Nel 2013 il numero di lavoratori stranieri occupati in Italia è
aumentato di circa 22mila unità, in uno scenario che ha visto invece una forte
riduzione dell'occupazione italiana (-500mila unità).
Il tasso di occupazione tra i migranti extra-UE cala, ma resta
leggermente più alto di quello degli italiani (55,9% contro il 55,3%), mentre
quello degli stranieri comunitari si attesta ancora al 63%.
Cresce però anche il numero dei migranti UE ed extra-UE in cerca di
lavoro, che aumentano rispettivamente del 24,9% e del 30,6% (mentre gli
italiani dell'11%), così come quello degli inattivi (+7,9% per gli stranieri
UE, +5,9% tra gli extra-UE).
Questi i principali dati del IV
Rapporto annuale “Gli immigrati nel
mercato del lavoro in Italia”, presentato il 30 luglio e curato dalla
Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in collaborazione con la
Direzione Generale per le politiche e i servizi per il lavoro, l'INPS, l'INAIL,
Unioncamere, e con il coordinamento di Italia Lavoro SpA. Presenti il
Sottosegretario Franca Biondelli, il Direttore Generale dell’immigrazione e
delle politiche di integrazione Natale Forlani, il Direttore Generale per le
politiche dei servizi per il lavoro Grazia Strano e il Presidente di Italia
Lavoro S.p.A. Paolo Reboani.
Dal 2007 al 2013 l'occupazione
degli stranieri è aumentata di 853mila unità, a fronte a un calo nello stesso
periodo di oltre 1,6 milioni di italiani. L'incidenza degli stranieri sul
totale degli occupati è così salita al 10,5%, con punte del 19,7% nel settore
delle costruzioni, del 13,6% in agricoltura, e con un peso assolutamente
preponderante nei servizi di cura, in cui l'80% della forza lavoro è immigrata.
Gli stranieri continuano quindi a rispondere bene alla domanda di lavoro nelle
aree in cui sono richieste mansioni esecutive, manuali e a bassa
qualificazione.
Tuttavia, con 110mila stranieri
in più in cerca di occupazione, sale tra gli immigrati anche il tasso di
disoccupazione, che raggiunge il 17% sopravanzando quello degli italiani di
circa 6 punti. Al dato sulla disoccupazione si aggiunge quello degli inattivi,
che crescono di 77mila unità tra gli stranieri, soprattutto extra UE.
Il fenomeno - ha dichiarato
Natale Forlani - si spiega soprattutto considerando l'ingresso nel mercato
del lavoro, in cerca di occupazione, di tanti giovani di seconda generazione o
giunti in Italia attraverso ricongiungimento». Come mostra il Rapporto, gli
stranieri sono il 15,8% del totale dei NEET, i giovani privi di occupazione e
fuori dai sistemi formativi, che in Italia sono oltre 2,4 milioni. Se poi si
guarda al tasso dei NEET sul totale della popolazione della medesima età (15-29
anni), le comunità con il valore più altro sono quelle di Bangladesh, Marocco,
Tunisia, Egitto, Sri Lanka, che superano di molti punti percentuali il tasso
della popolazione italiana della stessa fascia d'età (24,7%). Si tratta anche
dei gruppi in cui si rileva il più forte divario di genere. Le donne sono
infatti il 66% dei NEET stranieri.
Per quanto riguarda gli adulti,
la crisi ha penalizzato soprattutto i lavoratori maschi e quelli operanti nei
settori in maggiore sofferenza, con una particolare esposizione di quelli di
origine extracomunitaria. Resistono invece maggiormente i modelli di
occupazione al femminile, per lo più nel settore dei servizi di cura, che
impiega componenti importanti di stranieri UE. Tra loro si riscontrano infatti
tassi di occupazione più alti e tassi di disoccupazione più contenuti rispetto
agli immigrati extra-UE.
Tra questi ultimi è rilevante la
quota di coloro che hanno beneficiato di politiche passive per il lavoro: CIG,
indennità di mobilità, indennità di disoccupazione – con un'incidenza del 13%
sul totale dei beneficiari (che raggiunge il 20% se sommata a quella degli
stranieri UE). "Il punto - ha concluso Forlani - è
nelle politiche attive. Se delle politiche passive gli stranieri
usufruiscono ampiamente, mostrano invece una bassa propensione a rivolgersi ai
Centri per l'Impiego. Continua a prevalere il passaparola per il reclutamento
lavorativo. Questo modello generalmente funziona, ma quando il mercato del
lavoro si contrae sono necessarie politiche attive per il lavoro».
Sulla stessa linea l'On. Franca
Biondelli, che ha richiamato l'attenzione sulle famiglie, sia italiane che
migranti, a rischio di povertà e ha ricordato che "il governo intende
puntare sulle politiche attive, specialmente rivolte ai giovani, mentre al
contempo mira a favorire un dialogo con i Paesi di origine per promuovere
sempre più efficaci processi di migrazione circolare qualificata».
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