24 giugno 2020

Suor Anna MAZZOCCOLI


Carissime sorelle, la mattina del 19 giugno 2020, solennità del Sacro Cuore di Gesù, dall’Ospedale di Fiorenzuola (Piacenza) è tornata alla casa del Padre la nostra carissima sorella Suor Anna MAZZOCCOLI.

Nata a Genzano di Lucania (Potenza) l’8 aprile 1930
Professa a Casanova di Carmagnola (Torino) il 5 agosto 1958
Appartenente all’Ispettoria “Madonna del Cenacolo” La Spezia - Italia

Nasce e vive in un ambiente di lavoro e di fede; papà Michele è contadino, la mamma Maria si occupa degli otto figli: cinque femmine e tre maschi, Anna è la sesta. Alla sera si recita l’Angelus e il Rosario; al mattino la mamma, mentre veste la sua numerosa truppa, fa pregare tutti ad alta voce. Si può dire che la famiglia cresce all’ombra del campanile. Il portone di casa è proprio di fronte alla Parrocchia: appena sente suonare la campanella della benedizione, Anna corre ad adorare Gesù. Frequenta l’Azione Cattolica da cui riceve moltissimo: ritiri mensili, Esercizi spirituali… «La mia vocazione, dopo anni di lotta, di ricerca e di intensa preghiera, si delinea limpida nella meditazione sull’amore sconfinato di Gesù Crocifisso. Sentivo una voce interiore che mi diceva “Non ti ho amato per scherzo, tu come rispondi?”».
Questo pensiero la accompagna dai 18 ai 24 anni. Anche questo versetto del Vangelo l’attira: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Lc 10,1-9). Nello stesso tempo le piacerebbe formare una famiglia cristiana e si sente confusa tra le due strade. Alla fine il Parroco le dà da leggere la vita di madre Mazzarello e le consiglia di scrivere alla Direttrice della Casa Missionaria “Madre Mazzarello” di Torino. Leggendo quelle pagine, rimane affascinata dallo “spirito di Mornese”, dal clima spirituale che vi si respira, dal sacrificio e dalla mortificazione, dalla contemplazione nel lavoro. Si mette in contatto con la Direttrice suor Amalia Gallo e, nel giro di due mesi, parte per Torino fra lo stupore dei genitori che la accompagnano così lontano senza comprenderne a fondo il motivo.
Vive l’Aspirantato ad Arignano, il Noviziato a Casanova con la maestra suor Angela Vanetti. Sono anni di fervore e di entusiasmo. Le Novizie sono 103, di 57 nazioni! Si respira aria di mondialità e lì si rafforza nella vocazione missionaria. Nel 1958-‘59 è a Torino “Madre Mazzarello” dove consegue l’attestato di taglio e confezioni femminili, mentre si prepara a partire per le Missioni. Occorre il permesso dei genitori, ma il papà resiste, dicendo che può fare la missionaria in Italia. Lei prega l’Ausiliatrice: «Se mi vuole, lo otterrà». Il papà finalmente concede il permesso e lei parte per l’Uruguay, ancora temporanea.
La prima tappa è Montevideo, poi Rincon del Pino e Colón dove è insegnante nella scuola professionale. Così definisce la sua vita come missionaria: «Un’esperienza bellissima. Eravamo un cuor solo e un’anima sola, esperienza di vera preghiera, di vita comunitaria». Nel 1977 torna in Italia: la mamma di 87 anni, malata, le chiede di averla accanto. Ancora una volta il suo cuore è diviso, ma finisce per accondiscendere al desiderio della mamma, con la benedizione delle superiore. L’accoglie l’Ispettoria Emiliana perché i suoi, nel frattempo, si sono trasferiti a Rimini. Inizia quindi la sua “missione italiana” nelle case di questa Ispettoria. Dal 1978 al 1983 è a Ravenna come portinaia e incaricata del laboratorio. Passa poi a Bibbiano, dove è assistente delle interne dal 1983 al 1985; in seguito è a Formigine.
Nel 1991 un’altra obbedienza la vuole a Lugo, nuovamente in portineria; quindi a Fusignano dove torna con gioia all’oratorio e presta ogni altro aiuto possibile dal 1995 al 1998. La sua ultima casa è Correggio dove rimarrà fino all’inizio del 2020. Suor Anna è una FMA vivace, amante della vita comunitaria in tutti i suoi aspetti: preghiera, condivisione gioiosa, collaborazione attiva e interessamento saggio. Il suo carattere pronto e forte è temperato dal desiderio di bene per le consorelle e per i giovani. Ha un’anima profondamente missionaria e mossa da ardente zelo pastorale. Per il bene dei bambini e dei ragazzi supera ogni difficoltà.
Una sua spiccata caratteristica è la capacità di dare vita ad iniziative che suscitano collaborazione; non lavora mai da sola. Scrive una giovane suora: «Io l’ho conosciuta nella casa di Correggio dove sono cresciuta. Me la ricordo sempre con il sorriso sulle labbra, il volto luminoso parlava da solo. Aveva una “parolina all'orecchio” per ognuno. Il cortile era la sua passione: veniva con i palloni e con la corda per farci giocare».
Nel 2019 incomincia a dare segni di declino cognitivo e si decide di trasferirla a Lugagnano dove arriva ai primi di gennaio del 2020. Pochi mesi per “fiorire dove il Signore la pianta”. Si rende necessario un ricovero ospedaliero e, dopo pochi giorni, esala l’ultimo respiro a 90 anni di età e 62 di professione.
Questo era il suo motto: «Devo fiorire dove il Signore mi pianta ... Il Signore mi ha messo accanto persone splendide che mi hanno aiutato tantissimo nella gioia del dono». Ringraziamo il Signore per la vita di questa sorella missionaria, generosa, entusiasta e amante della vita comunitaria.
                                                                                                                   
L’Ispettrice 
Suor Carla Castellino

18 giugno 2020

L’1 per cento della popolazione mondiale è in fuga secondo il rapporto annuale dell’UNHCR Global Trends







Conferenza Stampa: In cammino per la cura della casa comune – A cinque anni dalla Laudato sì

Vaticano, ecologia integrale: la salvaguardia del Creato è responsabilità di tutti

Suor Francisca MONTAVA

Carissime sorelle, il 13 giugno 2020, dalla casa “S. Maria D. Mazzarello” di Santiago El Bosque (Cile), ci ha lasciate per godere della gioia eterna la nostra cara Suor Francisca MONTAVA.

Nata ad Alcoy (Spagna) l’8 maggio 1922
Professa a Barcelona Sarriá (Spagna) il 5 agosto 1945
Appartenente all’Ispettoria “San Gabriele Arcangelo” - Santiago

Suor Paquita - come amava essere chiamata - faceva parte di una famiglia composta da due fratelli e quattro sorelle, delle quali lei era l’ultima. La sua casa si trovava proprio davanti al Santuario di Maria Ausiliatrice di Alcoy (Alicante). I suoi genitori Vicente e Julia, parrocchiani del Santuario, avevano un ottimo rapporto con i Salesiani di quella comunità e trasmisero ai figli il dono della fede in Gesù e l'amore per la Sua Madre sotto il titolo di Ausiliatrice. Come espressione di questo clima di spiritualità, tre di essi consacrarono la loro vita al Signore: uno nell'Ordine Francescano, una, che visse pure in Cile, tra le Carmelitane e suor Francisca FMA. Fin da bambina, i genitori stimolarono le abilità artistiche di Francisca avviandola allo studio del disegno ornamentale e della pittura. E lei per tutta la vita mise a servizio questo dono del Signore con semplicità e generosità, dimostrando di saperlo equilibrare armoniosamente con le diverse responsabilità e compiti che svolgeva in Ispettoria.
Ammessa al Postulato il 31 gennaio 1943 a Barcelona Sarriá, il successivo 5 agosto entrò in Noviziato dove emise la prima professione il 5 agosto 1945. Da questa città, spinta dalla chiamata del Signore alla missione ad gentes, nel dicembre dello stesso anno partì con la sua compagna di viaggio, suor María Benaiges Vallés (1918-2015), per Punta Arenas (Magallanes, Cile). In quella casa insegnò nella prima elementare fino al 1955; passò poi a Santiago El Bosque come assistente delle novizie. Dal 1962 al 1969 fu formatrice nell’Aspirantato e Postulato a Santiago La Cisterna.
Dal 1969 al 1987, con alcune interruzioni, fu animatrice nella comunità “Maria Ausiliatrice” di Viña del Mar, nel Noviziato di Santiago El Bosque, nella comunità “Madre Mazzarello” di Talca e, per un anno, nella Casa ispettoriale. Lavorò poi come insegnante di arti plastiche nella Scuola “Laura Vicuña” a La Cisterna e nella Scuola “Maria Ausiliatrice” a Iquique. A Punta Arenas dal 1988 al 2002 fu delegata dell'Unione Exallieve, catechista, incaricata della cronaca e, soprattutto, impegnata con i piccoli della Scuola dell’infanzia rivelando una speciale vocazione per questo ambiente educativo. Suor Francisca amava tanto i suoi familiari, grata per il dono della fede che le avevano trasmesso. Li ricordava spesso, anche grazie alle foto che i fratelli e i nipoti le mandavano, e pregava molto per loro.
Chi ha condiviso la vita e la missione con suor Paquita, la descrive fraterna, profondamente umana, dolce, delicata nei rapporti; una donna di fede, con una sensibilità che le permetteva di entrare facilmente in empatia con la gente. Queste sue caratteristiche rimasero impresse nelle Exallieve e nei laici che l'hanno conosciuta nelle diverse comunità. Dal 2003 al 2009 fece parte della comunità del Noviziato CICSAL (Conferenza Interprovinciale del Cono Sud dell'America Latina) a Santiago. Le suore e le novizie di quegli anni le sono grate per la sua serenità, per la testimonianza di una FMA che, con semplicità, sapeva contemplare e lodare Dio per le bellezze del creato. Ricordano le sue espressioni d'amore per Gesù, accompagnate da un profondo sospiro: «Gesù, ti amo!».
Quando nei suoi quadri ritraeva Gesù, si commuoveva e commentava: «Quanto ci ama Gesù e quanto soffre nei piccoli e nei poveri che non hanno nulla». E le scendeva una lacrima sul viso. Tra le sue opere artistiche segnaliamo un dipinto della Beata Laura Vicuña, un murale della Resurrezione del Signore nella cappella della Scuola “Maria Mazzarello” di Talca, ritratti di Vescovi della diocesi di Punta Arenas, ritratti di bambini, tra cui l'allora Infanta Leonor de Borbón, a cui inviò il dipinto attraverso l'Ambasciata spagnola in Cile e, in segno di gratitudine, ricevette una lettera dai Reali di Spagna.
Nel 2010, a causa di vari problemi di salute, venne accolta nella comunità “Santa Maria D. Mazzarello” di Santiago El Bosque dove continuò a dipingere fino a quando ebbe la forza di farlo. Anno dopo anno, divenne sempre più debole fino alla morte, causata da una setticemia.
Cara suor Paquita, grazie per la tua testimonianza, per averci regalato i colori della fraternità, della pace, della serenità e della contemplazione delle meraviglie di Dio nella tua stessa vita. Riposa in pace e intercedi presso il Signore e l’Ausiliatrice vocazioni missionarie come la tua per il nostro Istituto.
L’Ispettrice
Suor Ximena Oyarzo Mansilla

"Morire di speranza" - OGGI

1 giugno 2020

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2020

«Eccomi, manda me» (Is 6,8)


Cari fratelli e sorelle,

Desidero esprimere la mia gratitudine a Dio per l’impegno con cui in tutta la Chiesa è stato vissuto, lo scorso ottobre, il Mese Missionario Straordinario. Sono convinto che esso ha contribuito a stimolare la conversione missionaria in tante comunità, sulla via indicata dal tema “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”.

In questo anno, segnato dalle sofferenze e dalle sfide procurate dalla pandemia da covid 19, questo cammino missionario di tutta la Chiesa prosegue alla luce della parola che troviamo nel racconto della vocazione del profeta Isaia: «Eccomi, manda me» (Is 6,8). È la risposta sempre nuova alla domanda del Signore: «Chi manderò?» (ibid.). Questa chiamata proviene dal cuore di Dio, dalla sua misericordia che interpella sia la Chiesa sia l’umanità nell’attuale crisi mondiale. «Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca... ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: “Siamo perduti” (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme» (Meditazione in Piazza San Pietro, 27 marzo 2020). Siamo veramente spaventati, disorientati e impauriti. Il dolore e la morte ci fanno sperimentare la nostra fragilità umana; ma nello stesso tempo ci riconosciamo tutti partecipi di un forte desiderio di vita e di liberazione dal male. In questo contesto, la chiamata alla missione, l’invito ad uscire da sé stessi per amore di Dio e del prossimo si presenta come opportunità di condivisione, di servizio, di intercessione. La missione che Dio affida a ciascuno fa passare dall’io pauroso e chiuso all’io ritrovato e rinnovato dal dono di sé.

Nel sacrificio della croce, dove si compie la missione di Gesù (cfr Gv 19,28-30), Dio rivela che il suo amore è per ognuno e per tutti (cfr Gv 19,26-27). E ci chiede la nostra personale disponibilità ad essere inviati, perché Egli è Amore in perenne movimento di missione, sempre in uscita da sé stesso per dare vita. Per amore degli uomini, Dio Padre ha inviato il Figlio Gesù (cfr Gv 3,16). Gesù è il Missionario del Padre: la sua Persona e la sua opera sono interamente obbedienza alla volontà del Padre (cfr Gv 4,34; 6,38; 8,12-30; Eb 10,5-10). A sua volta Gesù, crocifisso e risorto per noi, ci attrae nel suo movimento di amore, con il suo stesso Spirito, il quale anima la Chiesa, fa di noi dei discepoli di Cristo e ci invia in missione verso il mondo e le genti.

«La missione, la “Chiesa in uscita” non sono un programma, una intenzione da realizzare per sforzo di volontà. È Cristo che fa uscire la Chiesa da se stessa. Nella missione di annunciare il Vangelo, tu ti muovi perché lo Spirito ti spinge e ti porta» (Senza di Lui non possiamo far nulla, LEV-San Paolo, 2019, 16-17). Dio ci ama sempre per primo e con questo amore ci incontra e ci chiama. La nostra vocazione personale proviene dal fatto che siamo figli e figlie di Dio nella Chiesa, sua famiglia, fratelli e sorelle in quella carità che Gesù ci ha testimoniato. Tutti, però, hanno una dignità umana fondata sulla chiamata divina ad essere figli di Dio, a diventare, nel sacramento del Battesimo e nella libertà della fede, ciò che sono da sempre nel cuore di Dio.

Già l’aver ricevuto gratuitamente la vita costituisce un implicito invito ad entrare nella dinamica del dono di sé: un seme che, nei battezzati, prenderà forma matura come risposta d’amore nel matrimonio e nella verginità per il Regno di Dio. La vita umana nasce dall’amore di Dio, cresce nell’amore e tende verso l’amore. Nessuno è escluso dall’amore di Dio, e nel santo sacrificio di Gesù Figlio sulla croce Dio ha vinto il peccato e la morte (cfr Rm 8,31-39). Per Dio, il male – persino il peccato – diventa una sfida ad amare e amare sempre di più (cfr Mt 5,38-48; Lc 23,33-34). Perciò, nel Mistero pasquale, la divina misericordia guarisce la ferita originaria dell’umanità e si riversa sull’universo intero. La Chiesa, sacramento universale dell’amore di Dio per il mondo, continua nella storia la missione di Gesù e ci invia dappertutto affinché, attraverso la nostra testimonianza della fede e l’annuncio del Vangelo, Dio manifesti ancora il suo amore e possa toccare e trasformare cuori, menti, corpi, società e culture in ogni luogo e tempo.

La missione è risposta, libera e consapevole, alla chiamata di Dio. Ma questa chiamata possiamo percepirla solo quando viviamo un rapporto personale di amore con Gesù vivo nella sua Chiesa. Chiediamoci: siamo pronti ad accogliere la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, ad ascoltare la chiamata alla missione, sia nella via del matrimonio, sia in quella della verginità consacrata o del sacerdozio ordinato, e comunque nella vita ordinaria di tutti i giorni? Siamo disposti ad essere inviati ovunque per testimoniare la nostra fede in Dio Padre misericordioso, per proclamare il Vangelo della salvezza di Gesù Cristo, per condividere la vita divina dello Spirito Santo edificando la Chiesa? Come Maria, la madre di Gesù, siamo pronti ad essere senza riserve al servizio della volontà di Dio (cfr Lc 1,38)? Questa disponibilità interiore è molto importante per poter rispondere a Dio: “Eccomi, Signore, manda me” (cfr Is 6,8). E questo non in astratto, ma nell’oggi della Chiesa e della storia.

Capire che cosa Dio ci stia dicendo in questi tempi di pandemia diventa una sfida anche per la missione della Chiesa. La malattia, la sofferenza, la paura, l’isolamento ci interpellano. La povertà di chi muore solo, di chi è abbandonato a sé stesso, di chi perde il lavoro e il salario, di chi non ha casa e cibo ci interroga. Obbligati alla distanza fisica e a rimanere a casa, siamo invitati a riscoprire che abbiamo bisogno delle relazioni sociali, e anche della relazione comunitaria con Dio. Lungi dall’aumentare la diffidenza e l’indifferenza, questa condizione dovrebbe renderci più attenti al nostro modo di relazionarci con gli altri. E la preghiera, in cui Dio tocca e muove il nostro cuore, ci apre ai bisogni di amore, di dignità e di libertà dei nostri fratelli, come pure alla cura per tutto il creato. L’impossibilità di riunirci come Chiesa per celebrare l’Eucaristia ci ha fatto condividere la condizione di tante comunità cristiane che non possono celebrare la Messa ogni domenica. In questo contesto, la domanda che Dio pone: «Chi manderò?», ci viene nuovamente rivolta e attende da noi una risposta generosa e convinta: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8). Dio continua a cercare chi inviare al mondo e alle genti per testimoniare il suo amore, la sua salvezza dal peccato e dalla morte, la sua liberazione dal male (cfr Mt 9,35-38; Lc 10,1-12).

Celebrare la Giornata Missionaria Mondiale significa anche riaffermare come la preghiera, la riflessione e l’aiuto materiale delle vostre offerte sono opportunità per partecipare attivamente alla missione di Gesù nella sua Chiesa. La carità espressa nelle collette delle celebrazioni liturgiche della terza domenica di ottobre ha lo scopo di sostenere il lavoro missionario svolto a mio nome dalle Pontificie Opere Missionarie, per andare incontro ai bisogni spirituali e materiali dei popoli e delle Chiese in tutto il mondo per la salvezza di tutti.

La Santissima Vergine Maria, Stella dell’evangelizzazione e Consolatrice degli afflitti, discepola missionaria del proprio Figlio Gesù, continui a intercedere per noi e a sostenerci.

Roma, San Giovanni in Laterano, 31 maggio 2020, Solennità di Pentecoste


Franciscus

La Amazonía agradece al Papa Francisco y se une a su llamado para defender la vida