30 novembre 2018
29 novembre 2018
28 novembre 2018
27 novembre 2018
26 novembre 2018
Global compact for Migratio: incontro il prossimo 28 novembre
Roma – si svolgerà il prossimo 28 novembre, su iniziativa della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero dello Sviluppo Umano Integrale un incontro stampa sul Global Compact for Migration/Patto Mondiale sulle Migrazioni, la cui storica firma é prevista nel mese di dicembre.
All’incontro di mercoledì interverranno P. Michael Czerny, il gesuita canadese sotto-segretario della Sezione “Migranti e rifugiati” del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Anne T. Gallagher, presidente de the International Catholic Migration Commission (ICMC) e Stéphane Jaquemet, direttore Policy ICMC e capo organizzatore del Global Forum delle ONG che si riuniranno en Marrakesh prima della ratifica degli Stati.
“Per la prima volta nella storia della diplomazia, la comunità internazionale è giunta ad un consenso sul primo patto mondiale sulle migrazioni, chiamato Global Compact for Migration, il quale sarà adottato formalmente durante il summit dei capi di Stato e di governo previsto a Marrakech i prossimi 10 e 11 dicembre. L’accordo, anche sotto l’egida del Vaticano, gira intorno a tre concetti: che le migrazioni siano sicure, ordinate e regolari. Mai prima si era arrivati così lontano, a livello internazionale, su questo argomento. Qui l’agreement del 13 luglio 2018, spiega una nota aggiungendo che alcuni Paesi si sono ritirati e altri vogliono farlo.
Suor Nadia FERRO
Carissime sorelle, il 24 novembre 2018, dal “Camillian Hospital” di Bangkok (Thailandia), il Signore della vita ha chiamato alla gioia eterna la nostra carissima Suor Nadia FERRO.
Nata a Struppa (Genova) il 17 luglio 1932
Professa a Montoggio (Genova) il 6 agosto 1950
Appartenente all’Ispettoria Thailandese “S. M. Mazzarello”
Crediamo bene ascoltare la stessa suor Nadia nel racconto delle sue origini, come ci ha lasciato nelle brevi memorie da lei scritte. «Sono nata in una modesta famiglia, dopo mia sorella, anche lei FMA (morta il 13 gennaio 2017). Nella famiglia regnava un amore molto forte. Il papà intraprendente e lavoratore. La mamma, mite e dolce, creava quel clima di affetto e di unione, nonostante le difficoltà inevitabili della convivenza. Con la sua fede e la testimonianza della vita ci ha aiutate a conoscere e ad amare il Signore.
Purtroppo all’età di otto anni scoppiò la seconda guerra mondiale e per cinque lunghi anni abbiamo sofferto non tanto la fame, poiché papà procurava sempre il necessario, che sapeva condividere anche con i vicini più poveri, ma l’instabilità, la corsa ai rifugi, il terrore dei bombardamenti. Quando già il cuore gioiva per l’annunzio dell’armistizio il 25 aprile 1945, nel pomeriggio si udì un rombo di motori, si pensò fossero aerei amici, invece sganciarono bombe su bombe. Tra i morti purtroppo anche papà e mamma colpiti a tre metri di distanza da una bomba, mentre erano sulla strada in attesa di mia sorella che era corsa in casa a consegnare il fucile a un partigiano che poche ore prima aveva affidato al papà. Mia sorella fu salva, così pure io che tornavo dalla casa del nonno a circa 100 metri di distanza. Nello stesso giorno in cui veniva dichiarata la pace, rimanemmo in pochi minuti orfane dei genitori, noi due sole con la casa mezza diroccata. Il tutore scelto dai parenti, che secondo la legge doveva seguirci, fu il giovane Sacerdote don Settimo Lazzeri che ci mise interne nell’Istituto di Genova, Corso Sardegna 86. Ciò che mi confortò entrando in collegio fu la statua di Don Bosco, che trovai in Cappella. Tanto io come mia sorella, avevamo già contemplato, amato e festeggiato don Bosco nella Chiesa succursale dedicata a Lui vicino a casa nostra».
Don Bosco le attendeva e non le lasciò più uscire dalle sue case. Le due sorelle, all’insaputa l’una dall’altra, chiesero di entrare nell’Istituto e, dopo la Professione fatta nell’Anno Santo 1950, suor Nadia completò a Genova gli studi della Scuola Magistrale, mentre era assistente e aiutante economa. «Il Signore, racconta suor Nadia, mi fece ancora un altro grande dono: la vocazione missionaria». Nel 1954 fu mandata a Torino, all’Istituto Internazionale di Pedagogia e Scienze religiose appena aperto, dove conseguì il diploma di Scienze religiose e di Assistente Sociale. Dopo aver emessi i voti perpetui, in settembre, dato l’ultimo saluto alle amate superiore e alla cara suor Fulvia (allora si partiva sapendo di non più ritornare), il 22 ottobre 1956 suor Nadia giunse in Thailandia. Mentre apprendeva la difficile lingua Thai a Ban Pong, fu assistente delle alunne interne ed esterne Nel 1960 si aprì a Bangkok la nuova sede ispettoriale con annesso pensionato per studenti e suor Nadia fu una delle quattro pioniere che misero buone basi a quell’opera che fu fiorente fin dall’inizio. Nel 1970 venne nominata direttrice nella medesima casa.
Terminato il sessennio, fu per otto anni Ispettrice. Dal 1985 al 1989 ricoprì il ruolo di Maestra delle Novizie a Hua Mak. Dal 1989 al 1995 fu direttrice della grande scuola di Hat Yai. Nel triennio 1995-‘97 fu ancora direttrice nel pensionato di Bangkok Sala Daeng. Nel 2002 fu nominata Economa ispettoriale e continuò il servizio fino al 2007. Per il resto della sua vita rimase in Casa ispettoriale, prima come aiutante dell’Economa ispettoriale e poi incaricata della comunità degli immigrati italiani.
La sua salute non è mai stata molto forte, ma ha messo a servizio della gioventù e dello sviluppo delle opere della Thailandia tutti i suoi talenti di intelligenza e di cuore in una donazione senza calcoli e genuinamente salesiana. Attorno a lei si respirava buon umore e allegria. Specialmente con le studenti del pensionato, in collaborazione con la comunità sapeva creare quello spirito di famiglia che rendeva attraente l’ambiente, mentre esigeva il dovere ben fatto. Le giovani sentivano che lo faceva per il loro bene. Ne sono prova le numerose visite delle exallieve durante i suoi lunghi anni trascorsi in Casa ispettoriale quand’era ancora in attività e dopo la caduta del 2016 che richiese l’intervento al femore.
Era un’anima eucaristica e mariana. Aveva una spiccata devozione al Sacro Cuore, a don Bosco e a Maria Mazzarello della quale aveva partecipato, da neo-professa, alla canonizzazione nel 1951.
Ora la pensiamo nel Paradiso Salesiano a godere il premio meritato per la sua instancabile dedizione. Le affidiamo le necessità della Chiesa, dell’Istituto e della nostra Ispettoria per il rifiorire delle vocazioni.
L’Ispettrice
Suor Agnese Nipha Rangabpit
24 novembre 2018
22 novembre 2018
LECTIO DIVINA, DOMINGO XXXIV CICLO B, (Jn 18,33b-37)
P. Juan José Bartolomé, sdb
La celebración de Cristo, Rey del universo, concluye el año litúrgico. Tenemos muchos motivos para festejar su reinado; Él ganó su título de Rey muriendo en la cruz; venció el mal y alcanzará la victoria final en la Parusía.
En el interrogatorio de Pilato sobre la realeza de Jesús, el evangelista resalta la dimensión histórica, por la que los judíos lo acusan del delito de sedición, y lo condenan a la pena capital; y también habla de la dimensión real, por la que es reconocido rey, aunque no según las leyes de este mundo ni las expectativas de su pueblo. Jesús confesó su realeza y la vivió afrontando su sacrificio redentor.
La muerte en cruz eterniza el reinado de Cristo. Seguirlo es aceptar la cruz de cada día colaborando con Él en la redención del mundo.
Seguimiento:
33. Dijo Pilato a Jesús: « ¿Eres tú el rey de los judíos?»
34. Jesús le contestó: « ¿Dices eso por tu cuenta o te lo han dicho otros de mí?»
35. Pilato replicó: « ¿Acaso soy yo judío? Tu gente y los sumos sacerdotes te han entregado a mí; ¿qué has hecho?»
36. Jesús le contestó: «Mi reino no es de este mundo. Si mi reino fuera de este mundo, mi guardia habría luchado para que no cayera en manos de los judíos. Pero mi reino no es de aquí.»
37. Pilato le dijo: «Conque, ¿tú eres rey?» Jesús le contestó: «Tú lo dices: soy rey. Yo para esto he nacido y para esto he venido al mundo; para ser testigo de la verdad. Todo el que es de la verdad escucha mi voz.
LEER: entender lo que dice el texto fijándose en cómo lo dice
El relato joánico de la Pasión coincide básicamente con el sinóptico; debiendo contar los mismos sucesos en su desarrollo cronológico (arresto, proceso, crucifixión, sepultura, la tumba vacía y las apariciones); los personajes que menciona son los mismos (Pedro, Judas, Caifás, Pilatos, las mujeres, José de Arimatea); en ambos relatos nos hay cambios notables.
La primera sección de este gran relato (Jn 18,1-27) narra el arresto de Jesús en el huerto (18,1-12) y su juicio ante las autoridades judías (Jn 18,13-27), durante el cual Jesús apenas habla (Jn 18,20.23); la figura de Pedro, con sus negaciones, juega, en contraste con Jesús, un papel importante (Jn 18,10-11.15-18.25-27).
La segunda sección se centra en la narración del juicio de Jesús ante el procurador romano (Jn 18,28-19,16): éste es para el narrador el verdadero juicio, en el que las autoridades judías emergen como acusación y la romana como juez.
Relatada con mayor detalle, el largo interrogatorio se centra en destacar la realeza de Jesús (Jn 18,33.36.37.39; 19,3.12.14.15.19.21). Ante Pilato, y el mundo que representa, el imperio romano, Jesús se proclamará, sin titubeos ni silencios, rey y mesías. Y lo hace cuando su confesión es más inverosímil.
Proféticamente, el pagano romano proclamará a Jesús rey y su dignidad mesiánica reconocida será la causa de su muerte (Jn 19,19). La comunidad cristiana se siente a sí ayudada a testimoniar el reinado de Jesús en este mundo desde una cruz.
Los elementos narrativos son escasos. El diálogo, predominante, define a los actores. Pilato, procurador romano de Judea durante los años 26 al 36 d.C., aparece en escena y se muestra justo con el acusado quiere conocer la causa del enjuiciamiento (Jn 18,29).
El primer interrogatorio de Jesús transcurre dentro del pretorio, en privado, algo insólito en un proceso oficial. Pilato, siguiendo la praxis judicial romana, pregunta por la causa de acusación es decir por la pretensión mesiánica de Jesús, convirtiendo el juicio en causa política.
Las preguntas y respuestas se suceden, pero la cuestión es única: ¿eres tú el rey de los judíos? (Jn 18,33; 18,39; 19,3.14.15).
Jesús responde con una pregunta personal a Pilato, dándole oportunidad, antes de responderle, de hacer sincera y suya la pregunta (Jn 18,34). Al contestar con cierta indiferencia y desprecio (Jn 18,35), Pilato reconoce que no tiene motivos para proceder en su contra; de paso, descarga la responsabilidad en los jefes y el pueblo de Israel, fueron ellos quienes se lo entregaron (Jn 18,35).
Jesús responde afirmando su reinado, sin utilizar el título de rey (Jn 18,33); tres veces usa la expresión mi reino, y aclara que su reino no es como los de este mundo, apoyados en el poder y en la resistencia violenta.
Pilato no capta la sutileza de Jesús y, pregunta de nuevo luego, ¿tú eres rey? Jesús responde de forma indirecta: tú lo estás diciendo que soy rey.
Es evidente la ironía del autor: Pilato lo ha dicho sin creerlo, ya que sólo quien procede de la verdad puede oír y seguir este testimonio (Jn 18,37).
MEDITAR: aplicar lo que dice el texto a la vida
Hoy, último domingo del año litúrgico, celebramos la realeza Cristo Jesús, una fiesta que, aun respondiendo a una de las convicciones cristianas más seguras, no carece de ambigüedades. Puede ser malinterpretada, porque siempre que se ha proclamado a Jesús Rey, han surgidos malentendidos, desde los tiempos de Jesús hasta nuestros días. El pasaje evangélico, tan sutil, no ayuda mucho a librarnos de ese peligro.
¿Quién es Jesús para nosotros? Cantamos con la comunidad, que lo reconocemos como Rey, ¿pero nuestra vida corresponde a esa proclamación? ¿Nuestra vida y lo que ella es ante los demás significa una invitación a ser de los que lo reconocen su ‘REY’?
Ya en los días en que Jesús de Nazaret predicaba en Galilea lo quisieron proclamar rey; pero Jesús rehusó esa dignidad y huyó de quienes lo buscaban para convertirlo en su soberano (Jn 6,15). Más tarde, murió bajo la acusación de haberse dicho rey de los judíos, su libertador (Jn 19,19-21).
Y sin embargo, Jesús sólo reivindicó para sí esa dignidad, y el título, en la única ocasión cuando no había posibilidad de ser malinterpretado: durante un proceso, cuando hasta sus amigos lo habían abandonado, mientras le escarnecían los enemigos y las autoridades iban a condenarlo a muerte reconoció ser ‘EL REY’. En la debilidad más extrema, en el momento de mayor soledad, Jesús se sabe y se confiesa rey con toda dignidad y firmeza.
¿Qué nos enseña Jesús? Su actitud es valiente, y no se echa para atrás, cuando Pilatos le hace la pregunta: ¿Eres acaso el Rey de los judíos? ¡Cuántas veces nos cuesta reconocer nuestra identidad como bautizados, como miembros de un grupo apostólico, como parte de una comunidad bien conocida! ¿Por qué? ¿Qué hay de fondo en nuestra poca identidad? ¿A qué se debe que nos dé vergüenza reconocernos de Cristo y vivir de acuerdo a sus valores evangélicos?
La situación no ha cambiado mucho: nuestra sociedad está recelosa; se predica la fe y se proclaman derechos y libertades, pero detrás de la predicación se quieren conservar privilegios y poderes. Los discípulos de Cristo no han sido tan idénticos en lo que se refiere a la coherencia de su fe ni a las exigencias de su Reino.
¡Cuántas veces también nosotros proclamamos el señorío de Jesús, pero lo usamos para servirnos de lo que ello encierra y sometemos a las personas a nuestro señorío?
Aceptemos los reproches que nos hacen y démonos cuenta qué los que nos enjuician tienen razón. Si no buscamos privilegios sociales, seguridad ni que nos vean como alguien especial, podremos convencer con nuestros actos. Nuestra vida tiene que motivar a quienes nos vean a vivir el Reino de Dios.
Una cosa es pedir respeto, exigirlo incluso, para nuestra vida creyente y nuestras formas de expresarla en público y otra, imponerla, esperando que los que no comparten nuestra fe se comporten como nosotros, o queriendo que sean mejores. Aceptemos con todas las consecuencias que el seguimiento de Jesús, y su reinado, sólo recae en cuantos estamos dispuestos a ser sus discípulos y a escuchar su voz.
Siendo sinceros tenemos que aceptar que los discípulos de Cristo no hemos vivido como Él vivió. Hemos proclamado su señorío para tener un cierto prestigio en la comunidad. La situación no ha cambiado mucho. Cuántas veces causamos recelos, a veces justificados; pedimos que se nos reconozcan nuestros derechos y queremos que se le dé a la iglesia libertad. ¿pero no será que estamos buscando privilegios o un cierto poder?
Se proclama a Cristo como rey. Se confiesa que su Reino no es de este mundo, que su poder no se ejerce como lo ejercen los poderosos. Si la comunidad renuncia a los privilegios sociales y a las posiciones de fuerza será fiable y podrá ser reconocida como súbdita de Cristo rey. Cuando los cristianos son servidores en la sociedad, harán creíble su fe y serán capaces de hacer respetar los derechos de los demás.
Reconozcámonos súbditos del único Señor y tengamos el valor de celebrar su señorío, sin pretensiones ni complejos, sin contrariarnos porque los demás no piensan como nosotros; sin envidiar a quienes viven mejor que nosotros, sin tener a Cristo como Rey único.
Cristo fue rey en la cruz. Aceptar esta verdad exige una formidable actitud de despojo que no es fácil comprender y menos aún abrazar. Se celebra el reinado de un condenado a muerte, el señorío de un rey que sirvió a sus vasallos, el dominio de un señor que entregó al vida por sus siervos.
Su destino ha de ser el nuestro, si es que esperamos algún día compartir su triunfo y su Reino. No podemos - no debemos - estar hoy celebrando un reino que se alcanzó en la debilidad y en el sufrimiento y pensar simultáneamente en asegurarnos posiciones de poder en el futuro o vivir con nostalgia de privilegios que tuvimos en otro tiempo.
ORAMOS nuestra vida desde este texto
Cristo Jesús: Hoy más que nunca necesitamos ser testigos de tu Reino, que no es como los reinados de esta tierra: que viéndonos crean en el amor sin gratificación inmediata; danos la fuerza para trabajar siendo más hermanos, sin esperar recompensa; que mejoremos nuestra vida día a día, y nos distingamos por ser servidores, gente que no va tras el poder, sino que busquemos estar con aquellos hermanos que tienen problemas. Que nos empeñemos en construir una nueva sociedad, empeñada en hacer realidad la Nueva Evangelización. Haznos siervos, hermanos, amigos, constructores del Reino del Amor y la justicia, como lo fuiste Tú. ¡Así sea!
Alba Castillo, indígena kichwa: "Soy producto de la mano generosa de la Iglesia católica"
(Luis Miguel Modino, corresponsal en Brasil).- Escuchar a los pueblos amazónicos, especialmente a los indígenas, es uno de los deseos del Papa Francisco de cara al Sínodo de la Amazonía. Saber lo que la gente de a pie quiere y espera de la Iglesia, conocer sus clamores y sus esperanzas, para que ésta se pueda convertir en portavoz, en compañera de camino y de lucha por sus derechos que poco a poco han ido perdiendo.
Alba Castillo es de nacionalidad kichwa, oriunda de la parroquia de Canelos, cuna de la evangelización en el Vicariato del Puyo, provincia de Pastaza. La indígena ecuatoriana es educadora, ella forma parte de un plantel educativo intercultural bilingüe. Dentro de la Iglesia católica ella asume el servicio de catequista y está al frente de Radio Puyo.
Ella reconoce que la Iglesia ha sido una “mano generosa” y que sin ella “yo no me hubiera podido educar”. Por eso, la catequista ve en el Sínodo para la Amazonía una oportunidad para “reconocer ese trabajo y potenciarlo”, algo que será llevado a cabo en la medida en que se escuche “todo ese clamor que existe desde nuestra Pachamama”, que necesita ser “cuidada igual que una familia”. Ese cuidado intenta transmitirlo en su trabajo como educadora y como locutora en la radio, sabiendo que no es fácil, inclusive entre los propios indígenas, que poco a poco han ido perdiendo su identidad y valores.
¿Qué significa para el Vicariato del Puyo, para la Amazonía ecuatoriana, la convocatoria del Sínodo de la Panamazonía?
Para el Vicariato del Puyo es reconocer a las siete nacionalidades que existimos en la Provincia de Pastaza, reconocer el trabajo que hemos venido realizando en equipo con las diferentes comunidades religiosas. Desde mucho antes ha habido el trabajo misionero, yo soy producto de esa mano generosa que la Iglesia católica ha hecho en Canelos. Si no hubiera habido la Iglesia en Canelos, yo no me hubiera podido educar. El Sínodo ha invitado a reconocer ese trabajo y potenciarlo.
¿Cómo se puede potenciar ese trabajo, cómo se puede encontrar nuevos caminos para la Iglesia en la Amazonía ecuatoriana?
Invitando a escuchar mayormente a todo ese clamor que existe desde nuestra Pachamama. Hay muchas actividades que tenemos que hacer como seres humanos, que aprovechamos de la Pachamama, de la Madre Tierra, pero no todas las veces muchos de los seres humanos que habitamos en ella, aquí en la Provincia de la Pastaza, estamos conscientes de mirar a la Pachamama como un espacio que necesita ser cuidado igual que una familia.
¿Cómo intenta transmitir, en su trabajo como educadora, ese cuidado de la Pachamama, de la Casa Común, que nos dice el Papa Francisco?
Es importante el llamado que hace el Papa Francisco cuando nos visitó acá en el 2015, donde tuve la suerte de tocar su mano izquierda, fue tan grande, y que me invitó a mirarme como ser bautizado, qué debo hacer, cómo debo caminar con los valores dentro de la familia, como persona, con los valores, dar un ejemplo como educadora y, más que nada, como bautizados, a cada uno de nosotros. Yo les digo siempre a mis estudiantes que nosotros somos imagen y semejanza de ese Dios bueno y debemos vivir con los valores como personas, como miembros de una familia, como parte de una comunidad educativa y como seres humanos que cohabitamos esta naturaleza, esta Pachamama.
Cada ámbito, dentro de nuestra planificación, se ha invitado a cada docente a trabajar en estos ámbitos de los armonizadores que tenemos dentro de nuestro sistema de educación intercultural bilingüe, se cristaliza allí, dentro de estos armonizadores.
La gente de aquí, ¿tiene esa conciencia de la necesidad de cuidar de la Pachamama?
No todos, hay profesionales que no quieren ensuciarse las manos, porque son profesionales y no sienten la necesidad de sembrar una planta, cuidar un árbol que es fuente de agua. Dentro de las nacionalidades tenemos mucho conocimiento sobre que árbol es fuente de agua y sostiene el agua. No es lo mismo el conocimiento científico que dice sembremos árboles para proteger el medio ambiente, para que haya agua. En cambio, las nacionalidades tenemos conciencia de que tipo de árbol sirve para contener y mantener el agua. Muchas de las veces sienten vergüenza los mismos que conocen. Otros en cambio, ya no quieren mirar atrás, porque ya son profesionales.
A partir de la radio, desde ese trabajo de comunicadora, ¿cómo intentan concienciar a la gente sobre ese cuidado de la Pachamama, de la Casa Común?
Creo que el Sínodo ha abierto una puerta grande, ha creado, ha generado audios muy importantes para concientizar. Dentro de la Radio del Vicariato de Puyo, hemos hecho un equipo de trabajo, que está empeñado en llegar a través de los micrófonos, de la audiencia, que es total dentro de las comunidades de las siete nacionalidades. Llegamos con audios sobre la importancia de la vida, de lo que es para nosotros, en las comunidades, la vida, generar la vida, cuidar la vida de una planta, de un animal, de la misma persona.
También el cuidado del trabajo en equipo, que es muy práctico dentro de las nacionalidades, lo que es la minga, no acabar con la naturaleza para comercializarla, sino cuidarla, porque muchas de las veces estos mismos diferentes organismos están ingresando y acabando con bosques grandes para explotar la madera y venderla, cosa que no sucedía así. Nosotros a través de audios intentamos, y yo pienso que sí estamos llegando, concienciar bastante el trabajo que hacemos con las organizaciones de las siete nacionalidades con los catequistas. Yo hago un trabajo en la lengua kichwa y también en español para llegar a la mayoría de la audiencia, que es la nacionalidad kichwa.
21 novembre 2018
Queremos ser un puente...
Canción elaborada por la Hna. Mercedes Casas, Presidenta de la CLAR, para el grupo de Religiosas hispanas atendiendo migrantes en USA y como subsidio en el Día Mundial (30 de julio) contra la Trata de Personas 2018.
20 novembre 2018
19 novembre 2018
UNA CULTURA DI INCONTRO: la Missione al cuore della nostra fede in Cristo
Sr. Elizabeth Villanueva, dall'Ispettoria "Maria Immacolta" (SUO - Stati Uniti) condivide con noi alcuni appunti sulla Conferenza "A CULTURE OF ENCOUNTER: Mission at the Heart of our Faith in Christ", di cui lei ha partecipato nel mese di ottobre u.s.
Nell’Evangelii Gaudium, il Santo Padre esorta tutti i Cattolici a vivere con zelo missionario e non lasciare il lavoro di evangelizzazione ad un piccolo gruppo di Religiosi. A questo scopo, l’Associazione della Missione Cattolica Statunitense (USCMA) si sforza per incontrare, connettere e collaborare con gli ordini missionari, i gruppi, i fedeli appoggiati ad una parrocchia dalla mentalità missionaria per promuovere la missione e la solidarietà globale. L’annuale conferenza di quest’anno è stata una buonissima opportunità per la gente di fede di ritrovarsi insieme a condividere le loro esperienze di discepolato.
Il tema era: UNA CULTURA DI INCONTRO: la Missione al cuore della nostra fede in Cristo. La Conferenza ha avuto luogo a Boston, Massachusetts, dal 25 al 27 ottobre.
C’era una parola chiave per ogni giorno: Incontrare Cristo negli altri - Dall’Incontro al Banchetto – e Una Cultura di Incontro.
C’erano cinque scelte per l’intervallo tra le sessioni (dovevamo sceglierne due). Io ho scelto: Un’Introduzione alla Missione; il Rev. Roger Schroeder, SVD, ci ha presentato un’ottima sintesi del suo libro: “Qual è la Missione della Chiesa” (nuova edizione). È stato illuminante ed anche motivo di ispirazione.
L’altro mio soggetto di scelta è stato: Formare Discepoli Intenzionali attraverso l’Animazione missionaria. Questa sessione ha esplorato la dinamica tra animazione, educazione e la formazione di discepoli intenzionali.
Incontro attraverso la Conversazione
Gli ultimi gruppi sono stati momenti intenzionali di riflessione condivisa sul tema della Conferenza. Erano spazi dove era possibile incontrare l’uno nell’altro divina sapienza e grazia. Per quest’ultimo gruppo mi sono aggregato al tavolo di conversazione su Identità della Missione e Chiamata Battesimale.
Ciò che ha reso ricca la conversazione sono state domande-guida del tipo:
* Perché questo argomento è una priorità per te?
* Che cosa significa essere battezzati?
* A cosa siamo chiamati?
Come la missione è cambiata – dal “Raccattare Piccoli Pagani” alla Missione in ogni Continente e in ogni Parrocchia.
Nuova Comprensione di Missione.
Papa Giovanni Paolo II: Missione è “una singola ma complessa realtà e si sviluppa in vari modi”. Sulla validità permanente del mandato missionario della Chiesa (RM 41).
Definizione del lavoro in una riga: Missione è proclamare, servire e testimoniare l’amore, la salvezza, la giustizia di Dio.
(Cos’è la Missione della Chiesa – Edizione Riveduta 2018 di Schroeder)
Gesù e il Regno di Dio
Gesù è venuto a predicare, servire e testimoniare il Regno di Dio: parole, azione e comportamento.
Implicazioni
La Missione è basata su un impegno a fare ciò che Gesù fece.
Proclamare Cristo (con e/o senza parole) è “priorità permanente” della missione.
La Missione si focalizza specialmente sulla trasformazione del mondo – non semplicemente sul costruire chiesa.
Non semplicemente salvare individui, ma la salvezza è una società giusta; sviluppo integrale.
Vivere il Discepolato della Tavola
Papa Giovanni Paolo II: “C’è una nuova consapevolezza che l’attività missionaria è una questione per tutti i Cristiani, per tutte le diocesi e parrocchie” RM 2; Chiesa come “comunità in missione”.
Papa Francesco: “In virtù del loro battesimo, tutti i membri del popolo di Dio sono diventati discepoli missionari (cf. Mt. 28,19). Tutti i battezzati, qualunque sia la loro posizione nella Chiesa o il loro livello di istruzione nella fede, sono agenti/operatori di evangelizzazione (missione) e sarebbe insufficiente immaginare un piano di evangelizzazione portato avanti da professionisti mentre il resto dei fedeli sarebbero soltanto recipienti/contenitori passivi”.
Papa Francesco. La Gioia del Vangelo, 120.
“Essere un discepolo significa essere costantemente pronto a portare l’amore di Gesù agli altri, e questo può avvenire inaspettatamente e in qualsiasi posto: sulla strada, nella piazza di una città, durante il lavoro, in viaggio”.
La Gioia del Vangelo 127
La Missione non riguarda soltanto “eroi missionari”.
La Missione non è soltanto due volte all’anno.
La Missione è chi noi siamo e ciò che noi tutti facciamo come Chiesa e come Cristiani!
S. Caterina da Siena: Sii chi Dio ha inteso che tu fossi e incendierai il mondo!
STRATEGIE PRATICHE
Primo: Leggi i segni dei tempi
*Ora -- La Migrazione e il movimento dei popoli
Isaia 54:2 “Allarga il posto della tua tenda, apri completamente le sue tendine, non trattenerti; allunga le tue corde, rinforza i tuoi paletti”.
Secondo: Comincia nel tuo stesso cortile e sviluppa il Partenariato Basato sulla Solidarietà
* Rivolgere il Ministero ai Lavoratori Migranti della Fattoria e alle loro famiglie.
* È incredibile a quali iniziative può arrivare la gente - un parroco e alcune donne della parrocchia hanno organizzato un pellegrinaggio (Cammino di Santiago, Spagna) per la riabilitazione e il ri-entro di alcuni giovani prigionieri tatuati. Essi erano accompagnati da un paio di guardie della prigione. Veniva celebrata la Messa quotidiana ed essi riportavano quotidianamente riflessioni ed esperienze. La gente, vedendoli un gruppo felice scattarono una foto, senza sapere che ‘adunata” fosse!
Terzo: Vivi l’ospitalità che noi stessi abbiamo sperimentato.
Quarto: Onora la Pietà Popolare del Popolo e prendi parte alle sue espressioni.
Le Devozioni Cattoliche sono "... espressioni di amore e fedeltà che sorgono dall’intreccio della propria fede, cultura, e il Vangelo di Gesù Cristo”.
Il Direttorio sulla Pietà Popolare e la Liturgia riserva capitoli separati alla considerazione delle pratiche associate con l’anno liturgico, la devozione al Sacro Cuore, alla Divina Misericordia…, la venerazione della Madre di Dio, la venerazione degli altri santi e beati, la preghiera per i defunti, e santuari e pellegrinaggi.
Sotto il titolo “Il Linguaggio della pietà popolare”, si parla di gesti, testi e formule, canto e musica, musica sacra, luoghi sacri e tempi sacri.
Esempi comuni includono l’adorazione del Santissimo Sacramento, l’uso dell’Altare di Casa, rosario, Via crucis, novene, scapolari vari, pellegrinaggi, venerazione di immagini sante, ecc.
"A CULTURE OF ENCOUNTER: Mission at the Heart of our Faith in Christ"
Sr. Elizabeth Villanueva, dall'Ispettoria "Maria Immacolta" (SUO - Stati Uniti) condivide con noi alcuni appunti sulla Conferenza "A CULTURE OF ENCOUNTER: Mission at the Heart of our Faith in Christ", di cui lei ha partecipato nel mese di ottobre u.s.
In Evangelii Gaudium, the Holy Father exhorts all Catholics to live with a missionary zeal and not to leave the work of evangelization to a handful of Religious. To that end, the United States Catholic Mission Association (USCMA) strives to convene, connect, and collaborate with missionary orders, groups, and parish-based mission-minded faithful to promote mission and global solidarity. This year’s annual conference was a very good opportunity for people of faith to come together to share their experience of living missionary discipleship.
The theme was A CULTURE OF ENCOUNTER: Mission at the Heart of our Faith in Christ. The 2018 Mission Conference took place in Boston, Massachusetts from October 25 to 27.
There was a keynote for each day: Encountering Christ in Others, From Encounter to Banquet, and A Culture of Encounter.
There were five choices for breakout sessions (we had to choose two). I chose An Introduction to Mission; Rev. Roger Schroeder, SVD, gave a very good summary of his book “What is the Mission of the Church” (new edition). It was enlightening and inspiring too.
The other topic I chose is Forming Intentional Disciples through Mission Animation. This session explored the dynamic between animation, education, and the formation of intentional disciples.
Encounter through Conversation
The last groupings were intentional moments of shared reflection on the theme of the Conference. They were spaces where we can encounter in one another divine wisdom and grace. For this last group I joined the table conversation on Mission Identity and the Baptismal Call.
It makes for a truly enriching conversation with such guide questions as:
* Why is this topic a priority for you?
* What does it mean to be baptized?
* What are we really called to?
How mission has changed – from “Ransoming Pagan Babies” to Mission on Every Continent and in Every Parish
New Understanding of Mission
Pope John Paul II: Mission is “a single but complex reality, and it develops in various ways.” On the Permanent Validity of the Church’s Missionary Mandate (RM41).
One-line working definition: Mission is proclaiming, serving, and witnessing to God’s reign of love, salvation, and justice.
(What is the Mission of the Church – Schroeder Revised Edition 2018)
Jesus and the Reign of God
Jesus came to preach, serve and witness to the Reign of God: words, action and behavior.
Implications
Mission is based on a commitment to doing what Jesus did.
Proclaiming Christ (with and/or without words) is mission’s “permanent priority”.
Mission focuses especially on the transformation of the world – not just about building up church.
Not just about saving individuals, but salvation is a just society; integral development.
To Live Table Fellowship
Pope John Paul II: “There is a new awareness that missionary activity is a matter for all Christians, for all dioceses and parishes” (RM 2); Church as “community in mission”.
Pope Francis: “In virtue of their baptism, all the members of the People of God have become missionary disciples (cf. Mt. 28:19). All the baptized, whatever their position in the Church or their level of instruction in the faith, are agents of evangelization [mission] and it would be insufficient to envisage a plan of evangelization to be carried out by professionals while the rest of the faithful would simply be passive recipients”.
Pope Francis, Joy of the Gospel, 120
“Being a disciple means being constantly ready to bring the love of Jesus to others, and this can happen unexpectedly and in any place: on the street, in a city square, during work, on a journey”.
Joy of the Gospel, 127
Mission is not just about “missionary heroes”
Mission is not just twice a year.
Mission is who we are and what we all do as Church and Christians!
St. Catherine of Siena: Be who God meant you to be and you will set the world on fire!
PRACTICAL STRATEGIES
First: Read the signs of the times
* Now -- Migration and the movement of peoples
Isaiah 54:2 "Enlarge the place of your tent, stretch your tent curtains wide, do not hold back; lengthen your cords, strengthen your stakes."
Second: Begin in your own backyard and develop Solidarity Based Partnerships
* Ministering to Migrant Farm Workers and their families
* It is amazing what initiatives people come up with – A parish priest and some women parishioners organized a pilgrimage (Camino de Santiago, Spain) for rehabilitation and re-entry of some tattooed young prisoners. They were accompanied by a couple of prison guards. Daily Mass was celebrated and they did daily journaling of reflections and experiences. People seeing them take a happy group picture did not know what a unique “gathering” this was!
Third: Live the hospitality we ourselves have experienced.
Fourth: Honor Popular Piety spirituality and take part in its expressions.
Catholic devotions are "... expressions of love and fidelity that arise from the intersection of one's own faith, culture and the Gospel of Jesus Christ."
The Directory on Popular Piety and the Liturgy devotes separate chapters to consideration of practices associated with the liturgical year, devotion to the Sacred Heart, Divine Mercy…, veneration of the Mother of God, veneration of the other saints and the beatified, praying for the dead, and shrines and pilgrimages.
Under the heading "The language of popular piety", it speaks of gestures, texts and formulae, song and music, sacred music, sacred places and sacred times.
Common examples include adoration of the Blessed Sacrament, the use of a Home Altar, rosary, stations of the cross, novenas, various scapulars, pilgrimages, veneration of saintly images, etc.
18 novembre 2018
17 novembre 2018
Sínodo de la Amazonía - Caminar juntos
El sínodo de la Amazonía "Nuevos caminos para la Iglesia y para una Ecología Integral" es una oportunidad para contribuir a la transformación de nuestra Iglesia. Llamados a participar, a dialogar y a ser una Iglesia en salida.
Dall'Ispettoria Ss. Salvatore (Tegucigalpa - Centro America)
Signo profético…
Sor Aguilar María Alma
Cuando se me pidió venir a Petén y realizar junto a otra hermana, un proceso de discernimiento para fundar una obra en ese lugar, sentí además del entusiasmo, muchísima responsabilidad y hasta miedo, no solo no sabía cómo hacerlo, sino al asumirlo sabía lo que esto significaba para la Provincia y para estas tierras, que son tierra de misión, sin clero local, con una población, plurietnica y selva.
Ahora, siete meses después, lo que experimento en mi corazón es: bendición y gratitud, profunda humanidad y espiritualidad, esperanza y entusiasmo misionero, fuerte sentido de Iglesia e Instituto. Nunca me imaginé que sería todo eso y más…
Petén es el departamento más grande de Guatemala, posee la segunda reserva ecológica de América, después del Amazonas, nuestra parroquia, con un solo sacerdote, el párroco: Padre Filomeno Ceja, comboniano, es una de las más grandes con 180 comunidades. El Padre logra atender a 140, de las cuales a nosotras nos ha confiado 40 para atender pastoralmente.
Nuestra zona se llama pastoralmente Chacté, como la Aldea sede, en la cual vivimos, en torno a la cual se ubican las 39 aldeas restantes, la población está integrada en un 80% por maya Qéqchí, 15% por castellanos y un 5% por otros grupos maya (Mopanes, Quiches, etc). Petén como nuestra aldea, ha sido poblado por guatemaltecos de todos lados, que huyendo de la violencia (guerra civil de los 80’ o las extorsiones), buscando mejores condiciones de vida, o por desalojos llegaron a este lugar. En su gran mayoría son agricultores o trabajan para los grandes terratenientes del lugar.
Pastoralmente nuestra zona está organizada en cuatro centros, en los cuales hay un “hermano mayor,” un responsable y pastor de cada centro, un cuasi párroco que no solo vela por la vida cristiana, sino por el desarrollo de sus comunidades. En nuestra parroquia hay aproximadamente: unas 600 comunidades de base, llamadas PECOMIS (pequeñas comunidades misioneras), unos 400 ministros de la Eucaristía, unos 300 catequistas de la Palabra, (predicadores en la celebraciones de la Palabra, porque la Misa es una vez al mes, cada dos o tres meses) 200 catequistas de niños castellanos y unos 400 catequistas ´Q´eqchi´s.
Es una Iglesia laical, muy viva, el Párroco organiza para todos dos veces al año formación, sin embargo no todos pueden llegar por las distancias o por el dinero, hay comunidades en las cuales para llegar se necesita dos horas en carro y dos horas a caballo, otras son tres horas de pie para llegar y otra tres horas para regresar.
El proceso de discernimiento ha sido y es la propuesta de vivir como Jesús desde la lógica de la Encarnación, desde la Pastoral de la Cercanía y del encuentro, de las puertas abiertas y la ternura.
En este proceso, nuestro párroco, nos ha ayudado mucho, al iniciar el camino, nos sugería cual pastor y hermano, lo que el mismo Jesús había hecho: observar, conocer, compartir, estar, “gastar tiempo con la gente”, ir “timil timil” (1) no tener prisa, y gozar, ser uno más de ellos… en nuestra mentalidad y estilo de ser, que todo creemos conocer y saber, era un vuelco… siempre creemos saber lo que se necesita y lo que falta, sin ni siquiera a veces preguntar.
Ha sido para nosotros entrar en el corazón de nuestros hermanos, a pie descalzo, y con las manos vacías, compartiendo con sencillez sus vidas y pobrezas, sus costumbres y sus problemas, visitando sus casas y las aldeas vecinas, participando a sus celebraciones, descubriendo la belleza de la humanidad y espiritualidad que se esconde en el cotidiano y en la vida compartida, en quien le falta mucho y al mismo tiempo lo tiene todo.
No nos han hecho faltar nada, su testimonio de generosidad, de fraternidad y fe, no solo nos han sacudido sino que nos ha evangelizado y desafiado nuestra propia vida de fe, de entrega a Dios, comunidad y misión, nos han hecho más ligero no solo el equipaje, sino la vida y el corazón, somos sus hermanas y ellos son nuestros hermanos, hemos visto a Dios, habitar en sus casas y en medio de su dolor, de su sonrisa y de su compromiso.
Antes de, ofrecer, hemos visto su belleza y riqueza, compartiendo su vida, hemos visto lo que realmente necesitan y lo que ellos nos ofrecen, así como vamos reflexionando junto al Consejo Provincial lo que nosotros como Instituto podemos ofrecer, y al constatar lo que como Iglesia se ha hecho y falta por hacer, hemos compartido inquietudes, trabajo y sueños con otros religiosos y laicos comprometidos con el Reino de Dios, asumiendo que nuestra misión es y será en Iglesia.
En mis años de vida religiosa, es la primera vez que creo que hacemos una fundación así, no llevando nuestra propuesta “prefabricada,” sino conviviendo como Jesús lo hizo en su vida oculta, conviviendo y sintiendo profundamente con la gente, descubriendo a Dios que ya está presente entre ellos, antes de predicarles. Es una experiencia que nos cambia no solo a nosotras, sino a la provincia, porque no hace volver al Evangelio, a Mornés, nos hace vivir en Salida. Una experiencia que nos ayudará a compartir con los laicos del lugar y las jóvenes misioneras de nuestras obras la opción por Jesús y su Reino.
Podemos, colaborar en la formación catequística, en la Pastoral juvenil y en la Pastoral de la mujer, pero más significativa será nuestra presencia sencilla, fraterna, de puertas corazón abierto que acoge a todo el que toca la puerta, al que encuentra en el camino, o va visitar, hermanas apasionadas por Jesús y por la gente, con una sonrisa y mano abierta.
Cuando hablamos de Signo profético… es algo que nos evoca una realidad mayor de la que vemos, que para nosotros Cristianos, es evocar y hacer presente a Jesús y su Reino, con gestos, palabra y sobretodo con una vida, que hable de Dios y su ternura, sin duda creo que esto lo que estamos viviendo y estamos llamadas a vivir en este lugar.
(1) Timil en el idioma Q´eqchi´significa despacio, despacio…
16 novembre 2018
Da Inspetoria Santa Teresinha - Manaus (Brasil)
Trabalho Missionário entre o Povo Hupda de Vila Fátima, no Distrito de Iauaretê - AM
Lidiany Pereira Viana
“Vai, meu irmão, minha irmã! Lá, em tua nova missão, em tua nova terra, em tua nova pátria, anunciarás Jesus Cristo e o seu Evangelho, servirás aos pobres, aos excluídos do banquete da vida, lavando-lhe os pés, falarás com quem nunca andou ou não anda mais conosco. Tu te aproximarás com muito carinho a um povo com cultura e tradições diferentes. (...). Jamais violentará a alma do povo, que doravante será o teu povo! Oferecerás simplesmente o testemunho de tua fé, de tua esperança, do teu amor...” (Dom Erwin Krautler).
Estamos presentes no Distrito de Iauaretê desde 1930, há 88 anos, educando e evangelizando gerações e gerações de indígenas pertencentes às várias etnias existentes na região: Tariano, Tukano, Piratapuia, Desana, Arapaço e hupdas.
O território de Iauaretê é o maior núcleo populacional da Terra Indígena Alto Rio Negro, a qual abrange uma área de 8 milhões de hectares e está localizada dentro dos limites do Município de São Gabriel da Cachoeira/Am.
O trabalho das FMA com o Povo Hupda (1) de Vila Fátima teve início no ano de 1997. No início, consistiu em animação missionária e catequese do Povo Hupda. A partir de 2015, a nossa presença missionária junto a esta etnia começou a tomar mais corpo. Ir. Ângela Cardoso e Ir. Rosalina Lemos, em nome da Comunidade M. Auxiliadora, deram um caráter mais sistemático ao serviço junto à comunidade: Todas as quartas-feiras é desenvolvido o Projeto “Tecendo Cidadania” com as mulheres Hupdas, com o objetivo de através da confecção de artesanato as mesmas possam crescer na autonomia e autoestima, de maneira que as suas famílias sejam atingidas por esta perspectiva: são capazes e podem e estão crescendo em cidadania e dignidade de vida.
A partir deste ano, 2018, os jovens hupdas foram convidados a participar de formações para lideranças, segundo as linhas de Formação da Pastoral da Juventude do Brasil. No primeiro momento ficaram tímidos, mas foram bem acolhidos pelos demais jovens indígenas pertencentes aos grupos de base da Pastoral da Juventude do distrito de Iauaretê. Após a formação, este grupo de jovens hupdas se tornaram os interlocutores dos anseios dos demais jovens hupdas da comunidade de Vila Fátima, crescendo assim no protagonismo e na participação ativa nas atividades culturais, atividades estas, das quais, antes, os mesmos não participavam devido a discriminação que sofriam.
O terceiro passo dado foi em relação ao Oratório Salesiano aos sábados em Vila Fátima. O mesmo foi solicitado pela Comunidade hupda. E assim, todo sábado lá estamos, levando brincadeiras e também uma presença amiga, materna, que os acolhe do jeito que são e que procura ajudá-los a crescer em cidadania e autonomia, lhes fortifica a fé. Com nosso jeito salesiano, procuramos ser o sinal do Amor de Deus para eles, esta porção pobre, mas muito rica de valores culturais.
O que é mais gratificante é perceber o crescimento destes em dignidade humana, o crescimento do respeito por parte dos outros grupos étnicos do distrito.
Somos acolhidas na comunidade de Vila Fátima por um sorriso sincero das crianças hupdas, somos tocadas por mãos que chegam ao nosso coração e olhares que nos dizem que têm muita sede de vida e vida em abundancia e dignidade.
O nosso próximo desafio é ajudá-los na continuidade dos seus estudos, de maneira que consigam terminar o ensino médio, tornando-os assim, aptos a participarem de cursos referentes à educação e saúde, capacitando-os para que sejam eles os interlocutores das demandas da saúde e educação do próprio Povo.
Este é um caminho que nos integra na dinâmica da Laudato Sì’: Ecologia integral e nos põe em comunhão com o Sínodo Pan-Amazônico a se realizar em 2019.
(1) Uma das 23 etnias da região do Alto Rio Negro. É considerada a etnia mais inferior pelos povos indígenas da região do Alto Rio Negro.
Grupos da Infância e Adolescência Missionária são presença ativa na Paróquia São João Batista
Neste ano de 2018, a Paróquia São João Batista de Garuva (SC - Brasil) conta com dois grupos da Infância e Adolescência missionária - IAM. Um grupo participa das atividades na Comunidade Matriz e outro na comunidade São Francisco de Assis. Ao todo são 40 crianças que semanalmente se encontram para realizar as atividades formativas propostas pelas Pontifícias Obras Missionárias.
Os encontros são dinamizados a partir dos temas propostos nas quatro áreas integradas: Realidade Missionária, Espiritualidade Missionária, Compromisso Missionário e Vida de Grupo. Em cada encontro as assessoras trabalham com as crianças uma dimensão, buscando criar comunhão com as crianças do mundo inteiro. Com o olhar para a realidade percebem as dificuldades que outras crianças enfrentam. Na dimensão da espiritualidade a Palavra de Deus ilumina a vida cotidiana. Pela oração diária da Ave-Maria, chega-se as crianças de todos os continentes. Na oferta da moedinha através do sacrifício mensal, ajudam outras crianças. Na vivência de grupo constroem laços de amizade e aprendem a conviver com alegria.
As crianças que participam das atividades da IAM, são o fermento na massa e a luz na comunidade, pois sendo pequenos missionários evangelizam suas famílias e ajudam a evangelizar outras crianças com o seu testemunho de vida. Como pequenos missionários na comunidade participam das liturgias, grupos de coroinhas, coral infantil, das missões populares e dos grupos de reflexão bíblico.
No mês dedicado às missões, no dia 27 de outubro, foi realizado o encontro de integração dos dois grupos da Paróquia com o objetivo de proporcionar a convivência entre os pequenos missionários celebrando e partilhando da caminhada de ambos. “De todas as crianças e adolescentes do mundo, sempre amigos”.
Inspetoria Nossa Senhora Aparecida
Porto Alegre - Brasil
¡TESTIMONIO MISIONERO EN PRIMERA PERSONA!
AUGUSTO BRAVO
Antes de comenzar, me gustaría que nos preguntáramos... ¿Qué es misionar? Una conocida respuesta diría que misionar es transmitir el evangelio, y así es; en nuestra experiencia, misionar es a través del contacto con el otro, a través de obras concretas.
El fin de semana del 11/10 al 14/10 con el nuevo Grupo Misionero de la Santa Cruz de Bernal compartimos y vivimos el evangelio, para nosotros, entre nosotros y con nuestros pares del María Auxiliadora de MDQ.
La primera noche tuvimos la suerte de vivir una experiencia fuerte para nosotros, formar parte de la noche de la caridad, una noche en la que se lleva un plato de comida a personas que viven en situación de calle. Ver la cantidad de gente que se acercaba a nosotros para que le diéramos de cenar, fue replantearse y revalorizar muchas cosas de nuestra vida.
A la mañana siguiente fuimos al desayunador de Caritas, que funciona en base a donaciones y el esfuerzo de los colaboradores que llevan adelante este espacio; espacio compartido con las mismas personas de la noche anterior. Durante la noche de ese día, tuvimos una convivencia con los grupos misioneros del María de MDQ donde nos dimos un momento para nosotros, no solo para conocernos, compartir experiencias, si no darnos cuenta de que chicos como nosotros hay en todos lados, y que realmente pequeñas personas, con pequeñas acciones, pueden hacer grandes cambios.
Al día siguiente vivimos otra experiencia significativa para nosotros, el "Oratorio Alegría Regional", que es reflejo del oratorio de Don Bosco. Un oratorio que vive en la realidad de los chicos que más lo necesitan, que se deja interpelar por esta realidad y que da una respuesta a ella.
Nuestra última noche la vivimos como comunidad; reflexionamos, sentimos, pensamos y compartimos sobre lo vivido, concluyendo que esta experiencia misionera no puede ser una experiencia más, tiene que servirnos de impulso para mejorar y hacer algo por nuestra realidad. Y eso es lo que buscábamos, darnos cuenta de que no hace falta irse muy lejos para dar una respuesta a una realidad que también tenemos en nuestro barrio. Entendiendo que, para misionar, es necesario misionar en casa, en familia, en comunidad, pero principalmente, misionarnos a nosotros mismos.
Estamos contentos, renovados y agradecidos con la comunidad del María Auxiliadora de MDQ que supo ser casa para nosotros, así como es la nuestra en Bernal. ¡Ahora, nos toca seguir pensando junto a Jesús y María cual va a ser nuestro camino a seguir, y aprovechar este impulso que ellos nos dieron!
Augusto Bravo de 21 años, estudiante de física, trabaja en el Colegio del María Auxiliadora de Bernal y en esa comunidad de Animador de Oratorio y Coordinador del Grupo Misioner.
Inspectoria Argentina - Buenos Aires (ABA)
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