13 marzo 2013

Un Papa che ci riporti ad annunciare


di Gianni Criveller, missionario Pime Hong Kong-Cina
«Spero in un Papa che guardi all'Asia come a una priorità. E ridimensioni cariche politico-diplomatiche come quella di Segretario di Stato, che piacciono tanto al governo cinese...»
Spero in un Papa che metta la Chiesa a fare quello per cui è stata fondata da Gesù: evangelizzare, portare la buona notizia a chi non la conosce. Spero in un papa che annunci il Vangelo, e che sia evangelico per rendere tale annuncio un po' più credibile. Non tutti devono diventare cristiani, ma a tutti la Chiesa è inviata per dire la notizia del Vangelo. L'Asia, il più grande continente della terra, con due popoli che superano il miliardo, India e Cina, tra le tante priorità, dovrebbe essere la prima della priorità, perché è qui dove il Vangelo è meno conosciuto.
Vangelo e Asia hanno un legame profondissimo. Gesù era asiatico, come lo erano gli apostoli e Maria. In Asia, nei primi secoli, il vangelo si diffuse più che in altre parti: le popolazioni della Siria, Armenia, Palestina, Persia (attuale Iraq), Afghanistan furono le prime ad accogliere la predicazione. Il Vangelo si spinse nell'Asia centrale, nell'India e nel 635 in Cina: prima che il Vangelo raggiungesse il nord Europa, e altri continenti. In quei secoli i cristiani delle Chiese dell'Asia, che usavano il siriaco come lingua liturgica, erano più numerosi che in Europa. La sfida continua oggi: in Asia ci sono le grandi religioni con cui dialogare, le culture con cui confrontarsi, tanti poveri ed oppressi da riscattare, popoli immensi che stanno entrando nella modernità e che, con il loro nazionalismo, stanno si affermando nel pianeta, Cina e India in testa. Ma l'Asia è ai margini dell'agenda ecclesiastica, totalmente sotto-rappresentata nella Chiesa istituzionale. I cardinali asiatici sono pochissimi; la voce dei cattolici asiatici quasi non ascoltata, nonostante la Chiesa filippina, indiana, vietnamita, coreana e cinese (tra le altre), abbiamo una grande vitalità, insieme a difficoltà e oppressioni.
Spero in un Papa che continuando l'apertura di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI verso l'Asia e la Cina in particolare, metta il dono del Vangelo alla gente dell'Asia come una vera priorità, e non solo per modo di dire. Benedetto XVI aveva sinceramente cercato il dialogo con la Cina, e avviato un'attenzione tutta particolare a quella Chiesa e popolo. Come ha denunciato il card. Joseph Zen, i funzionari e gli organi vaticani non hanno colto questa occasione, non ci hanno messo lo stesso impegno e la stessa serietà. Si sono affidati alle tradizionali schermaglie diplomatiche, dalla quasi abbiamo avuto sempre risultati miserevoli per la causa del Vangelo.
Spero in un papa che abolisca il titolo di Segretario di Stato, e ne ridimensioni drasticamente la funzione (come fece Pio XII). Questi titoli politici perpetuano in tanti che non conoscono il Vangelo e la Chiesa, l'equivoco che la Chiesa sia una potenza terrena, uno stato appunto, e che con essa si tratta come si tratta con le potenze di questo mondo. Spero in un Papa che ridimensioni drasticamente l'apparato diplomatico della Chiesa, che niente ha a che fare con la volontà di Gesù e la natura apostolica della Chiesa; e che produce all'interno della Chiesa una schiera di potenti funzionari in carriera e sconosciuti alle comunità cristiane. Il governo cinese, in perfetta malafede naturalmente, continua a giocare su questo equivoco, imputando alla Chiesa una natura e mire politiche. Alla notizia della rinuncia di Benedetto XVI funzionari cinesi hanno suggerito che il Papa sia stato sconfitto e sopraffatto dagli scandali, propagando all'opinione pubblica l'idea che la Chiesa è una potenza politica e finanziaria tra le altre.
Spero in un Papa che abolisca la banca vaticana, o se questo è davvero impossibile (ma davvero?), trasformi questa istituzione in qualcosa che non ci debba continuare ad umiliare, come succede da almeno trent'anni. Spero in un Papa che riconduca la struttura centrale della Chiesa ad una casa di vetro, di cui non ci si debba vergognare. Spero in un Papa che non dia ai problemi europei o occidentali più tempo ed importanza di quelli dell'Asia, dell'America latina, dell'Africa o dell'Oceania.
Lo ribadisco, spero in un Papa che riconduca la chiesa alla sua unica missione: annunciare la buona notizia del Vangelo a chi non la conosce, e in cui tutto il resto o è a servizio di questo scopo, o non serve.
Spero in un Papa che creda in Dio, voglio dire che ci creda davvero. E che ciò sia così semplicemente manifesto che il popolo di Dio lo sa chiaramente; e lo sa anche la gente semplice in tutto il mondo, di qualsiasi religione, cultura o nazione. Spero in un Papa che sia una persona onesta, sincera, e che agisca secondo la sua coscienza, senza adottare chissà quali strategie politiche o ecclesiastiche. Spero in un Papa che la gente semplice percepisca essere una persona così per bene che non potrebbe mentire, insabbiare, sottovalutare, o porre il prestigio clericale al di sopra della semplice verità delle cose.
Spero in un Papa che non sia capito dagli intellettuali di moda, dai giornali potenti, e che non sia facilmente popolare nei canali televisivi o in altri mondi di intrattenimento a scopi egemonici. Spero in un Papa che non interessi ai potentati politici, economici e culturali. Spero in un Papa che, come Gesù, ami i poveri più dei ricchi; gli oppressi più che i privilegiati; gli umili più che i nobili. Spero in un Papa che si dia da fare per la pace e la giustizia, che fremi di dolore e di sdegno per le oppressioni economiche e politiche a cui gran parte dell'umanità è ancora sottoposta. Spero in un Papa che stimi le donne, le incontri, le ascolti e le valorizzi. Spero in un Papa che abbia buoni amici, e abbia la fortuna di avere collaboratori leali. Spero in un Papa che si scandalizzi e si sdegni quando la dignità delle donne, dei bambini, e di ogni essere umano viene abusata e offesa. Spero in un Papa che continui l'azione di Benedetto XVI per contrastare il male nella Chiesa, e che abolisca (o almeno ci provi) il flagello del clericalismo e del carrierismo.
Spero in una Papa che non gli importi nulla della politica italiana (e obblighi i suoi collaboratori allo stesso). Spero in un Papa che obblighi i cardinali romani a non partecipare a cene e ricevimenti mondani, dove fanno sempre una pessima figura. Spero in un Papa che traduca in atti concreti anche solo una piccola parte di quanto il Vangelo dice, a cominciare dai suoi collaboratori e dalla gente attorno a lui. Spero in un Papa che, sulla scia aperta dal coraggioso Benedetto XVI, riconduca il papato a quello che è, ovvero un servizio ecclesiale, e che in questo modo dia nuova speranza e prospettive al cammino ecumenico. Spero in un Papa che abbia la stessa umiltà di Benedetto XVI, e che come lui faccia ciò che la coscienza gli detta davanti a Dio, senza badare ad altro. Spero in un Papa che, come Benedetto XVI, accetti di diminuire affinché lui, Gesù, cresca.

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