7 ottobre 2016

Migrantes: le proposte del Rapporto Italiani nel Mondo 2016

Roma - La migrazione è fatta di nomi e cognomi per cui è fondamentale il riuscire ad avere dati quanto più attendibili possibili e non per “riconoscere” le persone quanto per “studiare” strumenti e prassi ad hoc rispetto ai diversi contesti di emigrazione e alle molteplici peculiarità di coloro che partono oggi, ma che trovano in diversi contesti comunità di presenza storica. Notevolmente alto, lo si sa, è il numero di chi non ottempera all’obbligo di legge – iscriversi all’AIRE è, secondo la legge n. 470 del 27 ottobre 1988, un diritto-dovere del cittadino –, non si cancella dal comune italiano e non si iscrive all’AIRE. Le motivazioni che portano a questo atteggiamento sono molteplici e complesse. Va detto che tra le cause principali vi è sicuramente la non informazione, la disinformazione – quindi tanto il non sapere quanto l’essere a conoscenza di cose sbagliate, vere in parte o parzialmente esatte – e il fatto che le attuali partenze hanno caratteristiche profondamente diverse rispetto a quelle considerate nella regolamentazione dell’iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti fuori dei confini nazionali. Andrebbe, in altre parole, riconsiderata l’iscrizione alla luce delle nuove esigenze della mobilità degli italiani, delle attuali peculiarità della mobilità che fanno della residenza all’estero non più un qualcosa di continuativo nel tempo (per oltre 12 mesi afferma la già citata legge), ma di discontinuo, precario, caratterizzato da continue partenze, rientri e spostamenti nell’ambito dello spazio comune europeo. Quest’ultimo deve essere tenuto presente nel momento in cui oggi muoversi non significa solo spostarsi dal proprio Stato di nascita, ma entrare in un altro luogo a cui, comunque, si appartiene come cittadini di diritti e nel quale si lavora, si studia, ci si forma e ci si arricchisce culturalmente e professionalmente per poi mettere a disposizione del proprio paese o dell’Europa stessa quanto appreso. Il vero problema sta nel tempo che passa tra lo spostamento e la registrazione: allora la soluzione sta nel riuscire ad ottenere, quasi in tempo reale, l’informazione dello spostamento di un italiano non solo dall’Italia, ma anche da un altro luogo fuori dei confini nazionali, e il suo trasferimento altrove. Non essendo ancora riusciti ad ottenere un metodo valido, resta necessario, pertanto, il fare rete fra studiosi di varie discipline, ricercatori e strutture che hanno la possibilità di accedere e lavorare a dati, ripulirli e renderli sempre più leggibili per favorire il confronto e il dialogo con le istituzioni preposte all’accompagnamento e alla valorizzazione delle persone in mobilità.
La mobilità è un’esperienza per la quale occorre preparazione. Muoversi oggi richiede consapevolezza e scelte mirate. Non si può più partire all’avventura come si faceva a fine Ottocento e inizio Novecento quando l’Argentina, gli Stati Uniti, il Brasile si conoscevano attraverso le cartoline di amici e parenti o i coupon delle Compagnie di Navigazione. Oggi il mondo è a portata di un click, cosa che permette non solo di “essere”, se non fisicamente ma sicuramente virtualmente, in ogni luogo del mondo. Non tutto il Pianeta è a misura di una persona che è alla ricerca del suo luogo ideale dove valorizzare se stesso, la sua identità, le sue competenze e conoscenze.
Se vi è oggi un problema in molti di coloro che stanno partendo è proprio il non essere attrezzati per farlo e diventa necessario lavorare dall’Italia e dall’estero per una sorta di “cassetta degli attrezzi” che prepari alla partenza, all’arrivo e alla permanenza.
Cittadinanza come molteplicità di diaspore. L’idea da maturare è il passaggio a una nuova civilizzazione in cui il meticciato non significa tradire la propria origine, ma arricchirsi delle opportunità date dal mondo e dalle innumerevoli culture che lo abitano. Con questo pensiero è possibile sia vivere ovunque restando se stessi e mantenendo la propria identità sia partecipare alla cittadinanza del mondo, al cosmopolitismo. È questo il senso di una cittadinanza che non ha confini ma elementi di caratterizzazione specifici rispetto alle radici di ciascun soggetto che
vi partecipa. Una partecipazione che coinvolge e non discrimina, guidata dalla solidarietà e dal rispetto reciproco, dove il dialogo e la interrelazione tra le persone diventa l’unico codice di comprensione al fine di un interesse comune. Tale proposta diviene ancora più necessaria oggi a seguito delle tensioni europee e dei rigurgiti di nazionalismo che hanno fatto erigere muri e dimenticare la storia recente di alcuni territori in cui proprio le derive nazionalistiche hanno prodotto periodi bui. La cosiddetta “politica delle porte aperte” va costruita insieme e orientata da meccanismi concordati tra le parti e sostenute dalle proiezioni demografiche ed economiche di un’Europa, unita e non, sempre più “stanca e invecchiata, non fertile e vitale” richiamando le parole di papa Francesco pronunciate il 6 maggio 2016 quando ha ritirato il Premio Carlo Magno. Un cittadinanza attiva, vera, credibile che si esplichi nello stare insieme, nei valori fondanti di solidarietà, di aggregazione, di partecipazione democratica e di responsabilità collettiva, in una rappresentanza sincera e onesta. In questo senso si richiama, e ci si augura prosegua al meglio, il lavoro del neoeletto Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) e del neocostituito Forum delle Associazioni Italiane nel Mondo (FAIM). Su queste basi concordiamo sulla convocazione della Prima Conferenza della Mobilità Italiana nel Mondo, da preparare congiuntamente con CGIE, MAECI, MIUR, Regioni, Associazioni e Com.It.Es., per avere un luogo deputato in cui comprendere, mettere a fuoco e superare le criticità, gli strumenti inutili o superati e creare nuovi modelli di rappresentanza, per calarsi operativamente in questo passaggio epocale.

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