4 luglio 2013

"Missione senza se e senza ma": il nuovo libro di Padre Piero Gheddo. Il volume del missionario-giornalista raccoglie i suoi inediti sul Concilio Vaticano II e Papa Wojtyla

La teologia della liberazione? “Con tutti i suoi limiti ed errori, è estremamente positiva per la Chiesa universale”. Il ruolo del Concilio? Decisivo e benefico per la missione: “Oggi l’ideale missionario (della missio ad gentes) è molto meno vissuto di quanto lo fosse mezzo secolo fa e questo non “per colpa del Concilio”, ma “nonostante il Concilio”. Chi salvò la missione alle genti non cristiane durante il Vaticano II? “Una lobby di vescovi amazzonici, c’erano missionari di foreste che solo al vederli non si poteva dir loro di no”.
È un padre Piero Gheddo che non ti aspetti quello che (in parte) traspare dalle pagine di Missione senza se e senza ma. L’annuncio alle genti dal Concilio a papa Francesco (Editrice Missionaria Italiana, pp. 256, euro 13), il nuovo libro del missionario-giornalista del PIME, in libreria in questi giorni in occasione del 60° della sua ordinazione sacerdotale (28 giugno).
Gheddo racconta in questo saggio soprattutto due retroscena: la sua partecipazione alla stesura del decreto conciliare Ad Gentes e il lavoro di vero e proprio ghost-writer dell’enciclica missionaria di Giovanni Paolo II, la Redemptor hominis. Sul Concilio Gheddo svela un dettaglio inedito sulla genesi del decreto riguardante la missione.
Quando nel 1964 il documento sembra inabissarsi in un breve testo di sei pagine e 13 proposte, la bocciatura più autorevole venne da Colonia, dal cardinale Frings, il quale aveva come perito teologico un certo professor Joseph Ratzinger. Scrisse Frings, con tutta probabilità su suggerimento del giovane teologo Ratzinger poi divenuto papa: “Ma come! Si afferma che lo sforzo missionario è essenziale per la Chiesa e poi lo si vuol ridurlo a poche pagine? Incomprensibile, impossibile, inaccettabile!”.
Sul suo rapporto con Giovanni Paolo II e il lavoro all’enciclica Gheddo svela il momento dell’incarico affidatogli dal papa polacco e il suo contributo giornalistico alla stesura di un documento magisteriale di importanza fondamentale per la Chiesa.

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