30 maggio 2015

ARGENTINA

La notizia “rimasta in sospeso” nella lettera di aprile era quella dell’incontro sportivo delle scuole salesiane della Patagonia in onore al nostro grande SAN GIOVANNI BOSCO. In poche parole, le dodici Scuole Salesiane della Patagonia si sono ritrovate con un totale di 240 atleti divisi in tre categorie di sport e con i rispettivi professori-allenatori.Tutti furono accolti nelle famiglie, con una selezione capillare: le nostre allieve accolsero le femminucce e gli allievi i maschietti! Si fa per dire perché i partecipanti erano dalla terza media alla quinta superiore!!!
I tre giorni si giocarono circa 120 partite; le prime partite nella nostra grande palestra e nella palestra più piccola, ma regolamentare. Le altre partite si giocarono nel Palazzetto dello sport di Río Gallegos, che, data la sua grande capacità, si può dividere in tre campi da gioco!!! (Tutto qui in Patagonia è “pensato per l’utilità comune” perché non si può giocare per tanto tempo nei cortili... il freddo e il vento sono sempre i protagonisti principali!)
Tutto si svolse come ai tempi di Valdocco: molto spirito di aggregazione e di competizione, tantissima allegria da parte di tutti/e; e ... niente coppe, ma solo simpatia e scambio di amicizia tra scuola e scuola. FANTASTICO!
E la cosa più simpatica da rilevare che anche i più piccoli della nostra scuola sono stati invitati; proprio al momento dell’apertura ufficiale avvenuta il venerdì alle 21.00. E qui la graditissima comparsa di un DON BOSCO, eccezionalmente vivace, che ha invitato i giovani e non, a vivere nell'allegria, per piacere al SIGNORE IN OGNI MOMENTO DELLA PROPRIA VITA.
Parlando del Barrio debbo scrivervi con stupore quello che stiamo vivendo per la catechesi: le catechiste hanno avuto una “rotazione” nei vari ruoli: mancava la catechista del primo anno di Comunione e offerse la sua disponibilità una giovane mamma del Barrio “LOLO” per accompagnare il nuovo gruppo: Miriam è il suo nome e con vero piacere si è messa subito all’opera: fantastica la cosa, perché Miriam, nel mese di dicembre u.s. ricevette la Confermazione proprio nel nostro container-cappella, con il gruppetto degli adulti! Però Miriam abita al Barrio “LOLO” e questo comporta che per venire a tempo deve camminare quattro Km. non avendo molte comodità di collegamenti con i mezzi di trasporto e poi altrettanti Km. per tornare a casa! Naturalmente quando ci siamo rese conto dell’impegno e della distanza (con le strade non asfaltate di San Benito, con il vento che veramente non ti lascia camminare e con il freddo che comincia a far sentire il suo rigore) le abbiamo offerto un passaggio con la nostra macchina e non vi dico con quanto sollievo ha accettato la proposta! Così abbiamo potuto incominciare molto bene e con numeri che, per il nostro attuale spazio, sono proibitivi: 20 ragazzini/e del primo anno di Comunione, 26 per il secondo anno; 11 per il primo anno di Cresima e 7 per il secondo anno di Cresima. Che Dio ce la mandi buona perchè le strade di terra battuta cominciano a gelare e i lavori della Cappella proseguono nei laboratori per quanto riguarda il rivestimento interno del tetto e la costruzione delle finestre con i rispettivi mosaici. Con i vari aiuti provvidenziali arrivati anche dall’Italia, siamo in grado di incominciare passo-passo con l’acquisto dei vetri e dello smalto per la vetrofusione! Grazie anche a voi che mi seguite con generosità. È sicuro la Madonna vi ricompenserà.
Termino con una nota personale: oggi è il 24 maggio e insieme la solennità di Pentecoste! per me è e sarà una “MEMORIA STORICA” perché, come sapete, mi sto preparando al grande traguardo delle nozze d’oro che celebrerò nel 2016 a Dio piacendo. Lo scorso anno l’ho dedicato come anno di riconoscenza e di fedeltà al PADRE; l’anno prossimo lo dedicherò in modo specialissimo a Gesù-Sposo che mi ha scelto per sé e per sempre; e quest’anno l’ho dedicato allo SPIRITO SANTO e così l’AUSILIATRICE si è fatta presente nella mia vita in questa data speciale con lo SPIRITO SANTO! e vi pare poco???? Aiutatemi a ringraziare QUELLI che dal cielo guidano e sostengono coloro che camminano per le vie del mondo e della Patagonia, un po’ come insegna il nostro carissimo Papa Francesco.
Grazie per aver condiviso anche questo meraviglioso mese mariano, con me e con la gente che il Signore mi ha affidato.
Auguro a tutti un felice mese di giugno, sempre più vicini al 200° compleanno di DON BOSCO!

Con cariño Sr. Paola feliz FMA




29 maggio 2015

40 profughi nella comunità FMA di Zoverallo


Altri quaranta profughi hanno raggiunto Verbania, 32 donne di nazionalità eritrea, somala e nigeriana, 8 uomini e un bambino piccolo, di soli 8 mesi. Tra le donne 9 sono in avanzato stato di gravidanza, tra il sesto e l’ottavo mese.
Per la prima accoglienza la congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice ha aperto le porte e offerto ospitalità. Le religiose, che a Zoverallo gestiscono la casa “Maria Mazzarello”, si sono prestate a dare un letto, la cena e le prime cure.
“Voglio ringraziare le suore dell’Istituto salesiano Maria Mazzarello di Verbania – commenta su Facebook la presidente del consorzio dei servizi sociali Chiara Fornara – perché ci hanno aperto le porte della loro casa e del loro cuore”.
La comunità delle FMA allora, pur nell’emergenza dell’ospitalità si è subito attivata per dare loro almeno il “fagottino di Don Bosco” con dentro lo stretto indispensabile per la prima accoglienza.
Poi gli ospiti sono stati condotti all’istituto Sacra Famiglia di Torchiedo e negli appartamenti di Intra gestiti dal Gruppo Abele. Questi nuovi quaranta arrivi portano al limite la capienza del Vco (Verbano, Cusio, Ossola), che è attualmente di circa 260.

Santissima Trinità Anno B _ “ Uno e Trino”


28 maggio 2015

VATICANO - Assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie: “Come sostenere la missione universale oggi e domani”

Città del Vaticano – Si apriranno lunedì prossimo, 1 giugno, i lavori dell’Assemblea Generale Annuale delle Pontificie Opere Missionarie (POM), ospitati presso la Casa di Esercizi dei Salesiani, a Roma. I Direttori nazionali delle POM provenienti da tutti i continenti, insieme al Presidente ed ai Segretari generali delle quattro Opere si ritroveranno quindi per il loro appuntamento annuale che prevede la Sessione pastorale (1,2,3 giugno) e la Sessione ordinaria (4,5,6 giugno).
I lavori saranno aperti dalle relazioni del Card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e dell’Arcivescovo Protase Rugambwa, Segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e Presidente delle POM. La Sessione pastorale sarà dedicata al tema “Come sostenere la missione universale oggi e domani” ed avrà come relatore il Card. Orlando Quevedo, Arcivescovo di Cotabato (Filippine).
Giovedì 4 giugno avrà inizio la Sessione ordinaria dell’Assemblea, durante la quale i Segretari generali delle quattro Pontificie Opere Missionarie presenteranno il rendiconto dell’anno trascorso, la previsione di bilancio e le richieste di sussidio ai diversi progetti che sono pervenute.
Prenderanno quindi la parola il Segretario generale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, P. Ryszard Szmydki, OMI; P. Fernando Domingues, MCCJ, Segretario generale della Pontificia Opera di San Pietro Apostolo; la dott.ssa J. Baptistine Ralamboarison, Segretaria generale della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria; P. Vito Del Prete, PIME, Segretario generale della Pontificia Unione Missionaria oltre che Direttore del CIAM e di Fides. Alle relazioni seguiranno gli interventi dei presenti, la discussione in aula e l’approvazione dei progetti. L’ultima relazione sarà di Mons. Silvano Rossi, Incaricato dell’Amministrazione.
Venerdì 5 giugno il Santo Padre Francesco riceverà in udienza i partecipanti all’Assemblea. Il programma dei lavori prevede poi gli incontri dei Direttori nazionali per continente, l’esame delle decisioni assembleari, l’approvazione dei bilanci e dei progetti e altri adempimenti finali. L’intervento conclusivo del Presidente delle POM, Mons. Rugambwa, chiuderà i lavori dell’Assemblea sabato 6 giugno. 

Santisima Trinidad_español



Prove Evidence


"Se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te?" (Dietrich Bonhoeffer) Evidence è un...

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27 maggio 2015

Suor Cornelia FEDRIGO

Carissime sorelle, il 17 maggio 2015, solennità dell’Ascensione del Signore, nella casa “María Inmaculada” di Córdoba (Argentina), il Signore ha chiamato a sé la nostra cara Suor Cornelia FEDRIGO. Nata a Casarsa Della Delizia (Udine) il 6 novembre 1929. Professa a Casanova di Carmagnola (Torino) il 5 agosto 1952. Appartenente all’Ispettoria Argentina “N. S. del Santo Rosario” – Córdoba.
Cornelia nacque il 2 novembre 1929, commemorazione dei fedeli defunti, ma il padre nell’iscriverla nel Registro Civile cambiò la data per il 6. Tuttavia, per lei quel giorno ebbe sempre un senso escatologico, che le dava una certa nostalgia dell’eternità.
Era la settima di nove figli. Quando morì la mamma aveva appena quattro anni; in seguito ebbe una sorellina dal secondo matrimonio del papà. Nella seconda guerra mondiale la famiglia soffrì molto: il papà e tre fratelli vennero chiamati a combattere e il fratello Pierino perse la vita. Cornelia svolgeva lavori superiori alle sue forze, con l’incertezza per il domani e affrontando tante privazioni. Al mattino frequentava la scuola e al pomeriggio il laboratorio di cucito e ricamo presso le Suore della Divina Provvidenza verso le quali sentiva fiducia e affetto.
La sorella Virginia, all’inizio della guerra, era entrata nell’Istituto delle FMA. Cornelia aveva solo dieci anni, ma sentiva già il desiderio di seguire il suo cammino e nel frattempo si lasciava guidare spiritualmente dal Parroco. Terminata la guerra realizzò il desiderio di diventare religiosa. Insieme al fratello Egidio, che voleva essere Salesiano, furono accompagnati dal papà uno al Colle don Bosco e l’altra a Moncalvo, dove conobbe da vicino le FMA e maturò la sua vocazione. L’8 settembre 1947 entrò nell’Aspirantato missionario di Arignano.
Suor Cornelia partì per l’Argentina come missionaria il 17 settembre 1953, con appena un anno di professione. Fu inizialmente studente nella casa di Rosario dove conseguì il diploma di maestra. Insegnò nella scuola elementare di San Miguel de Tucumán, Vignaud, San Juan, Luján de Cuyo, Resistencia. Fu segretaria della scuola a Tucumán e a General Pico; economa a Rosario. Nella casa di Santa Rosa fu direttrice della scuola elementare. Nel 1974 venne nominata animatrice della comunità di Tucumán e coordinatrice della scuola primaria.
Lavorò per due anni a Comodoro Rivadavia, nell’Ispettoria di Bahía Blanca, come consigliera e catechista. Fu anche catechista a Rodeo del Medio e in seguito a Rosario fu vicaria e, nel 1986, diettrice della comunità e delegata ispettoriale delle exallieve. Nel 1992 venne trasferita alla casa Ispettoriale “Madre Mazzarello” come delegata ispettoriale dei Salesiani Cooperatori e delle exallieve, servizio che svolse anche quando venne nominata direttrice della comunità di Buenos Aires, Calle Brasil, fino al 2004. Venne poi trasferita alla comunità di Tucumán, come delegata della Famiglia Salesiana e, dal 2008 fino al 2010 fu direttrice della comunità di Salta, mentre continuava ad essere delegata dei Salesiani Cooperatori. Poi venne trasferita alla casa di Rosario. Qui venne colpita da un ictus cerebrale, motivo per cui venne accolta nella casa di riposo “María Inmaculada” di Córdoba per ricevere le cure necessarie.
Nei suoi appunti autobiografici, suor Cornelia riconosce di avere un temperamento estroverso per cui le costa mantenere i segreti e dice apertamente il suo pensiero, quello che le piace e che vuole, ogni volta che ne ha l’occasione. Aveva infatti una grande capacità comunicativa.
Gustava la bontà e la paternità di Dio, che riconosceva presente nella sua vita, una vita ardente in continua ricerca di cammini nuovi per avvicinarsi sempre più a Lui e alla comprensione degli altri. Era apprezzata per l’allegria, la dedizione, la fede con cui viveva ogni avvenimento, l’atteggiamento di rispetto e di silenzio di fronte ai limiti altrui e per la sua disponibilità al servizio.
Cara suor Cornelia, nel giorno della tua “ultima chiamata”, ti chiediamo di intercedere presso il Padre, che ora contempli e di ottenerci la fede e la decisione per rinnovarci nel servizio del Regno di Dio come vita consacrata “in uscita”, come fu la tua vita missionaria.

L’Ispettrice
Suor Ángela Bernardita Paz

25 maggio 2015

Beatificazione Romero. Amato: opzione per i poveri evangelica non ideologica


23 maggio 2015

HIMNO MONSEÑOR ROMERO


Himno A Monseñor Romero. Una producción de Televisión Católica de El Salvador. Interpretado por el Coro para la Ceremonia de Beatificación de Monseñor Romero. Este Himno se entonará el 23 de mayo en plena Beatificación.

Evviva Maria Ausiliatrice!


Siamo tutti uguali su questa terra...


“Siamo tutti uguali su questa terra – ha detto sorridendo – non potevo lasciarlo morire”. "Ringrazio di cuore Toukif...

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22 maggio 2015

Buona Festa a tutti


Romero, beato y mártir por amor a los pobres

A pocos días de la beatificación de monseñor Óscar Arnulfo Romero y Galdámez, el 23 de mayo, en la plaza Salvador del Mundo, en San Salvador, los medios de comunicación - católicos y no católicos - no cesan de producir notas informativas en diversos formatos (prensa, radio, televisión, digitales) para dar la voz a quien ha sido “la voz de los sin voz”.

En el sitio web oficial de la beatificación (www.beatificacionromero.org) se lee el lema “Romero, mártir por amor”. En las redes sociales se han popularizado hashtag como #MartirPorAmoralosPobres y #BeatoMonseñorRomero. “No hay duda de que Óscar Arnulfo Romero tenía en su corazón a las mayorías pobres de nuestro país, a las víctimas de la represión y de las múltiples violaciones a los derechos humanos que en su época ocurrían en El Salvador”, editorializó la Universidad Centroamericana José Simeón Cañas (UCA), al referirse a su martirio.

También el CELAM rinde un sentido homenaje al arzobispo salvadoreño, a través de un video de 15 minutos que recoge algunos episodios de la vida de monseñor Romero, así como varios fragmentos de sus pronunciamientos a favor del diálogo y en defensa de los derechos humanos, destacando que “en las circunstancias más difíciles, en contextos de injusticia y violencia, hubo quienes buscaron denodadamente los caminos para el diálogo y hubo quienes hicieron del diálogo el camino”. El video se encuentra disponible en https://www.youtube.com/watch?v=wQBjjO09MAM&feature=youtu.be. Asimismo, el Servicio Internacional para Productores y Canales de Televisión (SIPCATV) ha producido la serie “Un minuto en la vida de Mons. Romero” (serie de 11 micros de 2 minutos), que recupera la voz del ya casi beato e incluye temas musicales de artistas internacionales.

Continua...

21 maggio 2015

Pentecostés - Ciclo B



Padre Guarino (Comboniani): "Siamo incapaci di riconoscere l'altro come fratello"

Palermo - I laici comboniani sono presenti da vent’anni a Palermo con una comunità che cerca di nutrire corpo e spirito di chi si avvicina al loro movimento. Ad assisterli spiritualmente è Padre Domenico Guarino, per ventuno anni missionario in America Latina, tra Guatemala, Messico e Perù, e sei anni di esperienza a Napoli, nel rione Sanità, prima di approdare a Palermo. Nel capoluogo dell’Isola, alcune famiglie hanno deciso di dare vita ad una forma stabile di convivenza e condivisione, esperienza alla quale il missionario partecipa ormai da qualche anno. Nell’ultima stagione di maggiore affluenza di migranti in Sicilia “La zattera”, questo il nome del gruppo di base, è diventata ancora di salvezza per alcuni dei profughi che in Italia cercano riparo da guerre e persecuzioni. La comunità, infatti, ha dato ospitalità a persone che necessitavano di essere accolte in un contesto familiare, in virtù di un protocollo di intesa recentemente siglato con il Comune di Palermo. I comboniani, così, hanno accolto donne in stato di gravidanza o persone particolarmente vulnerabili. “Per offrire accoglienza non riceviamo alcun contributo pubblico, tutto viene fatto in completa gratuità”, precisa Padre Domenico. Quella dedicata alla migrazione è una delle ministerialità nelle quali è articolato l’impegno dei laici. Ciascuna delle comunità laicali ha autonomia di intervento nei settori di propria competenza, ad esempio quello della formazione pastorale oppure quello relativo agli stili di vita, aree che coincidono con i bisogni espressi dal territorio. Una volta al mese, poi, tutte le piccole cellule locali si incontrano nella sede della comunità, a San Lorenzo, per svolgere una lettura popolare della Bibbia. La lente utilizzata per interpretare il testo biblico è quella di un “Dio storico ed esodico, che libera e che ha compassione del suo popolo”, spiega il missionario. “Si tratta di un’esperienza laicale dal basso, che parte dalla realtà delle persone. Insieme – aggiunge Padre Domenico – facciamo esperienza delle comunità cristiane delle origini. Le persone devono mettersi in discussione e crescere nella coscienza dell’impegno laicale. Al sacerdote, invece, spetta il compito di mettere assieme tutte queste realtà laicali”. L’obiettivo è la costruzione di una struttura ecclesiale “più fluida e laica”. Se San Daniele Comboni è la guida e l’ispiratore del carisma missionario, il movimento non fa fatica a riconoscersi nella linea tracciata da Papa Francesco. Il Pontefice, del resto, proviene da un continente che Padre Guarino, come i suoi confratelli, conosce bene. La sofferenza dei migranti l’ha vista da vicino in Messico, altra terra di frontiera, segnata da troppe vite spezzate prima di varcare i confini che la separano dagli Stati Uniti. “Sono morti – dice – che hanno un messaggio per noi, ci dicono che nella nostra società qualcosa non funziona. Che non siamo più capaci di riconoscere l’altro come un nostro fratello”. (Luca Insalaco)

19 maggio 2015

Semana de Oração pela Unidade dos Cristãos propõe diálogo entre religiões


17 maggio 2015

Fatica e gioia del dialogo - L’incontro dei vescovi per le relazioni con i musulmani in Europa

«In quest’anno che segna il cinquantesimo anniversario di Nostra aetate, siamo più che mai convinti che il dialogo interreligioso, e nel nostro caso il dialogo tra cristiani e musulmani, non solo è necessario per costruire la pace, ma è un imperativo della nostra fede». Lo affermano i vescovi e delegati per le relazioni con i musulmani in Europa nel messaggio (intitolato La fatica e la gioia del dialogo) diffuso a conclusione del loro incontro svoltosi dal 13 al 15 maggio a Saint Maurice, in Svizzera, sul tema «Come cambiano i musulmani in Europa». L’islam è «una religione ricca e varia nella sua tradizione, con molte scuole di pensiero. Tuttavia, come tutte le religioni, si trova ad affrontare sfide di radicalizzazione nel contesto contemporaneo. Per superare la radicalizzazione — scrivono — abbiamo bisogno della libertà di religione e del suo principio fondamentale, la libertà di coscienza. L’educazione religiosa gioca un ruolo importante nel rafforzamento della propria identità religiosa nel pieno rispetto delle convinzioni religiose degli altri. Aiuta anche a costruire la solidarietà con gli emarginati, i perseguitati e le vittime della radicalizzazione qualsiasi sia il loro credo».
Nella tre giorni di lavoro, la rete europea dei responsabili per il dialogo con le comunità musulmane del continente si è confrontata sull’origine e le cause del fenomeno di radicalizzazione di alcune comunità musulmane in Europa e ha condiviso alcune esperienze di dialogo in corso in particolare in Spagna, Svizzera, Germania, Francia e Bosnia ed Erzegovina. Il dibattito è stato guidato dall’arcivescovo di Bordeaux, cardinale Jean-Pierre Ricard, con il contributo fra gli altri del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. «Penso — ha detto Tauran — che i musulmani siano molto fieri della loro religione, mentre noi cristiani abbiamo bisogno di recuperare questo senso profondo della fede nella nostra vita». Il dialogo interreligioso è «un’occasione per approfondire la propria fede. Non si può imbastire un dialogo sull’ambiguità. Devo dire al mio interlocutore musulmano: io sono cristiano, credo in Gesù e vivo in conseguenza di questo».

http://www.osservatoreromano.va

FRA I POVERI PER L’INCONTRO COL SIGNORE

Personalmente resto sempre piuttosto perplesso davanti a tante “visioni”, spesso provocate e propagandate ad arte. No, non credo che per incontrare Gesù siano necessarie esperienze stravaganti, a fronte delle quali stento a commuovermi; soprattutto, non riescono a coinvolgermi né quelle che ci portano lontano dai posti in cui il Signore provvidenzialmente ci ha posto, né quelle che sottraggono tempo ed energie all’incontro con il Cristo vivo e presente nei poveri.

Ho voluto introdurmi con questa condivisione alla festa dell’Ascensione di Gesù al cielo per cercare di far capire come essa, più che la fine, segni l’inizio del nostro impegno di evangelizzazione e di testimonianza. Così è stato anche per la prima comunità cristiana, raggiunta da un mandato grande ed esigente: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).

In realtà, come abbiamo avuto modo di constatare nelle scorse domeniche, tale missione è stata tutt’altro che facile, indebolita da uomini e donne che faticano a sintonizzarsi sul progetto di Dio che li vuole suoi alleati, protagonisti convinti nella realizzazione del suo disegno d’amore sul mondo.

A questo proposito, Luca ha un’annotazione simpatica, quando scrive che “essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava” (At 1,10). A quei discepoli, smarriti davanti alla partenza del loro Signore, “due uomini in bianche vesti” danno la dimensione esatta e il senso dell’evento cui stanno assistendo: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?…» (v. 11): Gesù, salito al cielo, non lascia orfani, continua a rimanere con noi e ci accompagna. È vero che con la sua Ascensione termina una sua presenza circoscritta; ma termina perché ora Lui sta dovunque lo si celebra, lo si annuncia e lo si testimonia.

Questa festa, dunque, mentre inaugura una nuova forma di presenza di Gesù in mezzo a noi, ci chiede di avere occhi e cuore per incontrarlo, per servirlo e per testimoniarlo. Credere nell’Ascensione di Gesù al cielo ed essere uomini e donne dell’Ascensione significa perciò farsi cercatori di Cristo lungo i sentieri del nostro tempo: lo facciamo forti della bussola della sua Parola che ci porta nei luoghi – nelle “periferie”, per usare un termine tanto caro a Papa Francesco quanto impegnativo per noi – dove Lui ci ha detto di stare con certezza. Si tratta di un pellegrinaggio che ce Lo fa incontrare, oltre che nei Sacramenti, nei fratelli e, soprattutto, nei più poveri di loro, in quelli che soffrono nella loro carne la dura e mortificante esperienza di vecchie e nuove povertà. Se a costoro ieri Gesù ha mandato i primi testimoni dell’Ascensione, oggi invia noi con la responsabilità di porre segni concreti e visibili di speranza: in questa capacità di ridare vita si gioca la stessa fecondità della nostra fede.

+ don Nunzio Galantino

http://www.nunziogalantino.it/

La conversione pastorale a partire dall’ottica della periferia


16 maggio 2015

Speciale Virus 'Je Suis Ilan' - Seconda parte

Speciale Virus 'Je Suis Ilan' - Prima parte

S. Egidio aderisce alla preghiera Cei per i martiri d'oggi

La comunità fondata da Riccardi esprime «vicinanza con i nostri fratelli perseguitati» e parla di «interventi umanitari non più rinviabili»

La Comunità di Sant'Egidio aderisce alla proposta della Conferenza episcopale italiana di dedicare la prossima Veglia di Pentecoste, sabato 23 maggio, ai martiri nostri contemporanei e, nello spirito ecumenico dell'appello, invita i cristiani appartenenti a Chiese e tradizioni diverse ad unirsi in preghiera nella Basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina, dedicata a custodire la memoria dei martiri del XX e del XXI secolo. «È particolarmente significativo che la Veglia di Pentecoste, coincida, il 23 maggio, con il giorno della beatificazione di Mons. Oscar Arnulfo Romero, martire della fede, di cui la Basilica di San Bartolomeo custodisce la memoria», sottolinea S.Egidio.
«Le sofferenze dei cristiani e delle minoranze religiose in Medio Oriente, in Africa e in Asia interpellano con urgenza la coscienza degli europei, e in particolare dei cristiani, e muovono alla preghiera e ad azioni di solidarietà che inducano alla pace e alla riconciliazione», osserva la Comunità.
Recentemente, il primo summit intercristiano organizzato a Bari dalla Comunità di Sant'Egidio e dall'Arcidiocesi di Bari-Bitonto, ha riunito rappresentanti delle Chiese cristiane, diplomatici e responsabili politici - fra i quali il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni - e ha lanciato un forte allarme contro il rischio della rottura di equilibri secolari che produrrebbe un vero e proprio cataclisma umanitario.
In continuità con questa iniziativa, la preghiera per i martiri della Veglia di Pentecoste intende manifestare «vicinanza con i nostri fratelli perseguitati e stimolo per promuovere interventi umanitari non più rinviabili».

14 maggio 2015

Quarto sogno missionario di Don Bosco



AMERICA/COLOMBIA - “Familia, tu misión es el amor”: Jornada nacional de la familia misionera

Bogotá  – “Familia, tu misión es el amor” es el tema elegido para la V Jornada nacional de la familia misionera, que se celebrará en Colombia el próximo 15 de mayo, en sintonía con el Encuentro mundial de las Familias de septiembre, en Filadelfia, en los Estados Unidos.
Según la información enviada a la Agencia Fides por las Obras Misionales Pontificias de Colombia (OMP), que promueven la iniciativa, es en la familia donde se aprenden los valores sagrados como a amar y ser amados, la unidad en la diversidad, el intercambio, el servicio... Por eso esta misión debe ser tomar con responsabilidad, dinamismo y alegría. Los padres deben recordar que la mejor manera de educar a los hijos es a través de su propio testimonio y que tienen la misión de mostrar el amor de Dios dentro de las familias, para que Él sea el centro, y llenos de su amor, sus miembros salgan al mundo para decir que Dios está vivo porque “Dios es amor”.

http://www.fides.org

AMERICA/COLOMBIA - “Famiglia, la tua missione è l’amore”: Giornata nazionale della famiglia missionaria

Bogotà – “Famiglia, la tua missione è l’amore” è il tema scelto per la quinta Giornata nazionale della famiglia missionaria, che si celebrerà in Colombia il prossimo 15 maggio, in sintonia con l’Incontro mondiale delle Famiglie di settembre, a Filadelfia, negli Stati Uniti.
Secondo le informazioni pervenute a Fides dalle Pontificie Opere Missionarie della Colombia (POM), che promuovono l’iniziativa, è nella famiglia che si apprendono valori sacri come amare ed essere amati, l’unità nella diversità, la condivisione, il servizio… Per questo tale missione deve essere assunta con responsabilità, dinamismo e gioia. I genitori devono ricordare che il modo migliore di educare i figli è con la propria testimonianza e che hanno la missione di mostrare l’amore di Dio all’interno delle famiglie, perché Lui sia il centro, e pieni del suo amore, i suoi membri escano nel mondo a dire che Dio è vivo perché “Dio è amore”. 

13 maggio 2015

Press Conference of presentation of the General Assembly of Caritas Internationalis

"No se está rehabilitando la Teología de la Liberación...


A la pregunta sobre si pensaba que en el Vaticano se ha "rehabilitado" la teología de la Liberación, el teólogo peruano...

Posted by Missionarietà on Quarta, 13 de maio de 2015

12 maggio 2015

Suor Ana Felisa ARROYAVE

Carissime sorelle, all’alba del 10 maggio 2015, nella casa ispettoriale “N. S. degli Angeli” di San José Curribadat (Costa Rica) Cristo Risorto ha chiamato a sé la nostra cara sorella Suor Ana Felisa Arroyave. Nata a Medellín (Colombia) il 26 maggio 1928. Professa a Medellín (Colombia) il 5 agosto 1950. Appartenente all’Ispettoria Centroamericana “N. S. degli Angeli”.
Suor Anita - come veniva chiamata affettuosamente - nacque in una famiglia profondamente cristiana composta da nove figli. Il Signore benedisse quei genitori chiamando a seguirlo due figlie che divennero FMA: suor Leonor e suor Anita. Nei suoi scritti, suor Anita descrive l’ambiente: «In famiglia si respirava un clima di pace, si viveva alla presenza del Signore, nella fede e nelle sane abitudini dei genitori».
Negli anni dell’adolescenza, mentre era alunna nel Colegio “María Auxiliadora” di Medellín, durante gli Esercizi spirituali Anita capì che il Signore la chiamava a una donazione totale e la sua risposta fu immediata. Così la espresse: «Sì, Signore, voglio che la mia vita sia tutta per Te». Iniziò l’Aspirantato a Medellín l’11 ottobre 1948, giorno dedicato alla Maternità di Maria e, dopo il Postulato e il Noviziato, emise i primi voti a Medellín il 5 agosto 1950.  
L’anno dopo, sentendo la chiamata missionaria, presentò la domanda, ma dovette attendere parecchi anni. Fu maestra e assistente nella casa “S. Giuseppe” di La Ceja e in seguito a Condoto. Finalmente il 30 novembre 1963 ebbe la risposta: veniva inviata al Centro America. Giunse a San José (Costa Rica) il 1° marzo 1964. Svolse la missione educativa come maestra e assistente Guatemala a Soloma, poi a Coatepeque. Nel 1976 fu economa a Cahlchuapa (El Salvador) e, nel 1980, venne nominata animatrice della comunità di S. Pedro Montes de Oca (Costa Rica). Concluso il triennio, fu trasferita, ancora come direttrice, a San José “Obras Sociale Suor María Romero”. Fu poi vicaria, catechista e portinaia a Panamá e, nel 1995 fu vicaria nella casa “Obras Sociales Suor María Romero” di San José (Costa Rica). Nel 1999 in un incidente ebbe un’emorraggia cerebrale che la segnò per il resto della vita rendendole difficile la parola e il movimento.
Nonostante i limiti fisici e l’indebolimento della salute, suor Anita fu una religiosa ammirevole, donna di pace e di gioia spirituale. Si percepiva in lei il desiderio di collaborare con chi era nel bisogno e dare conforto o consiglio. Cercò sempre di aiutare il debole, il bisognoso. Quando si parlava con lei della Madonna, il suo volto si trasfigurava e diceva: «Bella, bella!». Dava l’impressione che la vedesse faccia a faccia. Suor Anita desiderava il cielo: incontrarsi con Gesù e con la Madonna era il suo desiderio più profondo. Era una sorella allegra e sorridente con l’amabilità propria della FMA. La testimonianza della sua vita era edificante: invocava la benedizione di Dio su quanti la visitavano.
Nei suoi scritti spirituali si percepisce la profondità della sua anima. Fin da ragazza il suo ideale fu: «Essere santa! Costi quel che costi, ma devo farmi santa». Diceva suor Anita: «Ho goduto di una fiducia illimitata nell’aiuto del Signore e della Madonna. Il mio cammino con loro è come quello di una bambina che da sola non può fare nulla … sono tanto felice così. La mia vita si è svolta nel lavoro e, nel sacrificio, si è formato il mio cuore. Il Signore non vuole molte parole, ciò che vuole è il silenzio e la rinuncia».
Grazie, cara suor Anita, per la tua vita di religiosa salesiana vissuta nelle fedeltà. Prega per tutte noi FMA affinché siamo con i giovani missionarie di gioia e di speranza. Intercedi presso il Padre perché regali al nostro Istituto vocazioni sante e generose come fosti tu.    

L’Ispettrice
Suor Elia María Flores S.

Festa di S. Maria Domenica Mazzarello - 13 maggio


“Africa: development, welfare and management”

Area Internazionale di Ricerca Studi interdisciplinari per lo Sviluppo della Cultura Africana
Cattedra Cardinal Bernardin Gantin Socializzazione Politica in Africa

Pontificia Università Lateranense
13 e 14 maggio 2015
Aula Paolo VI

AFRICA: LOCAL STRATEGIC PARTNERSHIP (LSPs), DEVELOPMENT, Entrepreneurship, WELFARE AND MANAGEMENT
Dependence and Interdependence of Institutions in a Globalized World – Ways for self-determination
In occasione dell’ 8° Anniversario della morte del Card. Bernardin Gantin
La Pontificia Università Lateranense, alla luce delle recenti evoluzioni geopolitiche che hanno caratterizzato la storia del continente africano, riferendosi al regolamento dell’Area Internazionale di Ricerca – Studi interdisciplinari per lo Sviluppo della Cultura Africana, istituisce una Cattedra dedicata al Cardinal Bernardin Gantin: Socializzazione Politica in Africa. Alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, la sua creazione offre l’occasione per riflettere sulle sfide, le strategie e le prospettive future della politica come servizio alla comunità, al popolo e alla nazione nel contesto africano. Si tratta di riflettere intorno a temi quali: politica come servizio, economia al servizio dell’uomo, della società e a favore della crescita dell’umanità. Per questi motivi, l’Area di Ricerca intende promuovere e approfondire i principi filosofico – politici e, contemporaneamente, favorire la riflessione sulle realtà sociali del vissuto culturale del continente africano, per giungere ad una completa estrinsecazione di tutte le possibilità socio-politiche che il continente possiede. Una vincente possibilità di un governo locale ed esemplare è quella di individuare una strategia di partenariato con altre istituzioni per lo sviluppo economico politico locale, promuovendo un’imprenditoria e avviando la società verso l’autodeterminazione e verso la cooperazione internazionale.

In Svizzera, IV incontro vescovi europei per relazioni con musulmani

Una quarantina di esperti nel dialogo con l'islam si riuniranno nell'abbazia di San Maurizio, il 13-15 maggio, guidati dal card. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux

Esiste una radicalizzazione dei musulmani in Europa? E come questa questione viene affrontata in seno alle comunità musulmane? Come è possibile promuovere una cultura del dialogo tra cristiani e musulmani? Insomma quali sono i dinamismi culturali e religiosi dei musulmani del continente? Sono queste alcune delle questioni su cui si confronteranno i vescovi e delegati per le relazioni con i musulmani delle Conferenze episcopali d’Europa.
Nell’abbazia svizzera di San Maurizio, il più antico monastero d’occidente ancora in attività che vanta una presenza ininterrotta dal 515, una quarantina di partecipanti esperti nel dialogo con i musulmani in Europa saranno guidati nei loro lavori dal card. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e già vice-presidente Ccee (2006-2011) e vedrà la partecipazione del card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. L’incontro promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee), si svolge nel cantone vallese su invito della Conferenza episcopale Svizzera e del suo segretario generale, dr. Erwin Tanner.
Tra gli esperti che animeranno la riflessione si ricordano il prof. Olivier Roy dell’Istituto universitario europeo di Firenze, il dr. Omero Marongiu-Perria, sociologo delle religioni e membro del Cismoc (Centro Interdisciplinare di Studi sull’Islam nel Mondo Occidentale – Università di Lovanio, Belgio); i vescovi Michel Dubost (Francia), Juan Antonio Martínez Camino (Spagna) e Charles Morerod (Svizzera) che porteranno la visione del dialogo con i musulmani nei loro rispettivi Paesi. La riflessione sarà poi completata con una serie di esperienze pratiche del dialogo quale quella di padre Christophe Roucou sull’esperienza francese del dialogo tra sacerdoti e imam, quella di Helmut Wiesmann sull’esperienza tedesca della cooperazione nelle opere di solidarietà ed infine l’esperienza del vescovo Pero Sudar nel campo della formazione e della scuola a Sarajevo (Bosnia-Erzegovina).
I lavori si concluderanno nella mattinata di venerdì 15 maggio con un momento di dibattito libero attorno ai risultati di un questionario su alcuni aspetti sensibili del dialogo nei diversi Paesi che saranno presentati da don Andrea Pacini, coordinatore per il Ccee di questa rete e segretario della commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della conferenza episcopale regionale Piemonte-Valle d’Aosta, e con le successive conclusioni del card. Jean-Pierre Ricard. (R.P.)



Solidarietà con chi soffre!


11 maggio 2015

Migliaia di profughi Rohingya soccorsi al largo delle coste di Indonesia e Malaysia

Gli ultimi sbarchi sono avvenuti nelle prime ore di oggi. Un migliaio di disperati è stato recuperato dalle autorità di Kuala Lumpur: erano stati abbandonati dai trafficanti. Altri 400 soccorsi ad Aceh. Ieri altre 600 persone sono sbarcate sulle coste indonesiane. Nei prossimi giorni attese nuove ondate di profughi.

Jakarta  - Le autorità di Indonesia e Malaysia hanno soccorso quattro imbarcazioni al largo della costa, con a bordo circa 1.400 profughi Rohingya in mare aperto da almeno una settimana. L’intervento della marina di Jakarta e Kuala Lumpur è avvenuto oggi, a sole 24 ore di distanza dallo sbarco di altri 600 esuli sulle coste della provincia indonesiana di Aceh.

Fonti locali riferiscono che le imbarcazioni sembravano abbandonate a se stesse e senza controllo mentre la Thailandia, destinazione abituale delle imbarcazioni cariche di disperati, ha promosso negli ultimi giorni un giro di vite contro gli sbarchi. Una stretta decisa dai vertici governativi di Bangkok, dopo la scoperta di una fossa comune nei pressi del confine con la Malaysia al cui interno erano sepolti decine di cadaveri di Rohingya.

Dei circa 1400 profughi recuperati oggi, un migliaio è sbarcato sulle coste della Malaysia dopo essere stato abbandonato dai trafficanti nelle acque (poco profonde) al largo dell’isola di Langkawi, celebre meta turistica. Il vice capo della sezione locale della polizia Jamil Ahmed parla di “tre imbarcazioni, con a bordo 1.018 migranti”. Egli aggiunge che il numero è destinato ad aumentare nei prossimi giorni, perché altri migranti si stanno avvicinando all’isola.

Nelle prime ore di oggi le autorità indonesiane hanno soccorso un’altra imbarcazione al largo delle coste di Aceh, con a bordo circa 400 fra uomini, donne e bambini della minoranza Rohingya, alcuni dei quali in precarie condizioni di salute. Jakarta ha chiesto aiuto ai pescherecci per monitorare gli sbarchi, in vista dell’arrivo di nuovi profughi.

Chris Lewa, attivista di Arakan Project, organizzazione umanitaria che si occupa della tutela dei diritti dei Rohingya, afferma che migliaia di migranti sono al momento intrappolati in mare aperto, a causa del giro di vite contro gli sbarchi adottato da Bangkok e Kuala Lumpur.

Dal giugno del 2012 lo Stato occidentale birmano di Rakhine è teatro di scontri violentissimi fra buddisti e Rohingya, che hanno causato almeno 200 morti e 250mila sfollati. Secondo stime delle Nazioni Unite in Myanmar - nazione a maggioranza buddista, con 50 milioni di abitanti - vi sono tuttora 1,3 milioni di appartenenti alla minoranza musulmana, che il governo considera immigrati irregolari senza diritto di cittadinanza; per questo essi sono oggetto di abusi e persecuzioni.

Ad oggi vi sono ancora 140mila sfollati rinchiusi nei centri profughi che, secondo quanto stabilito dal governo birmano, devono accettare la classificazione di bengali - e ottenere la cittadinanza - oppure rimanere "a vita" nei campi. All'interni essi sono privati dei diritti di base, fra cui assistenza sanitaria, educazione o un lavoro. Contro l'emarginazione e l'abbandono in cui versa la minoranza musulmana è intervenuta a più riprese anche la Chiesa cattolica birmana.

Chiesa senza frontiere

Roma, 17 maggio 2015, XXIV Festa dei Popoli

(6 maggio 2015) - Domenica 17 maggio, a Roma, in piazza San Giovanni in Laterano, si svolgerà la XXIV edizione della Festa dei Popoli intitolata “Chiesa senza frontiere”. L’evento celebra l’importanza ecclesiale e sociale della presenza delle comunità migranti nella diocesi e nella città di Roma ed è organizzato dai Missionari Scalabriniani, dall’Ufficio Migrantes di Roma e dalla Caritas diocesana in collaborazione con le comunità etniche di Roma e provincia, le Acli provinciali, Roma Capitale e la Regione Lazio.

Festa Popoli 2015.pdf
Comunicato_FESTA DEI POPOLI 2015.pdf

I "paradossi" dell'accoglienza: scappano da fame, sete e carestia, ma "tornano in patria" per le stesse ragioni versione testuale

Messina - Motivi politici, motivi di razza, di religione, di discriminazione sociale, di etnia. Per contarli bastano le dita di un mano, a ciascuno delle quali è legata la speranza di migliaia di persone che ogni giorno partono alla volta dell’Italia chiedendo asilo. Quelle sopra elencati, come spiegato anche ai tanti minori che dal novembre del 2014 ad oggi sono transitati dal Centro temporaneo di prima accoglienza “Ahmed”di Messina, sono le ragioni che consentono di ottenere un permesso di asilo, avendo cioè riconosciuto lo stato di rifugiato. Peccato però che nessuna opportunità, o per lo meno in modo decisamente limitato, viene fornita a quanti, e si tratta forse della maggioranza, abbandonano i propri Paesi non perché perseguitati o minacciati di morte, ma per i così detti “motivi economici”. Eccolo, dunque, il grande “paradosso” dell’accoglienza: fuggire per fame o per sete, perché altrimenti costretti a morte certa, non sono motivazioni sufficienti per sperare di ottenere il “benestare” dell’Italia, e dunque, di un’Europa che, trincerandosi dietro gli articoli di “Dublino III”, continua a fare il possibile per relegare il “problema immigrazione” alle coste del Bel Paese, o meglio alla coste siciliane. Dove nonostante tutto i migranti, soprattutto i minori, approdano carichi di fiducia, dopo magari aver visto morire al proprio fianco e buttato in mare, il fratello, l’amico, il cugino, il compagno di viaggio.
Il “dilemma” non è certo nuovo, ma in certe circostanze non può che tornare a galla in tutta la sua drammaticità: “Non ho fame perché ogni volta che mangio penso a mia madre che per telefono mi dice che ha finito anche i soldi per comprare il riso e le sementi per preparare il prossimo raccolto”. Questa è una di quelle circostanze: nel pronunciare questa frase, gli occhi di Alpha (nome di fantasia), uno dei 107 ragazzi attualmente accolti presso il Centro “Ahmed”, si riempiono di lacrime. Arrivato a Messina nel gennaio del 2015, Alpha, come molti suoi compagni, attende l’ormai imminente trasferimento presso una struttura di seconda accoglienza per adulti. Il prossimo giugno, infatti, compirà diciotto anni, e come previsto dalla legge, la sua permanenza nella struttura di Messina, organizzata appunto solo per l’accoglienza di under 18, dovrà terminare.
Per Alpha, che ha già formalizzato la richiesta di protezione internazionale (modello C3) e che ha anche ottenuto il permesso temporaneo di richiesta asilo, il prossimo step, dopo il probabile spostamento, sarà quello della convocazione in Commissione.
Sarà, insomma, il momento della vita, quello da cui dipenderà non solo il suo futuro, ma anche quello della mamma rimasta in Senegal. Come spiegare al commissario che ne ascolterà le confessioni più profonde, che i motivi della fuga, pur non essendo tra quelli “previsti dalla legge”, abbiano uguale peso e valore di quelli stabiliti dal legislatore? Come far capire che pur essendo, fame e sete, non contemplate dai codici, siano ugualmente comprensibili spinte di viaggio? E ancora: come descrivere il dolore, intenso come un pugno allo stomaco, avvertito da Alpha ogni qualvolta provi ad ingerire un boccone di cucina italiana, dal retrogusto però inevitabilmente amaro?
Servirebbero, anzi serviranno, tante parole, eppure sarebbe sufficiente ascoltare una frase e osservare lo sguardo pieno di lacrime di chi la pronuncia: “Non ho fame perché ogni volta che mangio penso a mia madre che per telefono mi dice che hanno finito anche i soldi per comprare il riso e le sementi per preparare il prossimo raccolto”. (Elena De Pasquale)

10 maggio 2015

«Sempre alegres»

Aconteceu no último dia 03 de maio, na Paróquia de São José – Cabinda (Angola), a festa de São Domingos Sávio. A mesma foi sendo preparada com vários encontros de formação e informação. Assim, para bem começar o mês mariano, no dia 1º de maio, todos os candidatos a fazerem promessas participaram do retiro e aqueles que já tinham recebido o sacramento tiveram a oportunidade de aproximar-se do sacramento da reconciliação, seguindo assim os passos e exemplo do seu Santo fundador e modelo. No dia 03 um grupo de 47 crianças, adolescentes e jovens fizeram as promessas como membros do ADS. A paróquia não é salesiana, mas Dom Bosco e o carisma é de toda a igreja e, neste dia, com toda a animação, cantos salesianos e danças deram à celebração um toque todo especial. Aos poucos o carisma salesiano vai sendo mais e mais conhecido e, de modo simples, vamos vivendo com alegria e entusiasmo este Ano Bicentenário, tão especial para todos nós.




Adotta un cristiano di Mosul

Papa Francesco e la Chiesa irakena ci spingono da mesi a non assistere "inerti e muti", a non "volgere lo sguardo da un'altra parte" verso i nostri fratelli e sorelle perseguitati a causa della fede.

Ecumenismo, a Roma chiesa dà spazio per fare chiesa ortodossa

Accade ad Ardea (diocesi di Albano), grazie a un'amicizia nata con un “Padre Nostro”

Il dialogo tra ortodossi e cattolici passa anche attraverso le piccole cose. E così la Chiesa cattolica apre le porte ai fratelli ortodossi, dando loro uno spazio di una vecchia Chiesa per realizzare la nuova sede della loro parrocchia. Accade alla periferia di Roma, a Tor San Lorenzo, una frazione sul mare del Comune di Ardea.

A far scoccare l'inizio di questa storia c'è un'amicizia, nata dieci anni fa. Protagonista è don Franco Ponchia, sacerdote padovano di 59 anni. Dal vescovo emerito di Albano Laziale Agostino Vallini è stato mandato a Tor San Lorenzo per guidare la comunità del territorio, dopo le sue esperienze nei Comuni vicini. Dieci anni fa conosce Corneliu Voinea, suo coetaneo e ispettore del metropolita ortodosso di Sibiu, in Romania. Complice di questo incontro è un ragazzo, Daniel Ienciu, romeno, laureato in scienze religiose all'Angelicum, ora 31enne studente del master in Bioetica dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e tirocinante all'ambasciata romena presso la Santa Sede. Lui sarà il traduttore e il “mediatore” di tutti gli incontri.

“Corneliu era il parroco di Daniel e dieci anni fa mi invitò da lui – spiega Don Franco – Durante il nostro primo incontro abbiamo riflettuto più volte sul nostro essere preti chiamati da Cristo e abbiamo avuto modo di pregare insieme e di cogliere gli aspetti di grazia che ci sono nelle due realtà, che poi, in sostanza, è una sola. Ricordo ancora la prima preghiera fatta insieme in una primavera di dieci anni fa: fu un Padre nostro recitato in una Chiesa ortodossa, lui in romeno, io in italiano. Lo recitammo stretti per mano: eravamo in un paesino a 10 chilometri da Sibiu. Era circondato dal verde, e anche questo ci ha fatto sentire come se tutta la creazione partecipasse a quel Padre nostro”.

Don Franco racconta quell'evento con un po' di commozione. Sorride. Riflette su quel momento. “Pensammo a come la gente sia già pronta a camminare insieme – prosegue - Il pensiero andò a quel grido, 'unitate, unitate' che il popolo romeno fece a Giovanni Paolo II nel 1999”. Dopo quella visita, venne Voinea a Roma. E qui iniziò un cammino nelle origini della cristianità, in una sorta di tour spirituale che li ha visti pregare alla tomba di San Paolo, poi a San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore. “Ogni momento fu intriso di considerazioni, che riassumerei col salmo 'ecco quanto è bello il soave che i fratelli vivono insieme”, dice don Franco.

Nel cammino del sacerdote di Tor San Lorenzo, poi, una nuova svolta. E venne direttamente dalla diocesi. Lui, che nel corso degli anni aveva avviato questo dialogo con i romeni in Romania, alla fine si è trovato a dialogare con i romeni che aveva sotto casa. E' il 2014 quando viene chiamato dal responsabile dell'ufficio ecumenico che gli aveva chiesto di fare nella sua Chiesa un incontro proprio tra fedi diverse. La diocesi, dunque, non volendolo, aveva trovato la persona giusta, trovando terreno fertile.

Nell'estate, così, viene organizzato a Tor San Lorenzo un incontro tra cattolici, ortodossi, protestanti ed ebrei. In quell'occasione don Franco si incontra con padre Gavril Popa, cancelliere del Vescovo ortodosso delle Chiese romene in Italia e parroco di Santa Cecilia, la Chiesa ortodossa di Tor San Lorenzo. Loro, gli ortodossi, da qualche tempo svolgevano le loro funzioni in un garage. Padre Gavril invita don Franco a venire a vedere il loro tempio. E lì, come dieci anni prima in Transilvania, recita il Padre Nostro con il sacerdote ortodosso: risboccia così, allo stesso modo, una straordinaria amicizia e una forte collaborazione.

Da quel contatto, nasce un confronto profondo che poi ha visto gli ortodossi chiedere aiuto ai cattolici. Fanno una prima iniziativa comune per il Natale. Ma quel sottoscala, a pochi passi dalla Chiesa cattolica, è troppo piccolo: tanti sono i fedeli e c'è difficoltà a partecipare alle funzioni, oltre che essere una spesa troppo grande per la comunità. Così, nasce la ricerca di un nuovo luogo dove realizzare il culto. E don Franco non molla. Propone una soluzione ai suoi collaboratori “che con entusiasmo hanno detto sì”, e poi parte da Tor San Lorenzo verso Albano. Lì parla con il vescovo, Marcello Semeraro. La chiesa di San Lorenzo è un edificio molto grande e nuovo, in via di ultimazione, che è stato costruito tenendo al fianco la vecchia chiesa che ha visto crescere il quartiere nei decenni. Don Franco chiede a Semeraro, ufficialmente, di poter dare “temporaneamente” quello spazio agli ortodossi. “Dopo una sua riflessione, ha dato il suo placet. Lo ringrazio perché abbiamo dato spazio ai nostri fratelli ortodossi, avviando un nuovo percorso ecumenico di comunità”, racconta il sacerdote.

Oggi, Padre Gavril e don Franco, sono impegnati in un unico obiettivo “contagiare di gioia i fedeli nella gioia del cammino condiviso”, spiega. Lo fanno anche partecipando ad attività comuni, come quelle della Pasqua. Per quella ortodossa, quest'anno, don Franco ha partecipato alle cerimonie insieme al procuratore generale dei Paolini, don Alberto Fusi, con una veglia che li ha visti fare una processione attorno all'isolato e a una liturgia con oltre 700 persone. E, per la Pasqua cattolica, padre Gavril ha partecipato alla veglia di preghiera. Momenti comuni, condivisi come quei Padre nostro recitato insieme. Uniti, nel nome di Cristo.

8 maggio 2015

"Rimanete nel MIO AMORE”


Suor Antonina CABRERA

Carissime sorelle, il giorno 6 maggio 2015, festa di S. Domenico Savio, nell’ospedale di Chilton Memorial “Pampton Plains” (Stati Uniti), il Signore ha chiamato a sé la nostra cara sorella Suor Antonina CABRERA. Nata a Puebla (Messico) il 29 maggio 1933. Professa a North Haledon (Stati Uniti) il 5 agosto 1954. Appartenente all’Ispettoria Statunitense “S. Filippo Apostolo”.
Antonina nacque in una famiglia numerosa e piena d’amor di Dio. I genitori partecipavano alla Messa quotidianamente e appartenevano all’Azione Cattolica. La mamma era una maestra di scuola e, appena i figli erano capaci di leggere e scrivere, se li portava con sé nelle visite alla gente povera delle periferie ove istruiva i bambini nella fede e li preparava ai sacramenti del Battesimo e dell’Eucarestia. La mamma si occupava anche di istruire gli adulti preparandoli al sacramento del Matrimonio. Il papà faceva parte del gruppo dell’adorazione notturna generalmente dall’una alle due. La mamma svegliava i bambini e voleva che loro pregassero a casa unendosi spiritualmente al papà che era in Chiesa.
Durante la persecuzione in Messico, la nonna materna di Antonina svolse un ruolo decisivo per le FMA. Infatti, non calcolando i rischi, le nascondeva in casa sua. La famiglia venne allora a conoscere molte suore Salesiane fra cui Madre Ersilia Crugnola. Indebolitasi la persecuzione, Antonina cominciò a frequentare l’oratorio e fu lì che sentì la chiamata del Signore. Non tardò a dire il suo “si” a Gesù e nel 1951 iniziò l’Aspirantato in Texas. L’anno dopo fu trasferita a North Haledon per continuare la formazione con altre giovani.
Suor Antonina fece la professione religiosa il 5 agosto 1954. Aveva un grande desiderio di andare nelle missioni, invece la Provvidenza la volle missionaria fra gli emigrati di lingua spagnola. Per più di dieci anni insegnò in varie scuole del Texas aiutando i giovani ad inserirsi nella nuova cultura e a imparare bene la lingua inglese, ma soprattutto li istruiva nella fede. Nel 1967 fu trasferita in Florida. Qui si dedicò all’insegnamento nelle scuole elementari di Tampa “Villa Madonna” e “S. Giuseppe. Con molta diligenza e generosità si dedicò anche all’insegna-mento catechistico che aveva tanto amato sin dall’adolescenza. Nel 1972 fece parte della comunità che apriva una nuova casa in Charlestown, Massachusetts con il compito di insegnare nella scuola superiore “Julie Builliart”. Nel 1981 la Provvidenza le affidava l’animazione della comunità e della scuola “S. Teresa” in Kenilworth (New Jersey). Nel suo nuovo ruolo di diret-trice e preside esplicitò le sue doti di intelligenza organizzazione, sapienza, comprensione e generosità.
Nel 1984 fu trasferita alla scuola “Maria Ausiliatrice” di North Haledon ove rimase con l’interruzione di tre anni vissuti a New York, circa un trentennio educando e formando schiere di giovani alla vita e al mondo del lavoro. Le sue alunne la descrivono esigente, ma comprensiva, paziente e sempre attenta ai loro bisogni che intuiva senza parole. Suor Antonina aveva la capacità di stabilire relazioni profonde e genuine. Le exallieve la amavano e stimavano perché potevano fidarsi dei suoi consigli pratici e pieni di Spirito Santo. Era donna di grande fede, non si arrendeva facilmente davanti alle difficoltà. La preghiera, la presenza di Gesù nell’Eucarestia e la devozione a Maria la sostennero sempre.
Negli ultimi mesi della sua lunga malattia voleva solo compiere la volontà di Dio con amore e generosità e la visse fino in fondo. Un attacco cardiaco mentre era in dialisi la portò in pochi minuti alla casa del Padre. Cara suor Antonina, impetraci dal Signore vocazioni buone e generose.
Offriamo per lei la nostra riconoscente preghiera di suffragio.

L’Ispettrice
Suor Karne Dunn