In un volume presentato questa mattina in
Vaticano, una raccolta di brani conciliari, di encicliche, esortazioni
apostoliche, e discorsi dei pontefici, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI.
Ricordato quanto disse papa Francesco all'inizio del pontificato: "La
Chiesa cattolica è consapevole dell'importanza che ha la promozione
dell'amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni
religiose".
Città del Vaticano - "La
Chiesa cattolica è consapevole dell'importanza che ha la promozione
dell'amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni
religiose": la frase che papa Francesco rivolse all'inizio del suo
pontificato ai rappresentanti delle Chiese e delle comunità ecclesiali e di
altre religioni conferma l'importanza che, soprattutto dopo il Vaticano II, la
Chiesa cattolica dà al dialogo con i credenti di altre fedi, peraltro
evidenziato dal fatto che lo stesso Francesco ha voluto firmare personalmente,
a inizio agosto, il messaggio annuale di auguri alla comunità musulmana per la
festa della fine del Ramadan.
E' un "dialogo
dell'amicizia" portato avanti nel corso degli ultimi sei pontificati, da
Giovanni XXIII ad oggi, documenti e testi del quale sono raccolti nel volume
"Il Dialogo Interreligioso nell'insegnamento ufficiale (1963-2013)",
presentato questa mattina in Vaticano. In 2.100 pagine si ha una raccolta di
brani conciliari, di encicliche, esortazioni apostoliche, e discorsi dei pontefici,
da Giovanni XXIII a Benedetto XVI. Vi sono poi alcuni documenti di Dicasteri
della Curia Romana, riguardanti il dialogo interreligioso. In totale, si tratta
di 909 documenti, di cui 7 testi conciliari, 2 di Giovanni XXIII, 97 di Paolo
VI, 2 di Giovanni Paolo I, 591 di Giovanni Paolo II, 188 di Benedetto XVI, 15
della Curia Romana, 3 testi legislativi, e 4 della Commissione Teologica
Internazionale.
Giunto alla sua terza edizione,
il volume, come ha evidenziato il card. Jean-Louis Tauran, Presidente del
Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso contiene anche i 188
interventi dedicati da Benedetto XVI in sette anni di pontificato al dialogo
interreligioso. Inoltre, "come i suoi predecessori, Benedetto XVI ha
affermato che la libertà religiosa è un diritto sacro e inalienabile, e non ha
perso occasione per sostenerla. Convinto che negare o limitare in maniera
arbitraria la libertà religiosa significhi coltivare una visione riduttiva
della persona umana e rendere impossibile l'affermazione di una pace autentica
e duratura di tutta la famiglia umana (Messaggio per la Giornata Mondiale per
la Pace, 1° Gennaio 2011, n.1.4.), Benedetto XVI ha individuato nel processo di
globalizzazione mondiale, tuttora in corso, un'occasione propizia per
promuovere relazioni di universale fraternità tra gli uomini".
Una sintesi
"telegrafica" dei contenuti del volume è stata poi data da padre
Miguel Ángel Ayuso Guixot, M.C.C.J., segretario del Pontificio consiglio.
"Si può cominciare da Giovanni XXIII, che nel Discorso di apertura del
Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) invitò a promuovere l'unità basata sulla
stima e il rispetto che coloro che seguono le diverse forme di religione non
ancora cristiane nutrono verso la Chiesa cattolica, e non solo l'unità nella
famiglia cristiana e umana, l'unità dei cattolici, l'unità con i cristiani non
ancora in piena comunione (Gaudet Mater Ecclesia, § 8.2). Anche nell'Enciclica
Pacem in Terris (11 aprile 1963), Giovanni XXIII metteva in guardia: «Non si
dovrà confondere l'errore con l'errante, anche quando si tratta di errore o di
conoscenza inadeguata della verità in campo morale o religioso. L'errante è
sempre e anzitutto un essere umano e conserva, perciò, la sua dignità di
persona; va sempre considerato e trattato come si conviene a tanta dignità» (n.
83)".
"Paolo VI, nell' Ecclesiam
Suam (6 agosto 1964), espresse la profonda convinzione che «la Chiesa deve
venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere; la Chiesa si fa parola; la
Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio» (n. 67)".
"Giovanni Paolo I, pur nella
brevità dei suoi 33 giorni di pontificato, si è incamminato sulla strada
tracciata dal suo Predecessore, «chiamando tutti alla collaborazione per fare
argine, all'interno delle nazioni, alla violenza cieca e, nella vita internazionale,
promuovere l'elevazione dei popoli meno favoriti»".
"Giovanni Paolo II sviluppò
la "cultura del dialogo". Sarebbe impossibile elencare qui tutti gli
incontri che hanno costellato il suo pontificato. Mi piace ricordare quando,
nel 1986, ad Assisi incontrò i seguaci di tutte le religioni del mondo per una
Giornata di Preghiera. O quando, nel 2002, dopo i drammatici avvenimenti di New
York e Washington dell'11 settembre 2001 e le loro tragiche conseguenze nel
Medio e Vicino Oriente, propose un Decalogo per la pace ai Capi di Stato e ai
Rappresentanti dei Governi di tutto il mondo".
"Nel 50° dell'apertura del
Concilio, Benedetto XVI ha ribadito che, per trovare l'autentico spirito del
Vaticano II, si deve ritornare alla sua "lettera", cioè ai suoi
testi. Ad illustrare l'apertura della Chiesa vi sono, soprattutto, le due
Dichiarazioni: Nostra Aetate (28 ottobre 1965) e Dignitatis Humanae (6 dicembre
1965). Nella prima, ormai considerata "la Magna Charta del dialogo",
vi è il riconoscimento del bene presente in tutte le tradizioni religiose. La
seconda insiste sulla libertà, propria di ogni uomo, di seguire la propria
coscienza in ambito religioso. In cinquant'anni sono stati compiuti passi
significativi verso le tappe indicate dal Concilio Vaticano II e dagli ultimi
cinque papi, passi documentati in questo volume".
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