30 aprile 2013

Vescovi europei a confronto sul dialogo interreligioso


A Londra, da domani al 3 maggio, l’incontro con i delegati delle relazioni con i musulmani

L'esperienza del continente europeo nel dialogo interreligioso, specie con i musulmani, ha una lunga tradizione ed è, in alcune parti del continente una realtà secolare con felici esperienze e risultati. La velocità dei cambiamenti delle nostre società impone tuttavia di ripresentare in termini pastorali nuovi ed efficaci, le modalità del vero dialogo interreligioso, specie alle nuove generazioni che faticano a destreggiarsi tra tendenze relativistiche o sincretistiche, tra fondamentalismo o chiusure difensive. Che valore dare allora al dialogo interreligioso? E a che condizioni esso è possibile? Sono alcuni degli interrogativi al centro del terzo Incontro dei vescovi e delegati per le relazioni con i musulmani in Europa, in programma da domani al 3 maggio a Londra, presso la Fondazione reale di Santa Caterina. «Il dialogo concreto tra persone di diverse religioni è possibile e necessario», afferma monsignor Duarte da Cunha, Segretario generale della conferenza episcopale dei vescovi europei. «Il dialogo esistenziale che vicini di casa, colleghi di lavoro, compagni di classe hanno in tutta l'Europa, costituisce una reale rete di rapporti e spesso anche di amicizia". 
«Le persone, infatti - sottolinea monsignor Duarte da Cunha - non vivono da sole, ma nel contesto di famiglie, comunità e associazioni. L'incontro tra cristiani e musulmani in Europa è anche possibile a questo livello. Nel contesto di un rapporto sincero e reale - prosegue - che si trova la possibilità, e per noi cristiani il mandato divino, di testimoniare la propria fede. Si sente, però, che spesso i giovani sono in ricerca della propria identità. Da qui, la sfida della Chiesa nell'aiutare i giovani cristiani a conoscere innanzitutto se stessi e le `regole´ del vero dialogo. Infatti, il dialogo è un processo complesso, che richiede disponibilità all'ascolto, a conoscere profondamente la religione dell'altro ma anche una chiara identità religiosa. Solo in questo mondo il dialogo risulterà un esperienza arricchente per tutti e sarà anche un'occasione per vivere insieme e testimoniare la propria fede».       
All'incontro - guidato per il Ccee dal cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux -partecipano i vescovi e i delegati per le relazioni con i musulmani di 20 Conferenze episcopali, delegati di organismi ecclesiali o culturali continentali, il Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il cardinale Jean-Louis Tauran, il Presidente della Conferenza episcopale d'Inghilterra e del Galles, mons. Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, e diversi esperti dell'Islam.  

Sri Lanka: cattolici, buddisti e musulmani insieme per fermare l’intolleranza religiosa


di Melani Manel Perera

Con una manifestazione pacifica migliaia di giovani hanno affermato la volontà di liberare il Paese dall’odio etnico e religioso. Recenti atti di violenza e persecuzione da parte di gruppi radicali buddisti preoccupano la popolazione.

Colombo - Fermare l'intolleranza etnico-religiosa e affermare la gioia della diversità: con questi obiettivi migliaia di giovani srilankesi cattolici, buddisti e musulmani si sono riversati nelle strade di Colombo, in protesta contro i recenti episodi di violenza e persecuzione perpetrati da gruppi radicali buddisti. Avvenuta il 28 aprile scorso, la manifestazione è stata organizzata da un movimento spontaneo e pacifico.
"Ci stiamo ancora riprendendo da una lunga guerra civile - afferma ad AsiaNews Marisa De Silva, cattolica, tra gli organizzatori della manifestazione - eppure vediamo segnali d'odio crescere nella nostra società. Come giovani di questo Paese, sentiamo che è nostra responsabilità aiutare a costruire uno Sri Lanka libero dall'odio. Questo è il nostro primo passo, ma abbiamo un lungo cammino innanzi a noi".
Tra i partecipanti ha sfilato anche un monaco buddista, il ven. Baddegama Samitha, che si è detto "molto felice dell'iniziativa delle nostre nuove generazioni, per sradicare il razzismo dal Paese. Hanno le mie benedizioni".
Negli ultimi mesi i gruppi Bodu Bala Sena (Bbs) e Sinhala Ravaya ("eco singalese") hanno preso di mira le comunità islamica e cristiana. La missione dei due movimenti estremisti è di proteggere la popolazione buddista e singalese e la sua religione.


Con i Paesi Bassi celebriamo il Giorno della Regina. La Chiesa cattolica è presente in Olanda con un’unica provincia ecclesiastica, che fa capo all’arcidiocesi di Utrecht, con 6 diocesi suffraganee per un totale di 5 milioni di cattolici, pari al 25,9% di una popolazione di 16 milioni.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

29 aprile 2013

In Italia 836 religioni e più immigrati cristiani che musulmani. Presentata a Torino una ricerca del CESNUR


Il CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) presenta oggi la sua nuova ricerca sullo stato delle religioni in Italia, confluita nel volume «Enciclopedia delle religioni in Italia» diretto dal sociologo torinese Massimo Introvigne e da PierLuigi Zoccatelli, rispettivamente direttore e vice-direttore del CESNUR, da domani in libreria per la casa editrice salesiana Elledici.

Nelle sue 1.240 pagine la ricerca rubrica 836 religioni e denominazioni presenti in Italia. Per quanto riguarda gli immigrati, la ricerca del CESNUR rivede i dati – in genere provenienti dai rapporti annuali della Caritas/Migrantes – presentati da altri lavori recenti. «Abbiamo contato cose diverse – spiega Introvigne –: la Caritas conta gli immigrati in base alla religione che avevano nel Paese di origine, noi l’effettivo contatto con un’organizzazione della loro religione in Italia». Così se per la Caritas gli immigrati musulmani presenti in Italia sono 1.651.000 per la ricerca del CESNUR sono «solo» 1.360.000. E gli immigrati cristiani ortodossi scendono dagli 1.483.000 della Caritas agli 1.295.000 del CESNUR.
La ricerca rivela una grande crescita del numero d’immigrati ortodossi, soprattutto romeni, che ormai avvicinano per cifre assolute i musulmani e nei prossimi anni potrebbero superarli. «Mentre in un certo immaginario collettivo – spiegano Introvigne e Zoccatelli – un immigrato non cattolico è quasi per definizione un musulmano, in realtà tra gli immigrati appartenenti a minoranze religiose i musulmani non sono - o non sono più - in maggioranza né assoluta né relativa, e i cristiani non cattolici - sommando ortodossi e protestanti pentecostali – sono ora più numerosi degli islamici».
Nel loro complesso gli immigrati che professano religioni diverse da quella cattolica per il CESNUR sono 3.218.000. Oltre a ortodossi e musulmani, rilevanti sono le comunità d’immigrati protestanti – in maggioranza pentecostali (212.000) –, induisti (114.000), buddhisti (103.000) e sikh (60.000), senza dimenticare che anche fra i Testimoni di Geova ci sono 17.400 fedeli immigrati. I non cattolici presenti globalmente in Italia sono 4.635.400 se si considerano nel totale anche gli immigrati che non sono cittadini italiani, 1.417.000 se si prendono in esame i soli cittadini italiani. Detto in altre parole, gli appartenenti a minoranze religiose sono il 2,5% dei cittadini italiani e il 7,6% delle persone presenti sul territorio italiano, immigrati non cittadini compresi.
Tra i cittadini italiani, secondo gli stessi dati, la prima minoranza come famiglia spirituale o corrente è quella protestante, con 435.000 fedeli. Tra di loro gli appartenenti alle comunità «storiche» – valdesi, luterani, riformati, metodisti, battisti – si sono ridotti al 14,2% del totale, mentre una salda maggioranza è costituita da pentecostali (72%).
La prima denominazione protestante italiana è quella, pentecostale, delle Assemblee di Dio in Italia, con 150.000 membri. Poiché i protestanti sono divisi in numerose denominazioni, la seconda organizzazione religiosa tra i cittadini italiani – immigrati non cittadini esclusi – dopo la Chiesa Cattolica è quella dei Testimoni di Geova, con poco più di 400.000 fedeli. Al terzo posto fra le minoranze presenti tra i cittadini italiani, dopo protestanti e Testimoni di Geova, vengono i buddhisti: 135.000, sommando i fedeli delle comunità che aderiscono all’Unione Buddhista Italiana (UBI) e i 63.000 membri della Soka Gakkai, un gruppo di origine giapponese che non fa parte dell’UBI ma è il singolo gruppo buddhista più numeroso in Italia.
Altre presenze hanno numeri decisamente più piccoli. Gli ebrei cittadini italiani costituiscono una realtà di grande rilievo storico e culturale, ma sono solo 36.000. «L’area esoterica e New Age – spiegano Introvigne e Zoccatelli – se guardiamo agli aderenti a movimenti organizzati, non al numero certamente più grande di coloro che simpatizzano per certe idee, è ferma a circa 15.000 aderenti».
Molti italiani, forse oltre centomila, hanno partecipato a un corso o seguito questa o quell’iniziativa di Scientology, ma sulla base dei criteri seguiti dall’Enciclopedia i «membri» veri e propri, quelli che considerano Scientology la loro religione, in Italia sono stimati dalla ricerca intorno ai diecimila (il movimento ne dichiara cinquantamila). «836 religioni e denominazioni – conclude Introvigne – mostrano che l’Italia è un Paese caratterizzato da un pluralismo religioso crescente, che non va sopravvalutato – quella cattolica rimane la religione ampiamente maggioritaria – ma nemmeno sottovalutato».

PREGHIERA PER LE VOCAZIONI E PER CHIEDERE LA GRAZIA DI UNA VOCAZIONE MISSIONARIA RINNOVATA


Ti preghiamo, o Padre:
donaci missionari secondo il cuore di Gesù Cristo, Tuo Figlio.

Come Lui, poveri, per essere liberi con gioia nel servizio al Vangelo.
Disponibili al distacco da persone e da beni,
per farsi fratelli di tutti
e portare a tutti il Cristo Salvatore.

Tenacemente ancorati alla persona di Gesù,
forti per l’esperienza della Sua presenza confortatrice,
che li accompagna in ogni momento della vita
e che li attende nel cuore di ogni uomo e di ogni donna.

Come Cristo, siano gli uomini della carità,
per annunciare ad ogni persona che è amata da Dio.
Portino in sé lo Spirito della Chiesa,
la sua apertura per tutti i popoli e per tutti gli uomini,
tracciata da Gesù nel discorso della montagna.

In un mondo angosciato da tanti drammi,
che tende al pessimismo,
proclamino la “buona novella”,
fonte di speranza e di gioia:
veri frutti della Fede.

(cfr. Redemptoris Missio, cap. VIII)

Anno della Fede 2012-2013

27 aprile 2013


Con il Sudafrica celebriamo la Festa della Libertà (1994). La Chiesa cattolica gestisce 638 istituti scolastici e 323 istituzioni assistenziali. I cattolici ammontano a 3,2 milioni su una popolazione di 48 milioni. Sono il 6,39%.
Con il Togo festeggiamo l’Indipendenza (1960). I cattolici sono 1.319.808, pari al 22,2% di una popolazione di 5 milioni. Gestiscono 642 istituti scolastici e 83 istituzioni assistenziali.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

26 aprile 2013


Con la Tanzania celebriamo la Festa dell’Unione di Tanganica con Zanzibar (1964). La Chiesa cattolica in Tanzania è presente con 5 sedi metropolitane e 29 diocesi suffraganee; i cattolici sono 10 milioni su una popolazione di 36 milioni. Il padre della patria, Julius Nyerere, è “servo di Dio”.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

25 aprile 2013

Suor Maria PIETROBELLI

Carissime sorelle, il 20 aprile 2013, presso l’ospedale “Kita Tama” di Chofu (Giappone), il Signore ha chiamato a sé la nostra carissima Suor Maria PIETROBELLINata a Torrebelvicino (Vicenza) il 12 gennaio 1916. Professa a Casanova di Carmagnola (Torino) il 5 agosto 1939. Appartenente all’Ispettoria Giapponese “Alma Mater”.
Maria, secondogenita di 5 figli, nasce in una famiglia di agricoltori. Il padre muore quando lei ha 15 anni e la sorella più piccola appena tre. Il parroco, nella lettera di presentazione della giovane all’Istituto, attesta che la famiglia è “onestissima sotto ogni aspetto e di sani principi cristiani”. Descrive Maria “buona, pia, docile, obbediente, portata per la vita religiosa”. Non sappiamo dove Maria ha conosciuto le FMA. Nel 1936 inizia le tappe formative nell’Istituto e il 31 gennaio 1937 è ammessa al postulato. Nell’agosto dello stesso anno entra in noviziato a Casanova dove fa la prima professione nel 1939. In quegli anni completa gli studi e consegue il diploma per l’insegnamento nella scuola materna.
Dopo alcuni mesi di preparazione alla vita missionaria a Torino “Madre Mazzarello”, nel novembre 1939 parte per il Giappone dove giunge il 1° gennaio 1940. È subito destinata all’Opera di Beppu Casa “Madre Mazzarello” come assistente dei bambini orfani e anche delle aspiranti e novizie. Le sorelle che in quel tempo hanno lavorato con lei la ricordavano vivace, attiva, ma allo stesso tempo, matura e riflessiva.
Forse per queste sue doti, nel 1948, all’età di appena 32 anni, è nominata direttrice nella stessa casa “Madre Mazzarello” di Beppu. Dopo un anno a Tokyo ancora come direttrice della casa ispettoriale, nel 1955 è animatrice della comunità di Osaka, dove la scuola era incominciata da pochi anni e là resta fino al 1958. Relativamente giovane, ma non inesperta, viene nominata ispettrice, compito che svolgerà per 10 anni. L’Ispettoria è in piena crescita. Sono iniziate da poco tante opere educative; le formande sono numerose e le suore giovani da preparare bene alla missione. Si respira lo spirito del Concilio Vaticano II con le varie interpretazioni e anche gli eccessi. Suor Maria dimostra capacità di governo conciliando fermezza e senso di maternità. Molte sorelle le sono riconoscenti per l’attenzione alla persona e la delicatezza nell’andare incontro alle necessità.
Nell’agosto del 1968 è nominata maestra delle novizie a Chofu. Nel 1972, è ancora direttrice nella casa di Osaka dove rimane fino al 1979. Successivamente è vicaria ed economa a Beppu “Madre Mazzarello”. Nel 1981 è nominata direttrice nella Casa “Maria Ausiliatrice” di Chofu e nel 1984 passa a Nagasaki con lo stesso incarico.
Nel 1986, dopo lunghi anni di servizio di autorità, finalmente è alleggerita: è felice di servire il Signore come sacrestana e incaricata della traduzione delle cronache; ogni giorno è la prima a prestarsi per lavare i piatti. Continua a seguire ancora varie scuole fungendo da Responsabile dell’Ente scolastico. Anche molti collaboratori laici l’apprezzano per l’umiltà, la gentilezza e la finezza d’animo. Nel 1994 è inviata alla casa del noviziato di Chofu dove, insieme con la redazione di varie cronache in italiano, con il suo esempio luminoso è modello di vita per le novizie.
Nel 2004, a causa di una caduta, si frattura il femore e viene trasferita alla casa “S. Giuseppe” di Chofu che ospita le suore anziane e ammalate. Nel 2009, a causa di una seconda caduta, viene ricoverata in ospedale e purtroppo non riprende più a camminare e, costretta sulla sedia a rotelle, continua a vivere nella fede l’ultimo tratto di strada: prega tanto e per tutte le sorelle e persone che vanno a trovarla. In questi ultimi mesi edifica in modo particolare infermiere e medici per la sua capacità di offrire e sopportare il dolore. Si sente che la sua fine è imminente. Il 20 aprile pomeriggio, ha un preoccupante calo di pressione. Accorre il sacerdote e le amministra l’Unzione degli infermi. In poche ore, lascia questa terra nella pace, senza rumore, come in un sonno. Di lei si può dire che nella sua vita, la sua più grande missione sia stata quella di costruire la pace.
Raccomandiamo suor Maria alla preghiera di tutto l’Istituto, riconoscenti per il bene seminato nell’Ispettoria per 73 anni.

L’Ispettrice
Suor Wakamatsu Yukiko Francesca

In Italia celebriamo la Festa della Liberazione (1945) dal nazifascismo.
In Portogallo, invece, la Festa della Libertà (1974) dalla dittatura di Marcelo Caetano. Qui la Chiesa cattolica è presente con circa 9 milioni di battezzati su una popolazione di 10 milioni. Fatima è un luogo di grande devozione mariana.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

22 aprile 2013

Laos. La testimonianza silenziosa delle suore che non possono manifestare la propria fede


Una testimonianza silenziosa, fatta di opere e non di parole, è quella delle tre consorelle autorizzate a vivere nel nord del Laos. Lavorano nell’istituto governativo di Luang Prabang, che ospita per la maggior parte giovani portatori di handicap o appartenenti a minoranze etniche ai quali dona un futuro insegnando loro professioni come il cuoco o il pasticcere. Nella parte settentrionale del Laos, in seguito alla presa di potere dei comunisti nel 1975, sebbene la Costituzione del Paese preveda la libertà religiosa, di fatto è proibita ogni forma di proselitismo e, sia il vicario apostolico di Luang Prabang, mons. Tito Banchong Thopanhong, il solo sacerdote cui è permesso vivere in quel territorio, vittima in passato di soprusi e torture, sia le suore, devono attenersi scrupolosamente a questa regola. La situazione, inoltre – riporta AsiaNews - è addirittura peggiorata dopo il 2011, in seguito alla violenta repressione della sommossa avviata da alcuni gruppi appartenenti alla minoranza Hmong. “La vita cristiana è molto difficile perché non possiamo parlare apertamente della nostra fede – ha raccontato suor Marie-Bruno, che pochi giorni fa ha partecipato a Parigi al convegno “La notte dei testimoni” organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre – e tutte le manifestazioni esteriori della fede sono bandite: luoghi di culto, croci, immagini, libri sacri, ma anche parole e gesti possono essere interpretati come proselitismo”. La religiosa, appartenente alle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, proviene da una famiglia laotiana di tradizione buddista e animista, ma si convertì molto giovane al cattolicesimo. Quella delle suore nel nord del Laos, è dunque una presenza muta tra i bambini cui non possono impartire un’educazione religiosa, anche se il centro in cui prestano quotidianamente la loro opera è gestito in collaborazione tra le autorità locali e il delegato apostolico per il Laos, mons. Salvatore Pennacchio. (R.B.)

http://it.radiovaticana.va/


20 aprile 2013

AMERICA/MESSICO - Donne indigene costrette ad emigrare o a dedicarsi al narcotraffico

Oaxaca - La povertà e l’abbandono sociale nei quali vivono le donne indigene di Oaxaca le obbliga ad emigrare o a lavorare come narcotrafficanti. Soggette al dominio patriarcale, abbandonate a se stesse con i rispettivi figli, per sopravvivere alle condizioni di povertà estrema sono costrette ad emigrare o a darsi al traffico di stupefacenti. Secondo alcuni ricercatori locali, molte di loro, tra il 2002 e il 2006, sono state arrestate durante raid della polizia su autobus provenienti dalle altre regioni, dove è noto alle forze dell’ordine che ci sia mariuana. Quasi tutte analfabete, donne abbandonate o ragazze madri sono ree dei crimini più comuni, rapine, furti, sequestri di persona. Commettono questi che vengono definiti “delitti di povertà” esclusivamente per mangiare, mandare a scuola i figli e provvedere al loro sostentamento.

19 aprile 2013


Con la Sierra Leone celebriamo la Festa della Repubblica (1971). Su una popolazione di 6.380.845 persone, conta 270.000 battezzati, corrispondenti al 4,1% del totale. La Chiesa gestisce 711 istituti scolastici e 43 istituzioni assistenziali.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

18 aprile 2013

8X1000: tra gli spot uno riguarda l'accoglienza dei rifugiati

Roma – Tra gli spot della nuova campagna della CEI per l’8X1000 uno racconta l’esperienza del centro di accoglienza ai rifugiati e vittime di persecuzioni “Grangia di Monluè” di Milano. La “Grangia di Monluè” nasce nel 1986 per volontà del card. Carlo Maria Martini. Viene costituita da un gruppo di persone che mettono in gioco le loro competenze ed uniscono le forze per un comune obiettivo: l'accoglienza e l'integrazione degli stranieri (perseguitati per motivi politici, religiosi, etnici, profughi di guerra, esuli a vario titolo). Principali obiettivi dell'Associazione sono la promozione integrale dello straniero come uomo, nel rispetto dei suoi diritti e delle sue potenzialità, la diffusione di una cultura dell'accoglienza e della condivisione che si fa partecipazione attiva tra chi accoglie e chi è accolto. Dal 1986 ad oggi La Grangia ha accolto più di 1300 stranieri regolari, provenienti da circa 70 paesi diversi. Gli ospiti sono segnalati dal Servizio Accoglienza Immigrati (SAI) della Diocesi di Milano e dall'Ufficio Stranieri del Comune di Milano. E’ una delle nove storie tra le opere di sacerdoti e volontari, raggiunte dalla condivisione di risorse dell’8xmille, che vanno nella direzione indicata da papa Francesco. La nuova campagna Cei, da pochi giorni in onda su radio e televisione, lo racconta attraverso 9 interventi realizzati. Esemplari di un’ampia azione ecclesiale, che ogni fedele è chiamato a sostenere con la propria firma anche nel 2013, in risposta alle emergenze innescate dalla crisi economica. Nei video da 15 e 30 secondi, 7 opere in Italia, 2 in Etiopia, scelte per capacità di innovazione nella carità, senza dimenticare il Terzo mondo. “Come sarebbe la vita di tanti senza l’aiuto assicurato dalla Chiesa cattolica? Il format "Chiedilo a loro" lo illustra col suo taglio documentario – spiega Matteo Calabresi, responsabile Servizio promozione Cei per il sostegno economico alla Chiesa – in un rapporto di stretta vicinanza tra destinatari dell’aiuto e chi ha firmato per sostenerli”. Gli approfondimenti sul web (www.chiediloaloro.it), dove la campagna diretta da Stefano Palombi prosegue con i "corti" della sezione "Zero Like".

DA NON PERDERE


VATICANO - Il Cardinale Filoni: dialogo fra religioni in Asia “per il bene comune”


Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Nelle “evidenti zone di criticità del contesto asiatico”, segnato da situazioni di “ingiustizia, discriminazione, violenza, abuso del creato”, è legittima “la presenza attiva delle diverse tradizioni religiose anche negli spazi pubblici, nel rispetto reciproco e soprattutto nel rispetto dei compiti e doveri dello stato, per il conseguimento del ben comune”: lo ha detto il Card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, a conclusione del Convegno tenutosi nei giorni scorsi alla Pontificia Università Urbaniana, sul tema “In ascolto dell'Asia: le vie per la fede, società e religioni, fra tradizione e contemporaneità”. 
“Il dialogo fra le religioni assume quindi una connotazione sociale e politica, in quanto è finalizzato ad elaborare condizioni e strategie per il bene comune”, come “promuovere una civiltà dell’empatia e della compassione”. In tale contesto si inserisce “la denuncia profetica, illuminata dallo Spirito Santo di tutto ciò che degrada o nega la dignità dell’essere umano”. Per questo “autenticità e testimonianza interpellano le Chiese dell’Asia, in particolare a proposito della vita di fede”. Un’autentica fede personale e comunitaria – nota il Cardinale – è “una scelta per quel Dio personale che si è compiutamente rivelato in Cristo”. Tale incontro, conclude “è una condizione indispensabile anche per la missione”.

Links:
Il testo completo dell’Em.mo Card. Filoni (in italiano):

Papa: La Chiesa sia missionaria, se resta chiusa in se stessa, "si ammala"

In una lettera ai vescovi argentini riuniti per la loro assemblea plenaria, Francesco esorta a "uscire da se stessi per andare verso le periferie esistenziali e crescere nella parresia". E aggiunge che "impegni assunti di recente" hanno impedito all'ex arcivescovo di Buenos Aires di essere presente.

Città del Vaticano - La Chiesa sia missionaria, esca da se stessa, altrimenti rischia di "ammalarsi". Lo scrive papa Francesco in una lettera ai vescovi dell'Argentina, riuniti a Pilar per la loro assemblea plenaria, alla quale avrebbe naturalmente partecipato il cardinale Bergoglio. Nel documento, del quale dà notizia la Radio Vaticana, Francesco si scusa per l'assenza, perché, scrive, "impegni assunti di recente" me lo hanno impedito.
Il Papa ricorda ai vescovi il documento conclusivo della conferenza dei vescovi latinoamericani (Aparecida 2007) con la scelta per la missione e esorta ad "uscire da se stessi per andare verso le periferie esistenziali e crescere nella parresia".
"Una Chiesa che non esce fuori da se stessa - scrive - presto o tardi, si ammala nell'atmosfera viziata delle stanze in cui è rinchiusa". E se è vero che, come capita a chiunque, uscendo fuori di casa si può incorrere in un incidente, "preferisco mille volte di più una Chiesa incidentata che ammalata".
La malattia tipica della Chiesa - continua - è l'autoreferenzialità, guardare a sé stessi, ripiegati su sé stessi. Il Papa parla di "narcisismo che conduce alla mondanità spirituale e al clericalismo sofisticato" e non consente di sperimentare la 'dolce e confortante allegria dell'evangelizzare".
Francesco conclude inviando uno speciale saluto al popolo argentino, abbracciando fraternamente i presuli e chiedendo loro di pregare "affinché non mi inorgoglisca e sappia ascoltare ciò che Dio vuole e non ciò che voglio io".

Giovane srilankese: Non ho paura dei buddisti radicali, diventerò cristiano

di Melani Manel Perera

Buddhika ha 24 anni e ha da poco iniziato il catechismo per adulti. Buddista come suo padre (ma la madre è cattolica), decide di convertirsi dopo il fidanzamento con Manaasha, ragazza cristiana che “vive una fede bella e profonda, che mi ha colpito sin dall’inizio”. Alle obiezioni dei suoi amici buddisti risponde: “Sono libero di fare le scelte che voglio, la mia conversione non arreca loro alcun danno”.

Colombo - "Non cambierò la mia fede cristiana per alcun motivo. I miei amici buddisti non sono contenti che io mi converta, ma ognuno ha il diritto e la libertà di vivere come vuole". A parlare è Buddhika Nuwan Kumara, 24enne di origine buddista dello Sri Lanka, che ad AsiaNews racconta la sua decisione di convertirsi e abbracciare il cristianesimo.
Il giovane è il maggiore di due figli e nasce in una famiglia mista: il padre è buddista e la madre è cattolica. Questa diversità è vissuta in modo sereno da parte di tutti i componenti, ed entrambi i figli vengono educati a seguire il buddismo. Tutto cambia poco più di un anno fa, quando a un matrimonio Buddhika conosce Manaasha Anjali, 21 anni, cristiana. "Ci siamo frequentati per quattro mesi - ricorda il giovane - e quando abbiamo capito di essere innamorati e di volerci sposare ci siamo presentati alle rispettive famiglie. I nostri genitori non hanno avuto obiezioni e con le loro benedizioni la nostra storia d'amore è andata avanti".
Con il procedere della relazione, Buddhika ha iniziato a interessarsi di più al cristianesimo. "Avevo già la testimonianza di mia madre - spiega - che si è sempre presa cura di me e di mio fratello in un modo diverso da come faceva mio padre. Quegli stessi valori li ho ritrovati nella famiglia di Manaasha. Lei stessa è una ragazza molto pia. Ogni volta che dovevamo mangiare la vedevo benedire il cibo nel nostro piatto. Quando uscivamo diceva una preghiera per entrambi. E quando ci separiamo mi saluta sempre dicendomi 'Dio ti benedica'. Lei vive una fede bella e profonda e questo mi ha colpito sin dall'inizio".
Buddhika decide così di abbracciare il cristianesimo: tre mesi fa inizia la catechesi per adulti insieme a suor Ruth Vas, del Buon pastore: "È poco che prendo lezioni e sento di aver bisogno di più tempo: il cristianesimo non è una materia qualunque, è fede e ha bisogno di essere approfondita. C'è tempo per il nostro matrimonio, prima voglio coltivare la mia fede in Dio e in Cristo". La coppia si sposerà a gennaio 2014.
Se in famiglia il giovane non ha incontrato opposizioni circa la sua conversione, non si può dire lo stesso tra i suoi amici buddisti, complice anche il clima di intolleranza alimentato da gruppi radicali buddisti come il Bodu Bala Sena. "Alcuni hanno tentato di farmi desistere - racconta Buddhika - altri mi hanno chiesto in modo diretto di non convertirmi. Ma io ho detto loro che ho il diritto di prendere qualunque decisione per la mia vita, anche perché la mia conversione non arreca loro alcun danno. E non cambierò mai la mia decisione di diventare cristiano". 

http://www.asianews.it/

Lectio Divina - Año C. 4º. Domingo de Pascua (Jn 10,27-30)

Juan José Bartolomé, sdb

Jesús describe brevemente las relaciones que le unen con sus ovejas y la que mantiene con su  Padre. Ambas son inseparables. Con los suyos, se comporta como el Pastor Bueno: convive  con su grey,  la escucha  y la sigue; habiendo dado  la vida por su rebaño,  está seguro de que no se le perderá nunca.
Al ser Uno con su Padre, no puede perder lo que Él le ha entregado. La convivencia del Pastor con su grey  y el cuidado que tiene de sus ovejas es consecuencia de su íntima comunión con su Padre. Esta intimidad lo hace BUENO.
Quien demuestra pertenecer a Cristo, porque convive con Él y camina tras Él, sabe que le pertenece a Dios. Seguir el cayado de Jesús Pastor es sentirse en las manos del Padre de Jesús. Seguir a Jesús es consecuencia de su seguimiento a Dios. Jesús nos cuida,  como el Padre cuida de Él.  

Seguimiento:
27.  En aquel tiempo, dijo Jesús: “Mis ovejas escuchan mi voz, y yo las conozco y ellas me siguen,
28.  y yo les doy la vida eterna; no perecerán para siempre y nadie las arrebatará de mi mano.
29.  Mi Padre, que me las ha dado, supera a todos y nadie puede arrebatarlas de la mano de mi Padre.
30.  Yo y el Padre somos uno”

I. Lectura: entender lo que dice el texto fijándose en cómo lo dice.
La brevedad del texto litúrgico, la ausencia de contexto histórico nos lleva a preguntarnos: ¿A quién dirige Jesús este discurso? y ¿Con qué motivo? ¿Qué le antecede y qué sigue a las palabras de Jesús? Nos contentamos con lo que nos dice el texto, aunque es bien poco.
En él, Jesús responde a quienes no pueden creer, por no pertenecer a su redil (Jn 10,26). El criterio puede sorprender, pero refleja la conciencia cristiana, su concepción de discipulado: sólo quien se sabe custodiado por Cristo se le confía. Si no le siguen (Jn 10,3), es porque no oyen su voz ni él los conoce.
Ser discípulo comporta convivencia y conocimiento entre Jesús y él, y viceversa, en él y Jesús (Jn 10,27; cf. 10,14-15).
Quien le siga, no se perderá: nadie podrá arrebatárselo de su mano (Jn 10,28), símbolo bíblico de la potencia y del cuidado divino (Dt 32,39; Is 43,13).
Adherirse a Jesús es don de Dios (Jn 6,37.39.44). De hecho la razón última de esta vida sin término, que tiene asegurada quien le siga, está en que lo mantiene el Hijo: lo que el Hijo aferra con sus manos, lo mantiene el Padre en las suyas (Jn 10,28b - Jn 10,29b).
No hay nadie mayor que el Padre, ningún poder le excede: no puede perderse todo lo que Él cuide; quien cree en Jesús está en buenas manos, las  del Padre de Jesús.
Jesús se define como pastor, al hablar de su unión con su grey y con su Padre. Ambos, su rebaño y Dios, le pertenecen, aunque de diversa forma. El rebaño está formado por quien le escucha, le sigue y recibe de él vida eterna.
Ambos le pertenecen al Padre, Él, como  pastor y el rebaño, que le confió;  no puede perderlo ni dejar que nadie se lo  arrebate.
El rebaño de Jesús se sabe seguro, porque lo conoce bien; y lo conoce, porque le escucha continuamente; y le puede escuchar, porque convive junto a él porque le sigue.
La actuación del Hijo refleja la iniciativa paterna, hace lo mismo que el Padre (Jn 5,17); más aún, en la actuación se encuentran el Hijo y el Padre; los dos son UNO (Jn 10,30), custodiando a los creyentes.
La unidad es funcional, no personal; están unidos en la acción salvífica. En el Templo, lugar consagrado por la presencia divina, Jesús proclama hacer presente la acción de Dios; y así cuestiona la función primera del Templo, su necesidad salvífica. Ninguna expectativa mesiánica reclamaba la sustitución del Templo.
Hay que destacar dos afirmaciones que son fundamentales: El origen de la relación de Jesús con el rebaño es el Padre: Él se lo ha entregado; nadie puede quitárselo. Jesús ejerce como Hijo de Dios, siendo  el pastor del rebaño del Padre. Con respecto al rebaño, el Padre y Jesús actúan de forma idéntica: no se lo dejarán arrebatar de sus manos.
El Padre y Jesús son UNO. Mientras cuidan del único rebaño: el Hijo es más  Pastor y Dios mejor Padre.

II. Meditación: aplicar lo que dice el texto a nuestra  vida
A pesar de su brevedad, las palabras de Jesús están cargadas de sentido y de consuelo. Son parte del discurso que Jesús dirigió a los judíos cuando estaban en el templo. Se comparó con un pastor bueno, que da la vida por los suyos. Sus palabras chocaron con la incredulidad de sus oyentes:
Los judíos no se podían creer que alguien en su sano juicio estuviera dispuesto a entregar la vida por los demás, aunque fuera, como en el caso del pastor, por su propio rebaño.
No sólo da la vida Jesús por sus ovejas, sino que dice querer estar con ellas  para cuidarlas y guiarlas. 
Nos preguntamos hoy ¿qué relación tenemos con Cristo Jesús? ¿Existe en verdad o, queremos que exista? ¿La cultivamos  y cómo?
¿Afronto sereno la propia necesidad y el incierto futuro por penoso que sea el camino o insegura la vía?  ¿Creo que su mano me guía? ¿Creo que Jesús es UNO  con Dios y que no permitirá que yo le sea arrebatado de su mano?
¡Mucho me estoy perdiendo entre tantas cosas, junto a tantas personas, en medio de situaciones o alimentando ilusiones, que me distraen de Cristo y de su palabra!: ¡Volver a su escucha me hará estar en sus manos, y tener vida por siempre!
Jesús insiste en su disposición de ser Bueno con nosotros y vuelve a la comparación del Pastor para asegurar su relación de intimidad con sus discípulos.
¡Cuánto estamos perdiendo si no creemos que Cristo es un Pastor Bueno para nosotros! ¡Nos sentimos perdidos porque no nos dejamos guiar por Él, día a día! ¿De dónde nace nuestra inseguridad? ¿En qué ciframos nuestro  porvenir? ¿Qué perseguimos en la vida, cuando tratamos de salvarla por nosotros mismos? ¿A quién estamos  siguiendo?
Jesús mismo ha señalado  en el evangelio unos criterios para comprobar si hay pertenencia entre Él y el rebaño: Escucharlo  y  seguirlo, dejarse guiar por Él.
Jesús mantiene una auténtica comunidad de vida y destino, comparable a la que resulta de la vida del pastor dedicado por completo a su grey. Las ovejas siguen a quien conocen, y lo conocen porque convive con ellas: comparten  sueño y trabajo, descanso y fatiga, comida y tiempo; el pastor y su rebaño son familiares, aunque no son iguales. Esa es la relación que Jesús mantiene con los suyos: le siguen seguros, porque lo conocen bien; y lo conocen, porque le escuchan continuamente; conviven siempre.
Los discípulos de Jesús saben contar con Dios como la oveja cuenta con su pastor, porque lo saben a su lado, compartiendo ocupaciones y reposo, alimento y preocupaciones, noche y día. Saberse guiado por Dios les hace posible vivir despreocupados y, al mismo tiempo, saberse bien atendidos; el cristiano, como la oveja del rebaño, no se preocupa por saber dónde se va hoy ni dónde descansará mañana,  porque sabe que Dios lo guía  y lo protege de todo peligro.
Cualquier incertidumbre que podamos tener la superaremos con la seguridad de estar  con nuestro Pastor; sabiendo que Él está a nuestro lado en el peligro y caminando por idénticas veredas nos dejaremos guiar por Dios, y seremos capaces de afrontar serenos nuestras necesidades y el futuro, por penoso que sea el camino o insegura la vía: su mano nos defenderá  y guiará.
Para sentir la tutela de Dios hay que asumir su liderazgo y seguir sus directrices. ¡Cómo puede sentirse con el Pastor quien no camina a su lado!  
Si no lo seguimos, no tenemos derecho a esperar que nos acompañe ni mucho menos, que esté dispuesto a entregar su vida  por  la nuestra.
Pero si nos atrevemos a  dejar que el Pastor vaya delante de nosotros, estaremos  protegidos por Él; si nos dedicamos  a escucharle, nos daremos cuenta de que está con nosotros y que nos acompaña; si le concedemos un espacio en nuestra vida, nos daremos cuenta que Él nos tiene en sus manos, que nos tiene asegurados, que nos cuida en esta vida y que nos dará la eterna.
Escuchemos al Pastor si queremos que Él guie nuestra vida y nos defienda .Para quien sigue de cerca a Jesús, para quien le obedece, para quien se sabe cuidado por Él, no existe razón para tener temor, pues Él lo ha dicho: ‘no perecerá para siempre y nadie le arrebatará de mi mano’.
Toda angustia resulta infundada, si se pertenece a su rebaño. No perderá a nadie ni se dejará robar por nadie: lo suyo Dios lo tiene de su mano; a los suyos los mantiene entre sus brazos, dispuesto como está, incluso, a jugarse la propia vida antes que entregar la de los que le pertenecen.  El discípulo de Jesús, que vive oyéndole y que le sigue obedeciendo su voz, se sabe en buenas manos: son manos de Buen Pastor, que prefiere perderlas antes que perder cuanto en ellas abraza, entregar su vida para que no se la roben a los suyos.
Saberse del rebaño de Jesús no implica tener siempre la solución a todo problema o evitarse todo peligro, pero da la seguridad de no tener que afrontarlos solos ni siquiera los primeros: Cristo Pastor precede a cuantos le siguen. Antes de llegar nosotros, ya ha encarado él nuestra dificultad; venceremos nuestros miedos, si nos sabemos acompañados por Cristo.
Y nos sabremos acompañados por él, si le seguimos por dónde quiera llevarnos. Sea donde sea, si Él nos precede, no hay peligro insalvable. No son, pues, las dificultades de la vida lo que nos la hacen más difícil, sino lo difícil que nos resulta seguir a Cristo por donde él quiera; no es que la vida sea mala, es que no somos buenos cristianos.
Nos preguntamos: ¿Por qué vivimos nuestra fe con tanta incertidumbre, con poca ilusión, con tanto miedo y sin alegría? ¿Por qué pedimos tantas pruebas a Dios para poder sentirnos acompañados por Él y vivir tranquilos?
La razón no es fácil, aunque sea una amarga constatación: no sabemos dónde ha ido a parar nuestro Dios, porque no nos gusta ir donde quiere llevarnos; porque no queremos hacer su voluntad, no nos sentimos queridos por Dios; rehusamos acompañarle y ello no nos deja sentirle a nuestro lado. Buscamos certezas con otras personas, en otros lugares, dudamos dónde está nuestro Dios y perdemos la seguridad de estar con Él.

III. ORAMOS nuestra vida desde este texto:
Padre Dios, te damos gracias porque has querido que tu Hijo sea  nuestro Pastor y dé su vida por la nuestra. Te pedimos que LE tengamos siempre por compañero. Que lo sigamos, que queramos escucharlo… Nos hace tanta falta… No permitas que atendamos a tantas cosas que nos distraen, descuidando su voz.
Tú sabes, Señor que si no seguimos a nuestro Pastor, no nos seremos ovejas de su rebaño, y no encontraremos en Él, lo que tanto necesitamos: la felicidad  para esta vida y para la eternidad.
Haz, Padre Bueno, que escuchemos a nuestro Pastor y que hagamos lo que Él nos pide; ¿qué ganamos con tener tantas cosas y satisfacer gustos pasajeros si Lo perdemos a Él? ¿Cómo ser felices sin su compañía?
Sabemos que al estar con Cristo Jesús, estamos contigo, y al estar contigo, estamos con el Espíritu que los une, porque los tres son UNO. Que nos fiemos de su Palabra y nos abandonemos en tan singular compañía. Quien a Dios tiene, nada le falta… Sólo Dios basta…  
Gracias por nuestro Pastor, gracias por el rebaño que juntos formamos, gracias por esta comunidad en la que hemos ido descubriendo como ser discípulos misioneros.
María, Madre de Jesús, el Buen Pastor, acompáñanos en el camino que nos lleva a Él, no solo en este tiempo pascual, sino siempre. Haz que  muchas ovejas escuchen su voz y quieran estar siempre en su compañía. Te pedimos vocaciones para nuestra comunidad. ¡Nos hacen tanta falta!. Danos sacerdotes, religiosos, religiosas y apóstoles seglares. ¡Amén!  


Celebriamo con il Zimbabwe l’anniversario dell’Indipendenza (1980). Su una popolazione di 15.217.396 abitanti, i cattolici sono 1.367.669, circa l’8,9% del totale. La Chiesa cattolica gestisce 236 istituti scolastici e 74 istituzioni assistenziali.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

17 aprile 2013


È il giorno dell’Indipendenza della Siria (1946). I cattolici siriani sono circa 360.000, corrispondente al 2% di una popolazione di 21,9 milioni.
Facciamo festa con le Isole Samoa Americane nel Giorno della Bandiera (1900). I cattolici sono il 20% della popolazione, che ammonta a circa 65.000 abitanti.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

14 aprile 2013

«Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!»

Carissime Sorelle,
«Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!» (Papa Francesco)

La gioia di Cristo Risorto ci accompagni lungo la nostra vita e la sua luce risplenda nei nostri cuori e sia segno di speranza nella missione di ogni giorno. Missione, secondo Papa Francesco, di «custodire … l’intero creato, la bellezza del creato, custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio».
Queste parole del Papa ci spingono ad essere missionarie della tenerezza, della bontà, donne di speranza, custodi della vita e vicine ai più bisognosi, ai lontani, agli emarginati perché possano sperimentare l’amore salvifico di Dio, la sua bontà e la sua misericordia.
In questo periodo si sta realizzando il Progetto di Spiritualità Missionaria (PEM). Come sapete, questo Progetto di Spiritualità Missionaria è stato proposto da Madre Antonia Colombo alla Conferenza CICSAL, durante il CGXXI. La Conferenza del Cono Sud di America ha assunto la sfida come una bella opportunità per l’approfondimento della Spiritualità Missionaria nell’Istituto.
A Mornese si viveva un intenso spirito missionario, erano molte che desideravano partire, e Madre Mazzarello nelle sue lettere accenna ripetutamente al desiderio suo, delle suore e perfino delle ragazze, di partire per le missioni. Nel 1876, Madre Mazzarello scriveva a Don Cagliero:
«Faccia dunque presto a chiamarci. Oh che piacere se il Signore ci facesse davvero questa grazia di chiamarci in America! Io vorrei già esserci!».
Anche noi, con il PEM, vogliamo riscaldare il cuore di ogni FMA di un forte slancio missionario ad/inter gentes.
Questo itinerario si realizza in 4 tappe:
1ª tappa:          Santiago de Chile        ®        04 – 09 aprile
2ª tappa:          Punta Arenas              ®        09 – 17 aprile
3ª tappa:          Río Grande                 ®        17 – 21 aprile
4ª tappa:          Río Gallegos               ®        22 – 27 aprile
Sarò presente alle due ultime tappe del Progetto, dal 14 al 29 aprile, mentre Sr. Bernarda Santamaría partecipa a tutto il Progetto.
Il 28 e il 29 aprile, a Buenos Aires parteciperemo con le Ispettrici e l’Equipe del PEM – CICSAL, alla Verifica del PEM, che verrà poi presentata al CGXXIII.
Ecco, care Sorelle: questi sono momenti forti di rivitalizzazione della dimensione missionaria dell’Istituto, e le sorelle che hanno la fortuna di parteciparvi ammirano, non senza commozione, la ricchezza carismatica del seme portato dalle nostre missionarie inviate in America dal cuore grande di Don Bosco e di Madre Mazzarello. Grazie a loro, il Carisma si è radicato ed esteso in profondità ovunque.
In questo meraviglioso tempo Pasquale, accogliamo l’orientamento di Papa Francesco: «Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace». Così diventeremo portatrici del suo amore a tutte le genti, ai vicini e ai lontani, e la Buona Notizia sarà presenza viva anche attraverso la nostra testimonianza di una vita semplice, in gratuità, centrata nel Signore Gesù.
In comunione e nella preghiera reciproca un grande e fraterno abbraccio.

Sr. Alaíde Deretti
Consigliera per la Missione ad/inter gentes

13 aprile 2013

Lectio Divina - Año C. 3er. Domingo de Pascua (Jn 21,1-19)

Juan José Bartolomé, sdb

Después de que Jesús se encontró con sus discípulos en Jerusalén, regresaron a sus hogares y a pescar en el lago de Galilea. Ahí se les apareció resucitado para convencerles de la realidad de la nueva vida y lo que significaba para ellos testimoniarlo entre sus hermanos.
Este relato, sencillo en apariencia, esconde dos preocupaciones básicas del autor: primero, demonstrar que Jesús de verdad había resucitado y confirmar la misión de Pedro en la comunidad. Sobre sale su figura y la triple confesión de su amor por Jesús a la que siguió su tendría una misión muy especial en la comunidad cristiana: la de ser su guía.
El ministerio en la Iglesia se fundamenta sobre hombres débiles, que convivieron con el Señor; amar a Cristo impone tener la fe de los hermanos como tarea y la misión de confirmarla a toda costa. Si bien no precisa ser perfectos para ser pastores de la comunidad, no hay que olvidar que el ministerio es obligación para los aman de verdad a Cristo.

Seguimiento:

1. En aquel tiempo, Jesús se apareció otra vez a los discípulos junto al lago de Tiberíades. Y se apareció de esta manera:

2. Estaban juntos Simón Pedro, Tomás apodado el Mellizo, Natanael el de Caná de Galilea, los Zebedeos y otros dos discípulos suyos.

3. Simón Pedro les dice: —«Me voy a pescar.» Ellos contestan: —«Vamos también nosotros contigo.» Salieron y se embarcaron; y aquella noche no cogieron nada.

4. Estaba ya amaneciendo, cuando Jesús se presentó en la orilla; pero los discípulos no sabían que era Jesús. 5Jesús les dice: —«Muchachos, ¿han pescado algo?» Ellos contestaron: —«No.»

6. Él les dice: —«Echen la red a la derecha de la barca y encontrarán.» La echaron, y no tenían fuerzas para sacarla, por la multitud de peces.

7. Y aquel discípulo que Jesús tanto quería le dice a Pedro: —«Es el Señor.» Al oír que era el Señor, Simón Pedro, que estaba desnudo, se ató la túnica y se echó al agua.

8. Los demás discípulos se acercaron en la barca, porque no distaban de tierra más que unos cien metros, remolcando la red con los peces.

9. Al saltar a tierra, ven unas brasas con un pescado puesto encima y pan.

10. Jesús les dice: —«Traigan los peces que acaban de coger.»

11. Simón Pedro subió a la barca y arrastró hasta la orilla la red repleta de peces grandes: ciento cincuenta y tres. Y aunque eran tantos, no se rompió la red.

12. Jesús les dice: —«Vamos a almorzar.» Ninguno de los discípulos se atrevía a preguntarle quién era, porque sabían bien que era el Señor.

13. Jesús se acerca, toma el pan y se lo da, y lo mismo el pescado.

14. Ésta fue la tercera vez que Jesús se apareció a los discípulos, después de resucitar de entre los muertos.

15. Después de comer, dice Jesús a Simón Pedro: —«Simón, hijo de Juan, ¿me amas más que éstos?» Él le contestó: —«Sí, Señor, tú sabes que te quiero.»

16. Jesús le dice: —«Apacienta mis corderos.» Por segunda vez le pregunta: —Simón, hijo de Juan, ¿me amas?» Él le contesta: —«Sí, Señor, tú sabes que te quiero.» Él le dice: —«Pastorea mis ovejas.»

17. Por tercera vez le pregunta: —«Simón, hijo de Juan, ¿me quieres?» Se entristeció Pedro de que le preguntara por tercera vez si lo quería y le contestó: —«Señor, tú conoces todo, tú sabes que te quiero.» Jesús le dice: —«Apacienta mis ovejas.

18. Te lo aseguro: cuando eras joven, tú mismo te ceñías e ibas adonde querías; pero, cuando seas viejo, extenderás las manos, otro te ceñirá y te llevará adonde no quieras.»

19. Esto dijo aludiendo a la muerte con que iba a dar gloria a Dios. Dicho esto, añadió:
—«Sígueme.»

I. LEER: entender lo que dice el texto fijándose en cómo lo dice

Jn 21 es un apéndice añadido al evangelio ya concluido (Jn 20,30-31). Parece que este capítulo tiene como finalidad que no se perdiera material tradicional en torno a la suerte del discípulo amado. En él domina, además, un evidente interés por la comunidad de creyentes, cuyo liderazgo se confía a Pedro.
Este episodio tiene dos partes: la primera (Jn 21,1-14) narra la tercera aparición de Jesús, localizada ahora en Galilea, a siete discípulos (Jn 21,2), durante la cual convirtió una pesca infructuosa en abundancia compartida en comida común (Jn 21,12). La segunda parte (21,15-23) contiene casi exclusivamente dichos de Jesús que renuevan tareas e imponen urgencias comunitarias a Pedro. Ambas escenas, a pesar de las innegables diferencias formales y de contenido, reflejan una unidad íntima: Jesús (Jn 21, 4.5.7.9.12. 13.14.15.17) y Pedro recorren todo el relato (21,2.3.7.11.15.16.17), el primero como protagonista, el segundo como su privilegiado interlocutor, primero, en una pesca milagrosa y, después, en su misión de pastorear a la grey.
La tercera aparición de Jesús se da junto al mar de Tiberíades (Jn 6,1). Los discípulos han vuelto a la vida diaria y es en una jornada de duro trabajo, cuando el grupo de discípulos tendrá una feliz experiencia del Resucitado. El mar es el lugar de trabajo, pero también del encuentro con Jesús; es de noche, el tiempo apropiado para la pesca, pero impide la visión. En la ausencia de Jesús, los discípulos no consiguen pescar (Jn 21,3).
Jesús se les aparece al amanecer (Jn 21,4). Sin que le reconozcan, habla con ellos, pidiéndoles de comer en tono familiar (Jn 21,5: muchachos). No saluda ni da paz, se les presenta como necesitado. Más que comida, pide algo con lo que acompañar el pan (Lc 24,41). Su petición lleva a los discípulos a reconocer su pobreza y el fracaso; no tienen para dar de comer. Aceptada su carencia, Jesús les ordena volver de nuevo al trabajo, asegurándoles resultados (Jn 21,6).
La obediencia al desconocido supera las mejores expectativas: la red se llena de peces. Su palabra hizo el prodigio.
Juan, el discípulo amado, reconoce al Señor y se lo dice a Pedro (Jn 21,7; cf. 20,8). Éste se precipita, y con su protagonismo, se tira al agua para ir al encuentro del Señor (Jn 21,7) mientras los otros discípulos arrastran a tierra la pesca abundante (Jn 21,8).
Pedro se comporta como patrono de la embarcación; saca a tierra la red, y trae de la abundante pesca unos cuantos pescados; el botín – sabe con precisión el narrador – se elevaba a 153 peces grandes, que no rompieron la red (Jn 21,11). Los discípulos se encuentran con el Señor y con una comida preparada, un pescado a la brasa y pan (Jn 21,9), alimento típico de pescadores en Galilea.
El reconocimiento del Resucitado, que se les había hecho el encontradizo durante su trabajo diario, ocurrió durante una comida: cuando coman con él todos sabrán quién es (cf. Lc 24,35). Y de hecho, aceptada su invitación (Jn 21,12), ningún discípulo se atrevía a preguntarse sobre su identidad; sabían muy bien que era Él (Jn 21,13; cf. 6,11; Lc 24,30.42-43; Hch 10,41).
Acabada la comida, Jesús le da a Pedro el gobierno de la comunidad. Los demás discípulos desparecen del relato. La primacía de Pedro es un tema conocido en la tradición evangélica (Mt 16,17-19); resulta significativo que el cuarto evangelio que, en su inicio, se ocupó del cambio de nombre de Pedro (Jn 1,42) termine con la imposición de su nueva misión (Jn 21,15.16.17).
A Pedro le da el Señor su tarea pastoral (Jn 21,15-17) y le anuncia el testimonio que tendrá que dar con su sangre (Jn 21,18-23). El diálogo, rápido y reducido a lo esencial, sigue un esquema fijo: por tres veces una misma cuestión provoca una misma reacción y se confiere idéntica encomienda.
La triple pregunta de Jesús ocasiona la tristeza en Pedro (Jn 21,17). No parece, que con este interrogatorio, Jesús estuviera probando la fidelidad del único discípulo que le había negado tres veces (Jn 18,15-28.25-27); sino que lo rehabilitó para la misión: Pedro es enviado a los hermanos (Lc 22,32).
La escena es la crónica de una investidura, de la concesión del ministerio pastoral a Pedro que recibe un encargo específico: cuidar a la grey habiendo proclamado su amor y su dedicación al Señor. Pedro se rehabilita públicamente confesando públicamente su amor por Jesús.
Si en los sinópticos Jesús quedó impresionado por la fe de Pedro (Mc 8,27-29), en Jn quedará convencido sólo por su profesión de amor. El ministerio pastoral es ejercicio de amor a Jesús. Amar a Cristo implica responsabilizarse de los cristianos. Jesús no concede el gobierno pastoral de su comunidad a quien mucho prometió (Jn 13,13,36-37), ni siquiera a quien era el más amado y mejor creyente (Jn 21,7); se lo mandó, y por tres veces, a Pedro, quien más se tuvo que empeñar en hacer protesta de su amor.
Quien comparte con Jesús el oficio de pastor (Jn 10,11-18) tendrá que compartir suerte y destino (Jn 15,13); La suerte solidaria de Pedro con Jesús, le pide a Pedro dar la vida por su Señor (Jn 13,37).

II. MEDITAR: aplicar lo que dice el texto a nuestra vida

Pedro y los apóstoles se ocuparon en la pesca para vivir, pero silenciaban lo que sabían sobre Cristo, que estaba vivo; callándoselo, le daba por muerto delante de los suyos.

Como ellos, también nosotros hemos celebrado la resurrección estos días y sabemos que Él está vivo, pero igualmente nos ocupamos de faenas más útiles, menos comprometedoras, olvidándonos de lo que nos ha encomendado.

Quien sabe que Jesús está vivo, aunque una mayoría lo crea muerto no puede callar su experiencia y ocuparse de lo que no es su misión primera. No basta, pues, con no hacer nada malo; es suficiente con que no digamos al mundo lo que sabemos; viviremos inútilmente, trabajando en la noche y regando con nuestro sudor la mar. Tenemos que ocuparnos por proclamar con la vida lo sabemos de Jesús: que Él vive y que vivimos nosotros para que el mundo crea en Él.

Jesús mandó a los suyos pescar cuando ya no era oportuno. Su comportamiento puede parecer extraño. Los discípulos deben aprender que la obediencia les dará eficacia en su vida diaria: tiran las redes, cuando era hora de recogerlas; de noche las recogieron vacías y al amanecer se les llenarán de peces, contra toda lógica. Con Jesús el éxito está asegurado, aunque vaya contra la propia experiencia; sin Él, todo esfuerzo resulta vano. Juan fue el primero en reconocer al Señor. El amor es la mejor manera de adivinar su presencia Quien más ama, más fácilmente cree.

Aquella noche no cogieron nada al ir a pescar. No puede ser fructífera una ocupación, un trabajo, la ilusión o el esfuerzo, que no sea consecuencia de la vocación que cada uno ha recibido de Dios;

Quien comparte con Jesús el oficio de pastor (Jn 10,11-18) tendrá que compartir suerte y destino (Jn 15,13); La suerte solidaria de Pedro con Jesús, le pide a Pedro dar la vida por su Señor (Jn 13,37).

¿Qué tan dispuestos estamos para compartir con el Señor su suerte? Seguirlo es ser capaces de ir con Él y como Él al sacrificio. La Redención se dio gracias a la entrega que Él hizo de su vida al Padre por nuestra salvación.

III: ORAMOS nuestra vida desde este texto:

Dios Bueno, que como Pedro nos demos cuenta cuánto nos amas, para que también te confesemos nuestro amor, siendo capaces de acompañar la fe de nuestra comunidad, sostenidos por tu Espíritu. Que nos lancemos al encuentro de tu voluntad, que la reconozcamos y la veamos como nuestra primera responsabilidad. Que nos alimentemos del Pan que Cristo Jesús nos ofrece en la Eucaristía. ¿Cómo sabremos que Él vive si no nos llenamos de su vida?
Necesitamos amarte, amarlo, amarnos unos a otros. Que el amor siga siendo la fuerza que nos capacite para ser testigos de Cristo Resucitado, tu Hijo y Hermano nuestro, en nuestra comunidad, dándonos el arrojo de Pedro tuvo, que tanto necesita nuestro mundo, lleno de adelantos pero vacío de razones para vivir en profundidad. Señor, Tú lo sabes todo, Tú sabes que te amamos, pero conoces bien nuestras limitaciones. Llénanos de ti y de lo tuyo para ser testigos creíbles de tu vida. ¡Así sea!


12 aprile 2013

Guía sobre migraciones trasnacionales para comunicadores está disponible para consulta y dowload


Es con gran satisfacción que el Instituto Humanitas de Unisinos pone a disposición para consulta y descarga la versión online de la Guía de las Migraciones Transnacionales Diversidad Cultural para Comunicadores – Migrantes en Brasil, a la que acceder en www.guiamigracoesdivcult.com
La guía es el resultado de dos años de trabajo, teniendo al frente las investigadoras Denise Cogo y María Bedet y contó con la colaboración de colegas investigadores de universidades nacionales e internacionales que se han estado dedicando a estudiar diferentes aspectos de las relaciones entre los medios de comunicación y las migraciones como la preocupación de conseguir que los resultados de estas investigaciones repercutan en la realidad de las migraciones y de los migrantes y contribuyan a la labor desarrollada por periodistas y comunicadores en la cobertura mediática de los movimientos migratorios en Brasil.
El trabajo fue editado por el Instituto de Comunicación de la Universidad Autónoma de Barcelona (InCom-UAB) y por el Instituto Humanitas de la Unisinos (IHU) y contó con recursos del Consejo Nacional de Desarrollo Científico y Tecnológico.
La Guía también está disponible en versión impresa.

11 aprile 2013

No alla parola "clandestino"


Raccogliendo la sollecitazione di Carta di Roma e la storica battaglia condotta dalla presidente Laura Boldrini, l'agenzia Adnkronos annuncia che i suoi lanci non conterranno più la parola "clandestino" riferita alle persone immigrate.

Faranno eccezione solo le eventuali dichiarazioni contenute in comunicati stampa e riportate tra virgolette. Anche nella trascrizione delle interviste e delle dichiarazioni raccolte, la parola “clandestino” sarà evitata, a meno che essa non sia ritenuta indispensabile-opportuna per chiarire il pensiero dell'intervistato o per riprodurre fedelmente il linguaggio dello stesso.
Al posto di “clandestino”saranno usati di volta in volta i termini più adeguati al contesto delle singole notizie, come irregolare, migrante, immigrato, rifugiato, richiedente asilo, persona, cittadino, lavoratore, giovane, donna, uomo, secondo quanto indicato dal glossario e dalle Linee guida della Carta di Roma stessa.
L'annuncio viene dato dal direttore dell'agenzia di stampa, Giuseppe Pasquale Marra, che dichiara: «L'uso di un linguaggio corretto è sempre importante per un'agenzia di stampa, ma lo è ancora di più quando si tratta di fenomeni, come l'immigrazione su cui è facile alimentare paura, xenofobia e razzismo. Ogni giornalista in questo dovrebbe fare la propria parte».

9 aprile 2013

Solidarietà: Centro Astalli, presentato il Rapporto 2013

Diminuiscono le domande d'asilo ma non calano gli afflussi alla mensa, che ogni giorno offre più di 400 pasti: l'associazione dei Gesuiti fa il punto sui dati dell'accoglienza dei rifugiati. E attende la visita del Papa da Agenzia Redattore Sociale.

Sono state 15.700 le domande d'asilo presentate in Italia nel 2012, meno della metà rispetto all’anno precedente e un numero bassissimo, anche in termini assoluti, rispetto a quelli registrati nei principali Paesi europei. Nonostante questo, il totale dei pasti distribuiti dalla mensa (oltre 115.000) è rimasto quasi invariato rispetto al 2011, con una media giornaliera di pasti offerti superiore alle 400 unità. A dimostrazione del fatto che pur in presenza di un minor numero di richiedenti asilo, l’area del disagio rimane sempre molto ampia, chi arriva nel nostro Paese non ha nessun tipo di alternativa e continua a rivolgersi ai servizi di prima accoglienza. Sono questi alcuni dei numeri dal Rapporto annuale 2013 dell’associazione Centro Astalli, presentato oggi, 9 aprile, a Roma.
«Una situazione preoccupante – sottolinea il Centro Astalli - che rappresenta l'incapacità del sistema di accoglienza italiano di dare risposte, persino ai bisogni più immediati». Nel rapporto emerge che tra le nazionalità più rappresentate, accanto a Costa d'Avorio, Afghanistan e Pakistan, per la prima volta si registra il Mali, teatro di una grave crisi internazionale. L’indagine sottolinea che, nonostante i dati rappresentino un fenomeno di dimensioni assolutamente gestibili di arrivi in Italia, siamo ancora lontani dall’avere un sistema nazionale per l'accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati unitario, integrato e commisurato ai flussi di arrivo. «L'Emergenza Nord Africa, che poteva costituire un'occasione di ripensamento e valorizzazione di alcune esperienze positive attivate dalle Regioni, si è purtroppo chiusa senza alcuna progettualità, né per gli accolti né per il sistema, vanificando del tutto l'ingente investimento di risorse che aveva comportato», sottolineano i responsabili del Centro. 
Le misure di integrazione rappresentano un punto particolarmente dolente nel già problematico sistema italiano. Molti titolari di protezione si trovano di fatto abbandonati a loro stessi, con ben poche opportunità di crearsi un percorso autonomo: ciò contribuisce a alimentare il fenomeno delle occupazioni, particolarmente grave a Roma, che vede centinaia di rifugiati vivere a margine della società, in condizioni di assoluto degrado. Insieme alla ricerca di un lavoro, l'affitto di un alloggio è la sfida più difficile: l’onerosità delle locazioni e gli anticipi richiesti scoraggiano anche chi può contare su un impiego stabile. Nel 2012 il Centro Astalli, attraverso l'erogazione di contributi alloggio, ha cercato di agevolare il percorso di integrazione di rifugiati che, pur avendo un lavoro regolare, non avrebbero potuto affrontare le spese iniziali per l'affitto di un appartamento.
Tra gli aspetti su cui è necessario porre attenzione, secondo i curatori del Rapporto, la povertà culturale, «dolorosa e pericolosa quanto quella economica». Per questo l’associazione nel 2012 ha dato nuovo impulso alle attività di informazione, sensibilizzazione e comunicazione. Oltre 13mila studenti sono stati coinvolti nei progetti didattici sul diritto d’asilo e sul dialogo interreligioso promossi dal Centro Astalli in 12 città italiane. Tra le altre iniziative: la campagna “In città, invisibili”, lanciata in occasione della Giornata del rifugiato, che stimola i cittadini a essere consapevoli e valorizzare, anche dal punto di vista culturale, la presenza crescente di rifugiati nei grandi centri urbani; il progetto “My Life as a Refugee” che a Trento ha permesso a 5 rifugiati di seguire un corso fotografico organizzato dal Centro Astalli e di realizzare scatti della loro vita quotidiana per una mostra inaugurata lo scorso novembre al Parlamento Europeo, e che sarà esposta in diversi Paesi nel corso del 2013, Anno Europeo della Cittadinanza. 
Infine il Rapporto sottolinea che sono sempre più numerose le persone che scelgono di dedicare tempo, energie, competenze e professionalità ai richiedenti asilo e rifugiati: nel 2012, nelle 8 città in cui il Centro Astalli opera (Roma, Palermo, Catania, Trento, Vicenza, Napoli, Milano, Padova) ben 465 volontari hanno reso possibili, con il loro impegno, i servizi di accoglienza.
Intanto nei giorni scorsi il presidente del Centro Astalli padre Giovanni La Manna ha reso noto che anche Papa Francesco visiterà presto la mensa del Centro, a pochi passi da piazza Venezia, che accoglie rifugiati da ogni parte del mondo. «Ho scritto al Papa per invitarlo alla Mensa Astalli, ieri una telefonata al cellulare: era Papa Francesco che mi diceva che verrà, stupendo», ha scritto su Twitter.