31 maggio 2012

Algeria, i cristiani cancellati dalle statistiche


L’eroica testimonianza dei credenti nel paese che sperano in una conduzione moderata del nuovo governo in materia di libertà religiosa
DAVIDE DEMICHELIS

ROMA - Il più grande Paese dell'Africa si definisce islamico. Ma alla ristrutturazione di Notre Dame d'Afrique, la basilica della capitale, ha partecipato anche lo Stato, con una cifra non indifferente: un milione e mezzo di euro. Non solo: all'inaugurazione hanno partecipato ministri e imam. Siamo ad Algeri, capitale di un Paese segnato da una guerra civile che negli anni Novanta ha causato 200mila vittime.
I cristiani, in Algeria, praticamente non risultano. Le statistiche ufficiali li collocano all'uno per cento, insieme agli ebrei. Sono circa cinquemila su una popolazione di 35 milioni, e sono quasi tutti stranieri, in gran parte africani. Eppure in quegli anni tragici, i martiri cristiani sono stati 19, il dieci per cento dei religiosi presenti nel Paese, fra cui i sette monaci trappisti di Tibhirine, scomparsi nel 1996.
“La presenza della chiesa cattolica in Algeria risale al primo secolo dopo Cristo”. La storia è maestra di vita per l'arcivescovo di Algeri, monsignor Ghaleb Bader: “Questa terra ha ospitato molti padri della Chiesa, a partire da Sant'Agostino. Nel V secolo avevamo 500 diocesi e più di mille vescovi. Ma dal VII secolo l'hanno occupata gli arabi ed è cambiato tutto”. Oggi in Algeria sono rimaste solo tre diocesi. Una legge del 2006 impone un permesso particolare per celebrare cerimonie religiose non islamiche e da due a cinque anni di carcere per chi tenta di convertire un musulmano ad un'altra religione.
“Il dialogo con i responsabili religiosi è quasi inesistente, anche se abbiamo spesso incontri ufficiali”. L'arcivescovo di Algeri però è convinto che ci sia un'altra forma di dialogo, anche più efficace: è il dialogo della vita quotidiana e dei servizi.“La comunità cristiana, piccola com'è, non può e non vuole vivere ripiegata su se stessa, in un ghetto. 
Incontrare donne e uomini diversi da noi, vivere con loro, è un modo per dialogare. Sentire cinque volte al giorno l'appello alla preghiera di altri credenti, diventa  anche un appello alla nostra fede”. Monsignor Bader è talmente convinto di questo dialogo, che non teme neanche i partiti islamici: “Magari spazzerebbero via un po' di corruzione e avrebbero più entusiasmo degli altri. Certo dovrebbero rispettare le diverse opinioni e religioni. In una parola: i diritti umani”. Alle ultime elezioni politiche, il 10 maggio, ha vinto il fronte governativo, i partiti islamici non hanno ottenuto grandi consensi. 
In Algeria si sta anche sperimentando il dialogo spirituale, con i musulmani. A Tibhirine, il monastero tristemente famoso per la strage dei monaci trappisti, cristiani e musulmani hanno fondato “Ribat as salam”, il legame della pace. Da 30 anni si incontrano e pregano insieme. Leggono la Bibbia e il Corano, poi alternano le preghiere degli uni e degli altri. Monsignor Bader, giordano, è il primo prelato arabo a guidare la diocesi di Algeri. Sa bene che in Medio Oriente l'estremismo religioso è sempre più diffuso, ma proprio per questo sostiene che “una situazione del genere dovrebbe stimolarci ancora di più a dialogare, incontrarci e cercare di costruire un mondo migliore per tutti, al di là delle differenze”

Nessun commento:

Posta un commento