31 dicembre 2013
29 dicembre 2013
Giornata Missionaria dei Ragazzi 2014
Il 6 gennaio prossimo, il
grande appuntamento con la Giornata
Missionaria dei Ragazzi.
Prendendo le mosse dal tema della
scorsa Giornata Missionaria Mondiale, Sulle strade del mondo, per il 2014 lo
slogan è: Destinazione mondo!
I bambini saranno aiutati a
vivere una solidarietà concreta a favore dei loro coetanei in altre parti del
pianeta, con la raccolta di offerte per sostenere i progetti per l'infanzia
promossi dalla Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria.
Facciamo nostro l'appello di papa
Francesco ad uscire verso le periferie esistenziali; ad educarci tutti,
genitori, catechisti e bambini, ad aprire lo sguardo e il cuore alle genti,
secondo quello spirito di fraternità che è fondamento e via della
Pace, come ci ricorda papa Bergoglio nel Messaggio per la Giornata Mondiale
della Pace del prossimo 1 gennaio.
Auguri a tutti e buona GMR!
Storicamente, il 6 gennaio,
oltre ad essere il giorno dell'Epifania, è anche la Giornata Missionaria
dei Ragazzi (GMR), ma le chiese locali, per esigenze diverse, possono
anche festeggiarla in un’altra data vicina.
La GMR è, in un certo senso, la
prima data missionaria, perché oltre ad essere all’inizio dell’anno, è il
giorno in cui il Vangelo ci fa riflettere sulla manifestazione di Gesù a
tutti i popoli.
La lettura del Vangelo in questo
giorno ci presenta le figure dei Magi, personaggi misteriosi, difficili da
identificare, questi "camminatori" al seguito di una stella, questi
cercatori venuti da lontano per trovare il Messia. Uomini che fermano i loro
passi e si mettono in adorazione davanti a Gesù. E' la festa dell'Epifania!
Nelle figure dei Magi che portano
i loro doni, in questi personaggi misteriosi che rappresentano i popoli che
vivono oltre le frontiere di Israele, Gesù viene riconosciuto come il Signore e
il Salvatore dell'umanità intera.
I Magi non sono arrivati fino a
Cristo da soli!
Erano mossi da domande profonde e
da una speranza che palpitava nei loro cuori.
Hanno visto un segno, una stella: si sono messi in cammino e in ricerca. Hanno trovato!
Hanno visto un segno, una stella: si sono messi in cammino e in ricerca. Hanno trovato!
Tante persone nel mondo di oggi
vivono la ricerca e l'attesa!
È compito della Chiesa essere
segno, "essere stella", essere luce, per condurre a Cristo vera luce.
Anche noi, ragazzi e ragazze, con
Gesù impariamo a credere, in questo Anno particolarmente dedicato alla fede.
Con l'impegno di annunciare il
suo insegnamento in ogni angolo del mondo, superiamo i confini e gli
steccati che ci separano dagli altri, per manifestare a tutti i fratelli e a
tutte le sorelle la bellezza di Cristo.
Nella festa dell'epifania i
Ragazzi Missionari dei cinque continenti celebrano il loro impegno per la
Missione.
27 dicembre 2013
Nepal, Natale "collettivo" per cristiani, indù e buddisti
di Christopher Sharma
La notte del 25 dicembre, centinaia di persone di ogni religione hanno
partecipato alla messa della cattedrale dell'Assunzione. Rispetto al passato,
quest'anno anche indù e buddisti hanno vissuto l'aspetto spirituale delle
celebrazioni. La mancanza di discriminazione tipica del cristianesimo attira le
altre comunità.
Kathmandu - In Nepal il Natale è diventata una festa "collettiva": oltre ai cattolici e ai cristiani, quest'anno anche indù e buddisti hanno partecipato alle celebrazioni del 25 dicembre. A differenza del passato, infatti, le persone di altri credi non hanno accolto solo l'aspetto più "consumistico" della festività, ma hanno voluto onorare la nascita di Cristo partecipando alle messe che si sono tenute nelle varie chiese del Paese.
La notte di Natale, centinaia di
persone hanno riempito la cattedrale dell'Assunzione, a Kathmandu. Molti sono
rimasti in piedi, pur di partecipare alla messa. "Agli occhi di Dio - ha
detto i parroco, p. Robin Rai, durante l'omelia - nessuno è abbandonato e
discriminato. La grazia del Signore è aperta a chiunque voglia vivere secondo
la vita di Dio".
Secondo Manohar Sharma, un
sociologo, proprio questa apertura verso l'altro attira i fedeli di altre
religioni verso il cristianesimo. "L'induismo è pieno di pratiche
discriminatorie - afferma ad AsiaNews -. Inoltre, indù e buddisti celebrano le
loro feste in modo sfarzoso, anche se la maggior parte di loro non gode di
queste possibilità. Migliaia di persone in Nepal si interessano al
cristianesimo perché lontano dalle discriminazioni di casta che invece dominano
tra gli indù".
In effetti, l'ultimo censimento
ha mostrato che la popolazione cristiana è in aumento. Secondo K.B. Rokaya, un
pastore protestante, di recente sono state create 7mila nuove chiese in tutto
il Paese. In Nepal il 25 dicembre è festa nazionale dal 2008. Da allora i
cristiani hanno potuto esporre immagini e addobbi sacri nei negozi, fuori dalle
chiese e dalle abitazioni.
25 dicembre 2013
24 dicembre 2013
Libia
Con la Libia celebriamo l’Indipendenza (1951). I cattolici sono 80.000 su
una popolazione di 6 milioni. Vicario apostolico di Tripoli è il francescano
Giovanni Innocenzo Martinelli, italiano
di origine e libico di nascita.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)
21 dicembre 2013
Dialogo interculturale: un documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica
Città del Vaticano -
“L’attenzione alla dimensione interculturale non è nuova alla tradizione della
scuola cattolica, abituata ad accogliere alunni provenienti da ambienti
culturali e religiosi diversi ma oggi è richiesta, in questo ambito, una
fedeltà al proprio progetto educativo coraggiosa ed innovativa” . Per questo le
scuole cattoliche sono chiamate a portare il loro contributo in ragione della
propria “tradizione pedagogica e culturale e alla luce di solidi progetti
educativi”. Lo si legge nel documento “Educare al dialogo
interculturale nella scuola cattolica. Vivere insieme per una civiltà
dell’amore” a cura della Congregazione per l’Educazione Cattolica e presentata
questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede.
Per il documento la dimensione
interculturale è “familiare” alla tradizione della scuola cattolica. Oggi però –
si legge nelle conclusioni – di fronte alle sfide della globalizzazione e del
pluralismo culturale e religioso, diventa indispensabile acquisire una maggiore
consapevolezza del suo significato, così da meglio tradurre in presenza,
testimonianza e insegnamento, la propria pecularietà di essere, in quanto
cattolica, scuola aperta all’universalità del sapere e, allo stesso tempo,
portatrice di una specificità che è data dal radicamento nella fede in Cristo
Maestro e dall’appartenenza alla Chiesa”.
La scuola cattolica è invitata,
quindi, a percorrere “sentieri” di incontro, “educandosi ed educando al
dialogo, che consiste nel parlare con tutti e con tutti relazionarsi con
rispetto, stima, sincerità d’ascolto; nell’esprimersi con autenticità senza
offuscare o mitigare la propria visione per suscitare un maggiore consenso; nel
testimoniare con le modalità della propria presenza, la coerenza tra le parole
e la vita”.
L’obiettivo – ha spiegato il
card. Zenon Grochlewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione
Cattolica, durante la conferenza stampa di presentazione del documento –dell’educazione
al dialogo interculturale è la “costruzione di una civiltà dell’amore”
che per i cristiani “non è una vaga solidarietà ma esprime la carità di
Cristo”.
Due cardinali e 400 rifugiati e senza tetto
Quattrocento profughi e senza fissa dimora hanno partecipato al pranzo
organizzato dall'Associazione Italiana Messaggeri della Pace e hanno assistito
alla Santa Messa, celebrata dai porporati Jean-Louis Tauran e Santos Abril y
Castello
ROMA - Il Cardinale Jean-Louis
Tauran, Protodiacono del Collegio Cardinalizio e il Cardinale Santos Abril y
Castello, Arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore hanno presieduto ieri
venerdì 20 dicembre l’agape di Natale dell'Associazione Italiana Messaggeri
della Pace presso il “Centro di Studi Superiori” dei Legionari di Cristo e
l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum a Roma.
Quattrocento rifugiati e senza
tetto hanno assistito alla Santa Messa e partecipato al pranzo organizzato
dall’Associazione Italiana Messaggeri della Pace.
Dopo la Santa Messa, l’evento è
proseguito con il pranzo di Natale, nella Sede dell’Ateneo Pontificio Regina
Apostolorum, messa a disposizione dal Rettore, Padre Jesús Villagrasa, L.C.
L’Associazione Italiana
Messaggeri della Pace ha accolto l’invito di Papa Francesco ad andare incontro
agli “ultimi” e, grazie anche al sostegno determinante di Banca Popolare di
Bari, in sinergia con il Centro Astalli, l'Associazione Binario 95 e la
Comunità di Sant'Egidio ha esteso l'invito a circa 400 rifugiati e senza tetto.
Carabinieri, Guardia di
Finanza e Polizia hanno messo a disposizione 10 mezzi di trasporto per condurre
i commensali nella sede dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Sono stati presenti, tra gli
altri, il Ministro per l'Integrazione Sociale Keinge, l'Assessore alle
Politiche Sociali del Comune di Roma Rita Cutini, e numerose autorità civili e
militari, insieme al fondatore dell’Associazione “Mensajeros de la Paz”, Padre
Angel Garcia.
L’Associazione, nata in Spagna
nel 1962 per iniziativa di Padre Angel Garcia – un apostolo dei nostri tempi –
è una grande famiglia, presente in oltre 40 paesi nel mondo.
Questi sono i numeri: 51.150
bambini e giovani sono passati per le numerose case famiglia e mense sociali,
11.700 persone anziane assistite, 4.200 volontari distribuiti nei vari Paesi,
3.900 lavoratori in organico di cui il 92% donne, oltre otto milioni le
chiamate sostenute attraverso il Telefono Dorato per lenire la solitudine degli
anziani, 31.500 collaboratori che si impegnano personalmente con il loro tempo
e la loro dedizione nelle attività e nei progetti.
In Italia, l’Associazione è
presente con il Telefono Dorato che opera per dare sostegno agli anziani e alle
persone sole ed ogni anno è solita organizzare un pranzo di Natale per favorire
la familiarizzazione tra gli assistiti offrendo loro qualche ora di serenità e
distensione.
AFRICA/SUD SUDAN - 5.000 rifugiati accolti nella cattedrale di Juba
Juba - Circa 5.000 persone sono
rifugiate nella cattedrale di Juba, capitale del Sud Sudan, da giorni in preda
alle violenze per gli scontri tra fazioni rivali dell’esercito, fedeli
rispettivamente al Presidente Salva Kiir e all’ex vice Presidente Riek Machar.
Il Vescovo ausiliare di Juba,
Mons. Santo Loku Pio Doggale ha detto che i rifugiati dormono all’aria aperta e
che molti di loro, tra cui diversi bambini, hanno contratto malattie. La
presenza di un così alto numero di persone in uno spazio non attrezzato sta
inoltre creando gravi problemi sanitari, e vi è il rischio dell’esplosione del
colera.
Le sedi dell’ONU in Sud Sudan
hanno accolto altre decine di migliaia di persone (si parla di circa 35.000
sfollati).
Nel frattempo fervono le iniziative
politiche e diplomatiche per disinnescare la crisi. Una delegazione congiunta
di Kenya, Etiopia, Gibuti, Uganda e Sudan è arrivata a Juba per tentare una
mediazione. Anche gli Stati Uniti hanno annunciato l’invio un loro emissario
speciale.
Questa attività sembra aver prodotto un primo risultato con la dichiarazione del Presidente Kiir che ha affermato di essere pronto a dialogare “senza condizione” con Machar.
Questa attività sembra aver prodotto un primo risultato con la dichiarazione del Presidente Kiir che ha affermato di essere pronto a dialogare “senza condizione” con Machar.
20 dicembre 2013
La Riunione
Con La Riunione celebriamo l’Abolizione
della Schiavitù (1848). La chiesa cattolica nell’isola mascarena tuttora
francese è presente con 644.000 battezzati (79,9%) su 806.000 abitanti.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)
17 dicembre 2013
Bhutan
Con il Bhutan celebriamo il Giorno della Patria (1907). Nel regno
himalayano non esiste un’organizzazione ecclesiastica, niente messe e visti d’ingresso
per i preti cattolici. I cattolici in Bhutan sono circa un migliaio. La religione
ufficiale è il buddhismo mahãyãna. L’unico prete cattolico bhutanese è il
gesuita Kinley Tshering, imparentato con la famiglia reale.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)
16 dicembre 2013
Migrare dall'emergenza alla cittadinanza: il 18 incontro a Roma
Roma - In occasione della
Giornata Internazionale dei Diritti dei Migranti, che si celebra in tutto il
mondo il 18 dicembre, la Campagna “L’Italia sono anch’io” – alla quale
aderiscono diverse associazioni, movimenti e fondazioni, come la Migrantes - ha
promosso un’iniziativa pubblica a Roma a cui saranno presenti, in
rappresentanza delle Istituzioni, la ministra all’Integrazione Cecile Kyenge e
il presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato Francesco
Paolo Sisto. Al centro del confronto la ratifica della Convenzione Onu
per i diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, sulla quale si
intende promuovere una campagna europea, la riforma della legislazione sulla
cittadinanza e la necessità di un’inversione di rotta nelle politiche del
governo rispetto alla gestione degli ingressi e all’accoglienza, con
particolare riguardo ai minori, ai rifugiati e ai richiedenti asilo. Nello
specifico, si chiederà che venga finalmente discusso in Parlamento un testo che
contenga sostanziali novità sull’accesso alla cittadinanza per le persone di
origine straniera e che si introduca il diritto di voto nelle consultazioni
locali per gli stranieri residenti, accogliendo come base di discussione
l’articolato delle due proposte di legge di iniziativa popolare depositate
ormai due anni fa alla Camera dalla Campagna “L’Italia sono anch’io” e
sottoscritte da più di duecentomila cittadini e cittadine. Si proporrà inoltre
di intervenire con misure urgenti per porre fine alle migliaia di morti di
frontiera. Ci si confronterà sull’attuale sistema di accoglienza, del tutto
inadeguato a garantire diritti e dignità alle persone che devono essere
accolte. Si parlerà infine del progetto di allargare la Campagna alla
dimensione europea. Al dibattito, che si svolgerà il 18 dicembre a Roma, presso
la sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio in via Santa Maria in Via
37, parteciperanno, oltre alla ministra Kyenge e al senatore Sisto, Carlo
Feltrinelli, portavoce della Campagna, il segretario confederale della Uil
Guglielmo Loy, il direttore dell’ufficio ILO in Italia e San Marino Luigi Cal,
padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, Mohamed Abdalla
Tailmoun, portavoce della Rete G2, Elvira Ricotta Adamo, Reas Syed e Hassan
Maamri, esponenti, rispettivamente, dei comitati romano, milanese e siciliano
della Campagna “L’Italia sono anch’io.
Kazakistan
Con il Kazakistan festeggiamo l’Indipendenza (1991). La chiesa cattolica è
presente con 200.000 battezzati su 15 milioni di abitanti.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)
14 dicembre 2013
L'attesa felice: Gesù viene!
«È apparsa la Grazia di Dio,
apportatrice di salvezza per tutti gli uomini» (Tt 2, 11)
Con parole chiare,
anche se superano la capacità di comprensione di non pochi,
San Giovanni ci
dice:
«In principio era il Verbo, il Verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1,1)
«Il Verbo si fece carne e venne ad
abitare in mezzo a noi» (Gv
1,14)
Carissime
sorelle,
La storia
umana lungo i secoli è stata più volte devastata da guerre e da calamità
naturali, eppure è piena di Dio. E Dio è amore. Tutte insieme, con i nostri
sacrifici e la nostra generosità, costruiamo la pace per tutti. È Lui che era, che è e che sarà. Nessuna
persona e nessun tempo può cancellare la Sua presenza. «In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28). Piene di
speranza, libere da ogni paura, continuiamo dunque a percorrere la nostra
strada che si intreccia con i passi di Dio, il Dio incarnato.
Care
sorelle, come già è a vostra conoscenza, dal giorno 20 al 25 novembre abbiamo
realizzato a Los Teques (Venezuela) le ultime Giornate di Studio sul primo Annuncio di Gesù, organizzate
dall’Ambito Missione FMA e dal Dicastero Missioni SDB per questo sessennio.
Hanno partecipato 70 persone tra
Salesiani, FMA, laici e anche 3 Vescovi Salesiani. È stato un incontro molto
positivo, sia nel contenuto sia nella condivisione delle esperienze.
Dal 26
novembre al 1° dicembre, a Maracaibo (Venezuela), si sono realizzati il CAM 4
(Congresso Missionario Americano) e COMLA 9 (Congresso Missionario Latino
Americano). Ha partecipato un gruppo significativo di 22 FMA e, per l’Ambito, hanno partecipato Sr. Maike Loes e Sr.
Maria Ko. L’impegno è grande e ci sfida: «América misionera, comparte tu fe». «Discípulos misioneros de Jesucristo
desde América, en un mundo secularizado y pluricultural».
Il
giorno 13 dicembre, abbiamo iniziato qui, in Casa generalizia, il periodo di
discernimento con le Neo-missionarie per la loro futura destinazione.
Riceveranno l’obbedienza dalla Madre il prossimo 24 dicembre. Vi chiediamo di
accompagnarci con la vostra preghiera implorando la luce dello Spirito e la
guida di Maria, Maestra della Sapienza. Siano loro a indicarci meglio i luoghi
di missione ad gentes.
Ogni FMA è chiamata a ravvivare il
dinamismo e la novità del Carisma, nella Chiesa, attraverso il dono di predilezione per la gioventù, in
particolare la più povera, nelle nuove frontiere del mondo.
Lasciamoci condurre da
Maria. Lei ci porterà verso Betlemme
attraverso le categorie dell’incontro, della missione solidale, del servizio
alla vita degli ultimi. Lei ci accompagnerà nel compito di annunciare Gesù con
la vita, con la testimonianza di comunione, con la gioia di essere FMA per il
Regno di Dio. La sua Presenza sia la nostra gioia e apra il nostro cuore ad
accogliere i segni del suo amore nella nostra vita personale, comunitaria e
apostolica.
Buona
continuazione dell’Avvento, nell’attesa
felice di Gesù che viene!
Un
abbraccio fraterno,
Sr.
Alaíde Deretti
Consigliera
per la Missione ad/inter gentes
12 dicembre 2013
Kenya
Con il Kenya celebriamo l’Indipendenza (1963). La chiesa cattolica è
presente con 10.354 istituti scolastici e 1.860 istituti assistenziali. I cattolici
sono 8 milioni su 32 milioni di abitanti.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)
11 dicembre 2013
Migração na Evangelii Gaudium
Pe. Alfredo J. Gonçalves
Talvez a história, como é de costume, acabe por cunhar Jorge Mário Bergoglio como o "Papa da alegria” ou o "Papa do sorriso” e ainda o "Papa dos pobres, dos últimos”... O que não estaria em dissonância com a trajetória do pobre de Assis, de quem tomou o nome, e, ao mesmo tempo, traduziria uma das características da prática de Jesus, o Homem de Nazaré. A Exortação Apostólica Evangelii Gaudium (A alegria do Evangelho) que o Pontífice acaba de publicar aponta claramente nessa direção. O que mais impressina, porém, é que se trata de uma alegria direcionada justamente para aqueles que dispõem de menos motivos para sorrir e ou cultivar esse sentimento. Trata-se, portanto, não de uma alegria aparente, visível ou, digamos, eufórica, e sim de uma profunda serenidade de coração e de espírito, que nasce da total confiança em Deus, mesmo nos momentos de adversidade e turbulência.
1. Dimensão social do Evangelho
Tendo presente esse pano de fundo, vale tentar uma leitura mais atenta sobre o quarto capítulo do documento, intitulado A dimensão social da evangelização. O acento desta leitura recairá sobre a situação dos pobres em geral, e dos migranes em particular, tendo pesente o 126º de Fundação da Congregação dos Missionários de São Carlos (Scalabrinianos), cujo carisma é justamente o trabalho pastoral junto ao mundo da mobilidade humana. As migrações constituem hoje um fenômeno estrutural intenso, complexo e diversificado, comportando séros desafos de ordem social, econômica, plítica e religiosa – como lembra a Eraga Migrantes Caristas Christi, documento do Pontifício Conselho para a Pastoral dos Migrantes e Itinerantes.
Convém, de início, sublinhar os temas desenvolvidos no referido capítulo quarto da Evangelii Gaudium: 1) As repercussões comunitárias e sociais do kerygma; 2) inclusão social dos pobres; 3) o bem comum e a paz social; 4) O diálogo social como contribuição para a paz. Como se pode notar, o Papa Francisco retoma as linhas mestras ou princípos fundamentais da Doutrina Social da Igreja (DSI) ao longo do tempo, bem como seu fio condutor, isto é, a defesa dos direitos e da dignidade da pessoa humana. Mas o atual Pontífice acrescenta-lhes um revestimento especial, uma característica própria de sua índole, uma espécie de olhar paterno/materno sobre os mais necessitados e os indefesos, como o Bom Pastor sobre a "ovelha perdida” ou "o homem caído à beira da estrada”. Vejamos isso de mais perto, transcrevendo, obsservando e comentando alguns subítulos desse capítulo.
O primeiro deles revela a consonância intrínseca entre a Confissão da fé e o epenho social. "Esta indissolúvel ligação entre a acolhida do anúncio salvífico e um efetivo amor fraterno está expressa em alguns textos da Sagrada Escritura que vale a pena considerar e meditar atentamente, no sentido de extrair-lhes todas as consequências (...): ‘tudo aquilo que fizeste a um só destes meus irmãos mais pequenos, foi a mim que o fizeste’” – diz o texto citando Mt 25,40 (Cfr. EG, nº 179). Na verdade, nada de novo debaixo do sol! Trata-se de palavras já bem conhecidas, lidas e relidas vezes sem fim nos atos litúrgicos, momentos de oração e celebrações eucarísticas. Novo aqui é o fato de reler estas palavras à luz dos gestos, das atitudes e do comportamento do Papa Francisco desde que foi eleito para a cátera petrina. O modo de tornar-se próximo à população que o busca por parte do atual pontífice confere e essas e a outras palavras do Evangelho uma tonalidade e um colorido todo especial quando. Bastaria um olhar retorvisor sobre suas audiências e o seu dia-a-adia, para dar-se conta de como o bispo de Roma privilegia precisamente "i più bisognosi e gli ultimi” (os mais necessitados e últimos).
Unidos a Deus escutemos um grito, nos convida um outro subtítulo. E o texto precisa: "A Igreja reconheceu que a exigência de escutar este grito deriva da própria obra libertadora da graça em cada um de nós, por isso não se trata de uma missão reservada somente a alguns (...). A solidariedade é uma reação espontânea de quem reconhece a função social da propriedade e a destinação universal dos bens como realidade anterior à propriedade privada” (Cfr.EG, nº 188-9). "Às vezes se trata de escutar o grito de povos inteiros, dos povos mais pobres da terra, porque ‘a paz fundamenta-se não só sobre o respieito dos direitos humanos, mas também sobre os direitos dos povos’ – DSI” (Cfr. EV, nº 190). Quantas vezes, no interior da Igreja, nos contentamos em acompahar o fã clube dos fiéisque participam das práticas e atividaes comus (o que, evidentemente, não deixa de ser importante), mas ignoramos quase por completo o lamento que vem do lado de fora dos muros eclesiais. Ignoramos ou nos tornamos indiferentes apelo das periferias e dos porões da sociedade, tanto mais eloquente quanto mais silencioso ou silenciado.
Mais adiante encontramos um subtítulo que, a bem da verdade, atravesa toda a trajetória judaico-cristã, desde a antiga até a nova aliança, desde o Antigo ao Novo Testamento – passando também pela trajetória da Igreja (não obstante seu lado obscurantista). Trata-se da expressão O rosto privilegiado dos pobres no Povo de Deus: "Para a Igreja a opção preferencial pelos pobres é uma categoria teológica, antes que cultural, sociológica, política ou filosófica. Deus concede a eles a sua primeira bem-aventurança. Esta preferência tem consequências na vida de fé de todos os cristãos, chamados a ter "os mesmos sentimentos de Jesus’” (Fil, 2,5). Inspirada nessa misericórdia divina, "a Igreja fez uma opção pelos pobres etendida como uma ‘forma especial de primazia no exercício da caridade cristã, da qual dá testemunho toda a tradiçã da Igreja’” (Cfr. EG, nº 198). O Papa retoma o horizonte largo, aberto e promissor não só do Concílio Ecumênico Vaticano II, mas de forma especial dos documentos das Assembleias dos bispos da América Latina e Caribe (Medellín, Puebla, Santo Domingo e Aparecida).
2. O cuidado paterno/materno com os mais frágeis
Com o subtítulo O ensinamernto da Igreja sobre a questão social, o Papa retoma uma preocupação que nasce no decorrer do século XX, em pleno contexto da Revolução Industrial, com seus avanços tecnológicos e suas consequências de ordem socioeconômica. De fato, a chamada "questão social”, particularmente sob a forma de "condição dos operários”, é tema não somente de um estudo de Frederic Engels sobre os trabalhadores nas cidades da Inglaterra (1944) e do Manifesto Comunista de Marx e Engels (1948), como também subtítulo da Rerum Novarum do Papa Leão XIII (1991), encíclica que inaugura a Doutrina Social da Igreja, tendo no coração a situação concreta das condições de trabalho e moradia dos operários da indústria nascente.
"Em consequência” –afirma a exortação pontifícia– "ninguém pode dizer que nós ligamos a religião à secreta intimidade das pessoas, sem alguma influência sobre a vida social e nacional, sem preocupar-se pela saúde das instituições da sociedade civil, sem exprmir-se sobre os acontecimentos que interesam os cidadãos. Quem ousaria fechar-se no tempo e fazer calar a mensagem de São Francisco de Assis e da bem-aventurada Teresa de Calcutá. Esses não poderáim aceitar. Uma fé autêntica –que jamais será cômoda e individualista– implica sempre um profundo desejo de transformar o mundo, de transmitir vaores, de deixar algo de melhor depois de nossa pasagem sobre a terra” (Cfr. EG, nº 183).
Cabe aqui um rápido recuo no documento, detendo-nos por um pouco no tema que desenvolveAlguns desafios do mundo atual, especificamente no subtítulo do primeiro capítulo, denominado Não a uma economia da exclusão. Escreve textualmente o Papa: "Assim como o mandamento ‘não matar’ coloca um limite claro para assegurar o valor da vida humana, hoje devemos dizer ‘não a uma economia da exclusão e da iniquidade’. Esta econmia mata (...). Isto é exclusão. Não se pode mais tolerar o fato que se jogue fora a comida, quando há gente que sore de fome. Isto é iniquidade. Hoje tudo entra no jogo da competividade e da lei do mais forte, onde o poderoso come o mais débil. Como consequência desta situação, grandes masas de população se vêm excluídas e marginalizadas: sem trabalho, sem perspectiva, sem via de saída. Considera-se o ser humano em si mesmo como bem de consumo, que se pode usar e depois jogar fora. Demos início à cultura do ‘descartável’, a qual, além do mais, acaba sendo promovida” (Cfr. EG, nº 53).
Em perfeita sintonia com o Documento de Aparecida, utilizando não o conceito sociológico de exploração, mas de exclusão social, prossegue o texto: "Não se trata mais simplesmente da exploração e da opressão, mas de algo novo: com a exclusão, torna-se atingida na sua própria raiz, a pertença à sociedade na qual se vive, desde o o momento em que nessa não se está nem nos porões, nem na periferia, ou sem poder, mas se esá fora. Os excluídos não são ‘explorados’, mas recusados, ‘descartados’” (Cfr, EG, nº 53).
3. Migrantes, refugiados, exilados, sem pátria
Retomando a linha do capítulo quarto, o Pontífice nos convida a Tomar cuidado da fragilidade: "É indispensável prestar atenção para estar vizinhos às novas formas de pobreza e de fragilidade, onde somos chamados a reconhecer Cristo sofredor, mesmo se isso aparentemente não nos traz vantagens imediatas: os sem teto, os toxicodependentes, os refugiados, os povos indígenas, os anciãos cada vez mais sós e abandonados, etc. Os migrantes me colocam um desafio particular porque sou Pastor de uma Igreja sem fronteiras que se sente mãe de todos. Por isso exorto os países a uma generosa abertura, que em vez de temer a destruição da identidade local, seja capaz de criar novas sínteses culturais. Como são belas as cidades” –continua o Papa Francisco, com forte acento sobre um desejo que o domina– "que superam a desconfiança maligna e integram os diferentes, e que fazem de tal integração um novo fator de desenvolvimento! Como são belas as cidades que, mesmo no seu desenho arquitetônico, estão cheias de espaços que entrelaçam, põem em relação, favorecem o reconhecimento do outro” (Cfr. EG, nº 210).
Depois de sublinhar a situação generalizada de milhões de sem pátria, o texto se detém sobre uma temática bem específica, tema da Campanha da Fraternidade de 2013, promovida pela Conferência Nacinal dos Bispos do Brasil (CNBB) durante o temo da Quaresma. "Faz-me sofrer a situação daqueles que são objeto das diversas formas de tráfico de pessoas. Gostaria que se escutasse o grito de Deus que pergunta a todos nós ‘Onde está o teu irmão?’ (Gn 4,9). Onde está o teu irmão escravo? Onde está aquele que você está matando cada dia na pequena fábrica clandestina, na rede da prostituição, nas crianças que você alicia para exploração, naqueles que devem trabalhar escondidos porque não encontram-se em situação irregular? Não façamos de conta que nada existe. Existem muitas complicações. A pergnta se impõe para todos! Nas nossas cidades está implantado este crime mafioso e aberrante, e muitos têm as mãos que gotejam sangue por causa de uma cumplicidade cômoda e muda” (Cfr. EG, nº 211).
Retomando um tema caro à Populorum Progressio de Paulo VI (1967) e à Solicitudo Rei Socialisde João Paulo II (1987), o Papa Francisco diz "que a paz social não pode ser entendida como inércia ou como uma mera ausência de violência, obtida mediante a imposição de uma parte sobre a outra. Seria igualmente uma falsa paz aquela que servisse como desculpa para justificar uma organização social que tenha como meta fazer calar ou tranquilizar os mais pobres, de modo que aqueles que gozam de maiores benefícios possam manter o seu estilo de vida sem abalos, enquanto os outros sobrevivem como podem” (Cfr. EG, nº 218). Vem à tona, como nas encíclicas precedentes acima citadas, o contraste flagrante entre o progresso tecnológico e o crescimento econômico, nos países e regiões centrais ou desenvolvidas, de um lado, e, de outro, os países ou regiões periféricas e subdesenvolvidas. Contraste que se agrava com a concentração de renda e riqueza ao lado da exclusão social, o desperdício e a "idolatria do consumo” ao lado da pobreza e da fome, o luxo ao lado da miséria – todos fatores de deslocamento de massa, especialmente do sul pobre do planeta em direção ao norte rico.
"As reivindicações sociais” –continua o Santo Padre– "que têm a ver com a distribuição das entradas, a inclusão social dos pobres e os direitos humanos, não podem ser sufocados com o pretexto de construir um consenso sobre a mesa ou uma efêmera paz para uma minoria feliz. A dignidade da pessoa humana e o bem comum estão acima da tranquilidade de alguns que não querem renunciar a seus privilégios. Quando estes valores são sacrificados, faz-se necessária uma voz profética” (Cfr. EG, nº 218). Voz que, no caso do ataul pontífice, se faz "carne”: gesto, presença, solidariedade, como por exemlo, na visita à ilha de Lampedusa, ponto de chegada dos refugiados e prófugos da África e Oriente Médio, numa tentativa de chegar à Europa.
Citando literalmente a Populorum Progressio (PP), conclui o Papa Fracisco: "A paz ‘não se reduz a uma ausência de guerra, fruto do equilíbrio sempre precário das forças. Ela se constrói dia a dia, perseguindo uma ordem que está na vontade de Deus, a qual comporta uma justiça mais perfeita entre os homens’. Definitivamente, uma paz que não emerge como fruto do desenvolvimento integral de todos, sequer terá futuro e será sempre causa de novos conflitos e de várias formas de volência” (Cfr. nº 219). Conflitos e volência que, como sabemos, constituem frequentemente a causa imediata de tantos deslocamentos humanos.
Evidente que o desenvolvimento entendido como "novo nome da paz”, para usar uma expressão basilar da encíclica PP, evitaria a migração desesperada de tantos jovens, de ambos os sexos, boa parte de nível superior, em busca de melhores condições de vida fora do país em que nasceram. Fuga, hemoragia ou circulação de cérebros, o fato é que esse movimento de massa tende a aprofundar o desequilíbrio entre as nações, tornando os fortes mais fortes e os fracos mais fracos. É a lei da seleção natural, de Darwin, aplicada no contexto socioeconômico da globalização. Ao "direito de ir e vir” assegurado a todo cidadão, corresponde o "direito de ficar” – de construir o próprio futuro e o da família na pátria de nascimento. Um e outro, de qualquer forma, devem estar subordinados a uma cidadania mais ampla e sem fronteiras que inclui o mundo como pátria universal, como lugar de passagem e antecipação do Reino definitivo e eterno.
Immigrazione: per il 61% degli italiani sono una risorsa vitale
Milano - Cosa pensano gli italiani dell’immigrazione? Da una recentissima ricerca dell’Ipsos e della Fondazione Ismu “L’immigrazione straniera: opportunità, risorse, problemi” è emerso che tra gli intervistati prevale l’impressione che gli immigrati rappresentino una quota eccessiva della popolazione e che il numero dei clandestini sia uguale o addirittura superiore a quello dei regolari. Ma, nonostante la tendenza a sopravvalutare la dimensione quantitativa del fenomeno migratorio, dall’indagine emerge che il 61% degli intervistati considera gli immigrati presenti in Italia una “risorsa vitale”. Il 79% è d’accordo a estendere la cittadinanza italiana ai figli di immigrati stranieri nati in Italia. Inoltre il 46% ritiene molto positivo il fatto che gli immigrati ci abbiano fatto conoscere nuovi cibi, culture e comportamenti. Il 48% invece ha la netta impressione che l’Unione Europea stia scaricando sull’Italia la soluzione del problema della clandestinità, evitando di occuparsene come dovrebbe. Per il 50% degli intervistati l’Italia deve mantenere il reato di clandestinità.
9 dicembre 2013
8 dicembre 2013
LECTIO DIVINA CICLO A, (Mt 3, 1-12)
Juan Bautista es una de las grandes figuras del Adviento; con su presencia y su predicación anuncia la llegada del tiempo del Mesías. El gran ministerio salvífico de Jesús está precedido por el ministerio penitencial de Juan Bautista. Todo lo que él hace es de gran valor, pero está sometido a obra de Jesús, el Hijo de Dios, enviado por Él para nuestra salvación.
El pasaje de Mateo 3,1-12 nos describe con diversos acentos el perfil del impávido predicador que anuncia en el desierto un cambio de vida, que capacita a las personas a comprender cómo vivir la confrontación final. En medio de su predicación, valiente y exigente, se vislumbra una esperanza de vida y salvación, que es lo que en última instancia quiere Jesús que vivamos. El relato fluye de manera organizada y didáctica, como es característico en Mateo, partiendo de un resumen inicial que nos dice de dónde y en donde aparece Juan (primera parte), ampliando luego con una descripción narrativa su vida (segunda parte) y, finalmente, presentándonos una pieza de su predicación (tercera parte). Abordemos entonces el texto del ministerio profético de Juan Bautista en sus tres partes:
Seguimiento:
1. Por aquellos días se presentó Juan el Bautista, proclamando en el desierto de Judea:
2. «Conviértanse porque ha llegado el Reino de los Cielos».
3. Éste es aquél de quien habla el profeta Isaías cuando dice: ‘Voz del que clama en el desierto: Preparen el camino del Señor, enderecen sus sendas’.
4. Tenía Juan su vestido hecho de pelos de camello, con un cinturón de cuero a sus lomos, y su comida eran langostas y miel silvestre.
5. Acudían entonces a él Jerusalén, toda Judea y toda la región del Jordán,
6. y eran bautizados por él en el río Jordán, confesando sus pecados.
7. Pero viendo él venir muchos fariseos y saduceos al bautismo, les dijo: «Raza de víboras, ¿quién les ha enseñado a huir de la ira inminente?
8. Den, pues, fruto digno de conversión,
9. y no crean que basta con decir en su interior: ‘Tenemos por padre a Abraham’; porque les digo que puede Dios de estas piedras hacer hijos a Abraham.
10. Ya está el hacha puesta a la raíz de los árboles; y todo árbol que no dé buen fruto será cortado y arrojado al fuego.
11. Yo los bautizo en agua para conversión; pero aquel que viene detrás de mí es más fuerte que yo, y no soy digno de llevarle las sandalias. Él los bautizará en Espíritu Santo y fuego.
12. En su mano tiene el bieldo y va a limpiar su era: recogerá su trigo en el granero, pero la paja la quemará con fuego que no se apaga».
I. Lectura: entender lo que dice el texto fijándose en como lo dice.
La predicación caracterizó a Juan; su tarea fue proclamar pública y personalmente, de viva voz la llegada del Reino. Como predicador, Juan quiso despertar las conciencias ante la obra que Dios estaba haciendo y conseguir que ésta fuera recibida por personas bien dispuestas.
Juan es el primero de los predicadores, de hecho Jesús y sus discípulos serán descritos en términos similares (se interesaban por su ministerio profético 4,17.23; 9,35; 10,7.27; 11,1). Él profetizaba la llegada de Alguien que vendría a sembrar las semillas del Reino.
El “desierto, lugar deshabitado, fue su centro de operaciones, no Jerusalén ni el Templo. ¿Por qué Juan predicó allí, donde no hay casi nadie? ¿Por qué ese sitio que bien podría pensarse favorecía una fuga de la realidad?
El espacio insólito de la predicación aparece unido al anuncio de los nuevos tiempos que se aproximan. El desierto es el punto de partida de algo nuevo.
¿Cuál era el pregón de Juan? Una frase breve y fuerte parece resumirlo. Tiene dos partes: Un imperativo: “Conviértanse”, (un llamado que se repetirá al final, en el v.11).
Un llamado para distanciarse de todo lo que hasta entonces había tenido valor; los antiguos criterios de vida perdieron vigencia ante la nueva misión. Es como si se dijera: ¡Denle una impronta nueva a su vida!
Una motivación: “Porque ha llegado el Reino de los Cielos”. La conversión no es para volver atrás, al punto de partida, sino para ir más allá, para dar pasos hacia delante en la dirección del “Reino”:
La obra del Dios Creador y Señor de la historia, que viene a cumplir sus promesas y a plantear sus exigencias es el pregón del primer heraldo del Evangelio. Él invita a sus seguidores a dejar el pecado y a convertirse a Dios, que “ha llegado”.
Juan Bautista dice que el “Reino” ya “ha llegado”, que está presente. Es importante la anotación de que la soberanía es “de Dios”. Él siempre ha obrado en medio de su pueblo, pero viene ahora Él mismo, en persona: él mismo está ahí.
Como deja ver Juan en su predicación: Dios puede cambiar el mundo (“Reino”), pero le corresponde a cada querer cambiar (“Convertirse”).
II. Meditación: aplicar lo que dice el texto a nuestra vida
“Voz del que clama en el desierto: Preparen el camino al Señor, enderecen sus sendas”. Juan se presenta como el heraldo que grita el mensaje de su Señor; no realiza una misión por iniciativa propia, sino como enviado por Dios.
A la luz de la profecía de Isaías (40,3), que para Mateo es el profeta de la salvación mesiánica, el ministerio de Juan arroja nuevas luces: Con la venida de Juan se cumple una antigua profecía de Isaías. Juan es la “voz” que personifica históricamente a aquel misterioso personaje presentado por Isaías (quizás un miembro de la asamblea del consejo de la corte celestial), que era eco a las instrucciones de Dios, para el pueblo que regresaba de la cautividad de Babilonia.
La voz parte del “desierto” pero la finalidad no es quedarse en ese lugar, sino hacer un camino de conversión. Dios viene es más “ya ha llegado”, es preciso hacer camino al Señor”, un camino que no admite senderos tortuosos, pistas extenuantes ni recorridos desalentadores.
¿Qué tan consciente soy de esta gran verdad? ¿Me pongo en actitud de conversión para recibir al Señor? ¿Favorezco esta disposición no solo en mi, sino entre los míos?
El desierto es el lugar de la “escucha”, donde se pueden atender las directivas de Dios. Para Israel el desierto fue un punto de referencia que apuntaba a sus orígenes, tanto en la creación, como en la alianza y por eso, como dice profeta Oseas, es posible ir al desierto para regresar y vivir el proyecto de Dios con la fuerza del amor primero (ver Os 2,16).
El “desierto”, como referente bíblico-histórico, parece ser esencial (así 3,3 y 4,1). El mismo Mateo da la clave. Como lo indica la cita de Isaías (40,3), hay una nota de esperanza que percibe, en la flamante peregrinación del Pueblo que retorna del exilio, la acción poderosa de Dios; después del éxodo el pueblo regresa purificado –habiendo aprendido las lecciones de la historia- y dispuesto a construir una nueva sociedad.
Esta clave de un nuevo éxodo también es subrayada en la experiencia de Jesús en el desierto (ver 4,1). Lo importante del anuncio es que es Dios mismo, en cuanto “Señor” es, quien guía a su pueblo: como un pastor que guía a su rebaño. Bajo su guía, el pueblo alcanzará victorioso la meta de su caminar histórico. Juan invita a los hombres a renunciar a sus seguridades, a sus actitudes, a lo que los aleja de Dios.
¿A qué puedo renunciar para encontrarme con el Señor? ¿Cuáles son las actitudes que me impiden recibirlo?
El evangelista Mateo nos presenta los rasgos “históricos” de su cualificado ministerio. La descripción del personaje sigue dos círculos concéntricos: Juan a solas (3,4) y Juan rodeado de la multitud que acude a su predicación (3,5). Se percibe aún una tercera coordenada, que es la anotación del evangelista sobre el éxito de la misión de Juan (3,6). El profeta aparece como un típico personaje del desierto: una vida conducida con hábitos de máxima austeridad, sin la más mínima ostentación.
Este hombre vestía como los beduinos del desierto. Pero hay más. Esta manera de vestirse nos remite al profeta Elías (“un hombre vestido de pieles y faja de piel ceñida a la cintura”, nos dice 1º Reyes 1,8), cuya indumentaria se convirtió posteriormente en el “uniforme” de los profetas (ver Zacarías 13,4). También se alimenta con una asombrosa austeridad, con la comida más sencilla; era casi un vegetariano: “comía langostas y miel silvestre”); era un hombre que en asombrosa pobreza vivía completamente dedicado a Dios: ‘un verdadero asceta’.
Vivía con lo estrictamente necesario, al margen de las apariencias y la sociedad de consumo. Como predicador tenía su corazón dispuesto y dedicado a la causa de Dios: vivía abandonado a su providencia y en función del valor mayor. Relativizaba todo de manera que nada lo apartara de su voluntad. Vivía una fuerte e intensa elación con Dios.
¿Cómo es mi relación con el Señor y qué tan capaz soy de vivir ascéticamente para que Él y lo que a Él toca sea realmente lo que me llene?
El pueblo buscaba a Juan: tenía éxito, conseguía movilizar la fe de la gente. El radio de acción de su predicación alcanzó a la gran ciudad, “Jerusalén”; igualmente tocó la población campesina de la provincia, “toda Judea” y también a los que eran sus seguidores en los alrededores del Jordán.
¿Por qué toda esa gente, bien los más lejanos como los más cercanos estaban deseosos de escuchar a Juan? Cuántos experimentaron que no era el tener cosas ni el poder arbitrario lo que los llenaba… En la predicación del profeta descubrían un llamado y escuchándolo querían recomenzar para responderle a Dios. ¿Qué le dice nuestra actitud y nuestra palabra a los que nos escuchan?
Los oyentes de Juan vivían un proceso de conversión. Se bautizaban en el río Jordán, confesando sus pecados”. Su predicación era acompañada del bautismo. La descripción del evangelista deja entender que el profeta tuvo éxito en su predicación: fue tomado en serio.
Quien se bautizaba era invitado a vivir libre del pecado en la espera de la salvación que estaba por venir. Confesar sus pecados implicaba la pureza de corazón, una pureza legal y moral. Dos cosas se desprenden del llamado que Dios hace a los bautizados por Juan: que se tenían que convertir y dar frutos de conversión.
La persona es comparada con un árbol y los frutos dignos de arrepentimiento son las buenas obras (3:10; 7:15-20; 12:33; 13:8, 23; 21:43). Estas buenas obras serán la base del juicio de Dios en el fin escatológico que describe Mateo en el capítulo 25.
La preparación del camino del Señor implica arrepentimiento y un cambio de vida: metanoia’. La confesión hace que el penitente asuma responsabilidades y un estilo de vida, basado en una serie de opciones, y compromisos en relación a Cristo y su Evangelio. Un cambio de vida nos lleva a ser de Dios y de los que nos rodean. Esta segunda semana del Adviento me dispongo a hacer mi confesión y recibir al Señor, bien preparad@.
OREMOS este texto desde nuestra vida
Padre Dios: Ayúdanos a vivir como Juan Bautista, con valentía y claridad las exigencias de nuestro bautismo. Que la conversión sea en nosotros una actitud y no un acto pasajero; que nos reconozcamos pecadores y nos decidamos a dejar nuestro pecado, para vivir el bien y lo bueno, a cualquier costo. Llévanos al desierto de la penitencia para experimentar una mayor necesidad de ti.
Que tu voz nos mueva a la conversión. Que hagamos experiencia de tu amor, amando a nuestro prójimo, de la mano de María, la Señora del Adviento. ¡Amén!
7 dicembre 2013
6 dicembre 2013
Finlandia
Con la Finlandia celebriamo l’Indipendenza (1917). La chiesa cattolica è
presente nel paese delle renne con una diocesi, che comprende tutto il
territorio nazionale. I cattolici sono 11.345 su 5.236.611 abitanti.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)
5 dicembre 2013
Thailandia
Con la Thailandia celebriamo il Compleanno del Re (1927). La chiesa
cattolica nell’ex Siam è presente con 2 arcidiocesi e 8 diocesi. I cattolici
sono circa 300.000 su una popolazione di 60 milioni di abitanti.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)
2 dicembre 2013
Emirati Arabi Uniti e Laos
Con gli Emirati Arabi Uniti celebriamo l’Indipendenza e la proclamazione
dell’Unione (1971). I cattolici sono circa 650.000, in gran parte provenienti
da India e altri paesi asiatici, su una popolazione di 4 milioni di abitanti. Ci
sono 7 parrocchie; nella capitale Dubai la chiesa gestisce due scuole,
frequentate da più di 3.500 studenti.
Con il Laos festeggiamo la Repubblica (1975). I cattolici sono 40.000,
numero che rappresenta lo 0,65% della popolazione.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)
1 dicembre 2013
Repubblica Centrafricana e Romania
Con la Repubblica Centrafricana celebriamo l’Indipendenza (1960). I cattolici
sono 800.000 (21,72%) su 3 milioni di abitanti.
Con la Romania festeggiamo l’Unione (1918). I cattolici sono 2 milioni su
20 milioni di abitanti.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)
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