fissate congiuntamente dai ministri cinesi per l'Ambiente e per il Commercio estero. Gli investimenti all'estero, stando a questo documento approvato il mese scorso, dovrebbero avvenire infatti "promuovendo uno sviluppo armonioso dell'economia locale, dell'ambiente e delle comunità".

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