Il giorno 29 dicembre 2016 alle ore 8:15 suonò il telefono, e Suor Gabriella (FMA, casa di Clusone - BG) con poche semplici parole annunciò: “Suor Anselmina ci ha lasciato”.
Ho avuto un momento di smarrimento e subito ho telefonato ad alcune famiglie - anch’esse adottive - per comunicare l’accaduto, mentre il mio viso veniva bagnato da lacrime di dolore per la perdita della mia seconda madre.
Suor Anselmina è stata come una seconda madre per parecchie famiglie adottive, per averle largamente aiutate nell’adozione internazione di bambini provenienti dall’Ecuador.
Nel lontano 1981 mio marito ed io siamo stati la prima coppia che Suor Anselmina ha aiutato nell’adozione dei nostri figli. Questa esperienza rappresentò una sorta di apripista per una nuova opera assistenziale: l’Ispettrice dell’epoca, Madre Fanny Serra, permise a Suor Anselmina di intraprenderla.
Nell’aprile 1981 l’associazione che ci seguiva nella preparazione delle pratiche per l’adozione ci indicava come tempo di attesa in Bolivia (paese dove operava) circa 2 anni, e ci consigliava di rivolgerci ad altri stati del Sud America.
Non sapendo come muoverci per procedere con la nostra prima pratica di adozione, telefonammo in curia a Milano presso l’ufficio missioni chiedendo nominativi di associazioni religiose lombarde operanti in Sud America. Il consiglio unanime delle due addette fu di rivolgersi ai SALESIANI.
Abitando a poca distanza da Contra di Missaglia, al confine dell’attuale provincia di Lecco, ci recammo lì per chiedere nominativi di suore missionarie (magari Italiane, per un semplice fatto di lingua) presenti in Sud America. Dal cassetto della sua scrivania, la portinaia del noviziato estrasse un libro tipo dizionario delle Figlie di Maria Ausiliatrice sparse nel mondo e dicendo che l’edizione che aveva tra le mani era la più aggiornata, perché da poco arrivata in convento. Osservando le pagine relative alle case Salesiane sparse in tutto il Sud America, si fermò al paese Ecuador, località Manta, direttrice Suor Ronchi Anselmina, e su un biglietto appuntò il numero di telefono.
Contenti per la notizia ricevuta, tornammo a casa e subito ci mettemmo in contatto con Suor Anselmina. Lei rimase positivamente stupita dalla nostra richiesta, ma aggiunse anche di provare a richiamare dopo sette giorni perché una delle suore si recava in ospedale per fare volontariato un giorno alla settimana, e solo allora avrebbe potuto chiedere se ci fossero bambini abbandonati destinati all’adozione.
La settimana passò velocemente, e come stabilito contattammo nuovamente Suor Anselmina. Ci rispose molto euforica e decisamente agitata, in quanto era nato un bambino e occorreva subito la presenza dei genitori adottivi sul posto per poter procedere alla pratica di adozione internazionale.
In breve tempo preparammo biglietti aerei e bagagli, partendo alla volta della capitale dell’Ecuador. All’aeroporto di Quito ci attendevano 2 suore Salesiane, missionarie italiane. Passammo due giorni presso la casa Ispettoriale di Quito, e poi partimmo alla volta di Manta (provincia di Manabí) dove ci attendevano Suor Anselmina insieme alla sua comunità. Dapprima fummo ospitati da una famiglia Italiana, alla quale siamo tuttora molto riconoscenti, ma successivamente la pratica diventò lunga e complicata, ed essendo anch’esse alle prime armi in tema di adozioni internazionali, le suore Salesiane ci ospitarono nella loro comunità. In quel luogo, a parte prendere dimestichezza con la lingua, imparavamo e venivamo quotidianamente a conoscenza di tante cose: chi sono i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice, l’instancabile Suor Maria Troncatti – Beata dal 2012, e le consorelle Suor Carlotita e Suor Ortensita (che avevano vissuto in comunità con la Beata Suor Troncatti).
Intanto Suor Anselmina apprendeva velocemente come aggirarsi nei meandri della burocrazia tra tribunali dei minori e “BENESTAR SOCIAL” (ministero delle pratiche sociali) per la presentazione delle pratiche, le delibere, le traduzioni giurate e i visti consolari. Quando l’iter burocratico si incagliava, lei ci accompagnava sempre. Fisicamente e con la preghiera.
Prima di ogni partenza si recitava la provvidenziale preghiera “Madre Palomino illumina il nostro cammino“ seguita subito dalla recita del S. Rosario e tra una decina e l’altra le varie invocazioni a Don Bosco, Madre Mazzarello e Maria Ausiliatrice.
Se la destinazione dei vari viaggi era Quito, e si andava da soli talvolta accompagnati da consorelle che per necessità si recavano alla casa ispettoriale della capitale o in Cumbayà, si partiva sempre ben rifornite di scatole di tonno, zucchero e generi di varia necessità per le case del Noviziato o quelle delle suore anziane. Per Suor Anselmina, essere Salesiana era anche questo: tutte le case della congregazione sparse in Ecuador dovevano poter vivere sul supporto e sull’aiuto reciproco.
Non era ancora terminata la nostra prima pratica, quand’ecco arrivare la seconda coppia di genitori adottivi da Ronco Briantino per la seconda adozione: una bimba nata circa un mese dopo il nostro arrivo in Ecuador. Da qui il susseguirsi di tante ed ulteriori pratiche, anche dopo che Suor Anselmina da Manta venne trasferita a Cuenca (luogo della nostra seconda adozione) e poi a Quito. Dalla capitale ebbe occasione di seguire molte altre pratiche adottive di bambini nati ad Ambato, Quito, Amaguaña, e in molti altri luoghi dell’Ecuador.
Fermarsi qui sarebbe riduttivo. Il lavoro di Suor Anselmina si rivolse anche ai compiti manuali, alla fatica quotidiana, alla formazione delle Novizie, e alle adozioni a distanza. Fra queste una ragazza che vive in Quito e che tramite le suore che vivono in Amaguaña è in contatto diretto con la famiglia italiana, la quale ha anche un figlio adottivo in precedenza giunto dall’Ecuador all’Italia.
I figli adottivi, se così possiamo chiamarli sono sparsi un po’ ovunque: Lombardia, Veneto, altre parti del Nord Italia (e Sud Italia?), ma anche all’estero. Alcuni tra essi, ormai adulti, hanno già formato o si apprestano a formare una propria famiglia. Qualcuno ha già figli, possiamo dire veramente meravigliosi. In tutti loro vive lo spirito che Suor Anselmina ha saputo trasmettere, in un modo o nell’altro.
Suor Anselmina ha dato personalmente e ha lasciato in eredità a noi tutte famiglie adottive un grande esempio di totale disponibilità verso il prossimo. Il suo stile di vita semplice e laborioso, tra i vari segni, si è concretizzato anche in una scuola di educazione (conversazioni sul sistema educativo) che ci trasmetteva nei vari momenti di comunità, dal semplice stare in refettorio ai vari viaggi effettuati insieme.
Il suo motto era “non rompere nessuna relazione con alcuno, tieni sempre i contatti, anche se fosse un debole filo che unisce alle altre persone: le consorelle, il mondo esterno, gli amici lontani.
Questo è ciò che Suor Anselmina auspicava: che anche noi famiglie adottive mettessimo in pratica non solo l’educazione dei bambini dall’infanzia all’adolescenza, ma anche uno stretto rapporto – per nulla scontato - con i figli divenuti adulti, perché l’educazione e il buon esempio si attuano e rinvigoriscono in ogni istante della vita, continuamente.
Carissima zia Anselmina, come tutti noi ti chiamavamo: non ti dimenticheremo mai. In fin dei conti siamo solo piccole gocce in un mare immenso, piccoli semi su una terra sconfinata. Ma ci teniamo a dirti, come tu ci sei stata sempre ad accompagnarci nei vari momenti di bisogno, che noi siamo qui. Alcuni dove li hai lasciati, altri che si sono mossi con le proprie gambe nel mondo. E se un giorno saremo capaci di portare qualche buon frutto, sarà anche merito di quanto tu hai seminato con la tua bontà.
Lì nel paradiso avrai sicuramente incontrato alcune mamme e papà che ti hanno preceduto.
Un abbraccio da tutti noi e dalle nostre famiglie.
Oscar, Paolo, Mariuxi, Maria Esperanza con la piccola Melody, Paul, Michelangelo, Dario, Angelica e i suoi tre figli, Margherita con le sue tre figlie, Francesco, Roberta, Natali, David, Pacci (Belgio), Nadia e fratello (Germania), Erika, ecc…
Profilo di Sr. Anselmina Ronchi