Dossier statistico 2016. Idos mette in luce i numeri controcorrente della presenza straniera nel nostro paese: oltre 2,4 milioni di famiglie, 72 mila nuovi nati e oltre due milioni di lavoratori. Ma gli stipendi sono inferiori a quelli degli italiani del 30 per cento.
ROMA – Sono numeri controcorrente, che tendono a ribaltare la visione negativa sui migranti e richiedenti asilo, quelli contenuti nel Dossier statistico immigrazione, realizzato da Idos in partenariato con la rivista Confronti e in collaborazione con l’Unar. In particolare, il rapporto 2016, mette in luce il supporto dei migranti in Italia a livello demografico e previdenziale, ma anche a livello occupazionale e chiede alla politica un coinvolgimento sociale nuovo.
Due milioni e mezzo di famiglie: 72 mila i nuovi nati. Nello specifico, il dossier sottolinea che i 5.026.153 stranieri residenti in Italia (secondo i dati Istat) alla fine del 2015 sono aumentati in un anno di appena 12 mila unità. Alla stessa data sono 2.425.000 le famiglie con almeno un componente straniero, in tre quarti dei casi composte esclusivamente da stranieri. Ma la staticità della presenza immigrata è solo apparente: infatti, nel 2015 sono 72 mila i nuovi nati da genitori entrambi stranieri, circa un settimo di tutte le nascite dell’anno; inoltre, nelle anagrafi comunali si sono registrati 250.000 cittadini stranieri in arrivo dall'estero, un numero che, seppure diminuito rispetto agli anni passati, ricorda i consistenti flussi in uscita degli italiani negli anni ’60. Si contano quasi 45.000 cittadini stranieri che si sono trasferiti all'estero e 178.000 che hanno acquisito la cittadinanza italiana, portando così a circa 1 milione e 150 mila i cittadini italiani di origine straniera residenti nel paese. Nel corso dell’anno poi, protraendosi la congiuntura economica problematica, a 64.000 persone non è stato rinnovato il permesso di soggiorno, mentre i ritorni assistiti sono stati solo 3.697 tra il 2009 e il 2015.
“Demograficamente è infondato parlare di arrivi e presenze disfunzionali – spiega il rapporto -. Nel periodo 2011-2065, nello scenario centrale delle proiezioni demografiche curate dall’Istat, la dinamica naturale in Italia sarà negativa per 11,5 milioni (28,5 milioni di nascite contro 40 milioni di decessi) e quella migratoria sarà positiva per 12 milioni (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite). Va sottolineato che da anni la popolazione in Italia è in diminuzione Questa tendenza peggiorerà, trovando tuttavia un parziale temperamento nei flussi degli immigrati”. Quindi, secondo Idos con gli attuali flussi migratori si sta già verificando ciò che per l’Italia si ritiene funzionale da un punto di vista demografico. La presenza degli immigrati è quanto mai positiva anche sotto l’aspetto previdenziale – aggiungono- specialmente per quanto riguardale pensioni per invalidità, vecchiaia e superstiti (Ivs, la branca più impegnativa della sicurezza sociale), fornisce un copioso gettito contributivo (10,9 miliardi di euro nel 2015). I non comunitari titolari di pensione per Ivs gravano solo per lo 0,3% sul totale delle pensioni (39.340 su 14.299.048): a beneficiarne sono soprattutto le donne, che incidono per il 63,9%, mentre un decimo dei titolari è residente all'estero. Benché sia consistente l’aumento annuale dei nuovi beneficiari, il differenziale rispetto agli italiani sarà elevato ancora per molti anni e andrà a beneficio delle casse previdenziali. Più rilevante (ma sempre a un livello proporzionalmente più basso rispetto agli italiani) è l’incidenza degli immigrati non comunitari sulle pensioni assistenziali, erogate non su base contributiva: si tratta di 59.228 casi su 3.857.802 (incidenza dell’1,5% sul totale).
Oltre due milioni di occupati (+65 mila) ma solo il 7 per cento svolge una professione qualificata. Stesso discorso fa il dossier per quanto riguarda il supporto degli immigrati a livello occupazionale Nel 2015 gli stranieri presenti nell’Ue sono stati il 7,3 per cento degli occupati e il 12,5 per cento dei disoccupati, mentre in Italia l’incidenza è stata del 10,5 per cento tra gli occupati e del 15 per cento tra i disoccupati. Ad avere un’occupazione sono stati complessivamente 2.359.000 stranieri nel corso dell’anno, aumentati di 65 mila unità rispetto al 2014. Nel periodo 2008-2015 per gli immigrati il tasso di occupazione si è ridotto di 8,1 punti (per gli italiani di 2,1) e il tasso di disoccupazione è aumentato di 7,7 punti (per gli italiani di 4,8). Ma solo il 6,8 per cento degli stranieri lavora nelle professioni qualificate, mentre il 35,9 per cento svolge professioni non qualificate (la percentuale è più alta per le donne immigrate) e un altro 30 per cento lavora come operaio. In media la retribuzione netta mensile per gli immigrati è inferiore del 28,1 per cento (979 euro contro i 1.362 degli italiani) e il divario è ancora più ampio tra le donne straniere e quelle italiane.Nonostante le condizioni più onerose, gli immigrati esprimono la stessa soddisfazione degli italiani per quanto riguarda il lavoro(rispettivamente 7 e 7,3 in una scala da 1 a 10), tuttavia con una più elevata percezione dell’insicurezza della loro occupazione. I saldi occupazionali rilevati dall'archivio Inail sono stati positivi solo per le collettività maggiormente coinvolte in attività autonome, specie nel commercio(Cina, Egitto, Bangladesh, Pakistan). “Gli immigrati nati all'estero nel 2015 hanno inciso per il 23,8 per cento sul numero degli assunti nell'anno e per il 28,9 per cento sui nuovi assunti, valori che sottolineano la loro funzionalità al mercato occupazionale in numerosi comparti e, in particolare, in quello del lavoro presso le famiglie e in agricoltura – sottolinea il rapporto -Sul piano generale va detto che le assunzioni si sono molto ridotte, specialmente nell'industria”. Nelle piccole e medie imprese (fino a 9 dipendenti) è impiegato il 74,1 per cento degli occupati immigrati e l’81,9 per cento dei nuovi assunti. Positivo anche l’andamento delle imprese a gestione immigrata, aumentate del 5 per cento e di 26 mila unità e arrivate al numero di circa 550 mila.
La metà delle donne immigrate resta impiegata nel lavoro domestico ( 8 su 10 in tra le ucraine, mentre appena 2 ogni 10 tra i senegalesi e i bangladesi). Nel 2015, secondo l’Osservatorio sul lavoro domestico dell’Inps, le badanti e le colf sono 886.125, di cui 672.194 con cittadinanza straniera (incidenza del 75,9 per cento, mentre nel 2009 era stato raggiunto il valore massimo pari all’83,4%). Tra le persone straniere prevalgono le colf (367.908, pari al 54,7 per cento), che però nel 2015 sono diminuite del 5,4 per cento, mentre le badanti sono aumentate di poco più di 2 punti percentuali: tuttavia, secondo stime, le persone che lavorano in nero uguagliano quelle assicurate. In questa fase di crisi anche le donne italiane si sono inserite maggiormente nel comparto e tra il 2007 e il 2015 sono passate da 140 mila a 213.931, con un aumento di 73 mila unità (9 mila in media in più l’anno). Infine, sottolinea il rapporto, altro settore portante nell'occupazione straniera è l’agricoltura (in media per 3,8 per cento impiegati, valore che sale al 5,6 per cento) ma qui il caporalato, però, continua a imperversare, esercitando il suo sfruttamento a livello transregionale, anche con il coinvolgimento di aziende, agenzie di somministrazione di lavoro temporaneo, agenzie di viaggio operanti a livello internazionale. “Il reclutamento di lavoratori (specialmente quelli originari dell’Est Europa e del Centro Africa) avviene anche nei pressi dei centri di accoglienza di richiedenti asilo – sottolinea Idos -. La rete del caporalato si è modernizzata e dirige le operazioni di sfruttamento ricorrendo sempre più all’utilizzo continuo di telefonini e internet, senza più limitarsi solo al reclutamento sulle piazze, come avveniva nel passato”. (ec)
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