Carissimi fratelli e sorelle,
la liturgia della parola di questa domenica, che presenta come tema centrale la grande questione della vocazione, ci introduce pienamente nello spirito della celebrazione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.
Il tema scelto quest’anno dal Santo Padre, “Migrazioni e nuova evangelizzazione”, ci porta a comprendere appieno la missione della Chiesa. Una Chiesa che è sempre missionaria e che è, oggi, inviata ad annunciare il Vangelo anche nei luoghi di più antica e salda tradizione cristiana e tra quelle persone, come i migranti, i rifugiati e gli studenti internazionali che, per motivi diversi, hanno abbandonato la propria patria e si trovano come “forestieri” in terra straniera. Ma per la Chiesa, come ci ammoniva il Servo di Dio Paolo VI, “nessuno è estraneo, nessuno è escluso, nessuno è lontano”, perché, in essa, ci ricorda san Paolo, “non vi sono stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2,19).
Se il cristiano vede nel migrante un proprio fratello, non è certo una concessione alla pietà, ma è soprattutto un atto di fedeltà alla Verità, perché egli vede sempre nell’altro la figura di Cristo.
Attualmente, i numeri del fenomeno migratorio sono impressionanti. Secondo le ultime statistiche, i migranti nel mondo sono più di 214 milioni. Un intero popolo in cammino, anzi, un’umanità itinerante che si incontra, si mescola e si confonde, causando a volte problemi di convivenza di non facile soluzione e, soprattutto, generando ripercussioni socio-culturali profonde nel tessuto sociale europeo, il cui tasso di fecondità negli ultimi cinquanta anni si è pressoché dimezzato e dove le periferie delle grandi metropoli assomigliano ormai ad un crogiuolo di lingue, culture, abitudini.
Mentre in Italia ricordiamo i 150 anni di storia unitaria, non possiamo dimenticare le inaudite sofferenze di milioni di connazionali, costretti, all’inizio del ‘900, ad abbandonare la patria in cerca di una vita migliore. Oggi ci troviamo di fronte ad un vasto fenomeno uguale e contrario, cioè migliaia di persone bussano alle nostre porte per chiedere aiuto. Spesso si tratta di uomini, donne e bambini costretti a fuggire dalle guerre e dalla miseria, che cercano di approdare sulle coste italiane con mezzi di fortuna, sfidando la morte nelle acque del Mediterraneo.
Il cristiano non può restare insensibile di fronte a tragedie umane di così vasta portata. Memori dell’ammonimento del Signore: “Ero forestiero, e mi avete ospitato...” (Mt 25,35), dobbiamo aprirci all’accoglienza degli altri, specie di chi è nel bisogno, favorendo un’integrazione umana e sociale degna di un paese civile. A questo proposito vorrei ricordare la riflessione scaturita nella Settimana Sociale di Reggio Calabria: “Il percorso di tutela dei diritti fondamentali della persona immigrata nel nostro Paese è incompleto e presenta ancora punti deboli o problematici, soprattutto in riferimento ai clandestini e agli irregolari, mentre è tempo di pensare a come riconoscere la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri nati in Italia. Manca una specifica legge sul diritto d’asilo e vanno rafforzate le azioni di accoglienza rivolte a coloro che fuggono da condizioni di persecuzione politica. Troppo debole è l’impegno per la protezione sociale delle vittime della tratta per sfruttamento sessuale e il contrasto al traffico degli esseri umani, spesso gestito da organizzazioni criminali internazionali. Permane una forte discriminazione tra cittadini regolari e irregolari in riferimento alla tutela della salute e della maternità” (cfr Documento conclusivo).
La pacifica convivenza, il dialogo tra culture differenti, i diritti e i doveri dei migranti, l’invecchiamento demografico della società italiana sono solo alcuni dei temi più importanti che il fenomeno migratorio impone con forza alla nostra attenzione. Temi che si legano inscindibilmente alla difficile situazione economica e, soprattutto, alla sempre più diffusa crisi morale delle società occidentali, che, pur avendo le radici cristiane nel proprio codice simbolico e culturale, sono ormai caratterizzate, parafrasando le parole del beato Giovanni Paolo II, da “apostasia silenziosa da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse”.
Proprio per questo, come ha ricordato Benedetto XVI, il tempo presente richiede “una nuova evangelizzazione anche nel vasto e complesso fenomeno della mobilità umana, intensificando l’azione missionaria sia nelle regioni di primo annuncio che nei Paesi di tradizione cristiana”. La Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque con la carità il Vangelo di Gesù Cristo, il quale comandò agli Apostoli: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli...” (Mt 28,19-20).
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