29 agosto 2014
25 agosto 2014
Ennesima ecatombe nel Mediterraneo: “Si ponga fine al massacro”.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito ancora una volta attoniti all’orrore. Uomini donne e bambini in fuga da guerre e persecuzioni hanno trovato la morte nel tentativo di chiedere asilo in Europa.
Un tragico bilancio che ci fa contare in centinaia le vittime innocenti di trafficanti senza scrupoli e di viaggi disumani e inaccettabili.
P. Giovanni La Manna, presidente Centro Astalli – Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, commenta così le notizie degli ultimi naufragi: “Ancora una volta piangiamo gli effetti scellerati di una mancanza cronica di canali umanitari sicuri che permettano di chiedere asilo senza doversi affidare a criminali. Non basta piangere la morte di chi ha l’unica colpa di fuggire da paesi martoriati da conflitti e da gravi violazioni dei diritti umani.
Le istituzioni nazionali ed europee pongano fine al massacro.
L’Operazione Mare Nostrum da sola non è sufficiente. Dovrebbe essere una misura a cui ricorrere straordinariamente per salvare vite in mare. Non può essere l’unico strumento di cui disponiamo per garantire l’esercizio del diritto d’asilo in Europa ed evitare la morte di innocenti. Questo immobilismo ci rende corresponsabili”.
Nota alla stampa
http://centroastalli.it/
Beata Sr. Maria Troncatti (1883 – 1965)
“Mi dite di non chiedere di andare alla missione? Non [lo] chiedo perché voglio proprio fare la Santa Volontà di Dio. Ma se i miei Superiori mi mandano, con tutto il cuore ci vado, il mio pensiero l’ho sempre alla missione.”
22 agosto 2014
Mezzo milione di cattolici vietnamiti in pellegrinaggio al santuario mariano di La Vang
Per la Chiesa vietnamita si è trattato di
un “evento-testimonianza” che conferma la devozione dei fedeli per la Vergine.
Presenti anche i vertici della Conferenza episcopale locale e mons. Leopoldo
Girelli. Il pellegrinaggio occasione per rilanciare l’impegno
missionario sul tema della “Evangelizzazione della vita familiare”.
Ho Chi Minh City
- Seguendo una tradizione ormai consolidata, nei giorni scorsi la comunità
cattolica vietnamita ha partecipato in massa al pellegrinaggio al santuario di
Nostra Signora di La Vang, "avvenimento" e "testimonianza"
della vita della Chiesa locale. Dal 13 al 15 agosto una folla di fedeli
ha visitato il luogo di culto, divenuto nel tempo testimonianza più antica ed
emblema della devozione mariana in tutto il Vietnam. I primi incontri di
preghiera attorno alla Vergine di La Vang, nell'omonimo villaggio della
provincia centrale di Quang Tri, risalgono all'epoca della dinastia Tay Son, a
fine '700. Un culto nato a meno di 200 anni dall'arrivo nel Paese asiatico dei
primi missionari gesuiti (nel 1615 a Hôi An) e almeno 70 prima dell'inizio del
periodo coloniale francese.
Dal manipolo di
fedeli perseguitati che, ai primi tempi, si recavano in visita per implorare la
protezione della Vergine, si sono sostituite le grandi folle di fedeli
(cattolici e non) dei nostri tempi. Tuttavia anche nel recente passato,
in particolare negli anni '70 e '80, le restrizioni alla libertà religiosa -
imposte dal governo comunista dopo la riunificazione del Paese - hanno posto
forti limiti ai pellegrinaggi.
Il santuario di La Vang è tornato negli anni ad accogliere
migliaia di fedeli grazie alla testimonianza eroica e coraggiosa di alcune
grandi personalità della Chiesa vietnamita; fra queste vi è l'ex arcivescovo di
Huê mons. Philippe Nguyên Kim Diên, scomparso nel 1988 mentre era agli arresti
domiciliari per ordine del regime comunista di Hanoi.
Come in occasione di altri pellegrinaggi, oltre mezzo
milione di persone hanno visitato il santuario di La Vang nella tre giorni di
festa; una testimonianza collettiva di fede della comunità cattolica
vietnamita, dai rappresentanti della Conferenza episcopale, del clero e delle
parrocchie, al più umile e semplice dei devoti del culto mariano. Il
pellegrinaggio è divenuto occasione per rilanciare anche l'impegno spirituale e
missionario della Chiesa vietnamita, concentrato quest'anno sul tema della
"Evangelizzazione della vita familiare".
Ad inaugurare la tre giorni di pellegrinaggio erano presenti
il presidente e il vice-presidente della Conferenza episcopale, assieme a
cinque vescovi e altri religiosi che hanno celebrato la messa di apertura. Il
giorno successivo mons. Leopoldo Girelli, rappresentante non permanente della
Santa Sede in Vietnam, ha celebrato la messa della vigilia assieme alla quasi
totalità dei vescovi. Alla solenne concelebrazione eucaristica della mattinata
del 15 agosto erano presenti circa 300mila fedeli.
AMERICA/BRASILE - Aperto il Simposio “Ecumenismo e Missioni”
São Paulo – La
città di Vargem Grande Paulista (SP) accoglierà tra il 21 e il 24 agosto, il
Simposio "Ecumenismo e Missione".
L'evento, che è
organizzato dal Consiglio Nazionale delle Chiese Cristiane del Brasile (CONIC)
in collaborazione con la Pontificia Università Cattolica di Parana (PUC-PR) e
la commissione di Ecumenismo, Laici e Missioni della Conferenza Episcopale
Brasiliana (CNBB), avrà sede presso il Centro Mariapoli Ginetta.
Oltre a discutere
il documento "Testimonianza cristiana in un mondo plurale," preparato
dal CMI, gli ospiti potranno riflettere sul percorso storico del movimento
ecumenico in Brasile, avendo come sfondo il contributo della Conferenza
Regionale dei Vescovi del Nord-Est e il Concilio Vaticano II.
Parallelamente a
questo ci sarà un'analisi delle sfide per la testimonianza e la missione
cristiana - come suggerisce il nome Simposio - sempre in una prospettiva
teologica di inclusione e dialogo.
La nota inviata a Fides delle POM del Brasile sottolinea l’importanza di
questo evento dopo l’incremento delle attività di formazione delle comunità
cristiane nella regione che stanno a coinvolgendo un numero enorme di
partecipanti.
Simpósio Ecumenismo e Missão
A cidade de Vargem Grande Paulista (SP) receberá, entre os dias 21 e 24 de agosto, o Simpósio Ecumenismo e Missão – Testemunho Cristão em um Mundo Plural. O evento, que é uma realização do CONIC, em parceria com a PUC-PR e as comissões de Ecumenismo, Laicato e Missão da CNBB, terá como sede o Centro Mariápolis Ginetta.
Além de discutirem o documento “Testemunho Cristão num mundo plural”, do CMI, os convidados farão um resgate da caminhada histórica do movimento ecumênico no Brasil, tendo como plano de fundo a Conferência do Nordeste e o Concílio Vaticano II. Paralelamente a isto farão uma análise dos desafios para a missão e o testemunho cristão – como o próprio nome do Simpósio sugere -, tudo dentro de uma perspectiva teológica de inclusão e diálogo.
Entre os debatedores estão nomes como Zwinglio Motta Dias, padre Oscar Beozzo, Joanildo Burity, Ignes Costalunga, Roberto Zwestsch, pastor Walter Altmann, frei Carlos Mesters, Francisco Orofino, Wanda Deifelt, Marcelo Schneider, dom Maurício Andrade e Cibelle Kuss.
21 agosto 2014
Non siamo né d’America né d’Italia
Un secolo fa moriva Angela Vallese prima missionaria delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
L'Osservatore Romano (21 agosto 2014), pagina 6.
http://vaticanresources.s3.amazonaws.com/
L'Osservatore Romano (21 agosto 2014), pagina 6.
http://vaticanresources.s3.amazonaws.com/
18 agosto 2014
Dichiarazione del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso
Déclaration du Conseil pontifical pour le Dialogue interreligieux, 12.08.2014
[B0567]
Testo in lingua originale
Le monde entier a assisté, stupéfait, à ce qu’on appelle désormais « la restauration du califat » qui avait été aboli le 29 octobre 1923 par Kamal Atatürk, fondateur de la Turquie moderne.
La contestation de cette « restauration » par la majorité des institutions religieuses et politiques musulmanes n’a pas empêché les jihadistes de l’« Etat Islamique » de commettre et de continuer à commettre des actions criminelles indicibles.
Ce Conseil pontifical, tous ceux qui sont engagés dans le dialogue interreligieux, les adeptes de toutes les religions ainsi que les hommes et les femmes de bonne volonté, ne peuvent que dénoncer et condamner sans ambiguïté ces pratiques indignes de l’homme:
- le massacre de personnes pour le seul motif de leur appartenance religieuse;
- la pratique exécrable de la décapitation, de la crucifixion et de la pendaison des cadavres dans les places publiques;
- le choix imposé aux chrétiens et aux yézidis entre la conversion à l’islam, le paiement d’un tribut (jizya) ou l’exode;
- l’expulsion forcée de dizaines de milliers de personnes, parmi lesquelles des enfants, des vieillards, des femmes enceintes et des malades;
- l’enlèvement de jeunes filles et de femmes appartenant aux communautés yézidie et chrétienne comme butin de guerre (sabaya);
- l’imposition de la pratique barbare de l’infibulation;
- la destruction des lieux de culte et des mausolées chrétiens et musulmans;
- l’occupation forcée ou la désacralisation d’églises et de monastères;
- la retrait des crucifix et d’autres symboles religieux chrétiens ainsi que ceux d’autres communautés religieuses;
- la destruction du patrimoine religieux-culturel chrétien d’une valeur inestimable ;
- la violence abjecte dans le but de terroriser les personnes pour les obliger à se rendre ou à fuir.
Aucune cause ne saurait justifier une telle barbarie et certainement pas une religion. Il s’agit d’une offense d’une extrême gravité envers l’humanité et envers Dieu qui en est le Créateur, comme l’a souvent rappelé le Pape François.
On ne peut oublier pourtant que chrétiens et musulmans ont pu vivre ensemble - il est vrai avec des hauts et des bas - au long des siècles, construisant une culture de la convivialité et une civilisation dont ils sont fiers. C’est d’ailleurs sur cette base que, ces dernières années, le dialogue entre chrétiens et musulmans a continué et s’est approfondi.
La situation dramatique des chrétiens, des yézidis et d’autres communautés religieuses et ethniques numériquement minoritaires en Irak exige une prise de position claire et courageuse de la part des responsables religieux, surtout musulmans, des personnes engagées dans le dialogue interreligieux et de toutes les personnes de bonne volonté. Tous doivent être unanimes dans la condamnation sans aucune ambiguïté de ces crimes et dénoncer l’invocation de la religion pour les justifier. Autrement quelle crédibilité auront les religions, leurs adeptes et leurs chefs ? Quelle crédibilité pourrait avoir encore le dialogue interreligieux patiemment poursuivi ces dernières années?
Les responsables religieux sont aussi appelés à exercer leur influence auprès des gouvernants pour la cessation de ces crimes, la punition de ceux qui les commettent et le rétablissement d’un état de droit sur tout le territoire, tout en assurant le retour des expulsés chez eux. En rappelant la nécessité d’une éthique dans la gestion des sociétés humaines, ces mêmes chefs religieux ne manqueront pas de souligner que le soutien, le financement et l’armement du terrorisme est moralement condamnable.
Ceci dit, le Conseil pontifical pour le Dialogue interreligieux est reconnaissant envers tous ceux et celles qui ont déjà élevé leurs voix pour dénoncer le terrorisme, surtout celui qui utilise la religion pour le justifier.
Unissons donc nos voix à celle du Pape François: « Que le Dieu de la paix suscite en tous un désir authentique de dialogue et de réconciliation. La violence ne se vainc pas par la violence. La violence se vainc par la paix!».
Traduzione in lingua italiana
Il mondo intero ha assistito stupefatto a quella che è ormai chiamata "la restaurazione del Califfato", che era stato abolito il 29 ottobre 1923 da Kamal Ataturk, fondatore della Turchia moderna.
La contestazione di questa restaurazione da parte della maggioranza delle istituzioni religiose e politiche musulmane non ha impedito ai jihadisti dello "Stato Islamico" di commettere e di continuare a commettere atti criminali indicibili. Questo Pontificio Consiglio, tutti coloro che sono impegnati nel dialogo interreligioso, i seguaci di tutte le religioni, così come tutti gli uomini e le donne di buona volontà, non possono che denunciare e condannare senza ambiguità queste pratiche indegne dell’uomo:
- il massacro di persone per il solo motivo della loro appartenenza religiosa;
- l’esecrabile pratica della decapitazione, della crocifissione e dell’impiccagione di cadaveri nelle piazze pubbliche;
- la scelta imposta ai cristiani e agli Yazidi tra la conversione all'Islam, il pagamento di un tributo (la jizya) o l’esodo;
- l’espulsione forzata di decine di migliaia di persone, compresi i bambini, anziani, donne incinte e malati;
- il rapimento di ragazze e di donne appartenenti alle comunità Yazidi e cristiane come bottino di guerra (Sabaya);
- la barbara imposizione della pratica dell'infibulazione;
- la distruzione dei luoghi di culto e dei mausolei cristiani e musulmani;
- l'occupazione forzata o la profanazione di chiese e monasteri;
- la rimozione di crocifissi e di altri simboli religiosi cristiani e di altre comunità religiose;
- la distruzione del patrimonio religioso e culturale cristiano di valore inestimabile;
- la violenza abietta allo scopo di terrorizzare la gente per costringerla ad arrendersi o a fuggire.
Nessuna causa può giustificare tale barbarie e certamente non una religione. Si tratta di una gravissima offesa all'umanità e a Dio che è il Creatore, come ha spesso detto il Papa Francesco.
D’altra parte non possiamo dimenticare che cristiani e musulmani hanno vissuto insieme – sia pure con alti e bassi - nel corso dei secoli, costruendo una cultura della convivialità e civiltà di cui sono orgogliosi. Del resto, è su questa base che, negli ultimi anni, il dialogo tra cristiani e musulmani ha continuato e si è approfondito. La situazione drammatica dei cristiani, degli Yazidi e di altre comunità religiose numericamente minoritarie in Iraq esige una presa di posizione chiara e coraggiosa da parte dei responsabili religiosi, soprattutto musulmani, delle persone impegnate nel dialogo interreligioso e di tutte le persone di buona volontà. Tutti devono unanimemente condannare senza alcuna ambiguità questi crimini e denunciare l’invocazione della religione per giustificarli. Altrimenti quale credibilità avranno le religioni, i loro seguaci e i loro leader? Quale credibilità potrebbe avere ancora il dialogo interreligioso così pazientemente perseguito negli ultimi anni?
I leader religiosi sono inoltre chiamati ad esercitare la loro influenza sui governanti per la cessazione di questi crimini, la punizione di coloro che li commettono e il ripristino dello Stato di diritto in tutto il Paese, assicurando il rientro di chi è stato cacciato. Ricordando la necessità di un’etica nella gestione delle società umane, questi stessi leader religiosi non mancheranno di sottolineare che sostenere, finanziare e armare il terrorismo è moralmente riprovevole.
Detto questo, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso è grato a tutti coloro che hanno già levato la loro voce per denunciare il terrorismo, in particolare chi usa la religione per giustificarlo.
Uniamo dunque le nostre voci a quella di Papa Francesco: "Il Dio della pace susciti in tutti un autentico desiderio di dialogo e di riconciliazione. La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace".
Traduzione in lingua inglese
The whole world has witnessed with incredulity what is now called the "Restoration of the Caliphate," which had been abolished on October 29,1923 by Kamal Ataturk, founder of modern Turkey. Opposition to this "restoration" by the majority of religious institutions and Muslim politicians has not prevented the "Islamic State" jihadists from committing and continuing to commit unspeakable criminal acts.
This Pontifical Council, together with all those engaged in interreligious dialogue, followers of all religions, and all men and women of good will, can only unambiguously denounce and condemn these practices which bring shame on humanity:
- the massacre of people on the sole basis of their religious affiliation;
- the despicable practice of beheading, crucifying and hanging bodies in public places;
- the choice imposed on Christians and Yezidis between conversion to Islam, payment of a tax (jizya) or forced exile;
- the forced expulsion of tens of thousands of people, including children, elderly, pregnant women and the sick;
- the abduction of girls and women belonging to the Yezidi and Christian communities as spoils of war (sabaya);
- the imposition of the barbaric practice of infibulation;
- the destruction of places of worship and Christian and Muslim burial places;
- the forced occupation or desecration of churches and monasteries;
- the removal of crucifixes and other Christian religious symbols as well as those of other
religious communities;
- the destruction of a priceless Christian religious and cultural heritage;
- indiscriminate violence aimed at terrorizing people to force them to surrender or flee.
No cause, and certainly no religion, can justify such barbarity. This constitutes an extremely serious offense to humanity and to God who is the Creator, as Pope Francis has often reminded us. We cannot forget, however, that Christians and Muslims have lived together - it is true with ups and downs - over the centuries, building a culture of peaceful coexistence and civilization of which they are proud. Moreover, it is on this basis that, in recent years, dialogue between Christians and Muslims has continued and intensified.
The dramatic plight of Christians, Yezidis and other religious communities and ethnic minorities in Iraq requires a clear and courageous stance on the part of religious leaders, especially Muslims, as well as those engaged in interreligious dialogue and all people of good will. All must be unanimous in condemning unequivocally these crimes and in denouncing the use of religion to justify them. If not, what credibility will religions, their followers and their leaders have? What credibility can the interreligious dialogue that we have patiently pursued over recent years have?
Religious leaders are also called to exercise their influence with the authorities to end these crimes, to punish those who commit them and to reestablish the rule of law throughout the land, ensuring the return home of those who have been displaced. While recalling the need for an ethical management of human societies, these same religious leaders must not fail to stress that the support, funding and arming of terrorism is morally reprehensible.
That said, the Pontifical Council for Interreligious Dialogue is grateful to all those who have already raised their voices to denounce terrorism, especially that which uses religion to justify it.
Let us therefore unite our voices with that of Pope Francis: "May the God of peace stir up in each one of us a genuine desire for dialogue and reconciliation. Violence is never defeated by violence. Violence is defeated by peace. "
Traduzione in lingua spagnola
El mundo entero ha presenciado estupefacto lo que ahora llamamos "el restablecimiento del califato" que fue abolido el 29 de octubre de 1923 por Kamal Atatürk, fundador de la Turquía moderna.
La protesta contra este "restablecimiento" por parte de la mayoría de las instituciones religiosas y políticas musulmanas no ha impedido a los yihadistas del "Estado Islámico" cometer y continuar cometiendo acciones criminales indecibles.
Este Consejo Pontificio, todos aquellos que están comprometidos en el diálogo interreligioso, los seguidores de todas las religiones y todos los hombres y mujeres de buena voluntad, no pueden sino denunciar y condenar sin ambigüedades estas prácticas indignas del hombre:
- la masacre de personas por el solo motivo de su profesión religiosa:
- la práctica execrable de la decapitación, la crucifixión y de colgar los cadáveres en la plazas públicas;
- la elección impuesta a los cristianos y a los yasidíes entre la conversión al islam, el pago de un tributo (jizya) o el éxodo.
- la expulsión forzada de decenas de miles de personas, incluso de niños, de ancianos, de mujeres embarazadas y de enfermos;
- el secuestro de chicas y mujeres pertenecientes a las comunidades yasidíes y cristianas como botín de guerra (sabaya);
- la imposición de la práctica salvaje de la infibulación:
- la destrucción de los lugares de culto y de los mausoleos cristianos y musulmanes;
- la ocupación forzada y la desacralización de las iglesias y monasterios;
- la remoción de los crucifijos y de otros símbolos religiosos cristianos y de otras comunidades religiosas;
- la destrucción del patrimonio religioso-cultural cristiano de valor inestimable;
- la violencia abyecta con el fin de aterrorizar a las personas y obligarlas a rendirse o a huir.
Ninguna causa puede justificar una tal barbarie y mucho menos religiosa. Se trata di una ofensa extremadamente grave hacia la humanidad y hacia Dios que es el Creador, como lo recuerda a menudo el Papa Francisco.
No podemos, por lo tanto, olvidar que cristianos y musulmanes han podido vivir juntos – ciertamente con altos y bajos- por siglos, construyendo una cultura de convivencia y una civilización de la que están orgullosos. Es sobre estas bases, que en estos últimos años, el diálogo entre cristianos y musulmanes ha continuado y se ha profundizado.
La dramática situación de los cristianos, de los yasidies y de las otras comunidades religiosas y étnicas numéricamente minoritarias en Irak exige una toma de posición clara y valiente por parte de los responsables religiosos, incluso musulmanes, de personas comprometidas con el diálogo interreligioso y de todas las personas de buena voluntad. Todos deben ser unánimes en condenar sin ambigüedad alguna estos crímenes y denunciar la invocación de la religión para justificarlos. De lo contrario, ¿qué credibilidad tendrán las religiones, sus seguidores y sus jefes? ¿Qué credibilidad puede tener todavía el diálogo interreligioso pacientemente mantenido en estos últimos años?.
Los responsables religiosos también están llamados a ejercer su influencia sobre los gobiernos para que cesen estos crímenes, el castigo de quienes los cometen y el restablecimiento de un estado de derecho en todo el territorio, garantizando el regreso de los expulsados a sus casas. Al recordar la necesidad de una ética en la gestión de las sociedades humanas, estos mismos jefes religiosos no deben dejar de subrayar que ayudar, financiar y armar el terrorismo es moralmente condenable.
Dicho esto, el Consejo pontificio para el diálogo interreligioso agradece a todos aquellos que han elevado su voz para denunciar el terrorismo, sobre todo contra aquellos que usen la religión para justificarlo.
Unamos entonces nuestra voz a la del Papa Francisco: "Que el Dios de la paz suscite en todos un deseo de auténtico diálogo y de reconciliación. ¡La violencia no se vence con la violencia. La violencia se vence con la paz¡"
Traduzione in lingua portoghese
O mundo inteiro testemunhou incrédulo ao que agora é chamado de "Restauração do Califado", este que foi abolido em 29 de outubro de 1923 por Kamal Araturk, fundador da Turquia moderna. A oposição a esta "restauração" pela maioria dos institutos religiosos e políticos muçulmanos não impediu que os jihadistas do "Estado Islâmico" cometessem e continuem a cometer indizíveis atos criminais.
Este Conselho Pontíficio, junto a todos aqueles engajados no diálogo inter-religioso, seguidores de todas as religiões e todos os homens e mulheres de boa vontade, pode somente denunciar e condenar, de forma inequívoca, esses atos que trazem tanta vergonha à humanidade:
- o massacre de pessoas somente pela sua fé e condição religiosa;
- a desprezível prática da decapitação, crucificação e exposição de corpos em lugares públicos;
- a escolha forçada imposta aos Cristãos e Yezidis entre a conversão ao Islã, o pagamento de um tributo (jizya) ou o exílio forçado;
- a expulsão forçada de milhares de pessoas, incluíndo crianças, idosos, mulheres grávidas e doentes;
- o rapto de meninas e mulheres pertencentes às comunidades Yezidi e Cristã como despojos de guerra (sabaya);
- a imposição da prática bárbara da infibulação;
- a destruição dos lugares de fé e túmulos cristãos e muçulmanos;
- a ocupação forçada ou desacralização de igrejas e monastérios;
- a remoção de crucifixos e outros símbolos cristãos assim como aqueles de outras comunidades religiosas;
- a destruição de uma inestimável herança cultural e religiosa cristã;
- violência indiscriminada com o objetivo de aterrorizar as pessoas para que estas entregem-se ou fujam;
Nenhuma causa e, certamente, nenhuma religião, pode justificar tamanha barbárie. Isso constitui uma ofensa extremamente séria à humanidade e a Deus, como recorda frequentemente o Papa Francisco. Não podemos esquecer, todavia, que cristãos e muçulmanos conviveram em harmonia – é verdade que com altos e baixos – durante séculos, construíndo a cultura pacífica da coexistência e civilização das quais têm muito orgulho. Por outro lado, é com base nisto que, em anos recentes, o diálogo entre cristãos e muçulmanos teve continuidade e intensificou-se.
A situação dramática de cristãos, yezidis e outras comunidades religiosas e minorias étnicas no Iraque requer uma posição clara e corajosa dos líderes religiosos, especialmente muçulmanos, assim como daqueles engajados no diálogo inter-religioso e todas as pessoas de boa vontade. Todos devem ser unânimes em condenar inequivocamente estes crimes e em denunciar o uso da religião para justificá-los. Caso contrário, qual credibilidade terão as religiões, seus seguidores e seus líderes? Qual credibilidade tem o diálogo inter-religioso que, pacientemente, buscamos continuar ao longo destes anos?
Líderes religiosos também são exortados a usar sua influência junto às autoridades para colocar fim a estes crimes, para punir os responsáveis e para reestabelecer as regras da lei em todo o país, assegurando o retorno à casa daqueles que foram deslocados. Enquanto recordam a necessidade de uma direção ética das sociedades humanas, estes mesmos líderes religiosos não devem falhar ao demonstrar que o apoio, o financiamento e o armamento do terrorismo é moralmente repreensível.
Dito isto, o Conselho Pontíficio para o Diálogo Inter-religioso agradece todos que já levantaram suas vozes para denunciar o terrorismo, especialmente contra aqueles que usam a religião para justificá-lo.
Queremos, assim, unir nossa voz àquela do Papa Francisco: "Possa o Deus da paz despertar em cada um de nós o genuíno desejo para o diálogo e a reconciliação. Violência não se vence com violência. Violência se vence com a paz".
17 agosto 2014
16 agosto 2014
15 agosto 2014
14 agosto 2014
13 agosto 2014
Gu-won Lee: con papa Francesco, proclamare il Vangelo della vita senza gambe né braccia
di Vincenzo Faccioli Pintozzi
Affetto da gravi malformazioni congenite, il giovane è stato abbandonato alla nascita. Adottato da un sacerdote cattolico, è riuscito a laurearsi all'università cattolica di Daejeon ed è entrato come fratello laico nella Società missionaria di san Luca. "Voglio comunicare alla Corea e al mondo il messaggio di speranza di nostro Signore". Fra due giorni incontrerà il Papa.
Seoul - Senza gambe e senza
braccia, ma con un'enorme voglia di vivere e tanta gratitudine al Signore per
un'esistenza piena di significato. Potrebbe essere questo il riassunto della
vita di fr. Gu-won Lee, oggi missionario laico della Società intitolata a san
Luca Hwang. Nonostante sia stato abbandonato alla nascita a causa delle
gravissime malformazioni congenite, egli è sopravvissuto e ha scelto di
dedicare la sua vita a Dio e all'annuncio del Vangelo della speranza fra i
disabili della Corea del Sud.
L'incontro con un sacerdote, suo
padre adottivo, e il sostegno della comunità missionaria in cui è cresciuto lo
hanno reso oggi uno dei membri più attivi del gruppo. Papa Francesco avrà un
colloquio personale con fr. Lee durante la visita al "Villaggio dei
Fiori" di Kkottongnae il prossimo 16 agosto: subito dopo, il pontefice
pregherà presso il "Taeahdongsan", il cimitero dei bimbi abortiti.
Fratello Lee Gu-won (che in
coreano significa "salvezza") è nato il 9 maggio 1990 senza gambe e
senza braccia. Non ha mai avuto alcun contatto con i suoi genitori e non sa
dove è stato partorito: l'unica cosa certa è che è stato abbandonato presso il
Centro adozioni Santa Famiglia di Seoul. Il 12 luglio dello stesso anno, p.
John Bosco Kim Dong-il va a trovare il giovane Lee all'orfanotrofio: sa che
nessuno lo adotterà mai, e per questo chiede al suo vescovo il permesso di
diventare lui il padre del ragazzo. Ottenuto il permesso, porta il neonato
presso la Società missionaria san Luca Hwang, nella diocesi di Chenogju: qui
vivranno insieme alla comunità.
Il suo padre adottivo spiega la
sua scelta con parole semplici: "Se non l'avessi portato via con me,
sarebbe stato come ucciderlo. Mi rendo conto che un bambino con questi problemi
rappresenta un enorme sacrificio economico e di tempo, ma non possiamo basare
tutto sulla fatica e sul denaro. La società coreana deve capire che ogni vita è
preziosa, anche quella che può sembrare più complicata". I suoi fratelli
diventano i missionari di san Luca, che lo accompagneranno per tutto il
cammino.
Aiutato da tanti benefattori e
dai missionari, il giovane Lee riesce a entrare nel marzo 2008 nell'Università
cattolica di Daejeon. Sia lui che suo padre sottolineano che questi risultati
non sono stati regalati, ma sono frutto di studio e di fatica: nel frattempo,
nel giovane è maturata una vocazione missionaria che lo porta - con il permesso
del vescovo - a pronunciare il 31 gennaio 2011 i primi voti del noviziato:
"Avevo sentito parlare dai miei fratelli del 'Centro per la vita' della
nostra società, e ho deciso di impegnare la mia vita per questo scopo. Il mio
sogno è quello di proclamare il Vangelo della vita e l'amore per gli esseri
umani".
Nel marzo 2013 riesce a laurearsi
e il suo sogno diventa realtà. Oggi lavora presso il Centro, dove conforta i
malati e gli abbandonati, e scrive un bollettino mensile che i suoi lettori
definiscono "ispiratore". Da parte sua, fr. Lee oggi spiega: "Il
p. Bosco Kim mi ha chiesto di annunciare il Vangelo ai disabili. Io prego Dio e
lo ringrazio per le sue benedizioni, fra cui quella di poter lavorare a favore
nella vita in ambito missionario. Voglio comunicare al mondo e alla Corea, che
ha il più alto tasso di suicidi giovanili al mondo, il messaggio di speranza di
nostro Signore".
12 agosto 2014
MIGRANTI: CENTINAIA TENTANO DI ENTRARE IN SPAGNA, NUOVI ARRIVI IN ITALIA
Almeno 700 migranti africani
hanno tentato oggi all’alba di entrare nell’enclave spagnola di Melilla dal
Marocco, provando ad attraversare la tripla barriera in due punti differenti:
tre sono rimasti feriti, almeno 30 sarebbero riusciti a passare dall’altro
lato, stando alla prefettura di Melilla. Un’altra cinquantina di persona sono
rimaste per diverse ore fra una barriera e l’altra, sotto il controllo della
polizia iberica.
Nelle stesse ore, almeno altri
470 migranti sono stati soccorsi nello Stretto di Gibilterra: diventano così
quasi 900 le persone recuperate dai soccorsi marittimi spagnoli negli ultimi
quattro giorni. Il mare tendenzialmente calmo sta infatti favorendo il transito
di imbarcazioni dalle coste nordafricane e si attendono nuovi arrivi anche nei
prossimi giorni.
Il numero di migranti diretti
verso la Spagna non ha fatto che aumentare negli ultimi messi con Madrid che si
è rivolta all’Unione Europea per chiedere aiuto per contenere il flusso di
persone provenienti dall’Africa sub-sahariana e dal Maghreb che affluiscono
alle porte di Melilla e Ceuta, le due sole frontiere terrestri fra il
continente e l’Europa.
Ma la situazione è
particolarmente critica in Italia dove solo lo scorso fine-settimana sono stati
2053 i migranti soccorsi dalle navi della Marina Militare impegnate
nell’operazione ‘Mare Nostrum’; 166, tra cui 14 donne e 34 minori, sono stati
sbarcati a Pozzallo, 198, fra cui 24 donne e 61 minori ad Augusta e 1689 a
Reggio Calabria.
9 agosto 2014
AMERICA - Si celebra oggi la Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni.
New York – Si celebra oggi 9 agosto la Giornata
Internazionale dei Popoli Indigeni. Sono diversi le istituzioni impegnati nella
difesa di questi popoli nel continente americano, la Chiesa, le Nazioni Unite,
Amnistía Internacional ed altre.
La Giornata Internazionale dei
Popoli Indigeni è stata istituita dall'Assemblea Generale dell’ONU il 23
dicembre 1994. Per il 2014 si è proposto il tema: "Diminuire le differenze:
realizzare i diritti dei popoli indigeni".
Ieri alla presentazione del tema,
il Segretario Generale delle Nazioni Uniti ha annunciato che per sottolineare
l'importanza di questo evento, si sta preparando la Prima Conferenza Mondiale
sui Popoli Indigeni, che avrà luogo il 22 e 23 settembre 2014. Sarà un momento
per condividere esperienze e verificare quanto si viene realizzando
sull'effettiva applicazione dei diritti di questi popoli.
Fides offre il rapporto preparato per l'Organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani "Amnesty International" (La larga lucha de los pueblos indígenas de América en defensa de sus derechos).
Fides offre il rapporto preparato per l'Organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani "Amnesty International" (La larga lucha de los pueblos indígenas de América en defensa de sus derechos).
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7 agosto 2014
6 agosto 2014
V CONAJUMI
Con gran alegría compartimos la identidad y catequesis del V Congreso Nacional Juvenil Misionero a realizarse del 06 al 10 de agosto del presente año en la Diócesis de Barinas.
Circulo externo verde: Representa al mundo, una iglesia “en salida” que espera llevar la animación misionera más allá de nuestras fronteras.
Ondas: Entre los círculos aparecen ondas que figuran otros círculos y forman el mundo, estas ONDAS son nuestras oraciones, a través de ellas podemos llevar a Jesús a todos los rincones de la tierra.
V verde grande: En números romanos la V significa 5, este es el V Congreso Nacional Juvenil Misionero, Jovenmisión lo realiza cada quinquenio. El verde es futuro y esperanza.
La cruz: La cruz sale de la V porque este congreso está apoyado en Jesús Resucitado.
El círculo amarillo detrás de la Cruz: Representa la aureola de María, siempre al lado de Jesús y guiando a los jóvenes.
Circulo amarillo grande en el centro: Representa a Dios que invade la historia del mundo y es “el sol que nace de lo alto” (Lc.1, 78). Está en el centro porque nuestro congreso está centrado en la misión de Dios.
CONAJUMI: siglas de Congreso Nacional Juvenil Misionero, se encuentra escrito en el color azul que representa a María discípula misionera del Padre y Madre Nuestra.
Barinas: Diócesis anfitriona del Congreso
AMERICA/VENEZUELA - Si apre il V Congresso Missionario Nazionale
Barinas – Sono mille i giovani
venezuelani che da oggi partecipano al V Congresso Missionario Nazionale
Giovanile (CONAJUMI) presso la Diocesi di Barinas (Venezuela). Le Pontificie
Opere Missionarie in Venezuela, attraverso la Commissione d'Animazione
Missionaria per i Giovani "JOVENMISION", guidano questa esperienza
evangelizzatrice, che si svolge dal 6 al 10 agosto. All’evento partecipano
giovani provenienti da varie città di tutto il Paese, compresi i movimenti
impegnati nella Pastorale Giovanile in Venezuela.
La nota inviata a Fides dalle POM
del Venezuela, riferisce che lo slogan dell'incontro è "Giovane
missionario, incoraggia la nostra Chiesa ad uscire”. Il Congresso si propone di
"Revisionare e celebrare alla luce del 4esimo Congresso Americano
Missionario (CAM4–Comla9) celebrato a Maracaibo (Venezuela) dal 26 al 30
novembre 2013 (Vedi Fides 28/11/2013) il tragitto percorso da JOVENMISIÓN in 30
anni di servizio ai giovani nella Chiesa missionaria del Venezuela".
(CE) (Agenzia Fides, 6/08/2014)
(CE) (Agenzia Fides, 6/08/2014)
4 agosto 2014
Il 15 preghiera per i cristiani perseguitati
L'Europa è "distratta ed
indifferente, cieca e muta davanti alle persecuzioni di cui oggi sono vittime
centinaia di migliaia di cristiani". Lo afferma la presidenza della Cei in
un "appello" con cui indice anche una giornata di preghiera, il
prossimo 15 agosto, per i cristiani perseguitati.
E un appello a tutti i media è
stato lanciato dal presidente della Conferenza episcopale italiana, il
cardinale Angelo Bagnasco, parlando alla Radio Vaticana: «Ogni cinque
minuti non si può più tollerare l'uccisione di una persona per ragioni di fede,
per nessuna ragione, ma prima di tutto per ragioni di fede. Se i media fossero
molto più presenti, attenti - ogni giorno, oserei dire, se fosse il caso - per
mettere all'attenzione del mondo - soprattutto per le nazioni occidentali
che sono le più distratte intenzionalmente - questo fatto inaccettabile
disumano, credo che i responsabili comincerebbero a pensare un pò
diversamente". Spiegando che i cristinai stessi devono impegnarsi per
questa causa, Bagasco evidenzia che «sicuramente anche per interessi di tipo
economico che si ha paura a scontrare» si pensa che sia «meglio tacere e
far finta di niente piuttosto che mettere in pericolo rapporti economici».
La Cei collega la sua
denuncia al prossimo viaggio del Papa in Corea, e alla storia della Chiesa
coreana, fatta in parte da martiri. Tema del viaggio papale, ricorda la
presidenza della Cei, è "Giovani dell'Asia! Svegliatevi! La gloria dei
martiri risplende su di voi: "Se siamo morti con Cristo, crediamo che
anche vivremo con Lui".
"Sono parole - affermano i
vescovi - che vorremmo potessero scuotere anche questa nostra Europa, distratta
ed indifferente, cieca e muta davanti alle persecuzioni di cui oggi
sono vittime centinaia di migliaia di cristiani. Se la mancanza di libertà
religiosa, fondativa delle altre libertà umane, impoverisce vaste aree del
mondo, - commenta la presidenza della Cei - un autentico Calvario accomuna i
battezzati in Paesi come Iraq e Nigeria, dove sono marchiati per la loro fede e
fatti oggetto di attacchi continui da parte di gruppi terroristici; scacciati
dalle loro case ed esposti a minacce, vessazioni e violenze, conoscono
l'umiliazione gratuita dell'emarginazione e dell'esilio fino all'uccisione. Le
loro chiese sono profanate: antiche reliquie, come anche statue della Madonna e
dei Santi, vengono distrutte da un integralismo che, in definitiva, nulla ha di
autenticamente religioso. In queste zone la presenza cristiana, la sua storia
più che millenaria, la varietà delle sue tradizioni e la ricchezza della sua
cultura, - ammoniscono i vescovi italiani - è in pericolo: rischia l'estinzione
dagli stessi luoghi in cui è nata, a partire dalla Terra Santa".
"A fronte di un simile
attacco alle fondamenta della civiltà, della dignità umana e dei suoi
diritti, - spiega la nota - noi non possiamo tacere. L'Occidente non può
continuare a volgere lo sguardo altrove, illudendosi di poter ignorare una
tragedia umanitaria che distrugge i valori che l'hanno forgiato e nella quale i
cristiani pagano il pregiudizio che li confonde in modo indiscriminato con un
preciso modello di sviluppo".
Da qui l'appello e l'indizione di
una giornata di preghiera per il 15 agosto, "nella solennità
dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, quale segno concreto di
partecipazione con quanti sono provati dalla dura repressione".
3 agosto 2014
Copa de los Refugiados reunirá a equipos de 16 países en Brasil
San Pablo será escenario de otro importante torneo de fútbol, esta vez en
el campo de los derechos humanos. Es la Copa de los Refugiados, que reunirá a
participantes de diferentes nacionalidades. El evento se realizará los
días 2 y 3 de agosto, en el Campo de la Tía Eva, Calle Frederico Alvarenga,
391, Glicério, en San Pablo, y reunirá a 200 extranjeros de 16 países
diferentes. Los jugadores son ciudadanos y ciudadanas refugiados, que
encontraron en Brasil la esperanza de construir una nueva vida, después de
dejar sus países de origen debido a guerras y persecuciones.
Todo el proceso de organización
del evento, que lo realizan los propios refugiados, está siendo registrado y va
a convertirse en un documental especial producido por Volcano Hotmind. La Copa
de los Refugiados, además de promover la confraternización entre las personas
involucradas, contará con actividades paralelas, como la divulgación de las
campañas de la ONU "El Valiente no es Violento” y "Proteja el Gol”,
que pretenden alertar sobre la prevención y el combate a la violencia de género
y el SIDA, respectivamente.
El torneo tiene el apoyo del Alto
Comisionado de las Naciones Unidas para los Refugiados (Acnur) y de Cáritas
Arquidiocesana de San Pablo, así como del Programa Conjunto de las Naciones
Unidas sobre VIH/Sida (Unaids), de la Cruz Roja Brasilera (filial San Pablo),
de la ONG IKMR y cuenta también con el apoyo de entidades privadas,
organizaciones de la sociedad civil organizada y entidades religiosas.
Según datos del Comité Nacional
para Refugiados (Conare), Brasil tiene cerca de 5,2 mil refugiados reconocidos,
de 80 nacionalidades diferentes (el 34% son mujeres). En los últimos cuatro
años, el número de solicitudes de refugio en el país creció un 800%,
aproximadamente 500 en 2010, llegando a más de 5.200 al final del año pasado.
Para ver el perfil social del
evento entre en:
Para ver el videoclip de la canción oficial, llamada Himno de la
Copa, ya está disponible en YouTube, en la dirección http://bit.ly/WQ3gRd
Para hacer donaciones y ayudar a la Copa de los Refugiados entre en
Traducción: Daniel Barrantes - barrantes.daniel@gmail.com
IV Convegno Missionario Nazionale - Donarsi
Ecco la terza ed ultima video-lectio incentrata sul tema del Donarsi che ci apre alla prospettiva della missione come "relazione", comunione e cooperazione tra le Chiese.
Come nelle precedenti video-lectio, i tre biblisti, Rosanna Virgili, Fernando Armellini e Antonio Pitta, ripercorrendo alcuni momenti della vita dei tre personaggi biblici di riferimento, Mosè, Gesù e Paolo, ci aiutano a riflettere su alcuni aspetti che emergono da una lettura attenta delle loro rispettive vicende.
Di Mosè viene sottolineata l'attitudine al donarsi, identificandosi col popolo che è chiamato a riscattare; il dolore degli Israeliti diventa suo ed egli si accorge dell'importanza e del bisogno di condividere con altri la sua impresa: Dio metterà al suo fianco i settanta anziani (cfr. Nm 11, 13-17); la missione si realizza in comunione con i fratelli.
Partendo dal vangelo di Marco (Mc 8, 1-9) , padre Armellini riprende l'episodio della seconda moltiplicazione dei pani e dei pesci: Gesù invita i discepoli ad occuparsi di sfamare le folle; un invito al dono gratuito di sé, nella propria inadeguatezza (sette pani e "pochi pesciolini", Mc 8,7), offerta però al Signore che sa renderla ricchezza per tutti. Una proposta di un "mondo nuovo" alternativo a quello egoistico e consumista attuale.
Infine, partendo al 2° capitolo della Prima Lettera di san Paolo Apostolo ai Tessalonicesi, don Antonio Pitta sottolinea il significato del donarsi nella missione. Annunciando il Vangelo, Paolo ha tessuto relazioni profonde e amorevoli con la comunità. Non c'è missione se non dentro uno stile di comunione, di offerta di sé senza riserve, in un'unità di carismi che lo Spirito ci dona.
Come afferma don Alberto Brignoli dell'Ufficio Nazionale di Cooperazione Missionaria tra le Chiese, "nelle nostre comunità cristiane quanto ci preoccupiamo di valorizzare i doni di ognuno senza la necessità di ricondurli nell'alveo di schemi pastorali precostituiti o più semplicemente di strutture?"
2 agosto 2014
IV Convegno Missionario Nazionale - Incontrare
Dopo la prima video-lectio dedicata al tema dell'Uscire, in preparazione al IV Convegno Missionario Nazionale (Sacrofano, Roma/ 20-23 novembre 2014), vi proponiamo la seconda incentrata sulla tematica dell'INCONTRARE.
Di nuovo, i tre biblisti (Rosanna Virgili, padre Fernando Armellini e don Antonio Pitta) ci presentano rispettivamente i tratti "missionari" delle tre figure bibliche scelte per il nostro cammino: Mosè, Gesù e Paolo, riflettendo su alcune loro vicende. Per Mosè, la professoressa Virgili suggerisce la lettura di due episodi: quello dell'incontro con le sette figlie di Rèuel, sacerdote di Madian, recatesi al pozzo ad attingere acqua per il gregge (Esodo 2, 16-22), là dove Mosè le difende da alcuni pastori che tentano di scacciarle, per cui egli sente il bisogno di intervenire e di far giustizia a favore dei deboli, e quello della chiamata di JHWH che lo invia dal Faraone per liberare Israele dall'Egitto: con la forza di Dio, Mosè si fa incontro ai poveri e ai potenti, mettendosi in gioco, divenendo una guida.
Padre Fernando Armellini, ci presenta l'episodio della guarigione del sordomuto (Marco 7, 31-37) che rappresenta in qualche modo la condizione del mondo pagano che non ha ancora aperto le orecchie alla Parola e che ha bisogno di essere raggiunto dall'annuncio: siamo chiamati ad incontrare quanti si dicono "lontani" per accompagnarli verso Gesù. Se vogliamo il dialogo è necessario però che ci lasciamo aprire il cuore dal tocco dello Spirito, per cominciare a parlare in modo nuovo, diverso da quello delle folle e poter avvicinare a Gesù i nostri fratelli.
Don Antonio Pitta, infine, rileggendo alcuni passi degli Atti degli Apostoli (17, 22 -18, 1-11) ci presenta il modo in cui Paolo di Tarso va incontro al mondo ellenico: all'areopago di Atene, nella diversità culturale, episodio che ci rimanda all'importanza di "inculturare il Vangelo attraverso tutto ciò che di positivo incontriamo e alla possibilità di evangelizzare le culture", nel nome del Risorto; presso Corinto, nella sinagoga, entrando in conflitto con i Giudei, contattando però anche altri che si avvicinano al messaggio evangelico sebbene in situazioni di difficoltà sociale e morale: dal suo esempio, l'importanza di "farsi tutto a tutti"; di non chiudere la porta della predicazione e di non scoraggiarsi.
1 agosto 2014
“La pace è il futuro": ad Anversa l'incontro internazionale 2014 promosso da Sant'Egidio
Religioni e culture in dialogo,
cento anni dopo la prima guerra mondiale
ROMA – Giunto alla XXVIII
edizione, l’Incontro Internazionale Uomini e Religioni promosso dalla Comunità
di Sant’Egidio si svolgerà dal 7 al 9 settembre in Belgio ad Antwerp (Anversa)
e avrà per tema “La pace è il futuro: religioni e culture in dialogo cento anni
dopo la prima guerra mondiale”.
La scelta della località, nel
tragico anniversario di un conflitto che ha insanguinato l’intera Europa,
risponde all’esigenza di portare lo “spirito di Assisi” nel mondo di oggi,
senza smarrire la memoria della storia ma anche senza rinunciare all’impegno
nel presente, che ci chiede di “conservare accesa la lampada della speranza,
pregando e lavorando per la pace”, come disse papa Francesco ricevendo in
udienza i partecipanti all’Incontro di Roma il 30 settembre 2013. In questa
chiave, l’Incontro di Anversa si propone di rispondere alla crescente esigenza
di dialogo per la pace, e non intende eludere una doverosa riflessione sulle
crisi contemporanee, sul tema drammaticamente attuale delle persecuzioni dei
cristiani, e sul rischio di una giustificazione religiosa della violenza.
Oltre a focalizzare l’attenzione
sui conflitti e sulle tensioni internazionali tuttora in corso, nonché sulle
responsabilità delle religioni e delle persone di buona volontà nella
costruzione di un mondo solidale in cui cresca la cultura della tolleranza e
della vita, il convegno affronterà, tra gli altri, i temi dello sviluppo
sostenibile, dell’immigrazione, della povertà, dell’educazione alla pace, del
martirio nel tempo presente, della violenza di matrice religiosa, dell’unità
dei cristiani, del dialogo con l’Islam. Insieme a personalità del mondo
cattolico, della cultura e del dialogo interreligioso, all’Incontro
parteciperanno esponenti delle neoelette istituzioni europee.
Immigrati nel mercato del lavoro: crescono gli occupati ma la crisi pesa
Nel 2013 il numero di lavoratori stranieri occupati in Italia è
aumentato di circa 22mila unità, in uno scenario che ha visto invece una forte
riduzione dell'occupazione italiana (-500mila unità).
Il tasso di occupazione tra i migranti extra-UE cala, ma resta
leggermente più alto di quello degli italiani (55,9% contro il 55,3%), mentre
quello degli stranieri comunitari si attesta ancora al 63%.
Cresce però anche il numero dei migranti UE ed extra-UE in cerca di
lavoro, che aumentano rispettivamente del 24,9% e del 30,6% (mentre gli
italiani dell'11%), così come quello degli inattivi (+7,9% per gli stranieri
UE, +5,9% tra gli extra-UE).
Questi i principali dati del IV
Rapporto annuale “Gli immigrati nel
mercato del lavoro in Italia”, presentato il 30 luglio e curato dalla
Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in collaborazione con la
Direzione Generale per le politiche e i servizi per il lavoro, l'INPS, l'INAIL,
Unioncamere, e con il coordinamento di Italia Lavoro SpA. Presenti il
Sottosegretario Franca Biondelli, il Direttore Generale dell’immigrazione e
delle politiche di integrazione Natale Forlani, il Direttore Generale per le
politiche dei servizi per il lavoro Grazia Strano e il Presidente di Italia
Lavoro S.p.A. Paolo Reboani.
Dal 2007 al 2013 l'occupazione
degli stranieri è aumentata di 853mila unità, a fronte a un calo nello stesso
periodo di oltre 1,6 milioni di italiani. L'incidenza degli stranieri sul
totale degli occupati è così salita al 10,5%, con punte del 19,7% nel settore
delle costruzioni, del 13,6% in agricoltura, e con un peso assolutamente
preponderante nei servizi di cura, in cui l'80% della forza lavoro è immigrata.
Gli stranieri continuano quindi a rispondere bene alla domanda di lavoro nelle
aree in cui sono richieste mansioni esecutive, manuali e a bassa
qualificazione.
Tuttavia, con 110mila stranieri
in più in cerca di occupazione, sale tra gli immigrati anche il tasso di
disoccupazione, che raggiunge il 17% sopravanzando quello degli italiani di
circa 6 punti. Al dato sulla disoccupazione si aggiunge quello degli inattivi,
che crescono di 77mila unità tra gli stranieri, soprattutto extra UE.
Il fenomeno - ha dichiarato
Natale Forlani - si spiega soprattutto considerando l'ingresso nel mercato
del lavoro, in cerca di occupazione, di tanti giovani di seconda generazione o
giunti in Italia attraverso ricongiungimento». Come mostra il Rapporto, gli
stranieri sono il 15,8% del totale dei NEET, i giovani privi di occupazione e
fuori dai sistemi formativi, che in Italia sono oltre 2,4 milioni. Se poi si
guarda al tasso dei NEET sul totale della popolazione della medesima età (15-29
anni), le comunità con il valore più altro sono quelle di Bangladesh, Marocco,
Tunisia, Egitto, Sri Lanka, che superano di molti punti percentuali il tasso
della popolazione italiana della stessa fascia d'età (24,7%). Si tratta anche
dei gruppi in cui si rileva il più forte divario di genere. Le donne sono
infatti il 66% dei NEET stranieri.
Per quanto riguarda gli adulti,
la crisi ha penalizzato soprattutto i lavoratori maschi e quelli operanti nei
settori in maggiore sofferenza, con una particolare esposizione di quelli di
origine extracomunitaria. Resistono invece maggiormente i modelli di
occupazione al femminile, per lo più nel settore dei servizi di cura, che
impiega componenti importanti di stranieri UE. Tra loro si riscontrano infatti
tassi di occupazione più alti e tassi di disoccupazione più contenuti rispetto
agli immigrati extra-UE.
Tra questi ultimi è rilevante la
quota di coloro che hanno beneficiato di politiche passive per il lavoro: CIG,
indennità di mobilità, indennità di disoccupazione – con un'incidenza del 13%
sul totale dei beneficiari (che raggiunge il 20% se sommata a quella degli
stranieri UE). "Il punto - ha concluso Forlani - è
nelle politiche attive. Se delle politiche passive gli stranieri
usufruiscono ampiamente, mostrano invece una bassa propensione a rivolgersi ai
Centri per l'Impiego. Continua a prevalere il passaparola per il reclutamento
lavorativo. Questo modello generalmente funziona, ma quando il mercato del
lavoro si contrae sono necessarie politiche attive per il lavoro».
Sulla stessa linea l'On. Franca
Biondelli, che ha richiamato l'attenzione sulle famiglie, sia italiane che
migranti, a rischio di povertà e ha ricordato che "il governo intende
puntare sulle politiche attive, specialmente rivolte ai giovani, mentre al
contempo mira a favorire un dialogo con i Paesi di origine per promuovere
sempre più efficaci processi di migrazione circolare qualificata».
ASIA/INDIA - Il 25 agosto Giornata della memoria per le vittime dei massacri anticristiani in Orissa
New Delhi – Sarà celebrata in Orissa il prossimo 25 agosto una speciale “Giornata della memoria” per ricordare le vittime dei massacri anticristiani avvenuti nel 2007 e nel 2008. Come appreso dall’Agenzia Fides, la Giornata vedrà l’organizzazione di diverse iniziative, veglie di preghiera, manifestazioni pubbliche, e intende sensibilizzare sulla mancanza di giustizia che tuttora si registra per i sopravvissuti.
Il “Forum di Solidarietà Nazionale”, coalizione di varie organizzazioni, di artisti, intellettuali, avvocati e attivisti per i diritti umani comunica che varie azioni e iniziative sul tema della giustizia sono previste per quel giorno. Il Forum ha diffuso un appello, inviato a Fides, che invita la società civile in India e all'estero a unirsi al giorno in cui ricordare le vittime dei pogrom lanciati da estremisti indù nel distretto di Kandhamal. “Gli adivasi (indigeni locali) e i dalit cristiani sopravvissuti sono ancora in attesa di giustizia, mentre i colpevoli sono a piede libero”, nota il comunicato, ricordando che “risulta sempre più evidente che la violenza fu completamente programmata e non fu risultato di un'azione spontanea sulla base dell'identità religiosa”.
Il Forum ricorda la patente violazione, di allora e di oggi, “dei diritti delle donne, dei bambini, dei diritti religiosi, dei degli indigeni e dei dalit, dei diritti umani in generale”, sollevando interrogativi “sul ruolo della polizia, del sistema giudiziario, del governo, dei mass media”, notando come “tale tentativo di genocidio metta in discussione le basi stesse della democrazia indiana”.
“E' frustrante e doloroso notare che molte persone sono state uccise, molte chiese sono state demolite, le donne sono state stuprate, le minoranze religiose sono state forzatamente convertite, le case sono state bruciate, e persino gli orfanotrofi distrutti dall’organizzazione induista radicale Sangh Parivar, mentre il governo ha quasi facilitato tale violenza”, recita il testo. Per questo si chiedono, in tutta la nazione, adesioni per la Giornata .
IV Convegno Missionario Nazionale - Uscire
In preparazione al IV Convegno Missionario Nazionale (Sacrofano, Roma/ 20-23 novembre 2014) vi presentiamo la videolectio che ci introduce alla prima tematica del nostro cammino: Uscire, ovvero la chiamata ad andare verso le periferie geografiche ed esistenziali del nostro tempo, declinata attraverso tre figure bibliche: Mosè, Gesù e Paolo.
Tre biblisti ci presentano i tratti "missionari" di questi personaggi. Rosanna Virgili, partendo dal libro dell'Esodo (2,11-15), evidenzia l'atteggiamento di un uomo, Mosè, che ha la pretesa di "fare giustizia a coloro che erano lontani", gli ultimi, al suo popolo reso schiavo in Egitto. Esempio per la Chiesa, ad uscire e ad andare verso i poveri e diseredati.
Padre Fernando Armellini, invece, presenta l'episodio riportato dal vangelo di Marco (7, 24-30), dell'uscita di Gesù verso la donna Cananea, a Tiro, in terra pagana, come superamento di quella mentalità ristretta, respirata anche dal Nazareno, che distinguendo tra puro e impuro costruiva barriere verso i Gentili.
E' sulla chiamata di Paolo ad uscire, infine, che si concentra la riflessione di don Antonio Pitta che, richiamando gli Atti degli Apostoli (22,1-21) e la Lettera ai Gàlati (1,11-17) ci fa comprendere come Paolo diventi missionario per i Gentili, uscendo verso le città principali del suo tempo (Antiochia, Efeso, Roma). Viene sottolineata la dimensione missionaria della Chiesa, frutto dello Spirito e azione tutta segnata dalla Grazia, lontana da ogni forma di proselitismo.
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