18 novembre 2011

IL VIAGGIO IN BENIN. Benedetto XVI in Africa continente del futuro


Benedetto XVI si reca oggi nel Benin, piccolo stato dell'Africa occidentale, con tre obiettivi principali: consegnare il documento conclusivo del sinodo dei vescovi sull'Africa, celebrare i 150 anni della evangelizzazione e rendere omaggio alla tomba del cardinale Bernardin Gantin, simbolo del ruolo crescente dell'Africa nella chiesa cattolica. A Fiumicino a saluto dal neo premier Mario Monti.

(da Roma Mimmo Muolo)

Le primavere arabe al Nord. Le violenze anti-cristiane in Nigeria. L’emergenza umanitaria in Somalia. E tutto intorno un panorama di guerre dimenticate, povertà e malattie devastanti (aids, malaria, febbre gialla), a tal punto considerato «consueto», da non fare più neanche notizia. È questa l’Africa che attende Benedetto XVI, il quale da oggi a domenica si recherà in Benin per presentare ai vescovi del continente l’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus. È la seconda volta che papa Ratzinger tocca il suolo africano e questo viaggio, sia pure concentrato in un solo Paese, ha davvero un respiro continentale, sia per la presenza di oltre 200 vescovi tra i quali tutti i presidenti delle 42 Conferenze episcopali africane, sia per il suo programma studiato proprio per parlare – attraverso gesti, documenti e parole – all’intera popolazione continentale. Una popolazione, sia detto per inciso, che ha superato da poco il miliardo di persone, la gran parte delle quali in età giovanile.

Pur con tutti i suoi problemi, infatti, l’Africa può essere considerato il continente del futuro. Un futuro, che Benedetto XVI si augura possa essere indenne anche da alcuni mali spirituali (materialismo e fondamentalismo religioso, già denunziati due anni fa all’apertura del Sinodo) e costruito invece all’insegna della pace, della riconciliazione e della giustizia, temi principali di quell’assise. Proprio per questo è stato scelto il Benin, per presentare il documento che riassume il frutto dei suoi lavori. Perché il piccolo Stato affacciato sul Golfo di Guinea è un simbolo di quella pacifica convivenza tra etnie e religioni diverse, che resta un miraggio in altre regioni. Chiaro, dunque, il messaggio. 

Anche nel continente nero la strada della pace è possibile, soprattutto se ottenuta attraverso un percorso di democratizzazione, come avvenuto proprio in Benin anche grazie al contributo determinante della Chiesa locale. Al punto che tra i padri della patria sono annoverati un cardinale (Bernardin Gantin, che fu anche amico personale di Joseph Ratzinger) e un arcivescovo (Isidore de Sousa, che fu presidente della Conferenza nazionale di pacificazione). L’omaggio personale del Papa alle loro tombe (tra oggi e domani) suona dunque come un secondo messaggio. Nessuno abbia timore della presenza della Chiesa in territorio africano, perché il Vangelo è fonte di riconciliazione e di sviluppo, anche grazie al dialogo rispettoso tra le religioni, comprese quelle tradizionali.

Nel programma tutti questi messaggi sono evidenti attraverso una lettura in filigrana dei diversi momenti della visita. Dopo l’arrivo e la cerimonia di benvenuto, oggi intorno alle 15, il Papa si recherà nella Cattedrale di Cotonou. Domani l’atteso incontro con autorità, diplomatici e capi religiosi nel palazzo presidenziale (occasione per inquadrare problemi e prospettive di tutto il Continente), quindi la visita a Ouidah, a una quarantina di chilometri da Cotonou, dove riposa il cardinale Gantin e dove ci sono il Seminario più importante di questa zona dell’Africa e la Cattedrale da cui ne è partita 150 anni fa l’evangelizzazione (Cattedrale in cui il Papa firmerà l’esortazione); infine il ritorno nella città più importante per incontrare i bambini nella parrocchia di Santa Rita e i vescovi del Benin in nunziatura. Domenica la Messa allo stadio di Cotonou per la consegna del testo postsinodale e nel pomeriggio la partenza per Roma, dove è previsto l’arrivo intorno alle 22. In tutto 10 discorsi e un documento per rafforzare in sostanza ciò che il Papa già disse all’Africa a conclusione del Sinodo: «Coraggio, alzati. Non sei sola».


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