“Annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo ‘costituisce la missione essenziale della Chiesa, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale non rendono meno urgenti’ (Evangelii nuntiandi, 14)”. Così si apre il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno. La missione della Chiesa è dunque far conoscere Gesù e il suo Vangelo “perché ogni uomo possa scoprire sul Suo volto, il volto di Dio e venire illuminato dal suo mistero d’amore” (Angelus, 6 gennaio 2011).
«Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18). Nel Vangelo di Giovanni, possiamo contemplare “il Verbo dal suo stare presso Dio al suo farsi carne, fino al suo ritornare nel seno del Padre portando con sé la nostra stessa umanità, che egli ha assunto per sempre” (Verbum Domini – VD – 90) è il meraviglioso racconto della “follia” divina per la quale il Dio increato si rimpicciolisce in un bambino per amore della Sua creatura: l’essere umano. E il Verbo di Dio fatto uomo si fa “narratore” di Dio, “rivelatore del Padre”, “‘esegeta’ di Dio che ‘nessuno ha mai visto’” (cfr. VD 90). Egli stesso comunica “la vita divina che trasfigura la faccia della terra, facendo nuove tutte le cose” (VD 91).
Non gli basta però che siamo destinatari della Sua Rivelazione, ma vuol coinvolgerci anche come suoi annunciatori, facendoci partecipi nella sua vita e missione. Nella prima comunità cristiana, la Parola di Dio si diffondeva attraverso la predicazione e la testimonianza. San Paolo così afferma: “Annunciare il Vangelo non è per me un vanto; perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1 Cor 9, 16), consapevole che quanto Cristo ha rivelato è realmente la salvezza di tutte le genti. Annunciare al mondo “quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine” (Spe Salvi, 31) costituisce la missione della Chiesa.
Per secoli la Chiesa non ha risparmiato forze e mezzi affinché potesse arrivare ovunque la proclamazione della Buona Novella e potessero conoscerla tutti i popoli e le persone che ancora non conoscono Cristo e il Suo Messaggio. Nonostante ciò, ancora oggi ci sono popoli a cui non è arrivato il lieto annuncio. Persino ai cristiani, a molti cristiani, occorre ri-annunciare il Vangelo affinché possa ancora penetrare la loro vita ed essere da esso rinnovati e fortificati. Negli ultimi decenni, i Papi hanno continuamente richiamato i fedeli alla necessità di “una nuova stagione missionaria per tutto il Popolo di Dio” visto che molti sono “battezzati, ma non sufficientemente evangelizzati” (cf. Verbum Domini, 96). Benedetto XVI riafferma senza timore “l’esigenza di una nuova evangelizzazione … nella certezza dell’efficacia della divina Parola” (ibid.).
L’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi (n. 18) spiega che cosa intende dire la Chiesa quando parla di evangelizzazione: “è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell'umanità e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa. … Ma non c'è nuova umanità, se prima non ci sono uomini nuovi, della novità del battesimo e della vita secondo il Vangelo... Se occorre tradurlo in una parola, più giusto sarebbe dire che la Chiesa evangelizza allorquando, in virtù della sola potenza divina del Messaggio che essa proclama, cerca di convertire la coscienza personale e insieme collettiva degli uomini, l'attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l'ambiente concreto loro propri.”
Dunque tutti noi cristiani siamo chiamati ad evangelizzare gli ambiti in cui viviamo e operiamo. Al nostro Dicastero è affidato in modo particolare l’ambito della mobilità umana, cioè il mondo di “coloro che sono stati costretti ad abbandonare la propria patria o non ne hanno affatto” (Pastor Bonus, 149) e di “coloro che si trovano fuori del proprio domicilio” (Pastor Bonus,151). Sono categorie di persone che generalmente, “a motivo delle loro condizioni di vita, non possono godere dell'ordinario ministero dei parroci o sono privi di qualsiasi assistenza” (cfr. Christus Dominus, 18). Tra questi si possono individuare i migranti, gli esuli, i profughi e i rifugiati, i nomadi, la gente del circo e dei lunapark, i pescatori e i marittimi, gli addetti ai trasporti aerei e correlati servizi, quanti intraprendono viaggi per motivi di pietà, di studio o di svago, gli addetti a trasporti terrestri ed altre simili categorie.
Ed è con voi e attraverso di voi, cari Cappellani ed operatori pastorali dell’Aviazione Civile, che il nostro Dicastero si prende cura di coloro che viaggiano con l’aeromobile, passeggeri o componenti dell’equipaggio, che assicurano un volo sicuro e confortevole. Ma attraverso voi rivolgiamo la nostra attenzione anche a tutti coloro che rendono il loro servizio nell’aeroporto, sia in compiti riservati alle linee aree sia in servizi tecnici stabiliti per gli aeromobili che in quelli destinati ai passeggeri e a tutte le persone che utilizzano l’aeroporto in un modo più o meno prolungato.
“Oggi – scrive Benedetto XVI, ancora nel suo Messaggio in occasione dell’ultima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato – avvertiamo l’urgenza di promuovere, con nuova forza e rinnovate modalità, l’opera di evangelizzazione in un mondo in cui l’abbattimento delle frontiere e i nuovi processi di globalizzazione rendono ancora più vicine le persone e i popoli, sia per lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, sia per la frequenza e la facilità con cui sono resi possibili spostamenti di singoli e di gruppi.”
Sono diverse le cause che spingono la gente a varcare i confini geografici della propria patria – dai movimenti intrapresi in piena libertà a quelli fatti con la massima costrizione. Da essi si possono intuire i vari disagi a cui sono sottoposti gli uomini e le donne del nostro tempo. Ci sono coloro che affrontano la difficile esperienza della migrazione vedendo in essa uno “sbocco per la ricerca di migliori condizioni di vita o per fuggire dalla minaccia di persecuzioni, guerre, violenza, fame e catastrofi naturali” (Messaggio GMMR 2012). La mobilità umana dunque può essere interna o internazionale, permanente o stagionale, di carattere economico o politico, volontaria o forzata. Ci sono poi i numerosi giovani che lasciano la terra natia per recarsi nei Paesi più avanzati allo scopo di apprendervi la scienza, la competenza e la cultura che li renderanno più atti a servire la loro patria. Acquistano, sì, una formazione di alta qualità, “ma finiscono in non rari casi col perdervi il senso dei valori spirituali che spesso erano presenti, come un prezioso patrimonio, nelle civiltà che li avevano visti crescere” (Populorum Progressio, 68). Ci sono invece coloro che viaggiano per recarsi in un luogo dove poter fare un’esperienza religiosa, oppure per conoscere città e regioni lontane, popolazioni con altri costumi e tradizioni, per ricrearsi in nuove esperienze. Altri inoltre viaggiano perché appartengono a popoli o etnie che, per cultura, non si stabiliscono mai permanentemente in un dato luogo. Molti di questi spostamenti sono possibili grazie alla facilità di viaggiare offerta dal trasporto aereo.
La mobilità umana è un aspetto della globalizzazione, che caratterizza la nostra epoca, un fenomeno che non è semplicemente un processo socio-economico, ma un percorso che rende l'umanità sempre più interconnessa, superando i confini geografici e culturali. Essa ha prodotto una mescolanza di persone e di popoli senza precedenti, con problematiche nuove non solo da un punto di vista umano, ma anche etico, religioso e spirituale. Tale è la situazione anche nel mondo della mobilità aerea, sia nell’aeroporto che in volo, ormai diventata un vero “crocevia umano”.
Rileggendo il recente Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, costatiamo che il nostro tempo è caratterizzato anche dalla “secolarizzazione” e dalle sue attuali ed evidenti conseguenze. è poi segnato dall’emergere di “nuovi movimenti settari”, con una “diffusa insensibilità nei confronti della fede cristiana” e da “una marcata tendenza alla frammentarietà”. Tutto questo rende difficile individuare un riferimento unificante per la formazione di “una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali”, in cui persone di varie religioni trovano nel dialogo una vera speranza, per una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze. Ancora, nella nostra epoca sono reali i tentativi di cancellare Dio e l’insegnamento della Chiesa dai vari ambiti della vita, mentre aumenta il dubbio, lo scetticismo e l’indifferenza. Si vorrebbe persino eliminare ogni visibilità sociale e simbolica della fede cristiana (cfr. Messaggio GMMR 2012). I nostri aeroporti internazionali, con le comunità aeroportuali che vi si trovano, non sono immuni da questa realtà!
È questo il contesto in cui la Chiesa oggi è chiamata a svolgere la sua missione evangelizzatrice. È in questa nuova situazione che occorre risvegliare in ognuno di noi l’entusiasmo e il coraggio che mossero le prime comunità cristiane ad essere intrepide annunciatrici della novità evangelica, anche nell’ambito dell’Aviazione Civile, sia negli aeroporti internazionali sia in volo. Benedetto XVI ha riconosciuto questi luoghi “ambiente e luogo di testimonianza cristiana” dove l’annuncio del Vangelo dev’essere “un’attenzione costante nell’impegno pastorale della Chiesa”. Sono “segni concreti” di quest’impegno, da favorire e sostenere, “la presenza di Cappelle negli aeroporti, il ministero dei Cappellani e di quanti collaborano alla loro opera” (Messaggio Pontificio per il 90° della proclamazione della Madonna di Loreto a Patrona dell'Aviazione).
Di fronte alla sfida sopramenzionata, la Chiesa si sente sollecitata a rivedere i suoi metodi, le sue espressioni e il suo linguaggio, rinnovando il suo ardore e slancio missionario. “L’ora presente, infatti, chiama la Chiesa a compiere una nuova evangelizzazione anche nel vasto e complesso fenomeno della mobilità umana, intensificando l’azione missionaria sia nelle regioni di primo annuncio, sia nei Paesi di tradizione cristiana” (GMMR 2012). Una “nuova” evangelizzazione, quindi, ma che non intacca i contenuti del mandato missionario. Negli aeroporti del nostro mondo contemporaneo, moderni areopaghi, troviamo l’opportunità provvidenziale per annunciare o ri-annunciare il Vangelo, analoga possibilità di quelle che si trovano nell’ambito delle altre forme di mobilità umana.
Come descritto molto efficacemente dall’Esortazione Apostolica Verbum Domini (n. 105) e ampiamente trattato nel Messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato di quest’anno, non è più necessario recarsi in “terre di missione” per far conoscere la Parola di Dio. “Uomini e donne provenienti da varie regioni del mondo, che non hanno incontrato Gesù Cristo o lo conoscono soltanto in maniera parziale, chiedono di essere accolti in Paesi di antica tradizione cristiana. Nei loro confronti è necessario trovare adeguate modalità perché possano incontrare Gesù Cristo e sperimentare il dono inestimabile della salvezza, che per tutti è sorgente di ‘vita in abbondanza’ (Gv 10,10)” (Messaggio GMMR 2012, par 5). Al tempo stesso, persone cresciute in seno a popoli marcati dalla fede cristiana spesso emigrano verso Paesi in cui i cristiani sono una minoranza, o dove l’antica tradizione di fede non è più convinzione personale, né confessione comunitaria, ma è ridotta ad un fatto culturale. Nei loro spostamenti non di rado passano attraverso gli aeroporti internazionali del mondo, dove l’incontro con un Cappellano, con i suoi collaboratori o con altri fedeli della comunità cristiana aeroportuale può essere determinante nella loro vita.
Nel primo caso si potrebbe trattare di “un’occasione per proclamare che in Gesù Cristo l’umanità è resa partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore, … anche attraverso il dialogo rispettoso e la testimonianza concreta della solidarietà”. Il viaggiatore ha, infatti, il diritto di ascoltare il kerygma, che viene loro proposto, non imposto. Nel secondo “c’è la possibilità di risvegliare la coscienza cristiana assopita, attraverso un rinnovato annuncio della Buona Novella e una vita cristiana più coerente”. In ambedue le situazioni una pastorale adeguata è necessaria.
Occorre dare ai cristiani che si trovano nell’ambito della mobilità umana tutto l’aiuto possibile perché si mantengano saldi nella fede e coerenti nella vita cristiana. Così possono testimoniare il Vangelo e diventare essi stessi autentici annunciatori del messaggio di Cristo (cfr. Messaggio GMMR 2012, par. 4). In questo contesto è necessario l’interessamento delle diocesi coinvolte in questo complesso fenomeno. In esso possono scoprire nuove modalità di presenza e di annuncio. Occorre provvedere, ovviamente a seconda delle possibilità di ognuna, ad un’adeguata accoglienza ed animazione di questi nostri fratelli e sorelle per mettere in atto la loro potenzialità missionaria ed evangelizzatrice (cfr. VD 105). Poi, assume grande importanza il ruolo degli operatori pastorali – sacerdoti e religiosi, diaconi e laici, in comunione con i loro Vescovi e nella fedeltà agli insegnamenti della Chiesa. Nella pastorale dell’Aviazione Civile, essi sono i cappellani e i membri delle cappellanie aeroportuali.
Ogni persona gode di dignità, che va rispettata con i conseguenti diritti, compresi coloro che svolgono il loro servizio quotidiano negli aeroporti, dai lavori più umili agli incarichi dirigenziali. Tutti sono titolari di diritti che bisogna rispettare. Dal canto loro, tutti devono essere consapevoli dei doveri che devono compiere.
Ma tutta la comunità cristiana nell’aeroporto è chiamata a riservare particolare attenzione a queste persone, oltre ai passeggeri, e a tutte le persone in mobilità in generale. Qual è il metodo da adottare nell’ambito dell’Aviazione Civile? La “testimonianza cristiana, anzitutto attraverso la preghiera, l'esempio di vita, lo svolgimento attento e generoso delle proprie funzioni, nella promozione dei valori di giustizia, di pace, di amore, e nella difesa dei diritti, specie dei poveri, dei deboli e dei sofferenti” (Messaggio Pontificio per il 90° di Loreto).
Faccio presente l’importanza che il nostro Dicastero ha sempre attribuita alla cooperazione tra le Chiese di origine, transito e destinazione affinché il migrante e l’itinerante, in qualunque tappa sia del suo viaggio, anche verso un futuro sconosciuto, sperimenti l’amore di Dio e incontri il volto misericordioso di Cristo. Così si sente sostenuto nel suo sforzo di interagire con culture e popoli diversi e nella ricerca di un’integrazione che non gli faccia perdere la sua identità umana e cristiana. Tali situazioni esistono ormai negli aeroporti internazionali. Per questo sentiamo la necessità dell’interessamento della Chiesa locale per questa pastorale.
Concludo dunque invocando con il Santo Padre “l’intercessione di Maria, Madonna del cammino, perché l’annuncio gioioso della salvezza di Gesù Cristo porti speranza nel cuore di coloro che, lungo le strade del mondo, si trovano in condizioni di mobilità” (GMMR 2012).
(Cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, durante il XV Seminario Mondiale dei Cappellani Cattolici dell’Aviazione Civile e dei membri delle Cappellanie aeroportuali. Roma 11-14 giugno 2012)
Fonte: www.zenit.org
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