Roma - L'Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) mette in guardia la comunità
internazionale sul rischio di distogliere l’attenzione dall’impegno nel salvare
vite umane. Ciò si “starebbe verificando a causa del modo confuso con cui le
nazioni costiere e intere regioni del mondo affrontano il crescente numero di
persone che intraprendono pericolose traversate via mare in cerca di asilo o di
una vita migliore”. Mentre sono in corso a Ginevra i preparativi per
l'apertura, più tardi nel corso della giornata, del Dialogo dell'Alto
Commissario per il 2014 - un forum annuale di discussione politica informale
che quest'anno sarà dedicato alla protezione in mare – l’Alto Commissario per i
Rifugiati António Guterres ha dichiarato che la priorità di alcuni governi
“sembra essere sempre di più quella di tenere lontani gli stranieri piuttosto
che di garantire il diritto di asilo”, si legge in una nota. “Questo è un
errore, e più precisamente è la reazione sbagliata in un'epoca in cui il numero
di persone in fuga dalle guerre ha raggiunto livelli record”, ha affermato
Guterres: “la sicurezza e la gestione dell'immigrazione sono preoccupazioni per
ogni paese, ma le politiche devono essere progettate in modo che le vite umane
non finiscano col diventare danni collaterali”. La natura irregolare di queste
traversate via mare rende difficile effettuare un confronto affidabile con
l’anno precedente, tuttavia i dati disponibili mostrano come il 2014 sia stato
un anno record. Secondo le stime delle autorità costiere e le informazioni
delle interdizioni confermate ed altre attività di monitoraggio, almeno 348.000
persone nel mondo hanno tentato queste traversate dall’inizio di gennaio.
Storicamente, la motivazione principale è sempre stata la ricerca di migliori
opportunità economiche, ma nel 2014 il numero di richiedenti asilo coinvolti è
aumentato. L’Europa, che confina con importanti conflitti a sud (Libia), est
(Ucraina) e sud-est (Siria/Iraq), è stata destinataria del numero più elevato
di arrivi via mare. Anche se non tutti hanno bisogno di asilo, sono più di
207.000 le persone che hanno attraversato il Mediterraneo dall'inizio di
gennaio - quasi tre volte in più rispetto al precedente picco di circa 70.000
persone nel 2011, quando la guerra civile libica era in pieno svolgimento. Nel
2014, i richiedenti asilo rappresentano la componente maggioritaria di questo
tragico flusso. Il 50% circa degli arrivi è composto infatti da persone
provenienti da paesi di origine dei rifugiati (principalmente Siria ed Eritrea).
Oltre al Mediterraneo, ci sono attualmente almeno altre tre rotte marittime
utilizzate in via prioritaria sia dai migranti che dalle persone in fuga da
conflitti o persecuzioni. Dal 1 gennaio alla fine di novembre, nella regione
del Corno d'Africa 82.680 persone hanno attraversato il Golfo di Aden e il Mar
Rosso nella rotta che dall’Etiopia e dalla Somalia permette di raggiungere lo
Yemen o successivamente l’Arabia Saudita e i paesi del Golfo Persico. Nel
sud-est asiatico, si stima che siano 54.000 le persone che hanno intrapreso
queste traversate via mare nel 2014. In molti casi si tratta di persone in fuga
dal Bangladesh e dal Myanmar e intenzionate a raggiungere la Tailandia, la
Malesia o l’Indonesia. Nei Caraibi inoltre, sono circa 4.475 le persone che
hanno preso la via del mare dal 1 gennaio al 1 dicembre di quest’anno, nella
speranza di sfuggire alla povertà o in cerca di asilo. Molte persone inoltre
muoiono o cadono vittime della criminalità organizzata internazionale nel
tentativo di intraprendere questi viaggi. Sono 4.272 le vittime che sono state
segnalate quest’anno all’UNHCR in tutto il mondo. Tra queste, sono circa 3.419
i morti nel Mediterraneo – diventato il più letale dei tragitti. Si stima poi
che 450 persone siano morte nel sud-est asiatico nel tentativo di attraversare
il Golfo del Bengala. All’8 dicembre, erano circa 242 le persone morte Mar
Rosso e nel Golfo di Aden, mentre sono 71 i morti e i dispersi nei Caraibi
secondo quanto riportato all’inizio di dicembre. Le reti di tratta e di traffico
di esseri umani nel frattempo “prosperano, operando impunemente nelle aree di
instabilità o di conflitto e traendo ingenti profitti dai loro disperati
carichi umani”, sottolinea l’UNHCR. Guterres ha affermato che, concentrandosi
su elementi isolati di un problema che per sua natura è multidimensionale e
transnazionale - che spesso implica percorsi che si estendono attraverso più
confini e lungo migliaia di chilometri - i governi non si stanno dimostrando né
in grado di arginare il fenomeno né di porre fine alla tragica morte di
numerose persone lungo il percorso. “Non si può fare ricorso a misure
deterrenti per fermare una persona che è in fuga per salvarsi la vita, senza
che questo comporti un ulteriore incremento dei pericoli in cui incorre”, ha detto
Guterres: “vanno affrontate le reali ragioni che stanno alla base di questi
flussi, e ciò significa guardare al motivo per cui le persone fuggono, ciò che
impedisce loro di cercare asilo con mezzi più sicuri, e che cosa si può fare
per reprimere le reti criminali che prosperano in questo modo, proteggendo al
tempo stesso le loro vittime. Significa anche avere sistemi adeguati per far
fronte agli arrivi e per distinguere i veri rifugiati da coloro che non lo
sono”. Il Dialogo di quest'anno dell'Alto Commissario inizia oggi e continuerà
giovedì. Oltre ai governi, studiosi e organizzazioni non governative,
all'evento parteciperanno anche le organizzazioni internazionali partner
dell'UNHCR, tra cui IOM, UNODC, OHCHR e IMO.
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