30 settembre 2012

143ª Expedición Misionera Salesiana

Turín (Italia) (AICA): El domingo, 30 de septiembre, en la basílica de María Auxiliadora en Valdocco, Turín, se iniciará la 143ª Expedición Misionera Salesiana. Religiosos y laicos enviados a anunciar el Evangelio en el estilo educativo de Don Bosco. Este año recibirán el crucifijo misionero 45 Salesianos, 15 Hijas de María Auxiliadora, y 11 voluntarios laicos: 5 de Italia y 3 de Polonia. El origen de los nuevos misioneros salesianos es variado, como lo es su destino. La celebración del mandato misionero es una tradición que se remonta a la vida del mismo Don Bosco cuando el 11 de noviembre de 1875, en la misma basílica, se les entregó el crucifijo misionero, un signo del mandato evangelizador y educativo, a los diez primeros salesianos que partían hacia la Patagonia en la Argentina.

El domingo, 30 de septiembre, en la basílica de María Auxiliadora en Valdocco, Turín, se iniciará la 143ª Expedición Misionera Salesiana. Religiosos y laicos enviados a anunciar el Evangelio en el estilo educativo de Don Bosco. Este año recibirán el crucifijo misionero 45 Salesianos, 15 Hijas de María Auxiliadora, y 11 voluntarios laicos: 5 de Italia y 3 de Polonia. 
El origen de los nuevos misioneros salesianos es variado, como lo es su destino. Entre las metas también está Europa, que en los últimos años se considera tierra de evangelización y para la que la Congregación Salesiana puso en marcha el Proyecto Europa. 
El mandato misionero tendrá lugar en la histórica basílica dedicada a María Auxiliadora y será presidido por el noveno sucesor de Don Bosco, don Pascual Chávez Villanueva, Rector Mayor de los Salesianos. 
Precederá y acompañará la celebración del mandato misionero salesiano la “Harambee”, un acontecimiento patrocinado por el Servicio de Voluntariado Internacional para el Desarrollo (VIS) y por la misión salesiana de Italia. La cita tradicional se llevará a cabo el último fin de semana de septiembre y contará con la participación de jóvenes animadores misioneros y de los que pasaron su tiempo de vacaciones de verano en los países en vías de desarrollo. 
La celebración del mandato misionero es una tradición que data del mismo Don Bosco. El 11 de noviembre de 1875, en la misma basílica, se les entregó el crucifijo misionero, un signo del mandato evangelizador y educativo, a los diez primeros salesianos que partían hacia la Patagonia en la Argentina. 
Dos años más tarde, algunas de las Hermanas del naciente Instituto de las Hijas de María Auxiliadora se unieron a los misioneros salesianos que partían. En los últimos años, con el desarrollo de la conciencia y la participación de los laicos se unieron también a las expediciones los salesianos cooperadores y voluntarios de las ONG salesianas. 
Hoy, con 137 años de historia misionera, miles de religiosos y cientos de laicos se convirtieron en portadores del Evangelio de Jesucristo al estilo de Don Bosco en más de 130 países.

21 settembre 2012

Scomparso mons. Schettino, il vescovo dei migranti

È morto monsignor Bruno Schettino, arcivescovo di Capua e presidente della Commissione Episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes. Aveva 71 anni ed era stato nominato alla guida della diocesi di Capua il 29 aprile del 1997.. Il decesso sarebbe avvenuto intorno alle tre di notte per un infarto. Nato a Marigliano, nella diocesi di Nola, il 5 gennaio del 1941, era stato ordinato presbitero il 28 giugno 1964. 
Era stato poi eletto alla sede vescovile di Teggiano-Policastro l'11 febbraio 1987 e ordinato vescovo il 4 aprile dello stesso anno per poi passare dieci anni dopo a Capua. Era membro della Conferenza Episcopale Campana. Si era sempre battuto in prima linea per l'affermazione dei diritti degli immigrati e spesso si recava a Castelvolturno per dare conforto e sostegno alla comunità di africani. Aveva usato parole forti contro gli esecutori materiali della strage degli immigrati messa a segno il 18 settembre del 2008 dal gruppo stragista del clan dei Casalesi. Ad agosto scorso aveva fatto il suo ultimo viaggio a Lourdes.
La morte di monsignor Schettino è una "grave perdita", ha commentato don Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes: "oltre alla sua cordialità e amabilità, ci mancherà la sua passione pastorale per i migranti, il suo impegno quotidiano per far emergere dall'illegalità persone e lavoratori migranti, il suo impegno per la giustizia e per la pace sociale, contro ogni discriminazione e conflittualità".

20 settembre 2012

Nasce “Il viaggio di Eteria” per raccontare il mondo migrante


Roma - Si chiama “Il viaggio di Eteria” ed è il bollettino dell’associazione Assmi (Associazione scalabriniane a servizio con/ per i migranti). Il giornale vuole essere – spiega la presidente dell’associazione, sr. Etra Modica – “quasi come una piazza dove si incontrano le esperienze, i dibattiti, le informazioni e le risorse che i migranti portano con sé”. “Questo foglio di collegamento – scrive la religiosa nell’editoriale del primo numero - legato alle iniziative realizzate dal Centro migranti Scalabrini delle Suore scalabriniane, vuole essere un rivisitare le nostre radici, recuperare la consapevolezza del contributo che i migranti danno anche nel cambiamento positivo del mondo, facendo di ciò una iniziativa itinerante, un continuo viaggio e un nuovo protagonismo dei migranti: anche loro saranno corresponsabili della buona riuscita di questa rivista”. “Il viaggio di Eteria”, scrive ancora sr. Modica – è “ un piccolo seme nella buona terra dell’umanità”.
Nella rivista periodica ci saranno pagine con testimonianze, approfondimenti, curiosità, commenti e foto.

“La scomparsa dei cristiani dal Medio Oriente? Un rischio reale”


GIOVANI CRISTIANI IN LIBANO
Lo dice il cardinal Sandri all’Osservatore Romano. “Ma in Libano il Papa ha visto una chiesa viva e creativa”

È «un rischio reale» quello della scomparsa dei cristiani dal Medio Oriente. «Non riguarda solo i cattolici; tocca anche gli ortodossi», dice all’Osservatore Romano il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione vaticana per le Chiese orientali. «Il confronto è con la forza travolgente della maggioranza musulmana», sottolinea il porporato, in questi giorni al seguito del Papa nel viaggio in Libano. 
«Tuttavia sono fiducioso - spiega Sandri -. L’islam, quello vero, si è sempre distinto per il rispetto e per la tolleranza nei confronti degli altri». Per il capo-dicastero vaticano, «forse ci sarebbe bisogno di qualcosa che vada anche oltre e consenta una presenza più attiva della Chiesa nella vita quotidiana». «Del resto - aggiunge  la storia stessa dei Paesi mediorientali sarebbe incomprensibile se si prescindesse dalla presenza della Chiesa cattolica, delle Chiese cristiane. Credo che, se c’è un rischio di sparire, evitarlo dipenderà soprattutto dal nostro impegno, dei sacerdoti soprattutto». 
Nel viaggio in Libano, comunque, «al Papa in questi giorni si è mostrato il volto di una Chiesa viva. Una Chiesa piccola, ovviamente, di fronte al contesto musulmano così come a quello cristiano-ortodosso. Ma si sarà certamente reso conto che si tratta di una Chiesa viva, pronta a testimoniare l’amore di Dio». Il Papa in Medio Oriente, ribadisce Sandri, «ha incontrato una Chiesa non da museo, ma viva e creativa, capace di formare i cittadini del futuro così come i sacerdoti di domani. Sarà stata per il Papa una grande sorpresa vedere questa vitalità della Chiesa orientale cattolica. Una realtà che conosceva ma che ora ha potuto toccare con mano».

Relic of St. Francis Xavier is taken on tour down under

Large crowds are expected to venerate the relic in Australia where the saint is highly revered.

Rome, Italy - A relic of 16th century Jesuit missionary, St. Francis Xavier, has arrived in Australia ahead of a 3-month tour of the country that is expected to draw tens of thousands of pilgrims.
“St. Francis has always held a special place in the hearts of Catholic Australians,” said Auxiliary Bishop Peter Comensoli as the relic arrived in Sydney Sept. 16.
“I want to personally invite you and your family and friends to take up this unique and unrepeatable opportunity to experience the person of Christ – his grace, mercy and peace – through the presence of this great saint’s relic.”
The relic is the baptizing right arm of the Spanish saint who christened tens of thousands of people during his missionary work in the Africa, India and the Far East. For 400 years it has been kept in the mother-Church of the Jesuit order in Rome, the Gesu.
On Friday Sept. 14, though, Bishop Comensoli took possession of it during a special ceremony in the Gesu, before making for Rome’s main airport and a 23-hour flight to Sydney.
“When we were a missionary country, St. Francis was – along with St. Therese of the Child Jesus – our co-patron,” explained Bishop Comensoli.
“Many cathedrals, churches and schools are named after him and he continues to inspire us as a tremendous example of a missionary and evangelizer and he intercedes for our nation every day.”
Upon arrival in Australia, the relic was taken to St. Mary’s Church in North Sydney where a special Mass was offered by Cardinal George Pell of Sydney along with Fr. Steve Curtin, the Provincial of the Society of Jesus in Australia. Following the Mass, hundreds of people waited patiently to venerate the relic.
St. Francis Xavier was a student of St. Ignatius of Loyola, the 16th century founder of the Society of Jesus or “Jesuits”. One of the first seven Jesuits, St. Francis travelled traveled extensively, mainly in the Portuguese Empire, making many converts in India, Japan and the islands of South East Asia such as Borneo.
It had always been the ambition of St. Francis to reach China. He died, however, on an island less than 10 miles from the Chinese mainland in 1552. He was 46-years-old. His body is now buried in the Indian state of Goa but his right arm was taken to Rome in the early 17th century.
The relic of St. Francis has arrived in Australia to assist the Church down under in marking a “Year of Grace” ahead of Pope Benedict's universal “Year of Faith” which begins across the globe next month.
The relic will now tour across the country in a specially made reliquary over the next three months.
For more information on where to visit the relic of St. Francis Xavier, visit:


PRONTA A PARTIRE LA CAROVANA MISSIONARIA DELLA PACE


Il potere delle mafie, la tratta degli esseri umani, il disastro ambientale: sono i temi al centro degli incontri, dei dibattiti e delle manifestazioni che la prossima settimana animeranno la Carovana missionaria della pace 2012, presentata oggi a Roma con lo slogan “I Change”.
La prima tappa del viaggio è Pozzuoli, ma poi ci saranno Castelvolturno, Eboli, Salerno e Napoli. “La Chiesa non può aspettare, ma deve andare verso i diseredati, coloro che nessuno vede e che hanno bisogno di essere ascoltati” ha detto durante la conferenza stampa di presentazione padre Fernando Zolli, coordinatore della Commissione giustizia e pace della Conferenza degli istituti missionari italiani (Cimi).
Alla Carovana, giunta alla quinta edizione, parteciperanno 50 giovani provenienti per lo più dall’Italia centrale e settentrionale. Insieme con i ragazzi campani, per cinque giorni, discuteranno di grandi problemi che condizionano per la vita di tutti. “L’obiettivo – ha sottolineato padre Zolli – è favorire uno scambio che vada a beneficio di tutta la Chiesa e rafforzi la speranza di un cambiamento”.
Secondo padre Alex Zanotelli, uno dei missionari comboniani che organizzano la Carovana insieme con la Cimi, la fondazione Missio e la Rete interdiocesana per i nuovi stili di vita, dopo la prima edizione nel 2000 le emergenze sociali e ambientali hanno continuato ad aggravarsi. Sul piano sociale oggi sono state citate le stime dell’Onu secondo le quali gli affamati nel mondo sono ormai più di un miliardo ed entro la fine del secolo nelle baraccopoli vivranno tre miliardi di persone. Sul piano ambientale si è fatto anzitutto riferimento al fenomeno del riscaldamento planetario e alle “mega-discariche” e agli inceneritori imposti, non solo in Campania, dal potere delle mafie e dalle logiche del profitto.
Questi problemi impegnano tutti a rimettersi in gioco, a partire dagli stili di vita. Lo ha detto anche Alex Zappalà, il segretario nazionale di Missio giovani: “La Carovana sarà anzitutto uno scambio tra giovani che desiderano profondamente vivere un cambiamento nel Vangelo e partendo dal basso”.

19 settembre 2012

Missionario coreano a Praga: Sono qui per diventare un ponte fra i due popoli


di Joseph Yun Li-sun

Nell’ambito del nuovo slancio missionario della Chiesa sudcoreana, p. Keye Nam è stato inviato nella capitale ceca “non solo per dare sostegno alla comunità di immigrati coreani, ma per presentare a loro la città e per presentare alla città la nostra patria”. 

Praga - Un sacerdote coreano che vive a Praga "non si può limitare a fare soltanto il cappellano per i propri connazionali. Deve aiutarli anche a conoscere meglio il posto in cui vivono, fornendo nel contempo al Paese che ci ospita una visione migliore del posto da cui proviene". Ne è convinto p. Keye Nam, sacerdote cattolico che vive a Praga per dare "sostegno spirituale" ai compatrioti che vivono nella Repubblica Ceca.
Il p. Nam è convinto che "essere ponte e luogo di incontro" fra cechi e coreani sia parte essenziale della sua missione: "Dal punto di vista religioso, celebro messe in tutta l'arcidiocesi di Praga. Per quanto riguarda la comunità coreana, ci ritroviamo a San Vojtech, nel sesto distretto della capitale". Qui vivono migliaia di immigrati dalla Corea del Sud: di questi, circa 120 sono cattolici praticanti.
La missione del sacerdote è iniziata a gennaio: inviato dalla diocesi di Incheon, rimarrà a Praga per almeno i prossimi 4 anni: "Moltissimi coreani qui lavorano per la Hyundai, la Samsung, la Lg, la Posco e tutte le altre compagnie coreane presenti nel mercato ceco. Vengono con le loro famiglie, dato che Seoul è uno dei maggiori investitori nell'economia locale: pensano di rimanere molto a lungo".
Per questo, p. Nam li aiuta anche a scoprire la città dal punto di vista della vita di tutti i giorni: "È molto difficile imparare Praga leggendo le guide. Va vissuta, per capire bene come muoversi. E in questo modo posso anche presentare la Corea ai cechi, che sono molto interessati al nostro stile di vita e alle nostre tradizioni".
La Chiesa cattolica coreana è una delle più vivaci di tutto il continente asiatico. Nel corso degli ultimi 5 anni, la Conferenza episcopale coreana ha lanciato diversi programmi di scambio con le diocesi di tutto il mondo, considerati un modo per aprire lo sguardo dei sacerdoti coreani e per promuovere l'unità della Chiesa universale.

AMERICA/COLOMBIA - Incontro della pastorale per i popoli indigeni: il Papa chiede una "attenzione particolare nei processi di evangelizzazione"

Bogotà - E' in corso, dal 18 al 20 settembre, l'Incontro nazionale dei sacerdoti, religiosi e catechisti indigeni della Colombia, per riflettere sulle tematiche che devono essere al centro della pastorale della Chiesa e degli operatori pastorali delle comunità indigene. L'incontro, che si tiene a Bogotà, è organizzato dalla Commissione di Animazione Missionaria del Centro Pastorale per l'Evangelizzazione della Fede della Conferenza Episcopale della Colombia.
Secondo le informazioni pervenute all'Agenzia Fides, a guidare la riflessione saranno Mons. Luis Augusto Castro Quiroga, Arcivescovo di Tunja e Presidente della commissione per le Missioni e del Centro Pastorale per l'Evangelizzazione della fede della Conferenza Episcopale Colombiana; Suor Hilda Camargo, Superiora provinciale delle Lauritas della Provincia di Bogotá; Padre Ezio Roattino, missionario della Consolata (IMC).
Tra gli argomenti che saranno trattati durante l'incontro: i semi del Verbo nelle culture; il centenario dell'Enciclica di San Pio X "Lacrimabili statu Indorum"; il multiculturalismo e l'evangelizzazione. Il Nunzio apostolico in Colombia, l'Arcivescovo Aldo Cavalli, all'apertura dei lavori ha consegnato ai partecipanti una Lettera di Papa Benedetto XVI intitolata "Sullo stato dei Popoli indigeni in Colombia" ("Sobre el Estado de los Pueblos Indígenas en Colombia"), indirizzata ai Pastori e ai fedeli cattolici colombiani. In attesa che la Lettera sia resa pubblica, è stato anticipato che il Santo Padre chiede una attenzione particolare nei processi di evangelizzazione dei popoli indigeni della Colombia. 

18 settembre 2012

Sudan, la paura dei missionari: "A rischio le nostre povere comunità"


Il Papa a Beirut parla di pace e di dialogo, ma nel Sudan del nord i pochi cristiani sono costretti al silenzio dopo gli attacchi dei fondamentalisti alle ambasciate tedesca, inglese e americana

DAVIDE DEMICHELIS
KHARTOUM

Bocche cucite a Khartoum. I cristiani preferiscono non fare commenti, non esporsi a ritorsioni da parte del governo. Esprimere valutazioni sugli attacchi alle ambasciate tedesca, inglese e americana, avventurarsi in congetture sui mandanti e gli esecutori, può irritare la suscettibilità di politici e funzionari pubblici. E così, anche fra i missionari, la parola d'ordine è: silenzio.
I cristiani ed i loro luoghi di culto negli ultimi anni sono stati rispettati dalla popolazione, che al 95 per cento è di religione islamica. “I manifestanti hanno attaccato le ambasciate, non le chiese”, commenta un missionario, che chiede di non essere citato. “Ancora una volta, secondo me, la religione è stata strumentalizzata. Io da anni giro per le strade con il crocifisso al collo, eppure mai nessuno mi ha insultato né attaccato”.
Ma allora chi potrebbe avere armato la mano dei 10mila manifestanti? Negli ultimi anni la tensione in Sudan è cresciuta, soprattutto a causa della crisi economica e delle divisioni con il Sud Sudan, che ha proclamato l'indipendenza dal nord, il nove luglio dell'anno scorso.
La gran parte dei cristiani sudanesi proviene dal Sud. Molti erano emigrati a nord, ma sono dovuti tornare nelle loro regioni natali dopo la separazione fra i due Stati. E così, nel Sudan settentrionale, i cristiani sono notevolmente diminuiti: oggi sono fra il quattro e il cinque per cento della popolazione. 
Il generale Omar Al Bashir, presidente e leader del Partito del Congresso, è a capo di questa dittatura militare dal 1989. Un lungo periodo in cui sono cambiate molte cose. Fino a 15 anni fa il suo più stretto alleato era il politico e religioso Hassan al Turabi, leader del Fonte Islamico Nazionale. Poi l'alleanza fra il presidente e il religioso si è spezzata, fino a condurre il leader dei fondamentalisti islamici sudanesi in prigione, era il 2004. Al Bashir ha continuato a governare il Paese nonostante la condanna del Tribunale penale internazionale per i crimini contro l'umanità di cui si è reso colpevole nella regione del Darfur, (i soldati governativi hanno ucciso da 200 a 400mila persone). Il Presidente non dovrebbe uscire dal Paese, per evitare di cadere nelle maglie della giustizia internazionale. In Sudan però, non corre rischi.
Gli attacchi alle ambasciate dei Paesi occidentali potrebbero causare gravi problemi al governo. Molti cristiani però, temono che queste difficoltà possano contagiare anche i rapporti fra le diverse confessioni religiose: “Speriamo di non piombare nuovamente nella spirale del fondamentalismo islamico”, commenta un religioso. E chiede, anche lui, di restare anonimo.

Más de 100.000 personas huyen de Siria en agosto, el mes con la mayor cifra de refugiados


GINEBRA, Suiza (04. Septiembre - ACNUR/UNHCR) – El número de refugiados que han huido de Siria aumentó considerablemente durante el pasado mes de agosto, con un total de 103.416 personas que han solicitado asilo en los países vecinos. Se trata del mayor éxodo mensual desde el inicio de la crisis en Siria, situando el número total de refugiados sirios registrados o a la espera de ser registrados en más de 235.300.
Cientos de refugiados iraquíes en Siria continúan regresando a Irak. La mayoría nos cuenta que ha huido por la inseguridad general, aunque en algunos casos señalan se han marchado tras recibir amenazas directas. Durante el fin de semana, un taxi utilizado por familias iraquíes para regresar a Irak fue secuestrado. Según trabajadores comunitarios de ACNUR, tres refugiados iraquíes fueron asesinados la semana pasada en el suburbio de de Jaramana, en Damasco, incrementando el temor entre la población de refugiados. Según el gobierno iraquí, 35.000 personas regresaron a Irak en julio y agosto.
ACNUR y la Media Luna Roja Siria siguen ampliando sus operaciones de apoyo a los desplazados sirios. La Agencia de la ONU para los Refugiados ha puesto en marcha un programa de ayuda económica para las familias desplazadas en Al Nabek, una ciudad situada entre Damasco y Homs, donde un gran número de personas desplazadas han encontrado seguridad.
Ayer 300 familias vulnerables en Al Nabek recibieron cheques que podrán cobrar en los bancos locales. A raíz de la experiencia obtenida mediante los programas de apoyo a los refugiados iraquíes en Siria, así como de los comentarios recibidos por parte de las familias desplazadas, la asistencia económica ha demostrado ser la forma más eficaz de apoyar a familias vulnerables que viven en un entorno de seguridad restringido en muchas partes de Siria.
ACNUR y la Media Luna Roja Árabe Siria esperan ampliar este programa a 35.000 familias beneficiarias (unas 200.000 personas) en los próximos meses. Hasta la fecha, 730 familias sirias desplazadas ya se han beneficiado del mismo, además de las 8.500 familias de refugiados iraquíes (unas 35.000 personas) que actualmente reciben asistencia económica de ACNUR.
Irak
Entre los países vecinos, durante la semana pasada Irak observó un incremento significativo en el número de sirios kurdos que llegaron al país, con unas 500 llegadas diarias, en comparación con las 500 a la semana que se registraron durante las tres primeras semanas de agosto. 
En la región del Kurdistán, las autoridades han acordado trabajar con ACNUR para el establecimiento de un programa para los refugiados urbanos. Asimismo se ha concertado el establecimiento de un segundo campamento que alojará principalmente a sirios kurdos. En otras zonas de Irak, incluidas las ciudades de Bagdad y Najaf, también se ha registrado la llegada de pequeños grupos de sirios.
Por otra parte, en respuesta al gran número de iraquíes que están optando por regresar a Irak, el Ministerio iraquí de Desplazamiento y Migración está acelerando el proceso de registro para los retornados. Esto debería permitirles recibir asistencia del gobierno para su reintegración durante las próximas semanas y meses. Durante los meses de julio y agosto unas 2000 familias fueron registradas, de las cuales al menos la mitad ya había estado anteriormente registrada por ACNUR en Siria. ACNUR también está ayudando a los retornados con artículos para el hogar y pronto iniciará un programa de asistencia económica en metálico destinado a las familias retornadas más vulnerables.

Jordania
Los refugiados siguen cruzando la frontera de Jordania, a razón de unos 1.000 al día. Se han recibido informaciones que señalan la presencia de un número creciente de personas desplazadas en el sur de Siria. El gobierno jordano, ACNUR y sus socios se están preparando ante una posible llegada masiva. Con el objetivo de reforzar nuestras reservas en Jordania, en los últimos días llegó desde nuestros almacenes en Dubai un primer convoy de 56 camiones con 13.000 tiendas de campaña y artículos de primera necesidad (como mantas, bidones y utensilios de cocina) para un total de 150.000 personas.

Líbano
En el Líbano, ACNUR abrió esta semana un centro de registro móvil en la localidad de Baalbeck, en el este de Bekaa, en respuesta al creciente número de desplazados sirios que se están asentando en la zona. Los recién llegados provienen principalmente Damasco, Dara'a y Aleppo, y están encontrando cobijo en las localidades de Baalbeck, Aarsal y Qab Elias, en el valle de Bekaa. ACNUR espera registrar a unas 5.000 personas (948 familias) durante este mes en la zona de Baalbeck.
Actualmente hay más de 59.000 refugiados sirios registrados o a la espera de registro ante ACNUR en el Líbano. De esta población registrada, el 55 por ciento se encuentra en el norte del Líbano, el 42 por ciento en el valle de Bekaa, mientras que un número más reducido se encuentra en Monte Líbano, Beirut y el sur del país.
Las familias de acogida locales no tienen capacidad para acoger a más refugiados sirios. ACNUR hace un llamamiento a las autoridades del Líbano para que aprueben opciones de acogida alternativas. Además, unas 180 familias están viviendo en seis escuelas que deben abrir sus puertas este mes. Muchas de ellas están sufriendo presiones para abandonar estos edificios escolares. Ayer varias familias fueron desalojadas de la escuela de al-Marj. La Oficina de ACNUR está en contacto con las autoridades locales, así como con el Ministerio de Asuntos Sociales, para tratar de que se permita a estas familias regresar a la escuela, mientras se agiliza su traslado a un refugio ya identificado. Si bien la decisión de retrasar una semana el inicio del curso escolar ha dado un respiro a los refugiados, algunas escuelas están presionando a las familias para que desalojen ya los edificios y así iniciar los preparativos para el nuevo trimestre escolar.
ACNUR y sus socios han trabajado duramente para incrementar la matriculación de niños sirios en las escuelas libanesas, reuniéndose con los directores de las escuelas y manteniendo un contacto directo con las comunidades de refugiados. ACNUR y sus socios cubrirán el coste de las tasas escolares y otros gastos. Además, durante las vacaciones de verano, hemos organizado clases de refuerzo para los niños sirios que no están acostumbrados al plan de estudios libanés, que se imparte en inglés o francés. Aproximadamente el cuarenta por ciento de los refugiados sirios registrados en el Líbano tiene entre 5 y 17 años y tiene derecho a asistir a las escuelas libanesas

Turquía
Según las autoridades, actualmente hay 80.410 refugiados sirios en Turquía. Algunos refugiados habrían regresado a Siria debido al cambio en las zonas afectadas por el conflicto, así como por la preocupación acerca de la situación de sus propiedades, a raíz de los rumores de saqueos. Muchos indican que podrían tener que regresar a Turquía dependiendo de la situación de seguridad.
Mientras tanto, hay un gran número de sirios, alrededor de 8.000, que se encuentran en la frontera a la espera de que sus solicitudes sean tramitadas y poder entrar en el país. Todos ellos están recibiendo comida, agua y atención sanitaria en la frontera y serán admitidos de forma gradual. El gobierno de Turquía continúa asegurando al ACNUR que mantiene abiertas sus fronteras para los refugiados. El pasado domingo se permitió la entrada a unos 480 refugiados en la frontera.
El gobierno continúa trasladando a los refugiados sirios que se encuentran en escuelas de varias provincias hacia el nuevo campamento abierto en Karkamis, al que ya se ha transferido a más de 4.000 refugiados en los últimos días. Por otra parte, ayer se inauguró un nuevo campamento en Kahramanmaras, el cual acogerá a los refugiados que están viviendo en residencias escolares en el sur de Turquía y a los refugiados recién llegados.

Estadísticas
El número total de refugiados sirios registrados o pendientes de registro en la región a fecha 2 de septiembre era de 235.368 personas (incluidas 103.416 personas que han sido registradas desde el 2 de agosto

Jordania:
Total de refugiados registrados = 777.165 (incluidos 30.044 sirios en espera de ser registrados).

Líbano:
Total de registrados: 59.111 (15.251 pendientes de registro).

Irak:
Total de registrados: 18.682 (1.841 pendientes de registro).
Turquía:
Total de refugiados registrados: 80.410 (registrados y asistidos según datos del gobierno a fecha 29 de agosto).

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il sussidio scritto dagli studenti indiani


Viene dall’India il sussidio per la prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che sarà celebrata nel gennaio 2013. Ogni anno il sussidio che accompagna le celebrazioni di quest’iniziativa, che prese il via nel 1908, è affidato a un gruppo ecumenico di un Paese diverso.
Quest’anno il compito è stato affidato all’India: nell’opera sono stati impegnati il Movimento studentesco cristiano dell’India, cui aderiscono circa 10mila universitari, e la Federazione degli universitari cattolici di tutta l’India, coadiuvati, per la versione definitiva, dalla Commissione internazionale nominata dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. 

Una condanna forte al sistema delle caste, il grido di dolore dei dalit, gli esclusi, che sono per la maggio parte cristiani, ma anche le persecuzioni contro i cristiani e le altre minoranze religiose. Sono questi gli argomenti affrontati dal sussidio che accompagnerà la riflessione e la preghiera nella prossima Settimana per l’unità dei cristiani, prevista per gennaio 2013, redatto dagli studenti cristiani dell’India. Temi particolarmente importanti per la società indiana, dove i cristiani rappresentano il 3,5% della popolazione e dove la libertà religiosa, pur sancita dalla Costituzione, non è sempre rispettata. In questo contesto la Chiesa svolge un ruolo delicato: costruire una cultura del dialogo e di armonia con tutta la società, come ricorda mons. Felix Machado, vescovo di Vasai:

“Il governo dà privilegi a tutti i dalit, tranne ai cristiani e ai musulmani dalit. Mi sembra un’ingiustizia e la Chiesa non si stanca mai di protestare, perché non c’è una religione favorita in India”. 

Nel sussidio anche spunti sul significato della pratica della giustizia, sulla quale i cristiani sono chiamati a riflettere in fraternità, sulla ricerca della bontà e della vita in umiltà di fronte al Signore. Le meditazioni attraversano gli otto giorni con la metafora dell’uomo in cammino che si confronta con l’interrogativo tratto dalle parole del profeta Michea: “Che cosa esige Dio da noi?”. Mons. Machado suggerisce come rispondere a questa domanda: 

“È un tema limitato non solamente all’India, ma vediamo se nella nostra società abbiamo emarginati sociali, sottovalutati dal punto di vista politico ed economico e sfruttati da qualcuno, se dal punto di vista culturale qualcuno è dominato. Se nella nostra Chiesa, nella nostra società, abbiamo questo tipo di atteggiamento, che in India molti hanno verso i dalit, direi che dobbiamo seguire il cammino della giustizia, della misericordia e dell’umiltà, come dice il testo, ed essere solidali con loro”.

Alla redazione della prima stesura del sussidio ha collaborato anche il Movimento studentesco cristiano dell’India, il più antico del Paese, che proprio nel 2012 festeggia un secolo di vita. Ci racconta questa esperienza Aruna Gnanadason, già coordinatrice di Giustizia, Pace e Creazione al Consiglio Mondiale delle Chiese a Ginevra, che ha collaborato con il Movimento degli studenti all’elaborazione del sussidio: 

“We were an ecumenical group...
Abbiamo lavorato in un gruppo ecumenico composto da studenti che appartengono al movimento cristiano e studiano nelle università cattoliche della Federazione indiana. Lavorare con i giovani e ascoltare le loro storie, è stata un’esperienza molto interessante e toccante. In India essere cristiani è molto difficile, perché rappresentiamo solo il 3,5% della popolazione: questo è il contesto in cui viviamo. È una situazione molto difficile, ma molto stimolante e in qualche modo simile alla vita di Cristo stesso, che ci chiama a riconciliarci con le altre comunità, a vivere serenamente insieme e in solidarietà con i più discriminati”.

Terras Indígenas (Mato Grosso – Brasil)


Justiça determina suspensão de retirada de famílias
O vice-presidente do TRF-1 (Tribunal Regional Federal da Primeira Região), desembargador Daniel Paes Ribeiro, determinou a suspenção da retirada das famílias de não-índios da Terra Indígena Marãiwatsédé, no Nordeste de Mato Grosso. 
A decisão saiu na quinta-feira (13 de setembro) e foi decorrente de uma ação judicial da Associação dos Produtores Rurais da Área Suiá-Missú (Aprosum).
O TRF citou divergências entre a comunidade indígena e a Funai em relação à área em disputa. Segundo o magistrado, os indígenas protocolaram recurso em que afirmam que a área em disputa "não atende aos seus interesses, pois é área de mata e não de cerrado". 
"Há nítido conflito entre os indígenas e a Funai, que tem por missão, justamente, tutelá-los", afirmou Paes Ribeiro.
Após a decisão, os posseiros colocaram fim ao bloqueio na BR-158, iniciado no dia 03 de setembro. Eles protestavam contra a decisão judicial que determinou a retirada dos não-índios da região.

Gleba
A gleba de Suiá-Missu tem uma área de 165 mil hectares dentro da terra indígena. A decisão da retirada das famílias foi proferida pelo juiz substituto da 1ª Vara Federal, Marllon Sousa, no dia 30 de julho.
Ele também determinou que os imóveis desocupados da área devam ser alienados pela Funai (Fundação Nacional do Índio).

Decisões anteriores
A saída dos não-índios da Terra Indígena Marãiwatsédé já havia sido determinada em decisões da Justiça Federal de 2007 e do Tribunal Regional Federal da 1ª Região (TRF-1) em 2010.
Os despachos determinavam que a área deveria ser ocupada somente por índios da etnia xavante. No entanto, decisão de julho de 2011, do TRF-1, permitiu permanência dos posseiros.
Em junho deste ano, o próprio TRF-1 revogou a decisão e determinou a retirada das famílias.

Permuta
Em junho de 2011, deputados estaduais aprovaram lei que autoriza o Estado a fazer permuta com a União da área de Marãiwatsédé com a do Parque Estadual do Araguaia, que tem reserva de 230 mil hectares. Entretanto, a permuta foi recusada pelos indígenas.
À época, assessores jurídicos do Cimi (Conselho Indigenista Missionário) elaboraram parecer no qual citam que a terra indígena é bem de uso de União para posse e uso exclusivo dos xavantes e que a lei aprovada pelo Estado é inconstitucional.

História
A briga pela Terra Indígena começou na década de 60, quando a Agropecuária Suiá-Missú ocupou a área. Os indígenas foram retirados dali para dar lugar à expansão da agropecuária na região e levados à TI São Marcos, no sul de Mato Grosso.
Na década de 80, a Suiá-Missú foi vendida à empresa italiana Agip, do setor petrolífero. Em 1992, por pressão nacional e internacional, a terra foi devolvida aos xavantes.
A área foi declarada indígena em 1993 e, cinco anos depois, sua demarcação foi homologada pela União. No entanto, mesmo devolvida aos índios, a região já havia sido invadida por posseiros.
Os indígenas, então, ocuparam apenas 10% do território a que têm direito. Depois disso, a batalha pela terra começou a se arrastar pela Justiça. 

Significado
Na língua xavante, Marãiwatsédé significa "mato fechado, mata perigosa.


Outras notícias

TRF suspende decisão que obrigava retirada de invasores de terra indígena
 Welington Sabino, repórter do GD
A Associação dos Produtores Rurais da Área Suia-Missú (Aprosum) conseguiu no Tribunal Regional Federal da 1ª Região (TRF-1) uma medida cautelar que suspende decisão da Justiça Federal de Mato Grosso que havia estipulado prazo para a desintrusão da Terra Indígena de Marãiwatsédé, localizada na região do baixo Araguaia. O recurso foi concedido pelo desembargador Daniel Paes Ribeiro. Outro recurso também já havia sido protocolado no Superior Tribunal de Justiça (STJ), questionando 8 pontos referentes a TI.

Continua…


TRF suspende retirada dos posseiros
Juiz reconsiderou decisão após novos documentos serem apresentados e manifestantes liberaram a rodovia após 10 dias de bloqueio
RODRIGO VARGAS
Da Reportagem
O TRF (Tribunal Regional Federal) da 1ª Região suspendeu o cumprimento da ordem de desintrusão da Terra Indígena Marãiwatsédé, em Alto Boa Vista (1.064 km de Cuiabá). 
A decisão, do juiz federal Daniel Paes Ribeiro, atendeu a um pedido formulado pela defesa dos posseiros e fazendeiros que ocupam áreas na terra demarcada para a etnia Xavante. 
“Na atual situação de exaltação dos ânimos entre os envolvidos, a melhor solução é manter o status quo, até a vinda das contestações que poderão trazer maiores esclarecimentos”, disse Paes Ribeiro. 
Um plano de desintrusão, elaborado pela FUNAI e aceito pela Justiça Federal de Mato Grosso, previa a retirada de todos os não-índios, em operação marcada para começar em outubro. 
A notícia da suspensão chegou por volta das 19h de ontem à localidade de Posto da Mata, núcleo urbano dentro da área a ser desocupada e onde moradores mantinham há 10 dias bloqueado o tráfego no entroncamento das rodovias MT-242 e BR-158. 

Continua...

16 settembre 2012

GMG 2013



Cristo nos convida:
"Venham, meus amigos!"
Cristo nos envia:
"Sejam missionários!"

ASIA/LIBANO - L'arcivescovo Maroun Lahham: L'Esortazione apostolica di Benedetto XVI è un aiuto concreto ai cristiani del Medio Oriente


Beirut - L'Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente "è un testo pastorale di alto profilo, con un respiro biblico, ricco di suggerimenti utili che aiuteranno i cristiani del Medio Oriente a vivere nelle condizioni date la loro vita di fede e la loro testimonianza al Vangelo". Così dichiara a Fides l'arcivescovo Maroun Lahham, vicario patriarcale per la Giordania del Patriarcato latino di Gerusalemme. Presente a Beirut insieme a una rappresentanza di più di cinquanta cattolici giordani di rito latino, monsignor Lahham ha preso parte ieri sera al primo incontro del Papa coi patriarchi e i vescovi del Medio Oriente nella cattedrale greco-cattolica di San Paolo ad Harissa, dove Benedetto XVI ha posto la firma al testo della sua Esortazione.
Secondo monsignor Lahham, il nuovo documento papale applica alle urgenze del momento "i criteri guida che negli ultimi decenni, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, hanno accompagnato le comunità cristiane in Medio Oriente alla riscoperta della loro vocazione di fedeli autoctoni. Il Papa ripete con decisione che il cristianesimo da queste parti non è una realtà d'importazione.
Queste sono le terre dove Gesù è nato, è vissuto, ha camminato per le strade. La prospettiva indicata è quella evangelica della testimonianza nel dialogo fraterno con tutte le realtà religiose che convivono in questi luoghi. Con un riconoscimento del contributo nobile e essenziale che i cristiani del Medio Oriente portano alla costruzione del Corpo di Cristo". Il pastore dei cattolici latini della Giordania sottolinea la concretezza di alcuni suggerimenti pratici volti a confermare e ravvivare l'unione delle diverse Chiese nel comune riferimento alla fede degli apostoli: "In questa prospettiva" sottolinea l'arcivescovo Lahham "il Papa auspica un accordo ecumenico per il riconoscimento reciproco del Battesimo tra la Chiesa cattolica e le Chiese d'Oriente, compresa quella copta ortodossa. Inoltre Benedetto XVI ripropone l'apertura del Concilio Vaticano II 'verso una certa communicatio in sacris per i sacramenti della Penitenza, dell'Eucaristia e dell'Unzione degli infermi, che non è solo possibile, ma può essere raccomandabile in alcune circostanze favorevoli, in base a norme precise e con l'approvazione delle autorità ecclesiastiche' ". Di rilievo, secondo monsignor Lahham, anche il richiamo al principio della libertà religiosa "che include anche la libertà di scegliere la religione che si ritiene vera e di manifestare pubblicamente il proprio credo, senza mettere a rischio la propria vita e la propria libertà personale".
Riguardo alle problematiche politiche della regione, senza entrare nei dettagli, l'Esortazione apostolica conferma le posizioni già note della Santa Sede sui diversi conflitti nella regione e sullo status di Gerusalemme e dei Luoghi Santi. A questo riguardo, l'arcivescovo Lahham, impressionato anche lui dalle misure di sicurezza poste in atto dalle autorità libanesi, ridimensiona le polemiche mediatiche montate sul discorso di benvenuto rivolto a Benedetto XVI dal Patriarca di Antiochia dei greco-melchiti: "Gregoire III" racconta monsignor Lahham "ha parlato in arabo, e in quel momento il Papa non aveva in mano nessun foglio con un'eventuale traduzione che gli consentisse di seguire l'intervento del Patriarca. Gregoire ha detto che il riconoscimento dello Stato palestinese aiuterà la pace. Ma non ha rivolto nessuna richiesta diretta al Papa".

DAL PAPA UN APPELLO PER IL DIALOGO TRA LE RELIGIONI


La necessità di incoraggiare il dialogo tra le religioni è stata uno dei temi affrontati da Papa Benedetto XVI in un discorso pronunciato nel pomeriggio nella cittadina libanese di Harissa, in occasione della firma dell’esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”.
“La felice coabitazione dell’islam e del cristianesimo, due religioni che hanno contribuito a formare delle grandi culture – ha sottolineato il Papa – fa l’originalità della vita sociale, politica, e religiosa nel Libano; non ci si può che rallegrare di questa realtà, che bisogna assolutamente incoraggiare”.
Le parole pronunciate da Benedetto XVI ad Harissa, cuore cristiano e mariano del Libano, sono coincise con un momento di rinnovate tensioni non solo in Medio Oriente ma in molti paesi del mondo arabo e musulmano.
Il Papa invitava alla speranza mentre giovani dimostranti assaltavano le ambasciate americane al Cairo, Tunisi, Sana’a e Khartoum, protestando contro la diffusione del film anti-islamico offensivo nei confronti di Maometto. “Con i suoi appelli al dialogo”, ha detto Benedetto XVI, l’esortazione apostolica vuole “celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione”.

15 settembre 2012

Source of Joy... story of Fr. Luis Ruiz of Macao


Luis Ruiz, l'angelo di Macao
Semisconosciuto in Italia, il gesuita Luis Ruiz Suarez - spagnolo di nascita - era una vera e propria istituzione a Macao (Cina). Qui, per 60 anni, padre Ruiz si è dedicato alla cura dei poveri: prima dei rifugiati in fuga dalla Repubblica popolare cinese (quando Macao era ancora colonia portoghese), poi di malati mentali e lebbrosi, confinati dalle autorità in luoghi dimenticati da tutti. Questo video ricostruisce la storia di questo straordinario missionario, morto nel 2011 a 98 anni.

14 settembre 2012

DAI VESCOVI DEL CONTINENTE MANO TESA AI MIGRANTI


Un gruppo di lavoro sulle migrazioni è stato costituito ad Accra dopo cinque anni di lavoro su iniziativa del Simposio delle Conferenze episcopali d’Africa e Madagascar (Sceam/Secam). Il principale mandato dell’organismo sarà consigliare la Chiesa in Africa in merito alla protezione dei diritti dei migranti sul piano nazionale, regionale e continentale. Del gruppo faranno parte anche i segretari generali delle otto Conferenze episcopali regionali del continente, due responsabili del segretariato del Sceam e un rappresentante per le Caritas di ciascun paese dell’Africa. A guidare l’organismo sarà padre Mesmin Prosper Massengo, segretario generale delle Conferenze episcopali dell’Africa centrale (Acerac).
L’iniziativa dei vescovi dell’Africa e del Madagascar è stata presentata nel corso di una riunione che si è tenuta in Ghana, organizzata dalla stessa Sceam e dalla Commissione cattolica internazionale sulla migrazione (Ccim).
I partecipanti all’incontro hanno sottolineato l’urgenza di rivolgersi con un’attenzione particolare ai migranti africani, che l’anno scorso rappresentavano un quinto dei 16 milioni di migranti di tutto il mondo. Un numero destinato ad aumentare in base alle ultime ricerche in materia: entro il 2025 potrebbe lavorare fuori dal paese d’origine un africano su dieci. Nella categoria dei migranti bisognosi di sostegno i vescovi fanno rientrare gli sfollati interni, gli apolidi, i richiedenti asilo, gli studenti, i bambini, le vittime del traffico di esseri umani e i lavoratori immigrati. Categorie spesso decisive per il futuro economico del continente, con le rimesse inviate dall’estero che contribuiscono alle entrate dei paesi di origine; ma che allo stesso tempo sono un fattore di destabilizzazione per le famiglie tradizionali africane.
Il Secam è nato 42 anni fa dalla volontà di giovani vescovi africani, dopo il Concilio Vaticano II, di parlare con un’unica voce, e dopo la prima visita di un Papa, Paolo VI, nel cuore dell’Africa, nel 1969 in Uganda. La segreteria dell’organismo si trova ad Accra.

La spinta missionaria oggi

Carissime Sorelle,

Settembre è sempre un mese di grande gioia per l’intero Istituto. Quest’anno, 140° di Fondazione, 15 FMA insieme a tanti SDB e laici riceveranno, il giorno 30 settembre nella Basilica di Maria Ausiliatrice, il Crocifisso missionario come segno dell’invio alla Missione ad gentes. Alcune di loro sono già in missione e altre si stanno preparando a Roma. Questo evento rispecchia la gioia di chi offre il meglio di sé e la gioia di chi riceve per il bene della gioventù.

L’articolo 6 delle nostre Costituzioni ci ricorda:
«Il Da mihi animas cetera tolle […] ha portato don Bosco e madre Mazzarello a farsi dono totale ai piccoli e ai poveri […]. Cercando di mantenere vivo lo slancio missionario delle origini, lavoriamo per il regno di Dio nei paesi cristiani e in quelli non ancora evangelizzati o scristianizzati, con vigile attenzione alle esigenze dei tempi e alle urgenze delle Chiese particolari».

La spinta missionaria oggi è ancora più forte di ieri e richiede lo stesso coraggio e audacia che ebbero le prime missionarie, per lavorare nei paesi cristiani e in quelli non ancora evangelizzati “con vigile attenzione alle esigenze dei tempi”.

L’attenzione alle esigenze dei tempi implica oggi anche l’incontro con credenti di altre religioni, che, a sua volta, ci sollecita a conoscere le dimensioni più profonde della nostra fede cristiana e ad allargare la nostra visione sulla presenza salvifica di Dio nel mondo. L’incontro si fa con il dialogo, una strada nuova e un nuovo modo di essere Chiesa. Siamo chiamati ad afferrare la verità più profonda e il significato del mistero di Cristo in relazione alla storia dell’auto-rivelazione di Dio. Questo ci porta a riconoscere che lo stesso Spirito, attivo nell’Incarnazione, vita, morte e risurrezione di Gesù e nella Chiesa, era presente e attivo tra tutte le genti prima dell’Incarnazione e lo è nelle nazioni, religioni e popoli oggi.
Questa realtà ci aiuta a crescere nella capacità di dialogare. Perché il dialogo non è soltanto una condivisione di parole, di idee, di codici. Il dialogo comincia con l’ascolto, con l’apertura del cuore e della mente. È vita condivisa, è testimonianza, è essere, più che dire o fare.
I nostri tempi ci chiedono davvero questa capacità di dialogare con altre culture e religioni, di rendere i nostri rapporti interpersonali più umani, fraterni, familiari.

I nostri Santi Fondatori hanno saputo dialogare con la storia e la gente del loro tempo, e il loro cuore è andato, in dialogo d’amore, oltre l’oceano per raggiungere i giovani e i popoli di altre culture, razze e religioni.
Lo spirito missionario ci apre agli orizzonti nuovi della vita e ai nuovi areopaghi della missione, dove il dialogo e la convivenza con le differenti culture, religioni, razze, lingua, è ormai una realtà viva e forte in tutti i contesti.
La passione del da mihi animas non si può contenere in piccoli orizzonti. Il cetera tolle ci rende aperte e disponibili al dono totale, ad essere pane spezzato.
Non si tratta infatti soltanto di partire, ma di vivere l’urgenza dell’amore di Cristo che spinge ad uscire dalle proprie sicurezze e comodità per scorgere i bisogni antichi e nuovi della gente, dei giovani, delle donne.
Lo spirito missionario ravviva lo spirito di famiglia, l'audacia apostolica, la collaborazione dentro la Famiglia Salesiana e con altre istituzioni ecclesiali, religiose, civili, perché assumiamo insieme la situazione, a volte disumana, degli ultimi, specialmente dei bambini, dei/delle giovani e delle donne. Le prime Missionarie, toccate dallo Spirito come gli Apostoli, non ebbero paura di attraversare gli oceani per portare il seme del Vangelo e del Carisma ad altre terre e far maturare germogli di santità in altri paesi e culture.
Siamo chiamate a ravvivare il dinamismo e la novità del Carisma nella Chiesa, attraverso la dedizione e predilezione della gioventù, particolarmente, la più povera, nelle nuove frontiere del mondo.
Con affetto di sorella e sempre in comunione, un grande abbraccio.
Sr. Alaíde Deretti
Consigliera Ambito Missione ad/inter gentes




13 settembre 2012

Ecuador celebra Semana de Movilidad Humana


Quito - Este año la celebración tendrá lugar del 12 al 18 de Septiembre, con el tema "Derechos de niños, niñas y adolescentes en Movilidad Humana", esta celebración pretende ampliar la mirada de los diversos actores para contribuir a la garantía y ejercicio de derechos de niños, niñas y adolescentes-NNA involucrados en procesos de movilidad humana.
Bajo el lema "Busco mis sueños, movilidad humana con derechos", en el transcurso de esta semana, se llevarán a cabo diversas actividades como: celebraciones eucarísticas, marchas, talleres, video-foros, conferencias, festivales culturales, gastronómicos y deportivos, con la participación de población local, como también de la población afectada por los procesos migratorios.
En Zamora Chinchipe, según la Pastoral Social Cáritas, la mayoría de las personas que están en situación de movilidad humana o refugiados son colombianas y peruanas y están dedicadas a actividades como la minería en territorio y otros en gastronomía y radican en el cantón Yantzaza.
Hoy, a partir de 16 se realizará una mesa de diálogo con la participación de autoridades locales y provinciales, con el tema: migración  y desarrollo evento que será transmitido por radio La Voz de Zamora. Asimismo, las personas en situación de movilidad podrán exponer sus productos en la Feria Comercial de costumbres, tradiciones y gastronómica, según radio La Voz de Zamora.
La celebración de la Semana de Movilidad Humana fue establecida por la Asamblea Plenaria de Episcopado Ecuatoriano, en un principio, como el día del migrante y refugiado, donde cada tercer domingo de septiembre se dedicaba a sensibilizar a la sociedad en general sobre el tema.
Con información de la Conferencia Episcopal Ecuatoriana y Radio La Voz de Zamora

L'Harambée come testimonianza dell'esperienza missionaria


Incontro al Colle Don Bosco dei giovani dei Centri Salesiani che partecipano durante l'estate a esperienze missionarie
di Eugenio Fizzotti

ROMA - Venerdì 28 settembre a Torino nella Sala Rossa di Palazzo Civico, nel corso dei festeggiamenti per i 25 anni del Volontariato Internazionale per lo Sviluppo (VIS), interverranno Don Pascual Chàvez, Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana, Piero Fassino, Sindaco di Torino, Carola Carazzone, Presidente del VIS, Giovanni Maria Ferraris, Presidente del Consiglio Comunale,Carlo Romeo, Direttore Responsabile Segretariato Sociale Rai, Don Stefano Martoglio, Ispettore dei Salesiani del Piemonte. Il giorno dopo interverranno anche la superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Madre Yvonne Reungoat, il Consigliere per le Missioni Salesiane, Don Vaclav Klement e la Consigliera per le Missioni delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Sr. Alaide Deretti.
Il giorno dopo, sabato 29 settembre, avrà luogo l’Harambée, l’incontro festoso e l’appuntamento più importante dell’Animazione Missionaria Salesiana a livello nazionale che riunisce più di 250 ragazzi (giovani e meno giovani) che hanno svolto l’esperienza formativa di un mese in un Paese del Sud del Mondo.
Si tratta, dunque, di due giorni di testimonianza e di festa a cui sono chiamati i giovani che durante l’estate hanno vissuto un’esperienza formativa presso una missione salesiana di un Paese povero. Provenienti da tutta Italia, quest’anno si incontreranno al Colle don Bosco per annunciare la pienezza e la conversione del cuore che l’esperienza vissuta è capace di regalare, testimoniando l’impegno salesiano di ridare dignità ai più piccoli.
In realtà è un incontro tra persone che, come don Bosco, hanno scoperto che lavorare per i poveri è un cammino privilegiato per fare esperienza di Dio e l’annuncio di Cristo è profondamente legato sia alle grandi scelte di vita che ai piccoli gesti di amore quotidiani.
Dopo lo scambio delle reciproche esperienze e i momenti di riflessione guidati dalla Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice Madre Yvonne Reungoat e dal Consigliere Generale per le missioni salesiane don Václav Klement, il Rettor Maggiore dei Salesiani don Pascual Chávez Villanueva commenterà una frase ricorrente di don Bosco: “Siate felici nel tempo e nell’eternità” e subito dopo celebrerà nella basilica di Maria Ausiliatrice l’Eucaristia durante la quale avrà luogo il 143° mandato missionario a numerosi consacrati e laici.
Evidenziando che questa celebrazione, come appuntamento storico per i Salesiani, costituisce il fulcro e la ragione dell’ideazione dell’Harambée, è bene ricordare che fu don Bosco infatti l’11 novembre 1875 aconsegnare il primo mandato missionario a Salesiani e laici in partenza perla Patagonia. Da allora, ogni anno, il Rettor Maggiore dei Salesiani e la Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice ripetono questo gesto, consegnando le croci benedette ai membri della Famiglia Salesiana e ai volontari laici in partenza per le missioni di tutto il mondo.
Intorno a questa cerimonia più di vent’anni fa nacque l’Harambée, finalizzato a rendere manifesta in modo particolare ai giovani, in procinto di decidere della propria vita, la bellezza di una scelta di missionarietà definitiva qual è quella compiuta dai consacrati, suscitando in loro risposte altrettanto generose.
L’esperienza formativa estiva vissuta durante l’estate da molti dei partecipanti viene così verificata e i giovani sono invitati ad approfondire la propria dimensione missionaria e farne la parte fondante del proprio futuro. Del resto scegliere la solidarietà, realizzare l’apertura agli altri e impegnarsi con generosità e coerenza nella testimonianza evangelica è possibile sempre e per tutti, sia consacrandosi alla vita religiosa che rimanendo nel mondo secolare.
L’Harambée, dunque, mentre è lo scambio di testimonianze dell’esperienza missionaria estiva, momento formativo unico e imperdibile, è anche l’inizio del “prendersi cura di…” da parte dei nuovi volontari internazionali che partono per uno/due anni. E sono ogni anno più numerosi i membri di gruppi giovanili che scelgono di condividere il senso, la gioia e l’esperienza delle testimonianze missionarie, coinvol­gendosi nel cammino di formazione caratterizzato da spiritualità, mondialità, missionarietà salesiana, educazione e diritti umani, cooperazione e solidarietà internazionale.
E anche chi, pur avendo la spinta missionaria di Don Bosco, non ha potuto la­sciare l’Italia, è invitato a partecipare all’Harambée per rafforzare la decisione di mettere la propria vita a disposizione del Regno di Dio perché attraverso la conoscenza della storia di Don Bosco si colgono gli interrogativi esistenziali riguardanti cosa è possibile fare di più per i giovani poveri.

10 settembre 2012

Visita del Papa sacará a la luz la difícil situación de los refugiados en Líbano

Beirut, Libano - Con ocasión del próximo Viaje Apostólico del papa Benedicto XVII al Líbano, del 14 al 16 de setiembre, el padre Simón Faddoul, presidente de Cáritas Líbano, indica que la expectativa y esperanza es muy alta. "Estábamos preparándonos desde hace tiempo para la visita de Benedicto XVI a nuestro país. Pero evidentemente, con los acontecimientos de los últimos tiempos, llega en un momento y en un contexto histórico que la hacen aún más valiosa". declara el p. Faddoul.
En concreto, la situación de emergencia en la que ahora están trabajando los voluntarios de Cáritas Líbano es la del flujo desesperado de refugiados que huyen de Siria.
"Los datos oficiales de las Naciones Unidas hablan de 55 mil refugiados. En realidad - señala el p. Faddoul - el número real podría estar entorno a los 150 mil, ya que la mayoría de las nuevas llegadas no se registran".
Se trata en su mayoría de sunitas, con porcentajes más pequeños de cristianos y alauitas. Se concentran en el valle de Bekaa y en los distritos del norte de Trípoli y Akkar, encontrando asilo en las escuelas, en edificios abandonados o en campamentos improvisados. Pero hasta el momento no se han creado campamentos organizados y dotados de servicios. La única ayuda es la que proporcionan las organizaciones de la ONU para los refugiados y las ONG musulmanas y cristianas, incluida la Cáritas.
Exactamente treinta años después de las masacres en los campos de refugiados de Sabra y Shatila, el padre Faddoul espera y confía que la visita del Papa también pueda atraer, como efecto secundario, la atención de la opinión pública internacional sobre esta última crisis humanitaria que hasta el momento permanece en la sombra.
"Vendrán periodistas y equipos de televisión de network internacionales de todo el mundo. Muchos de ellos ya han solicitado visitar las zonas donde se concentran los refugiados. La visita de Benedicto XVI sin duda promoverá la sensibilización general de este nuevo drama de Oriente Medio".
Hasta la fecha no está en el programa un contacto directo entre Benedicto XVI y los nuevos refugiados de Siria. "Pero si el tiempo lo permite, estamos trabajando para que algún miembro de la delegación papal pueda entrar en contacto y obtener información acerca de esa realidad".
El Presidente de Cáritas Líbano redimensiona los riesgos de la instrumentalización en clave política de la visita del Papa por parte de las facciones que se oponen en la sociedad libanesa: "cristianos y musulmanes esperan con entusiasmo la visita del Papa. Y también todos los grupos políticos, a pesar de sus divisiones, han expresado de forma unánime su alegría por la llegada del Papa Benedicto XVI".
Fuente: Agencia FIDES

Situação dos povos indígenas é tema de estudo no encontro de representantes das POM do Cone Sul

Os povos indígenas no Paraguai, sua identidade e situação sociocultural foi tema de estudo, na sexta-feira, 07, durante Encontro de diretores e secretários das Pontifícias Obras Missionárias (POM) do Cone Sul. O evento aconteceu em Assunção - Paraguai, e contou com a participação de representantes das POM da Argentina, Uruguai, Chile, Brasil e Paraguai.

O tema foi abordado pela Irmã Raquel Peralta, SSpS, missionária das Servas do Espírito Santo e membro da Coordenação Nacional da Pastoral indígena (CONAPI). Antes de se tornar religiosa, Irmã Raquel já estava envolvida com a luta dos indígenas, povos que ela considera como “os outros, os diferentes, com cultura, cosmo visão, teologia e espiritualidades próprias. Eles têm direito de conservar e viver sua cultura, sua língua, economia e educação”, afirmou a indigenista ao descrever a difícil situação que enfrentam no país. “Quem deseja se aproximar desses povos precisa muito cuidado. Esse é um grande desafio missionário. São culturas ricas, mas por outro lado, são culturas mutáveis”, salientou.
Segundo estatísticas de 2008, no Paraguai vivem 110 mil indígenas, ou seja, apenas 1.7 % da população total do país. Para Irmã Raquel é importante lembrar que esses povos são muito anteriores da sociedade colonial. 91,5% deles se encontram nas áreas rurais distribuídos em 512 comunidades e apenas 8,5% nas cidades. Contudo, nos últimos anos, vem ocorrendo um êxodo para centros urbanos principalmente dos povos Mbyá Guarani e Avá Guarani. Irmã Raquel observou ainda que, 95% da população do Paraguai fala sua língua materna, mas apenas 2% se autodenomina indígena.

A posse da terra
Hoje, cerca de 60% das comunidades indígenas no Paraguai têm suas terras asseguradas por lei. Para 2013, o governo prometeu conceder título a outras 279 mil hectares o que ampliaria para 70% das comunidades. “Por outro lado, isso não representa uma garantia definitiva a exemplo do ocorrido com as comunidades do Itakyry, Alto Paraná, Makutinga e Itapúa”, alertou.
“A terra é sagrada, não pode ser vendida pois é comunitária. Sem a terra tudo fica afetado, a cultura, a identidade, a saúde, a religião. O neocolonialismo é pior que a colonização por que se dá como um processo através de grandes projetos como hidrelétricas, criação de gado e agronegócio. Terra indígena, segundo a lei, não pode ser alienada ou arrendada, mas muitas comunidades não resistem à pressão e acabam cedendo aos fazendeiros, bom número deles brasileiros”. Para Irmã Raquel falta concretizar um projeto de educação indígena que tenha em conta a cultura e a língua, isso por que, segundo ela, “o próprio sistema de educação impõe um modelo de ensino de assimilação e integração”.

As hidrelétricas
Outra questão levantada foi a construção das hidrelétricas binacionais de Itaipu (Brasil-Paraguai) e Yacyretá (Argentina- Paraguai), obras realizadas sem consultar as comunidades. Somente a construção da Itaipu cobriu 50 mil hectares de terra e fez desaparecer 42 comunidades. As questões relacionadas ao impacto sócio ambiental, 40 anos depois, ainda não foram tratadas conforme prometido. Até agora, a empresa devolveu apenas mil hectares de terra e financiou alguns programas sociais de assistência. “As comunidades indígenas ao sul de Itaipu exigem do Estado paraguaio a reparação histórica pelos danos causados na construção da barragem”, destacou Irmã Raquel.
Na avaliação da religiosa, no Paraguai, as leis até são boas, mas não são cumpridas. Explicou que a Pastoral indígena em parceria com outras organizações apoia as comunidades para que tenham acesso aos instrumentos legais na busca dos seus direitos. O trabalho visa preparar ações e propostas para 2013 quando um novo governo assume o poder. “Existem resquícios de resistência. Temos que ajudá-los a fortalecer sua própria identidade e prepará-los para entrar em diálogo com os não indígenas”, disse reafirmando a necessidade de descolonizar a partir das sabedorias insurgentes.

Conquistas e desafios
A pesar das dificuldades, os indígenas estão se fortalecendo e conseguiram algumas conquistas como a participação na elaboração da constituinte nacional, a criação de organizações e associações próprias, avanços na educação e maior presença nos meios de comunicação. Na Igreja obtiveram acesso aos ministérios ordenados e à Vida Consagrada. Dentre os maiores desafios, Irmã Raquel aponta o diálogo com as culturas indígenas, passar da pluriculturalidade à interculturalidade e elaborar novas leis sobre os direitos indígenas.
No sábado, 8, está previsto um momento de partilha sobre os trabalhos realizados pelas POM de cada país ao longo de 2012, e reuniões por grupos de Diretores, Secretários e representantes da Juventude Missionária. Os trabalhos encerram no domingo, 9.

8 settembre 2012

Suor Bertilla SASSO

Carissime sorelle, il 7 settembre 2012 nell’Ospedale “Canapé Vert” di Port-au-Prince (Haiti), il Signore ha rivolto la sua chiamata alla nostra cara sorella Suor Bertilla SASSONata a Bassano del Grappa (Vicenza) il 13 settembre 1930. Professa a Casanova di Carmagnola (Torino) il 5 agosto 1954. Appartenente all’Ispettoria Haitiana “N. S. del Perpetuo Soccorso”.
Suor Bertilla nacque in una famiglia composta da cinque figli. Il maggiore, ora già deceduto, era sacerdote Francescano. Il papà era sarto e la mamma casalinga. Dio era al centro della casa e tutti crescevano nella docilità alla sua Parola. I genitori frequentavano la Messa quotidiana, educavano i figli alla preghiera e testimoniavano i valori della fede e della solidarietà cristiana.
Bertilla era molto amata dal papà anche perché l’aiutava nel suo laboratorio. Era anche impegnata nell’Azione cattolica e si dedicava alla catechesi in parrocchia come incaricata della preparazione dei fanciulli alla prima Comunione.
Conobbe l’Istituto delle FMA attraverso la lettura del Bollettino Salesiano e fu guidata dal confessore nel discernimento vocazionale. La sua entrata in Aspirantato fu ritardata di quattro anni a causa di una grave caduta dalla bicicletta. Bertilla, nonostante il doloroso distacco dalla famiglia, trovò sempre nell’Istituto la «casa» dove si trovò a suo agio.
Fu ammessa al postulato ad Arignano il 31 gennaio 1952 e trascorse i due anni di Noviziato a Casanova. Emessa la professione religiosa nel 1954, dopo la formazione missionaria a Torino, partì per Haiti il 21 agosto dell’anno seguente.
Lavorò fino al 1970 nella casa di Port-au-Prince come incaricata del guardaroba e del refettorio, poi a Pétion Ville fu economa e responsabile del centro sociale. Svolse questo compito per circa un trentennio con competenza e dedizione.
Dal 1973 al 1980 fu a Cap Haitien ancora con gli stessi incarichi, che continuò pure nelle case di Port-au-Prince, Pétion Ville, Les Cayes. Dal 1995 al 2009 fu economa nella casa «S. Caterina» di Cap Haitien. In seguito fu collaboratrice in guardaroba nella Casa ispettoriale di Port-au-Prince. Svolgeva ogni servizio a lei affidato con senso di responsabilità, sveltezza e creatività.
Era un vero modello di missionaria soprattutto per la sua umiltà, la cura con cui viveva lo spirito di famiglia, la gioia nel trasmettere il messaggio del Vangelo e la capacità di preghiera. Ha sempre servito le consorelle, i giovani e i bambini del centro sociale con finezza e rispetto. Gli exallievi, che erano stati interni, conservano un grato ricordo della loro assistente tutta dedita alla loro formazione.
Il clima tropicale non era favorevole alla sua salute, tuttavia lei lo affrontava con coraggio. L’ultima settimana della vita la trascorse all’Ospedale dove le vennero offerte le cure più adatte. Il Signore, nel primo venerdì del mese e alla vigilia della Natività di Maria, venne a prenderla concedendole una morte serena dopo aver ricevuto il conforto dei Sacramenti.
Grate per il dono della sua fedeltà incondizionata, preghiamo per lei e le chiediamo di ottenerci da Dio nuove vocazioni missionarie generose e gioiose.
L’Ispettrice
Suor Marie Claire JEAN

POM do Cone Sul: A importância da antropologia na evangelização

O Encontro de diretores e secretários das Pontifícias Obras Missionárias (POM) do Cone Sul que acontece desde quinta-feira, 6, em San Lorenzo, cidade a 12 Km de Assunção – Paraguai, dedicou espaço para refletir sobre os desafios culturais para a Nova Evangelização no âmbito do Ano da Fé.
O tema foi abordado pelo padre, Dr. Enrique Gaska, SVD, antropólogo polonês que há 15 anos trabalha no Paraguai, onde é membro da Coordenação Nacional da Pastoral indígena (CONAPI). Participam do Encontro representantes da Argentina, Uruguai, Chile, Brasil e Paraguai. O objetivo é partilhar o trabalho realizado pelas POM em cada país.
Na sua exposição, padre Enrique começou por definir o conceito de antropologia como “o estudo do ser humano dentro de um contexto social e cultural. A ciência se divide em especialidades, como por exemplo, antropologia linguística, social e cultural. A antropologia aplicada, por sua vez, refere-se à aplicação de práticas e teorias da antropologia para a análise e solução de problemas”, explicou.
“Quando entramos numa cultura diferente a primeira coisa que deveríamos fazer é aprender sobre essa cultura para não correr o risco de cometer atropelos. Aqui está a importância da antropologia para a missão. Aprender a língua e aspectos da cultura do povo facilita o trabalho”, destacou o antropólogo. “A Nova Evangelização postula um novo modo de expressar a mensagem evangélica para que seja compreensível ao ser humano hoje. Precisamos nos dar conta das mudanças socioculturais em curso no mundo contemporâneo, o que representa um desafio para a evangelização”, ponderou.
Aprender com profundidade os aspectos de uma determinada cultura requer tempo e aplicação. Perguntado sobre como enfrentar isso tendo presente a mobilidade dos missionários e missionárias, padre Enrique sugeriu a elaboração de projetos de Equipe que dê continuidade ao processo de evangelização ao longo do tempo.

Inculturação
Outro aspecto levantado foi o da inculturação na missão. O antropólogo explicou que “a inculturação não é um processo que fomenta a evangelização da cultura em detrimento ou substituição da evangelização da sociedade. A evangelização inculturada implica na relação entre fé, cultura e sociedade. Portanto, ela não se dá somente na transferência ou modificação de linguagens, métodos, ritos, símbolos, organização, de normas e modos externos. É preciso ir mais longe e chegar às raízes da cultura”, destacou.
Os tempos mudaram. “No passado, a expectativa que os missionários tinham ao ir para a missão era salvar almas. Os que iam para a missão tinham a ideia de que levavam algo bom e ao chegar à missão, o povo que os recebia se enchia de expectativas. Hoje, precisamos cuidar para não cairmos no etnocentrismo, ou seja, tentar impor a nossa cultura cristã e nossa cosmovisão”, afirmou o religioso para em seguida chamar atenção para o perigo do etnocentrismo, tendência de aplicar os próprios valores culturais para julgar o comportamento e as crenças das pessoas socializadas em outras culturas.

O golpe parlamentar no Paraguai
Por fim, padre Enrique traçou ainda algumas considerações sobre o estado de emergência e o golpe parlamentar no dia 22 de junho, no Paraguai, quando o então presidente Fernando Lugo, sofreu impeachment após rápido processo aberto no dia anterior pelos parlamentares do país. Lugo foi acusado de “má condução do governo”, depois de pelo menos 17 pessoas morrerem em um conflito agrário ocorrido no dia 15 de junho. Lugo foi condenado por 39 votos dentre os 43 senadores presentes da casa. O vice-presidente, Federico Franco, do PLRA (Partido Liberal Radical Autêntico), assumiu a presidência imediatamente. “Até hoje ninguém esclareceu as circunstâncias do confronto entre a polícia e os sem-terra. Os meios de comunicação distorceram os fatos apresentando os policiais mortos como heróis nacionais e os camponeses como delinquentes”, explicou padre Enrique.
O que chamou a atenção foi a rapidez do processo impedindo qualquer reação do povo que custou acreditar no que estava acontecendo. A segurança em Assunção foi reforçada e as estradas fechadas para impedir o deslocamento dos camponeses até a capital. O Paraguai foi excluído do Mercosul e da Unasul. Poucos países reconheceram o novo governo, dentre eles o Vaticano, Canadá e Panamá. A OEA até hoje não se pronunciou.
A Igreja no Paraguai mostrou-se dividida. Inicialmente a Conferência Episcopal publicou uma carta na qual solicitava calma e orações para o novo presidente aceitando o golpe. Depois voltou a trás e pediu desculpas o que revelou uma falta de consenso entre os bispos. Hoje, o povo, se manifesta através das redes sociais e não aprova a forma como o presidente Fernando Lugo foi destituído, mas faltam lideranças capazes de mobilizar o povo.
Para o diretor das POM do Paraguai, padre Walter Von Holzen, o fato de o povo poder emitir sua opinião pelas redes sociais é algo interessante. O problema que isso tem pouco efeito eleitoral. Contudo, segundo ele, “o importante é que após 60 anos de domínio da oligarquia, Lugo provou que é possível ganhar uma eleição”.
Ficou claro que houve um “golpe parlamentar” da oligarquia latifundiária e empresarial, com o apoio dos meios de comunicação e partidos de direita (Partido Colorado, UNACE, Patria Querida). Agora o país encontra-se dividido, embora o governo tente pasar a ideia de aparente ordem. Em maio de 2013 estão previstas novos eleições gerais no país.

7 settembre 2012

Imbarcazione migranti contro scogli, decine i dispersi


Potrebbero essere almeno 58 le vittime del naufragio di un’imbarcazione di migranti affondata al largo delle coste della Turchia. Lo scrive l’agenzia di stampa turca Dogan citando fonti governative e riferendo di numerosi dispersi. Il bilancio resta ancora provvisorio e tiene conto del salvataggio di altre 43 persone che si trovavano sull’imbarcazione.
Secondo prime ricostruzioni il gruppo di migranti stava cercando di raggiungere le coste europee quando per motivi ancora da accertare il peschereccio usato per la traversata si è scontrato con alcuni scogli. Dogan aggiunge che a bordo si trovavano siriani e iracheni di etnia curda e che molti dei passeggeri erano donne e bambini. Le autorità turche hanno arrestato due cittadini turchi e hanno aperto un’indagine: da prime informazioni pare che i migranti avessero come meta finale l’Inghilterra, paese che probabilmente avrebbero cercato di raggiungere via terra una volta completata la traversata.

Martini: "Il mio Novecento"


Il 30 agosto 2006 su Raitre nella trasmissione “Il mio Novecento” il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano dal 1980 al 2002, ha raccontato la sua vita. Intervistato al Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme, il cardinale ha rivelato dettagli inediti della sua vita, passando in filigrana il Novecento e commentando i suoi più grandi avvenimenti: una lettura semplice e a tratti appassionante, che spazia dai primi anni di vita fino agli anni più recenti, vissuti a cavallo tra Milano e Gerusalemme. 
Dalla trascrizione di quella testimonianza abbiamo isolato due brani dove Martini, facendo riferimento esplicito ai suoi contatti con i continenti e popoli extraeuropei, riflette sul tema del dialogo con il diverso e sull’incontro con altre civiltà e culture.

Il dialogo

C’erano anche molte occasioni per coltivare un dialogo interreligioso, anzitutto con gli ebrei, perché questa è la prima realtà con la quale noi ci incontriamo come cristiani, lì vi troviamo le nostre radici. Ed ebbi modo a Milano, dato che la comunità ebraica era molto aperta, molto sensibile, di avere dialoghi di grande interesse e anche iniziative comuni, spiegazioni comuni di parti della Scrittura. Naturalmente tutto questo avveniva anche attraverso i viaggi, gli incontri con le diverse comunità. 
Il dialogo interreligioso poi si sviluppò anche col mondo musulmano, soprattutto partecipando alle grandi preghiere per la pace organizzate dalla comunità di Sant’Egidio in diverse città d’Europa. Lì si incontrarono grandi rappresentanti del mondo musulmano colto e ci furono dialoghi di grande interesse. 
Poi col mondo dell’Oriente: lì ebbi modo di conoscere sia la spiritualità indù, sia la spiritualità buddista. Ricordo che una volta parlai a lungo con un vecchio monaco buddista in un monastero, in un’isola vicino a Hong Kong. Alla fine mi disse: «Vede, noi abbiamo un linguaggio diverso, praticamente opposto – lui parlava del nulla, io parlavo della persona di Dio –, però in fondo diciamo le stesse cose». E mi sembrava che fosse davvero un po’ così, cioè l’esperienza profonda era abbastanza simile, pur essendo diversissime le parole e i concetti.

Incontro al mondo

Ho fatto molti viaggi intercontinentali, soprattutto per predicare esercizi spirituali, ma anche per incontrare culture e civiltà. Due li ricordo particolarmente: il viaggio in Giappone e quello in India. Per quanto riguarda il viaggio in Giappone so che mi dissero: «Quando comincerà a dire che non ci capisce niente, vuol dire che ha cominciato a entrare un po’ nel mondo giapponese». Un altro mondo che mi colpì moltissimo, questa volta davvero ebbi lo choc culturale, tanto da tornare ammalato, fu l’India. Stetti 15 giorni in India, visitando diverse città, cercando di entrare nelle diverse esperienze sia di preghiera, sia di povertà e rimasi così sconvolto che a un certo punto mi ammalai. 
Là tenevo dei corsi biblici, dei corsi di esercizi spirituali, di lectio divina, e usavo sempre lo stesso metodo, perché ritenevo che per la memorizzazione bisogna trovare un metodo facile, in fondo è il metodo che insegna sant’Ignazio di Loyola nei suoi esercizi. Chiamavo questo metodo, un metodo a tre gradini: lectio, meditatio, contemplatio. Anzitutto la lectio. Io dicevo: bisogna leggere e rileggere il testo, cercando di metterne in rilievo gli elementi importanti, la struttura, le affinità, i contesti. Cioè rispondere alla domanda: che cosa dice questo testo? Poi il secondo momento, la meditatio, cioè i valori del testo, i messaggi del testo, rispondendo alla domanda: che cosa mi dice o ci dice oggi questo testo? E terzo, la contemplatio, ossia: che cosa dico io a colui che mi parla in questo testo? E qui inizia l’esercizio della preghiera, dell’interrogazione, che fa sì che non sia una lezione accademica, ma sia un esercizio in cui la persona è coinvolta nella preghiera, nell’adorazione, nella lode, nel ringraziamento, nella richiesta di perdono, nella proposta di cambiamento di vita. Ho visto come questo metodo semplice è stato capito da molti. Non voglio dire che tantissimi l’abbiano messo in pratica, però almeno hanno capito che era importante.