27 luglio 2015

Suor Maria RANIERI

Carissime sorelle, il 20 luglio 2015, nella casa “Santa Cecilia“ di Bogotá (Colombia), il Signore ha accolto nella Sua casa la nostra cara Suor Maria RANIERI. Nata a Terzigno (Napoli) l’11 ottobre 1918. Professa a Ottaviano (Napoli) il 6 agosto 1939. Appartenente all’Ispettoria Colombiana “N. S. del Rosario di Chiquinquirá” – Bogotá.
Maria era la secondogenita di sei figli: un fratello e cinque sorelle, delle quali due FMA: suor Teresa che morì nel 2005 e suor Maria. Il 31 gennaio 1937 entrò nell’Istituto e il 6 agosto dello stesso anno iniziò il noviziato e, due anni dopo, fece professione a Ottaviano.
Conosciamo alcuni particolari della sua infanzia e adolescenza da una conversazione che ebbe con suor Cecilia Arbeláez nel 1989: «La mamma era una santa. Vivevamo vicino al Santuario della Madonna di Pompei e, con i sei fratelli, siamo cresciuti sotto la protezione materna della Madonna. Frequentai la scuola del paese fino al 5° grado, come era usanza a quei tempi. Quando giunsero le FMA, sapendo che avevo vocazione, si interessarono dei miei studi e andai avanti. A 16 anni volevo entrare nell’Istituto, ma era appena partita la maggiore e dovetti aspettare».
Dopo la Professione religiosa suor Maria fu maestra e assistente delle postulanti a Napoli Vomero. Il 16 luglio 1948 partì per Cuba come missionaria e fu subito direttrice della casa di Ciudad Trujillo. Dal 1950 al 1953 fu maestra delle novizie a Guanabacoa. Poi fu direttrice a Moca e svolse lo stesso servizio nella casa di Santo Domingo.
Nel 1968 fu nominata Ispettrice dell’unica Ispettoria Colombiana “San Pedro Claver” di Bogotá e, dopo la suddivisione, nel 1971 fu superiora dell’Ispettoria “N. S. di Chiquinquirá”. Nel 1977 venne trasferita come Ispettrice nell’Ispettoria “San Miguel Arcángel” del Paraguay.
Nel 1983 ritornò in Colombia e fu direttrice del Colegio di Dosquebradas, ma solo per un anno. In seguito seguì corsi di Catechetica, fu vicaria e delegata dei Salesiani Cooperatori in varie case. Nel 1995 fu guardarobiera nella casa “Suor Teresa Valsé” di Bogotá e seppe animare con creatività il centro giovanile. Imparò anche a tessere, per poter insegnare quest’arte alle giovani. Dal 2010 si trovava nella casa di riposo “Santa Cecilia” di Bogotá.
Fin da quando giunse in Colombia una delle sue preoccupazioni era stata quella di avere un luogo adatto per il riposo delle consorelle e per gli Esercizi spirituali e riuscì, nel 1976, a far costruire la casa chiamata “Villa María” a Fugasagusá.
L’abbiamo sempre chiamata madre María per la sua particolare incidenza nel cammino dell’Ispettoria. Si esprimeva con la schiettezza di Natanaele. Si sottolinea di lei la semplicità, la sincerità, l’umiltà, lo spirito di sacrificio, la generosa dedizione, l’amore al lavoro, l’amabilità nel tratto, la salesianità, lo spirito di preghiera, la fraternità e, fino agli ultimi anni, il desiderio di imparare sempre cose nuove, di aggiornarsi. Tutto questo l’ha aiutata ad aprirsi alle esigenze dei tempi, a valorizzare le tradizioni e ad aprirsi con equilibrio al nuovo, non senza difficoltà, ma ha saputo dare passi che sorprendevano. Le toccò vivere una tappa impegnativa nell’Ispettoria, quella del post-concilio.
Era donna di profonda spiritualità, nei suoi quadernetti scriveva riflessioni spirituali quotidiane, annotava con precisione la sintesi dei ritiri mensili e degli Esercizi. Nel 2000 scrisse le linee portanti della sua vita spirituale e missionaria che intitolò: “Misericordias Domini in aeternum cantabo: Vita mea Christus est”. Finché le fu possibile, suor Maria mantenne relazioni con la famiglia soprattutto in occasione del Natale e della Pasqua. Godeva quando le consorelle che andavano in Italia potevano far visita alla sua famiglia e alla sorella Ausilia con i nipoti.
Visse gli ultimi anni nella serenità, nella preghiera e nel silenzio e sempre con un lavoro tra le mani. Non perdeva un minuto di tempo. Amava la lettura salesiana e la liturgia. È sempre stata molto fervorosa nelle pratiche di pietà e fedele agli atti comunitari. Si interessava di tutto quello che riguardava l’Ispettoria, l’Istituto, la Chiesa.
Ora l’affidiamo alla tenerezza del Padre e di Maria e rendiamo grazie per la sua vita tutta donata all’amore nel vero spirito salesiano.
L’Ispettrice
Suor Tonny Lucía Aldana

24 luglio 2015

XVII Domingo T.O. Ciclo B



Ver a minha Igreja com os olhos da outra: o diálogo luterano-católico em vista dos 500 anos da Reforma


“Seeing with the eyes of the others”


22 luglio 2015

Luoghi comuni Luoghi in comune


LUOGHI IN COMUNE
Percorsi di dialogo e conoscenza a partire dai luoghi di culto della provincia di Roma
 Posted by Missionarietà on Quarta, 22 de julho de 2015

Per il Centro Astalli deludente l’esito del Consiglio Europeo

“Riconosciamo che l’Unione Europea ha compiuto un primo passo per una gestione unitaria e programmata del fenomeno migratorio. Tuttavia ci pare si continui a ragionare su politiche di chiusura dei confini che non consentono un cambio di prospettiva rispetto alle grandi crisi umanitarie che interessano il mondo. Ancora una volta rileviamo che per l'Unione Europea la sicurezza e il controllo delle proprie frontiere sono prioritari rispetto all'accoglienza e alla protezione di chi scappa da guerre e persecuzioni". (P. Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli)

Instituciones y líderes religiosos abordan desde mañana en Barcelona el diálogo intercultural e interreligioso


El diálogo intercultural y religioso constituye "una poderosa herramienta para conseguir la estabilidad y la paz..."
Posted by Missionarietà on Quarta, 22 de julho de 2015

21 luglio 2015

Cancion del Encuentro - 4 Encuentro Nacional de Grupos Misioneros - Argentina

AMERICA/ARGENTINA - “Missione, uno stile di vita”: verso il quarto Incontro nazionale dei Gruppi Missionari

Santiago del Estero - Organizzato dalla Commissione nazionale per le Missioni e dalle Pontificie Opere Missionarie (POM) dell’Argentina, dal 10 al 12 ottobre si svolgerà a Santiago del Estero il quarto Incontro nazionale dei Gruppi Missionari, che avrà per tema "Missione, uno stile di vita". Lo scopo generale è di confermare l'identità dei gruppi missionari e aumentare il loro coinvolgimento nella Chiesa.
Secondo le informazioni pervenute a Fides, gli obiettivi specifici sono: mettere in risalto il ruolo specifico dei gruppi missionari nell’ambito della missione della Chiesa; incentivare i gruppi missionari ad essere i primi animatori della missione nelle rispettive comunità; accrescere il senso di appartenenza alla Chiesa ed il loro legame con le Pontificie Opere Missionarie; approfondire la dimensione universale della missione.
L’Incontro nazionale dei gruppi missionari riunisce membri e animatori dei gruppi missionari di tutto il paese, provenienti da parrocchie, movimenti ecclesiali, collegi, congregazioni religiose… I partecipanti si propongono di condividere la loro fede in Gesù e la loro esperienza come suoi discepoli missionari, oltre che di riflettere sulla loro vocazione specifica nella Chiesa. Inoltre desiderano analizzare la problematica e l’urgenza dell’annuncio del Vangelo a tutti, sia in patria che al di là delle frontiere.
Il primo incontro di questo tipo si è tenuto a Posadas nel 1991. Da allora i gruppi missionari hanno iniziato ad organizzarsi in équipe di missioni diocesane. Nel 1998 il secondo incontro nazionale si è tenuto a Salta e, dopo 12 anni, il terzo incontro nella diocesi di San Miguel.

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20 luglio 2015

Negli occhi dei bambini c'è il mare da raccontare

Lampedusa - Quasi ininterrottamente in questi giorni di vento favorevole nuove ondate di migranti hanno caratterizzato il punto ancora più “caldo” del Mediterraneo. Nell’appena concluso fine settimana e tra questo lunedì e martedì, tantissimi hanno raggiunto le nostre coste grazie a diverse operazioni di soccorso. I numeri non sono più nell’ordine dei cento ma si aggirano in un solo giorno, come spesso ormai avviene negli ultimi anni, a quello dei mille. Accolti da quel “braccio” di terra, che finalmente strappa dal mare i navigatori improvvisati che lo attraversano, solo in centinaia arrivano sul molo Favarolo di Lampedusa. Durante le serene giornate estive anche questi viaggiatori sembrano apprezzare la bellezza di un’isola per tanti aspetti molto africana. La maggior parte di loro però non sa nemmeno dove trovarsi e non sceglie neanche di trovarsi lì… l’obiettivo comune è più avanti, la Sicilia, la sperata meta finale è ancora più distante, il nord Europa. Il mare che separa la Libia dalla prima costa “amica” è grande, già in partenza si accorgono che in quelle condizioni non potranno arrivare lontano e contano miglio per miglio di quella distesa d’acqua che li separa da un pizzico di libertà. E nell’oscurità della notte, nascondendo anche la paura, sconosciuti fra loro ma stretti uno a fianco all’altro, la traversata è ancora più lunga. Il più delle volte segnalano questa difficoltà così da farsi trovare in tempo... prima che tutto sia finito. Stando per ore e ore sempre nella stessa posizione, su un gommone o quando va bene su una barca, nessuno sente più le gambe, chi sorregge i bambini nemmeno le braccia e raggiunti dalle motovedette sanno che possono fidarsi e proprio questi ultimi li lasciano prendere per primi. Una volta recuperati, arrivare sulla terraferma può essere difficoltoso e così in attesa della nuova destinazione di “accoglienza”, alcuni fanno una brevissima sosta qui a Lampedusa. Il molo Favarolo li abbraccia quasi come una mamma o un papà fa col proprio figlio e di bambini ultimamente ne arrivano davvero tanti. Appena scesi, toccato finalmente terra, i genitori, quando fortunatamente ci sono, li seguono con lo sguardo, anche quello stanco, e forse solo in quel momento riflettono se hanno fatto davvero la scelta giusta, se anche in questo modo, invece, hanno messo a rischio la loro vita. Passati di braccia in braccia dai tanti uomini e da un po’ di tempo anche da alcune donne di mare, altre braccia, solo in quel momento meno stanche delle precedenti, li accolgono con altrettanto affetto ed emozione. Ragazzini, bambine e neonati, tutti sono affidati a quanti a terra paradossalmente elemosinano dai più poveri qualche sorriso e che solo vedendo luccicare quei dentini si rasserenano. Bagnati e frastornati dallo strano “gioco” della vita gli appena nati si addormentano, i più piccoli non chiedono nulla, ma osservano, i più grandi già da un po’ hanno capito che non è un gioco e osservano ugualmente. Nessuno di loro piange, ma chissà quante lacrime hanno versato lungo il Mediterraneo. Appena sbarcati molti stanno in silenzio, ma nei loro occhi come in quelli degli adulti traspare proprio tutto il “mare” che avrebbero da raccontare, nel loro sguardo c’è un’immensa tristezza per quanto subito nella loro terra che nessun film può mostrare e nessun libro può rivelare… la realtà è lontanissima dalla finzione ma qualcuno prova in ogni modo a farla conoscere. Non si può restare indifferenti agli occhi tristi di un bambino che ha appena attraversato il mare. Non si rimane mai indifferenti agli occhi tristi di qualunque bambino, ma questi, noi troppo spesso impotenti, li guardiamo andare via. Il vento sarà nuovamente favorevole, sappiamo bene che tantissimi altri ne partiranno e ogni volta che arrivano o sprofondano, ci si chiede sempre perché per migrare in migliaia debbano affidarsi ancora a uno sgonfio gommone o a un instabile barca. (Maria Veronica Policardi)

1ª MISSÃO JOVEM NA AMAZÔNIA CNBB

18 luglio 2015

MESSAGGIO PER IL MESE DEL RAMADAN - E ‘Id al-Fitr 1436 H. / 2015 A.D.

Cristiani e musulmani:
insieme per contrastare la violenza
perpetrata in nome della religione

Cari fratelli e sorelle musulmani,

1. Sono lieto di porgervi, sia a nome dei cattolici di tutto il mondo, sia personalmente, i migliori auguri di una serena e gioiosa celebrazione di ’Id al-Fitr. Nel mese di Ramadan osservate molte pratiche religiose e sociali, come il digiuno, la preghiera, l’elemosina, l’aiuto ai poveri, visite a parenti ed amici.

Spero e prego che i frutti di queste buone opere possano arricchire la vostra vita!

2. Per alcuni tra voi, come pure per altri appartenenti a diverse comunità religiose, sulla gioia della festa getta un’ombra il ricordo dei propri cari che hanno perso la vita o i loro beni o sofferto fisicamente, mentalmente e persino spiritualmente a causa della violenza. Comunità etniche e religiose in numerosi Paesi del mondo hanno patito sofferenze enormi ed ingiuste: l’assassinio di alcuni dei loro membri, la distruzione del loro patrimonio culturale e religioso, emigrazione forzata dalle loro case e città, molestie e stupro delle loro donne, schiavizzazione di alcuni dei loro membri, tratta di esseri umani, commercio di organi, e persino la vendita di cadaveri!

3. Siamo tutti consapevoli della gravità di questi crimini in se stessi. Tuttavia, ciò che li rende ancora più odiosi è il tentativo di giustificarli in nome della religione. Si tratta di una chiara manifestazione della strumentalizzazione della religione per ottenere potere e ricchezza.

4. Sarebbe superfluo dire che coloro che hanno la responsabilità della sicurezza e dell’ordine pubblico hanno pure il dovere di proteggere le persone e le loro proprietà dalla cieca violenza dei terroristi. D’altro canto, c’è pure la responsabilità di coloro che hanno il compito dell’educazione: le famiglie, le scuole, i testi scolastici, le guide religiose, il discorso religioso, i media. La violenza e il terrorismo nascono prima nella mente delle persone deviate, successivamente vengono perpetrate sul campo.

5. Tutti coloro che sono coinvolti nell’educazione dei giovani e nei vari ambiti educativi dovrebbero insegnare il carattere sacro della vita e la dignità che ne deriva per ogni persona, indipendentemente dalla sua etnia, religione, cultura, posizione sociale o scelta politica. Non c’è una vita che sia più preziosa di un’altra per motivo della sua appartenenza ad una specifica razza o religione. Dunque, nessuno può uccidere. Nessuno può uccidere in nome di Dio; questo sarebbe un doppio crimine: contro Dio e contro la persona stessa.

6. Non può esserci alcuna ambiguità nell’educazione. Il futuro di una persona, di una comunità e dell’intera umanità non può essere costruito su tale ambiguità o verità apparente. Cristiani e musulmani, ciascuno secondo la rispettiva tradizione religiosa, guardano a Dio e si rapportano a Lui come la Verità. La nostra vita e la nostra condotta in quanto credenti dovrebbero rispecchiare tale convinzione.

7. Secondo san Giovanni Paolo II, cristiani e musulmani hanno “il privilegio della preghiera” (Discorso ai Capi Religiosi Musulmani, Kaduna, Nigeria, 14 febbraio 1982). C’è grande bisogno della nostra preghiera: per la giustizia, per la pace e la sicurezza nel mondo; per coloro che si sono allontanati dal retto cammino della vita e commettono violenza in nome della religione, affinché possano ritornare a Dio e cambiare vita; per i poveri e gli ammalati.

8. Le nostre feste, tra l’altro, nutrono in noi la speranza per il presente e per il futuro. È con speranza che guardiamo al futuro dell’umanità, in particolare quando facciamo del nostro meglio affinché i nostri legittimi sogni diventino realtà.

9. Con Papa Francesco, vi auguriamo che i frutti del Ramadan e la gioia di ‘Id al-Fitr possano portare pace e prosperità, favorendo la vostra crescita umana e spirituale.

Buona festa a tutti voi!

Dal Vaticano, 12 giugno 2015

Jean-Louis Cardinale Tauran
Presidente

Padre Miguel Ángel Ayuso Guixot, M.C.C.I.
Segretario



17 luglio 2015

STAYING STRONG IN ADVERSITY - Rimanere forte nelle avversità


Dear Friends and Benefactors,

Once again we have the opportunity to inform you of the work being undertaken in South Sudan. Although receiving little coverage in the media the situation on the ground remains challenging with signs of social unrest increasing as individuals turn to theft and violence to survive. Please continue to keep our people on the ground and those they serve in your prayers.

We have recently known that our compound in Malakal has been very damaged in the latest attacks. The personnel we had in the UN camp had to be evacuated also.

As our strategic planning process continues, some Governing Board Members are preparing to visit South Sudan to meet with the Bishop's Conference to review our Memorandum of Understanding and clarify how best we can proceed. Please pray for the success of these meetings, that we might strengthen our sense of Solidarity and collaboration to better serve the people of this struggling country.

I thank you for supporting Solidarity to respond to the difficulties and challenges that so many needy people are experiencing.

Joined in prayer for Peace, yours in Christ

Paul Smyth cmf
President of Solidarity with South Sudan.

XVI Domingo, T. O. - Ciclo B


Osoro y Sistach trazan las líneas para una evangelización "eficaz" en las grandes ciudades


"¿Qué tiene que hacer la Iglesia en las grandes ciudades?", se preguntó Sistach. "Tenemos que revisar, cambiar cosas......

Posted by Missionarietà on Sexta, 17 de julho de 2015

Suor Emilia MEJÍA

Carissime sorelle, il 2 luglio 2015, nella casa di riposo “Villa Mornese” di Medellín (Colombia), ha risposto alla chiamata del Signore la nostra cara Suor Emilia MEJÍA. Nata a Santa Bárbara - Antioquia (Colombia) il 13 maggio 1922. Professa a Bogotá (Colombia) il 6 agosto 1945. Appartenente all’Ispettoria Colombiana “Maria Ausiliatrice” – Medellín.
Emilia era la primogenita di quattro figli; affettuosamente era chiamata “Mila”. Si sentì realizzata come FMA e anche come artista. Era una donna di Dio, con una vita di preghiera solida, semplice, filiale e un amore grande alla Madonna che sapeva esprimere nei diversi momenti della giornata attraverso la parola e la vita.
Era una persona servizievole, ottimista, lavoratrice instancabile e responsabile. Possedeva molti valori: cultura, modi eleganti e delicati, rispettosi e affettuosi, traboccanti di gioia. Era creativa in modo speciale nei lavori manuali. Le piaceva dare soddisfazione alle Superiore e quando le chiedevano qualche lavoro dedicava con diligenza tutto il tempo che era necessario. Era precisa nelle cose: orario, impegni, sapeva programmare tutto in anticipo.
Godeva delle sue creazioni e invenzioni che realizzava con mani d’artista. Amava le feste comunitarie e celebrava con grande gioia gli anniversari delle consorelle. Era gioiosa e accettava gli scherzi. Le piaceva molto il testo del profeta Geremia: “Come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani” (Ger 18,6b). Esprimeva ammirazione e riconoscenza per tutto. Gli ultimi anni di vita li trascorse nella serenità, in una pace profonda, traboccante di Dio. Aveva le valigie pronte per l’incontro con il Padre e nulla la distraeva. Si sentiva pienamente felice offrendo quello che era e quello che sapeva fare con generosità alle consorelle e alle persone che si rivolgevano a lei; si donava totalmente, senza misurare lo sforzo.
Nei suoi 70 anni di vita religiosa lavorò come insegnante ed economa in queste case: Andes, “Instituto Restrepo” e “Colegio María Auxiliadora”, El Santuario, Santa Rosas de Osos. Nel 1953 a Torino si preparò per la missione ad gentes e, dal 1954 al 1965, fu missionaria a Bahía Blanca (Argentina). Visse per 11 anni una feconda esperienza missionaria educando le alunne e le giovani nel vero spirito salesiano. Prestò il suo servizio come educatrice, economa e anche infermiera.
Ritornò poi in Colombia e continuò a prestare il suo sereno servizio nel “Colegio Inmacu-lada Auxiliadora” di Medellín, “Casa San José” e “Escuela San Juan Bosco”, “Colegio María Auxiliadora” di El Retiro, “Casa Familia” di Medellín, “Villa Mazzarello” di El Retiro, “Colegio María Auxiliadora” e “Casa Ispettoriale” di Medellín. Dal 2008 si trovava nella Casa di riposo “Villa Mornés”.
Grazie, cara suor Emilia, sei stata un riflesso di Dio! Con gesti semplici e graziosi e con il tuo sorriso lo donavi a quanti avvicinavi. Eri la sorella maggiore dell’Ispettoria e oggi il padrone della Vita è venuto a prenderti.
Chiediamo alla Vergine Ausiliatrice, che hai amato con atteggiamento filiale, di accoglierti tra le sue braccia e di regalare all’Istituto, alla Famiglia Salesiana e all’Ispettoria vocazioni trasparenti, coraggiose, missionarie della gioia e della speranza come sei stata tu.

L’Ispettrice
Suor Nubia Rosa González R

15 luglio 2015

«Il mio pianto per la pace in Sud Sudan»


13 luglio 2015

«Il Papa chiede alla Chiesa di accompagnare il cambiamento»

Intervista con padre Antonio Spadaro, direttore de «La Civiltà Cattolica», sul viaggio di Francesco in America Latina

«Il Papa chiede alla Chiesa di essere un agente di cambiamento, un enzima capace di mettere in rapporto le differenze. E le chiede di essere vicina al popolo». Padre Antonio Spadaro, direttore de «La Civiltà Cattolica», che sta seguendo ogni passo di Francesco in America Latina, così sintetizza, in questa intervista con Vatican Insider, il messaggio che emerge dai gesti e dalle parole di Francesco in Ecuador, Bolivia e Paraguay.

Che cosa chiede secondo lei Papa Bergoglio ai vescovi latinoamericani?
«Innanzitutto di essere uomini di preghiera, espressione di quella fede che qui viene trasmessa come il latte materno e che ha contribuito all'identità di questi popoli. Poi mi sembra che li inviti a essere pastori vicini al popolo, che curano le ferite del popolo, evitando il rigorismo che impedisce di vedere le persone nella loro concretezza perché guarda in astratto alla teoria. Solo un pastore che non sia rigorista impedisce al vescovo di trasformarsi in un funzionario. Il Papa parla del "pericolo della stola", cioè di assumere un potere e di vedere la stola come un potere che pone il pastore in una situazione di superiorità e di separazione».

Che cosa insegna il modo in cui Francesco ha incontrato i movimenti popolari?
«È un esempio di discernimento. Il Papa sa riconoscere il valore umano e spirituale di ogni realtà umana con la quale viene in contatto. Il rapporto con i movimenti popolari lo dimostra: rappresentano una realtà variegata, c'è dentro di tutto. Ci sono istanze positive ma anche eccentriche. Francesco è capace di "inspirare" i desideri migliori di tutti, e quindi di "espirarli" dando loro una forma che poi la gente riconosce come propria. Il Papa ha assorbito le tensioni dei movimenti popolari, le ha "digerite" alla luce della dottrina sociale della Chiesa e la "espirate" restituendole come respiro. Francesco ci insegna che non ci sono posti giusti e posti sbagliati, ogni uomo viene valorizzato al massimo».

È questo il modello di Chiesa «in uscita»?
«Il Papa chiede che tutta l'attività pastorale sia anche apostolica, cioè che ogni attività per la cura dei fedeli abbia una dimensione missionaria, rivolta a coloro che stanno fuori. Anche quando si bada al proprio gregge, tutto deve essere allo stesso tempo missionario. È un setting mentale, tutto deve essere aperto alla missione. Anche le feste patronali e popolari - tanto per fare un esempio - non vanno considerate come feste della comunità, ma occasione di incontro con gli altri».

Esiste una dimensione «gesuitica» di questo viaggio latinoamericano?
«Certamente. A me ha colpito particolarmente ciò che il Papa ha detto alla società civile a Quito, quando ha citato sant'Ignazio di Loyola, per dire che l'amore si dimostra più con le opere che con le parole. Questo implica due conseguenze: la concretezza e l'importanza dei processi. L'opera non è soltanto un fatto, ma un'energia, un processo che si sviluppa. Questo a mio avviso è un criterio chiaro per capire il Papa: per lui è importante iniziare dei processi, cioè accompagnare ciò che accade nel mondo, non dominare. E questo fa capire come la Chiesa debba essere presente nel mondo. Negli Esercizi spirituali di sant'Ignazio chi accompagna non è chi guida, ma chi ascolta la voce di Dio e come Dio si muove per accompagnare questi processi».

Francesco ha parlato dell'interdipendenza dei Paesi latinoamericani.
«Nessuno Stato dell'America Latina può stare in piedi da solo. Il Papa ama proporre la figura del poliedro, e per questo ha preferito visitare quei Paesi dove questo processi sono più visibili. Questi contenuti non valgono soltanto per l'America Latina, ma rappresentano dei criteri di azione universale, anche per esempio per comprendere ciò che sta vivendo l'Unione Europea».

11 luglio 2015

XV Domingo T.O - Ciclo B


XV Domingo T.O. Ciclo B


5 luglio 2015

Suor Chiara Agnese PERINO

Carissime sorelle, il 30 giugno 2015, dalla casa “S. Giuseppe” di Haledon (Stati Uniti), il Signore è venuto a prendere con sé la cara Suor Chiara Agnese PERINO. Nata a Caselle Torinese (Torino) l’8 maggio 1926. Professa a Casanova di Carmagnola (Torino) il 5 agosto 1947. Appartenente all’Ispettoria Statunitense “S. Filippo Apostolo”.
Chiara era la primogenita di una famiglia ricca di fede dove si sentiva amata, protetta e compresa. Il parroco conosceva bene la famiglia e guidò la piccola Chiara sulla via della preghiera, del sacrificio e della generosità. Creò per lei delle opportunità apostoliche appena entrò a far parte dell’Azione Cattolica. Frequentò anche assiduamente l’oratorio di Torino dove ebbe modo di coltivare la vocazione religiosa con l’aiuto delle FMA. Nonostante però la forte attrazione che sentiva e la ferma volontà di entrare nell’Istituto, c’era una difficoltà che la faceva soffrire: essendo figlia unica, non poteva lasciare soli i genitori e i nonni che aspettavano il suo aiuto. Pregò con fervore la Madonna che le concedesse una sorellina che prendesse il suo posto e, dopo tanto tempo, fu esaudita. La sorellina crebbe e si dedicò volentieri alla cura dei suoi cari. Chiara aveva ricevuto la risposta alla sua intensa preghiera.
Entrò nell’Aspirantato di Arignano il 14 agosto 1944. L’anno seguente, iniziò il Noviziato a Casanova ed emise i primi voti religiosi il 5 agosto 1947. Aveva sempre sognato di andare in missione. La sua richiesta fu accettata e nel 1948 partì per il Messico. Vi rimase fino a quando ebbe la possibilità di entrare negli Stati Uniti, suo nuovo campo di missione. Appena sistemata, si dedicò completamente allo studio della lingua inglese e alla preparazione professionale per ottenere il diploma per l’insegna-mento nelle scuole parrocchiali.
Nel 1949 incominciò l’apostolato nella scuola di S. Antonio, Easton (Pennsilvania), insegnando ai piccoli della scuola materna. Un anno dopo, 1950, si apriva la casa di Lomita (California) e suor Chiara fece parte del gruppo delle pioniere. Lì svolse il compito di cuciniera con fedeltà e amore. Nel 1953 fu trasferita a Paterson (New Jersey) nelle case di “S. Antonio” e “S. Michele” dove fu catechista, insegnante e studente. Dopo due anni fu trasferita nuovamente in California dove fu maestra e catechista dei bambini delle scuole pubbliche. Per 25 anni lavorò intensamente nelle scuole “S. Pietro e Paolo” a San Francisco, “S. Margherita Maria” a Lomita, e “S. Domenico Savio” a Bellflower. Suor Chiara lasciò un ricordo indelebile della sua permanenza in California. Accoglieva tutti con il suo sorriso che diceva più delle parole. Avvicinava tutti con bontà, si sentiva a suo agio sia con i giovani, sia con i bambini e gli adulti. Si può dire che incontrava Gesù nella preghiera e nel servizio agli altri. Richiesta di un favore lo faceva con alacrità, umiltà e generosità. Perciò nessuno esitava ad andare da lei perché sapevano di essere accolti con affetto e fraternità. Suor Chiara aveva un cuore profondamente apostolico, amava molto i bambini, insegnava loro il catechismo con tanto amore e soddisfazione. La sua gioia era incontenibile quando preparava i bambini alla prima Comunione e poteva trasmetteva in loro il suo amore profondo e adorante per Gesù Eucaristia.
Colpita anni fa da un tumore al cervello, subì tre interventi rischiosi. Ultimamente il tumore crebbe nuovamente, ma non era più operabile. La cara sorella soffrì molto e offrì tutto per l’Istituto e le vocazioni sacerdotali e religiose. Fu ammirevole nella sua pazienza e nella riconoscenza per ogni minimo servizio che riceveva. Ci raccomandavamo sempre a lei quando avevamo bisogno di qualche grazia e lei ce le otteneva per intercessione della Madonna. Quando le dicevamo: “Suor Chiara, ho bisogno di tale e tale grazia”. Lei immediatamente rispondeva: “Ebbene diciamolo alla Madonna”. Veramente il suo amore all’Ausiliatrice era molto grande e fiducioso. Mentre ringraziamo il Signore per il dono di suor Chiara, ci affidiamo alla sua intercessione, e offriamo per lei i nostri generosi suffragi.

L’Ispettrice
Suor Karen Dunn

Suor Teresa LORA

Carissime sorelle, il 29 giugno 2015, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nell’Ospedale “Artemide Zatti” di Viedma (Argentina), il Signore della Vita ha chiamato a sé per celebrare le nozze eterne, la nostra cara e generosa missionaria Suor Teresa LORA. Nata a Guarene d’Alba Cuneo (Italia) il 22 gennaio 1924. Professa a Casanova di Carmagnola (Torino) il 5 agosto 1943. Appartenente all’Ispettoria Argentina “San Francesco Zaverio” – Bahía Blanca.
“Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”. A queste parole della liturgia del giorno fanno eco quelle di Madre Yvonne, appena ricevuta la notizia della morte di suor Teresa, che la definisce: “Una grande missionaria che è rimasta fedele alla chiamata di Gesù, con tanto amore. Lei gode della luce e della pienezza dell’Amore per sempre. Ringraziamo Dio per averla donata alla nostra Famiglia religiosa”.
Teresa nacque in una famiglia semplice, serena e dalle profonde radici cristiane dove maturò la chiamata ad una vita di maggior perfezione. Nel 1937 nella Casa “Madre Mazzarello” di Torino iniziò il periodo di formazione, mentre frequentava la Scuola Magistrale. Passò poi ad Arignano, perché sentiva di essere chiamata al dono totale di sé nella missione ad gentes.
Visse il periodo del Noviziato a Casanova dove fece la Profesione religiosa il 5 agosto 1943, in pieno periodo bellico. Ritornò ad Arignano dove continuò gli studi. Nel 1946, conseguito il diploma di Scuola magistrale, si preparò per la partenza missionaria. Venne destinata alla Patagonia; partì da Genova il 25 gennaio insieme ad un folto gruppo di missionarie destinate a diverse ispettorie dell’America. Arrivarono a Buenos Aires il 20 febbraio 1947.
Rimase nella Casa ispettoriale come educatrice nella scuola materna per dieci anni. Nel 1957 fu trasferita a S.Carlos de Bariloche come direttrice ed economa. Un’obbedienza che la colse di sorpresa e che accettò con fede e spirito di servizio. Queste disposizioni le rinnovò molte volte nella sua vita missionaria e mai si smentì nella donazione incondizionata di ogni giorno. Per quasi 30 anni svolse il servizio di animatrice di comunità in diverse case dell’Ispettoria: Bariloche, Fortín Mercedes, Junín de los Andes in due momenti diversi, Villa Regina, General Roca e General Conesa. Sovente ebbe anche la responsabilità dell’economato. Dal 1979 al 1989 fu sollecita Segretaria Ispettoriale. Suor Teresa era sempre pronta e disponibile a qualsiasi richiesta delle Superiore.
Dal 2001 al 2006 poté esprimere tutto il suo ardore missionario nella “Escuela Hogar” di Pampa del Malleo con le bambine e le famiglie di quella Riduzione Indigena. Soffrì moltissimo quando si dovette lasciare la missione e la scuola, su richiesta degli stessi Mapuches. Allora fu destinata alla casa di Viedma dove fu vicaria, responsabile del guardaroba e di altre piccole attività comunitarie fino a quest’ultimo anno della sua vita.
Quante l’ebbero direttrice, o comunque vissero accanto a lei nelle diverse comunità, sono concordi nel definirla: una consorella semplice, umile, paziente, di tratto gentile e forte ad occasione; sacrificata e dimentica di sé per pensare ai bisogni altrui. Il suo spirito di preghiera era salesianamente centrato sull’amore a Gesù Eucaristico e a Maria Ausiliatrice. Dio era sempre il primo ad essere servito! E poi il prossimo: aveva per ognuno una parola buona, un gesto fraterno, una delicatezza che faceva star bene. I genitori di una missionaria venuti alcune volte a trovare la figlia in Patagonia, scrivono di lei nel mandare le condoglianze: “Con il cuore pieno di commozione ricordiamo la sua gentilezza d'animo, la sua disponibilità e la sua bontà. Quando siamo stati a visitarla, sia al Malleo che a Viedma, siamo stati accolti con le attenzioni e le premure di una mamma. Resta in noi il ricordo di una religiosa esemplare”.
Poco a poco la sua salute si indebolì ed era seguita dai medici e dalle infermiere con speciali cure. Un attacco cardiorespiratorio nella notte tra il 28 e il 29 giugno consigliò il ricovero all’Ospedale “Artemide Zatti” ove alle 8,30 del giorno 29 giugno consegnò serenamente la sua anima a Dio.
Cara suor Teresa, continueremo a sentirti presente tra noi e a invocare la tua intercessione presso Dio e l’Ausiliatrice per tutti i bisogni della cara Patagonia che tu ben conosci! Continua anche tu a ricordarti di noi!
L’Ispettrice
Suor Marta Riccioli

3 luglio 2015

Sr. Paola Oldani - Río Galegos (Argentina)

Questa volta le notizie hanno un po’ il sapore Eucaristico e le condivido ben volentieri perché fanno bene all'anima.


Il sabato 29 maggio tutto era pronto per la celebrazione della Messa nel nostro trailer-Cappella del Barrio San Benito quando apparve inaspettatamente il nostro Vescovo Mons. Miguel Ángel. Gioia e sorpresa specie per i ragazzini più piccoli che vedevano per la prima volta il loro Vescovo! Presiede la Celebrazione con padre Fabiàn e non vi nascondo che la mia curiosità era rivolta ad una borsa bianca che teneva gelosamente custodita accanto a sé. Al termine della Messa, ecco la rivelazione: dalla borsa estrae una lettera e incomincia a leggere:

Carissimi, sono Martìn e con la mia sposa andavamo a passeggio alla fiera degli oggetti in quel di Sant’Elmo! Incontrammo un ostensorio molto deteriorato e senza futuro, lo guardammo e passammo oltre... Dopo alcuni metri, mia sposa mi convinse a ritornare col pensiero e con il cammino... a quell'oggetto abbandonato. Alla fine chiedemmo il prezzo, e visto che era secondo le nostre possibilità lo comprammo. Quando arrivammo a casa, ci rendemmo conto del prezioso ostensorio e di quello che un tempo servì per la gente, ci venne subito la voglia matta di restaurarlo e completarlo... Alla fine appariva nuovo... ma mancava la cosa più importante: la lunetta che sostiene l’Ostia consacrata. (descrizione lunga per ricuperare una lunetta adatta) poi pensammo che, alla Parrocchia a cui l’avrebbero destinato e che forse era anche povera, necessitava la Teca per riporre l’ostia consacrata... e l’acquistammo... poi sicuramente era necessaria la prima provvista di ostie da consacrare ... e le comprammo! Alla fine chiedemmo ad un amico Vescovo se conosceva qualche comunità a cui avrebbe fatto piacere il dono... e abbiamo consegnato il tutto nelle Sue mani. Non sappiano dove arriverà il nostro dono Eucaristico, ma siamo sicuri che la comunità che lo accoglierà pregherà per le necessità della Chiesa e della nostra famiglia. (Firmato) ingegner Martìn y Ana de Buenos Aires

Tutto il popolo di San Benito ascoltava attentamente la lettura della lettera anche perché era accompagnato dall'esposizione di ogni oggetto: una vera catechesi Eucaristica. “Ma il racconto non é finito qui - continua il Vescovo - qui con noi c’é Gesù nell’Ostia Consacrata e ora lo poniamo nell'Ostensorio e termineremo la Messa con una breve adorazione e con la preghiera per Martìn e Ana. Ringrazieremo e adoreremo, perché tutti i cristiani conoscono questa bellissima realtà, in compagnia di Gesù Eucaristia”.

Il sabato seguente – e questo per la prima volta in assoluto - 26 ragazzi della catechesi venivano accompagnati dalle loro catechiste e con un pullman privato, alla Messa vespertina del Corpus Domini che, proprio per la prima volta, venne celebrata per tutta la cittadinanza, nella palestra dei Salesiani! Sicuro che abbiamo dovuto sensibilizzare le famiglie e pagare di persona il trasporto, ma vi dico che ne valeva la pena. Quando il Vescovo che presiedeva la Concelebrazione con i Sacerdoti della città, passò per le 8 stazioni per una adorazione particolareggiata, portando Gesù Sacramentato, dopo la prima stazione i ragazzi del nostro Barrio dovevano ritornare a casa... ma fu una penitenza per loro, dover terminare una celebrazione così importante... Bellissima esperienza!

E come ultima nota Eucaristica, debbo raccontarvi che nei primi giorni di maggio una nostra insegnante delle elementari e catechista al Barrio, LAURA, mi chiese di portare la Comunione alla zia, malata terminale, che desiderava comunicarsi tutti i giorni, ma in quel giorno era impossibile rintracciare un Sacerdote perché riuniti in assemblea con il Vescovo. Accettai e quando fui al letto di zia Mirna ebbi la netta sensazione che sarebbe stata una Comunione-Viatico perché, pur con terapie adeguate, la malattia tumorale aveva il sopravvento. Avevo l’impressione che Mirna fosse molto vicina all'abbraccio con il Padre. Con i presenti pregammo e invocammo l’aiuto per tutti i momenti della nostra VITA TERRENA e quella della zia. Passò la notte tranquilla, ma all'alba ecco il Signore venne a prenderla per portarla al gaudio eterno. Fu intensa la mia commozione nell'apprendere la notizia da Laura, e non vi nascondo la gioia di averle portato Gesù nel suo ultimo percorso alla casa del Padre.

Sr. Paola feliz FMA






XIV Domingo - T.O. - Ciclo B


1 luglio 2015

A EVANGELIZAR CON ALEGRÍA - Juan Morales Montero

"Ebrei e cristiani, non più estranei ma amici e fratelli”

Papa Francesco riceve in udienza i partecipanti al convegno internazionale in occasione del 50° anniversario della Nostra Aetate

Il 50° anniversario della dichiarazione Nostra Aetate fornisce una nuova occasione per fare il punto sulle relazioni ebreo-cristiane, che, in particolare a Roma, durano “da quasi duemila anni”, sebbene nel corso della storia “non siano state prive di tensioni”.
Lo ha detto papa Francesco ricevendo oggi in udienza circa 250 partecipanti al convegno internazionale promosso dall’International Council of Christians and Jews, in corso a Roma dal 28 giugno al 1° luglio sul tema: The 50th Anniversary of Nostra Aetate: The Past, Present, and Future of the Christian-Jewish Relationship.
È proprio a partire dal Concilio Vaticano II, ed in particolare dalla Nostra Aetate, che la Chiesa ha detto il suo “‘sì’ definitivo alle radici ebraiche del cristianesimo ed il ‘no’ irrevocabile all’antisemitismo”, ha sottolineato il Pontefice. In questo 50° anniversario, possiamo dunque "guardare ai ricchi frutti che ha prodotto e fare con gratitudine un bilancio del dialogo ebraico-cattolico”.
Soprattutto, ha affermato il Santo Padre, possiamo “esprimere così il nostro grazie a Dio per tutto ciò che di buono è stato realizzato in termini di amicizia e di comprensione reciproca in questi cinquant’anni”.
“La nostra umana frammentarietà – ha aggiunto -, la nostra diffidenza e il nostro orgoglio sono stati superati grazie allo Spirito di Dio onnipotente, così che tra noi sono andate crescendo sempre più la fiducia e la fratellanza". "Non siamo più estranei, ma amici e fratelli", ha detto Bergoglio, perché "confessiamo, pur con prospettive diverse, lo stesso Dio, Creatore dell’universo e Signore della storia. Ed Egli, nella sua infinita bontà e sapienza, benedice sempre il nostro impegno di dialogo”.
D'altronde, "i cristiani, tutti i cristiani, hanno radici ebraiche", ha rammentato. Per questo, "fin dalla sua nascita, l’International Council of Christians and Jews ha accolto le varie confessioni cristiane", che "trovano la loro unità in Cristo; l’ebraismo trova la sua unità nella Torah". "I cristiani - ha proseguito - credono che Gesù Cristo è la Parola di Dio fattasi carne nel mondo; per gli ebrei la Parola di Dio è presente soprattutto nella Torah. Entrambe le tradizioni di fede hanno per fondamento il Dio Unico, il Dio dell’Alleanza, che si rivela agli uomini attraverso la sua Parola".
"Nella ricerca di un giusto atteggiamento verso Dio, i cristiani si rivolgono a Cristo quale fonte di vita nuova, gli ebrei all’insegnamento della Torah", ha sottolineato infatti il Santo Padre, ricordando che questo tipo di riflessione teologica sul rapporto tra ebraismo e cristianesimo prende le mosse proprio dalla Nostra aetate, "che cambiò per sempre il volto del dialogo tra la Chiesa e il mondo ebraico".
Proprio su tale "solido fondamento" può e deve essere ulteriormente sviluppata tale riflessione, che, durante il Concilio Vaticano II - ha ricordato il Papa - ha tenuto conto delle dieci tesi elaborate nella località svizzera di Seelisberg e legate alla fondazione dell’International Council of Christians and Jews.
Già allora - ha osservato Francesco - "era in nuce una prima idea della collaborazione tra la vostra organizzazione e la Chiesa Cattolica", poi avviata ufficialmente dopo il Concilio, e specialmente dopo l’istituzione della “Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo”, nel 1974. "Questa Commissione della Santa Sede segue sempre con grande interesse le attività della vostra organizzazione", ha assicurato il Papa; in particolare i convegni internazionali annuali, che - ha detto - "danno un notevole contributo al dialogo ebraico-cristiano".