Roma - Il
cinema, terra senza confini. Da alcuni giorni in oltre 60 sale dell’Acec,
l’Associazione Cattolica degli esercenti di cinema, parte la rassegna Terre
senza Promesse - Storie di emigrazioni. Il titolo, tratto dall’omonimo volume
realizzato dal Centro Astalli dei Gesuiti, che ospita rifugiati in tutta
Italia, esprime bene la ricca e interessante selezione dei film provenienti da
tutto il mondo. Come Welcome del francese Philippe Lioret, La mia classe di
Daniele Gaglianone fino al recente La jaula de oro, La gabbia dorata del
messicano Diego Quemada – Diez, in concorso al Festival di Cannes. “La rassegna
cinematografica – racconta Francesco Giraldo, presidente dell’Acec – nasce in
collaborazione con il Servizio nazionale per il Progetto Culturale della Chiesa
italiana, con il Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa
Italiana della CEI e con il patrocinio della Fondazione Migrantes e del Centro
Astalli, dei Gesuiti per i rifugiati in Italia. Durerà fino al 15 giugno:
abbiamo scelto solo 60 sale, nonostante le centinaia di richieste, perché
l’iniziativa va sostenuta anche economicamente. Desideriamo dare al pubblico,
che frequenta le sale di comunità, un’ulteriore occasione per vedere piccoli e
grandi capolavori che non sono riusciti ad avere, nel momento della
distribuzione in sala, un grande successo”. La rassegna a tema, che nel 2014
compie 10 anni, è un percorso culturale ad hoc per riflettere sui grandi temi
della vita, come l’infanzia, il viaggio, l’ecologia e il senso della festa:
“Nel 2013, anno della fede – prosegue Giraldo – abbiamo ideato un programma dal
titolo 'La fede nel cinema di oggi. Inquietudini e speranze in 14 film'. Mentre
la fine del 2013, con i dolorosi eventi a Lampedusa e la conseguente visita del
Papa, ci hanno portato a pensare che il 2014 sarebbe potuto essere l’anno
dedicato a migranti e rifugiati”. Nella rassegna che raccoglie film di peso
degli ultimi decenni (come Miracolo a Le Havre di Aki Kaurismaki e La prima
neve di Andrea Segre) ci saranno anche “concerti, incontri e soprattutto
spettacoli teatrali che affrontano con efficacia gli stessi temi: Bilal –
L’ospite è sacro della Compagnia Egumteatro, La storia di Ruth della Compagnia
Ariel. Negli anni le nostre rassegne hanno raccolto consensi di pubblico e
creato veri dibattiti: dobbiamo ricordare che le nostre sale riescono a
raggiungere quei comuni che hanno una popolazione inferiore ai 10mila abitanti.
Il cinema e il teatro, che hanno segnato sin dagli anni cinquanta la cultura di
cinefili e non che avevano l’occasione di vedere film o assistere a spettacoli
nelle nostre sale, hanno affiancato le parrocchie nel loro ruolo insostituibile
di trasmissione della fede. Il nostro è stato ed è un lavoro culturale e
pastorale perché la crisi della nostra società non è solo sociale, ma
fortemente culturale. Per uscire da questo stato di emergenza serve un
investimento culturale. Grazie poi al digitale ci sarà anche per le nostre
sale, la possibilità di distribuire film invisibili come il bellissimo Stop the
Pounding Heart di Roberto Minervini, presentato al Festival di Cannes e al
Festival di Torino”. (Emanuela Genovese – Avvenire)
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