Da Lampedusa un singolare invito a Papa Francesco. Lo ha rivolto in una lettera pubblicata sul portale Migrantes il parroco della parrocchia di San Gerlando don Stefano Nastasi. Il sacerdote, immaginando nelle lacrime del Papa al momento dell’elezione quelle dei migranti che dall’Africa giungono nella piccola isola del Mediterraneo, si rivolge al Pontefice per affidargli quei poveri che i lampedusani hanno più volte soccorso in mare. Ma com’è nata l’idea di questa lettera?
R. – Essendo lui un figlio dell’emigrazione, o di emigrati allora l’ho sentito particolarmente vicino alla nostra realtà; da lì nasce l’idea di scrivere. Ho voluto immaginare che nelle sue lacrime ci fossero anche le nostre lacrime: sicuramente le sue sono lacrime di commozione al momento dell’elezione, ma in quelle lacrime ho voluto leggere ed immaginare le nostre lacrime in generale di sofferenza quotidiana, degli isolani, degli immigrati, di ogni uomo e di ogni donna dai diversi angoli della terra. Quelle lacrime le ho pensate come la sintesi delle lacrime di ciascuno, capace di portare, o di supportare, o di condividere il cammino quotidiano. Essere l’uno accanto all’altro, così come anche lui ha avuto modo di dirci nei giorni passati.
D. – Collegare le lacrime del Papa appena eletto a quelle di un immigrato significa che ancora l’immigrazione è un problema presente a Lampedusa?
R. – Certo, ma non è un problema presente solo a Lampedusa, è un problema presente da per tutto: flussi di popoli che si spostano, destini futuri che si rimettono in discussione, incontri di popoli che hanno bisogno di essere accompagnati. Noi come realtà ecclesiale penso che, in primo luogo dobbiamo aiutare l’altro a recuperare la propria identità: prima quella di uomo e poi di figlio di Dio.
D. – Qual è in sintesi il messaggio che vuol far giungere a Papa Francesco?
R. – Mi permetto di rivolgere un invito filiale a Sua Santità, Papa Francesco, quale Vescovo di Roma che presiede nella carità la Chiesa nel mondo: perché possa visitare questo estremo lembo di terra che risulta geograficamente la periferia dell’Italia, o il confine tra l’Europa e l’Africa; però, nello stesso tempo, è la porta prima per chi proviene dal Sud verso l’Europa. Venga in mezzo a noi e sarà Padre tra i figli. Non abbiamo nulla da offrire, abbiamo soltanto da raccontare la nostra fede spicciola, sincera e l’esperienza della carità fraterna che abbiamo sperimentato in questi anni con i fratelli migrati. Partendo da qui, da questa realtà così piccola, ma capace di dilatarsi nel cuore accogliendo il Vangelo di Gesù Cristo, allora possa dire una parola a noi ed al mondo intero a questa possibilità di orizzonti nuovi, di civiltà nuova che può ripartire da un cristianesimo, o una realtà cristiana più umanizzata.
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