22 gennaio 2016

Il “samurai di Cristo” Ukon Takayama sarà proclamato beato


Papa Francesco ha firmato il decreto sul martirio del Servo di Dio Giusto Takayama Ukon, morto in esilio nelle Filippine per non aver voluto abbandonare la sua fede. Superiore regionale del Pime in Giappone: “Una notizia meravigliosa, che porta molta gioia alla Chiesa in Giappone. Tutta la vita di Takayama è stata un canto di amore e di fedeltà all’annuncio cristiano”.

Tokyo – Ukon Takayama, signore feudale del Giappone imperiale convertito al cattolicesimo nel 1564, sarà beato. Lo ha decretato papa Francesco questa mattina, firmando il decreto sul suo martirio avvenuto in odio alla fede nel 1615. Cinque secoli dopo la sua morte, nonostante la difficoltà di reperire i documenti sulla sua vita, la Chiesa giapponese può dunque festeggiare il suo primo cattolico a ricevere in maniera singola gli onori dell’altare.

Il Superiore regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere in Giappone, p. Mario Bianchin, dice ad AsiaNews: “Si tratta di una bellissima notizia, che reca molta gioia alla Chiesa in Giappone. I vescovi locali avevano in un primo momento preparato la causa nella speranza che potessero essere riconosciute le sue virtù eroiche. Ma era molto difficile completare la richiesta per la mancanza di fonti e documentazioni originali. Circa un anno fa siamo stati informati che si era optato per il martirio”.

Ukon Takayama nasce nella Prefettura di Osaka nel 1552 dalla famiglia di Takayama Tomoteru, signore del castello di Sawa. Quando compie 12 anni, il padre si converte - prendendo il nome di Dario - e fa battezzare il figlio con il nome di Giusto. Padre e figlio sono entrambi daimyo di nomina imperiale, signori feudali che hanno il diritto e il permesso della Corte di assoldare un esercito privato e persino di servirsi dei samurai. Lo stesso Giusto, prima della conversione, pratica il bushido, la "via della spada" che rappresenta il codice di condotta dei guerrieri giapponesi.

Il nuovo beato, continua il missionario, “era un personaggio molto noto al suo tempo, per la sua rilevanza dal punto di vista politico. Potremmo definirlo un ‘altolocato’ nel governo dei feudi locali. E proprio per questa sua elevata posizione ha sofferto moltissimo dopo il battesimo. Ma, come emerge chiaramente dai testi e dalle testimonianze dell’epoca, tutta la sua vita è stata un canto di amore e fedeltà all’annuncio cristiano. Pur nella sua condizione di daimyo”.

Giusto Takayama ha vissuto grazie al sostegno dei molti amici nobili: tuttavia, quando il cristianesimo viene bandito del tutto nel 1614, l'ex daimyo sceglie la via dell'esilio e guida altri 300 cristiani fino a Manila, dove il gruppo arriva il 21 dicembre accolto dai gesuiti spagnoli e dai cattolici locali. Un gruppo di questi propone agli esuli di chiedere il sostegno della Spagna per rovesciare il governo giapponese, ma Giusto rifiuta. Morirà 40 giorni dopo il suo arrivo nelle Filippine, il 5 febbraio 1615: viene sepolto nel Paese con gli onori militari e il rito cattolico. Oggi una sua statua domina la Plaza Dilao: il nuovo beato (v. foto) è vestito con il costume tipico dei samurai, ma la katana (la spada tradizionale dei guerrieri giapponesi) è rivolta verso il basso. Su di essa campeggia un’immagine di Gesù.

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